31. Bioculture:
Mimetismo e maschere carnevalesche

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Nelle giornate invernali si ha talora la sensazione di essere immersi in un paesaggio più avaro di colori; il cielo spesso è velato e quando si presenta limpido esso è percorso da ondate di aria gelida che si frangono sul viso quasi a mozzare il fiato. Molte piante si trovano in una fase di quiescenza, alcuni animali stanno in letargo, altri hanno sviluppato una folta pelliccia, chi ha potuto è migrato in luoghi più caldi, noi uomini in genere ci appropriamo delle pellicce degli altri e teniamo ben calde le nostre abitazioni. Si è nell’attesa della primavera, attenti a cogliere quei segnali che sembrano preannunciarla. Qualche arbusto un poco temerario si avventura in fioriture anticipate e rassicura che presto ci sarà un fervore di attività: la linfa risalirà i tronchi degli alberi; le gemme rigonfie si dischiuderanno per permettere l’impollinazione dei fiori; molti cuccioli, che attualmente stanno difesi nei grembi materni, nasceranno; le larve completeranno la loro metamorfosi sfarfallando dai bozzoli protettivi. Nell'attesa di tutto questo, un velo di colori sbiaditi si stende sui paesaggi e sembra che in questo modo voglia attenuare quella corsa agli armamenti che presto si scatenerà in vista della riproduzione e della cura dei nuovi nati. Le giornate cominciano lentamente ad allungarsi ma ancora è poca cosa rispetto alle ore di luce di cui si godrà nei prossimi mesi.

Wickler

È proprio in questa fase di speranzosa attesa e di tedioso trascinarsi, che viene a collocarsi il carnevale! E quasi a voler contrastare la monotonia dei toni della stagione, si assiste alla sfilata di una variopinta umanità che si esalta nei colori e nelle forme bizzarre delle proprie acconciature. Il carnevale è indice di un’epidermica allegria e nel suo srotolarsi rimanda a tradizioni antiche che vengono rivissute talora con colpevole leggerezza. I carri che percorrono le strade cittadine propongono situazioni allegoriche che traggono spesso spunto da episodi di vita politica e da fatti di costume. Un particolare significato meritano a tale proposito le statuarie figure mascherate che si fanno ammirare, ritagliate nello sfondo della basilica di San Marco, a Venezia. Soffermando lo sguardo su di esse si rimane colpiti, oltre che dalla sfarzosità dei costumi, dall’ambiguità che le permea: i loro volti sono delle istantanee a tempo indefinito che non lasciano trasparire nulla che sia rivelatore dei loro sentimenti, delle propensioni, delle espressioni di interesse o di rifiuto di cui in genere il viso è rivelatore. Ci si trova davanti ad una sorta di camuffamento criptico, in cui il protagonista si sottrae allo sguardo curioso di chi lo osserva, creando in lui una situazione di imbarazzo: la figura che si mostra così mascherata sarà uomo o donna, bella o brutta, interessante o noiosa, fantasiosa o scontata?
Queste sensazioni sono del tutto giustificate perché i processi selettivi hanno concentrato nei visi degli uomini, come analogamente in quelli degli altri primati, un insieme di segnali, correlati alle mimiche facciali, che sono tra l’altro straordinari indicatori della fitness, potenziali rilevatori, cioè, del fatto che si è portatori di un patrimonio genetico in grado di dare buona prole. Le espressioni del viso segnalano la sincerità e l’eventuale disponibilità dell’interlocutore a intrattenere un dialogo o a avviare una relazione, e anticipano stati d’animo e sensazioni che hanno modo di rendersi più espliciti attraverso il linguaggio, massimo strumento di conoscenza nell’uomo.
Proprio perché il volto è rivelatore della fitness, esso può essere guidato a ingannare dando false informazioni sulle qualità che sottende. Il truccarsi ha dunque una funzione ambivalente; può esaltare quelle parti del viso che maggiormente danno conto di sé stessi. Gli occhi e le labbra ne sono fortemente indicatori, il metterli in evidenza attraverso tinture raffinate può porre il possibile interlocutore in uno stato d’animo più fiducioso; in un certo senso il trucco diventa una sorta di handicap a cui ci si sottopone per rendere più credibile la propria fitness. Questo tuttavia non protegge dall’altrui inganno in quanto il trucco può mascherare difetti, rendere meno leggibile l’età, disorientare il partner convincendolo di una fitness che ha consistenza meno elevata di quello che si proclama. Vengono così attivate informazioni manipolative che rendono complessa la partita che ciascuno è costretto a giocare sul piano della riproduzione e della sopravvivenza.
Questi meccanismi ingannevoli non sono un requisito specifico dell’uomo, ma appaiono diffusamente presenti sia nel mondo animale sia in quello vegetale. I processi che essi sottendono vanno ricercati sia nella spinta alla sopravvivenza - e in tal senso si svolgono sotto l’azione della selezione naturale - sia in comportamenti legati alla scelta del partner, al corteggiamento, alla riproduzione, e sotto tale aspetto sono guidati dalla selezione sessuale.
Si resta stupiti e sconcertati dalla cura dei particolari che alcune forme di criptismo e di mimetismo sono in grado di presentare. Si può vedere un rametto secco o una foglia: in realtà, quelli che si è presunti essere tali, si sottraggono allo sguardo di chi li sta osservando e guadagnano velocemente un’altra posizione ingannevole in qualche altro luogo della pianta. Fiori dai colori rosