Isaak Emmanuilovic Babel
di Ornella Milani

Tutte le opere

"Sono nato a Odessa, sul Mar Morto nel 1894" in un sobborgo malfamato di Odessa, la Napoli italiana, la Marsiglia francese, una finestra spalancata sul mondo, piena di vita, solare eppur ricca di sacche oscure e contraddizioni: la Moldavanka.
Dove, nelle giornate di sole tutti si riversavano nel cortile: il sarto, le lavandaie, i ciabattini, i rilegatori di libri, i ladri, i bari, tutta una folla variopinta e vociante che continuava il suo lavoro in un mare di chiacchere e dove il personaggio più famoso è Benja Krik, il re dei panettieri, dei becchini, dei venditori ambulanti, che diventeranno materia dei Racconti di Odessa.
Protagonista assoluta è la Moldavanka, quartiere cosmopolita, irresistibile, abitato da lituani, russi, ucraini, polacchi, greci ed ebrei, in una città, Odessa, gaia, libera, spregiudicata, città di contrabbandieri, ladri, disertori, bari e falsari, una babele incredibile, scoppiettante.
Nasce ad Odessa, sul Mar Morto e vive in un periodo denso di avvenimenti: il crollo dell'impero zarista, la sanguinosa rivoluzione bolscevica e i pogroms contro gli ebrei, da cui egli stesso si salvò grazie ad una famiglia di vicini di casa, cristiani, in un momento oscuro in Russia di antisemitismo.

armata a cavallo            armata a cavallo

Isaak Emmanuilovic Babel compie studi irregolari, ma li completa e si trasferisce a San Pietroburgo dove arriva senza un soldo in tasca ed è grazie all'incontro nel 1916 con Gorkij, che lo incoraggia a scrivere, che capisce che la sua vera vocazione è la scrittura e seguendo il suggerimento di Gorkij decide di fare apprendistato attraverso l'osservazione andando fra la gente ad accumulare esperienza,
Così per sette anni vive fra la gente e solo nel 1923 riprende a scrivere." Devo tutto a quell'incontro..." dirà sempre e infatti fu per lui un incontro decisivo. Gorkij gli resterà amico per tutta la vita, soprattutto nei momenti difficili e, in quanto padre riconosciuto del realismo socialista, lo salverà spesso dal diventare vittima della repressione stalinista.
Come corrispondente venne assegnato alla Prima Armata a cavallo di Budennyi nel corso della guerra sanguinosa contro i polacchi, da cui nacque il romanzo L'Armata a cavallo che descrive con estremo realismo la ferocia dei cosacchi, la loro barbarie, i saccheggi, le storie di distruzione, ben lontane dal romanticismo rivoluzionario con cui venivano descritte da altri.
Il 20 aprile del 1920 la Polonia decreta la mobilitazione generale e cinque giorni dopo attacca le forze sovietiche nell'Ucraina nord - occidentale.
Quando gli eserciti di Pilsudski occupano Kiev e si attestano sulla riva sinistra del Dniepr, i bolscevichi sferrano una violenta controffensiva cui prende parte anche la leggendaria Prima cavalleria comandata appunto da Semen Budennj, un'accozzaglia di di genti e parlate tra cui c'è anche Babel sotto la falsa identità di Kirill Ljutov.
Affascinato da un mondo nuovo, rivoluzionario, che combatte senza paura, Babel diventato bolscevico, abbandona il suo vecchio mondo, ma non verrà accettato dal nuovo che lo terrorizza con la sua bestialità e ferocia.
Si ritrova solo sia perché intellettuale sia perché ebreo, in bilico al crocevia dei venti della storia costretto a scegliere tra due mondi non conciliabili. E quindi le lacerazioni, le incoerenze, gli interrogativi irrisolti.
Libro stupefacente di smarrimenti e dubbi, che nascono anche in seguito alla scoperta terrificante degli "ebrei della Galizia: barbe profetiche, tragiche barbe giallastre, schiene ossute, non un'ombra di grasso sui corpi estenuati..."vittime di un orrore senza senso, schiacciati dalla mostruosa macchina divoratrice di vita e di sogni, la macchina di un potere perverso, che incombe minaccioso sulla placida Volinia, di cui con grande lirismo ci descrive i campi rossi di papaveri, "mentre il sole di mezzodì agita la segale gialla e... l'odore del sangue di ieri e dei cavalli uccisi stilla nel fresco della sera".
Molte sono le critiche che il romanzo gli attira, in un clima di sospetto e di persecuzioni di stato.
Nel 1920 torna a casa ad Odessa e la trova cambiata, ingrigita e affamata.È un trauma che lo porta ad una crisi profonda e pensa di descrivere la vita che si svolgeva nel quartiere ebraico della sua amata Moldavavanka e decide di prendere in affitto una stanza nella casa di un ebreo, per meglio entrare nel clima di un ambiente animato da sensali, carrettieri, prostitute, passioni, sfide, rancori in un quartiere quasi fiabesco che profuma di mare e di sgombri fritti.
È con Benja Krik, il Re, il personaggio centrale, vestito di arancione e con un braccialetto di diamanti al polso, capo della malavita odessita che incomincia il ciclo dei Racconti di Odessa, che lo impegnerà tutta la vita.
Un mondo destinato a scomparire, come se Babel proseguisse una strada che lo porterà "a Lenin dopo essere partito da Maimonide", un mondo che ormai appartiene al passato, e sta cedendo il passo alla rivoluzione.
Odessa sta cambiando, così la Moldavanka che J.Roth vede nel 1928.
La rivoluzione ha impresso il suo marchio su una società trasformata dove c'è in atto lo scontro tra un passato "carico di tradizioni come un rotolo della Torah" e che cerca uno spazio nel presente che non trova perché viene rifiutato, se non cancellato.
Il vecchio mondo è allo sfacelo, Babel lo osserva e nasce la trilogia del tramonto del.ghetto.
La rivoluzione e la storia proseguono il loro cammino e nel buio e sordido cortile dell'edificio della Ceka, sotto una tela incerata, giace il cadavere di Froim il Gracchio ucciso dalle guardie rosse ultimo eroe della Moldavanka, figura emblematica del passato che viene ucciso perché nella società futura non c'è posto per uno come lui.
Per ritrovare la solarità perduta Babel si rifugia nella città – madre degli anni mitici dell'infanzia. I racconti Risveglio, Nello scantinato, Di Grasso ricreano il profumo dell'Odessa luminosa di sole di inizio secolo con i suoi stravaganti personaggi, il piccolo tram a vapore, le ville signorili.
Ad Odessa era nata la Achmatova, era vissuto lo scrittore Mendele Mocher Sforim, il poeta Bialik e ora Babel.
I Racconti di Odessa ebbero molto successo con il loro stile scoppiettante e irriverente, ma profondamente ancorato alla vita vera, uno stile, quasi dimesso, quotidiano, sostenuto da una lingua variegata, ricca di metafore eccentriche "il fiato grasso e borbottante del fornello" "i sogni mi saltavano addosso come gattini".
Frequenti gli ossimori, in base al principio che chi scrive deve ricorrere ai contrasti più stridenti, per poter cambiare ritmo spesso e velocemente, in un equilibrio arduo che si regge anche sul paragrafo, l'unità principe della prosa babeliana, su cui aleggia la sua ironia, come arma del linguaggio contro la brutalità della storia.
Era affascinato dall'inaudito, dall'indicibile, aggettivi che adorava, in un mondo in cui tutto appariva mostruoso e vivere era ogni giorno un rischio inaudito.
Era una prosa ardita e nuova che colpiva molti e che molto doveva alla Bibbia. Ebbe un grande successo.
Nel frattempo la sua vita familiare si sgretola, il matrimonio fallisce, dopo un lungo periodo di incomprensioni con la moglie, che decide di espatriare a Parigi nel 1925.
Ricostruisce una nuova famiglia.

Nello scantinato            Epistolario

Siamo nel 1930 e le brutalità della collettivizzazione lo disgustano, apre gli occhi sulla politica devastatrice di Stalin, si ritira dalla vita pubblica.
Appartiene alla schiera degli ebrei che diventarono bolscevichi per ribellarsi alla crudeltà degli zar, per poi doversi difendere dalle purghe staliniste ed aprire dolorosamente gli occhi su una delle più mostruose menzogne del secolo scorso, testimoniate da scrittori, giornalisti, storici che di quelle atrocità ci hanno parlato come Kapuscinski, V. Grossam nel bellissimo Vita e Destino, o il povero Osip Mandel'stam con la sua personale vicenda di poeta ebreo che dopo il gulag di transito di Tajset morì per sfinimento sulla strada per Kolyma, il cuore nero di torture e sterminio dello stalinismo.
Storie di immenso dolore e umiliazione, che smentiscono quanto ci è stato raccontato e a cui molti hanno creduto, per malafede e opportunismo.
Anche Babel prende le distanze dalla vita pubblica, ma diventa subito sospetto e naturalmente criticato di estetismo, ma ancora Gorkji lo protegge e passa indenne.
Ma una volta morto Gorkji, viene arrestato nella casa di campagna a Peredelkino.Accusato di spionaggio gli viene estorta una confessione, con imputazioni ridicole, conseguenza dell'ossessione di Stalin per la cospirazione, del suo isterismo che gli faceva vedere ovunque sabotaggi, finchè la verità divenne una pericolosa e rara realtà Com'era consuetudine e come tanti altri personaggi e persone comuni e innocenti viene processato, giudicato colpevole e il 27 gennaio 1940 fucilato.La moglie ne venne informata 15 anni dopo.
E secondo la versione ufficiale morì in un campo di concentramento in Siberia il 17 marzo 1941!
Tutto gli fu confiscato grazie alla cecità di meschini funzionari guidati da capi gretti e asserviti al bieco potere: manoscritti, l'archivio...
A tanti era accaduto la stessa tragedia.Tantissimi, purtroppo, prelevati in casa nel cuor della notte, imprigionati in condizioni di estrema durezza, torturati, uccisi o spediti alla Kolyma, la Treblinka di Stalin, come ci racconta Salomov "ogni mio racconto è lo schiaffo allo stalinismo... lo schiaffo deve essere secco, sonoro..." in un'Europa smarrita, inorridita, "un caos di non uomini... con i lupi nelle piazze" ci dice Marina Tscetaeva.
Troppe sono state le vittime di uno sterminio innominabile, Imre Kertesz scrive "il totalitarismo... il mostro feroce del secolo più devastante di qualsiasi fede distruttiva... espelle, mette fuori legge l'uomo... i campi di concentramento nazisti e bolscevichi, un'infamia del XX secolo, uno scandalo, essere cacciati dall'esperienza umana... la fame, il lavoro forzato, il supplizio, sono uguali a Dachau e a Kolyma."
Un anno dopo la morte di Stalin venne riabilitato: assurdità del potere.
Testa stempiata "occhiali sul naso e l'autunno nell'anima", di statura media, tarchiato, occhiali da miope, dietro i quali c'erano due occhi dolcissimi, era pieno di gioia di vivere, aveva una fantasia straripante e irriverente, un'ironia tenera e antica "cucita di lacrime", amava divertirsi "non sono stato messo al mondo dai miei genitori per essere infelice... noi siamo nati per godere..."
E la sua vita sentimentale è turbolenta, vive intensamente, gli piacciono le avventure, gli amori lo travolgono, è un passionale.
Nel Frutto del Fuoco Elias Canetti scrive di lui "mi piacque a tal punto... era un uomo piccolo tarchiato, era molto curioso, voleva vedere tutto, ma tutto per lui significava la gente, gente di ogni tipo, per comprendere sempre di più il mondo che guardava con inesausta curiosità. Si annoiava soltanto in mezzo agli spendaccioni... non poteva soffrire il continuo pavoneggiarsi degli artisti... prendeva la letteratura talmente sul serio che non poteva non detestare ogni giudizio impreciso... se poteva passare inosservato, vedeva meglio... indifferente alle chiacchere e alla vanità, sentivi che prendeva nulla alla leggera, la letteratura per lui era sacra, aveva una concezione severa e impegnativa della letteratura. L'opera doveva essere una fusione di soggetto e oggetto, l'autore si allargava con la sua personalità nella realtà per assorbirla e tradurla in parole.
Ho conosciuto il suo riserbo, la sua lentezza, il suo mutismo... il suo rispetto smisurato per ogni forma di apprendimento, era tutto rivolto agli uomini, studiare gli uomini gli era necessario.
E anche a lui, come a moltissimi altri prima di lui, fu tolta la vita dopo orrori e umiliazioni di ogni tipo. Così abbiamo perduto un altro grande narratore, che avrebbe potuto ancora regalarci chissà quali delizie.

Note
Tutte le citazioni derivano dalle opere di Babel

Della stessa autrice in questa biblioteca:
Ritratti di autore
Per saperne di più: Isaak Emmanuilovic Babel su Wikipedia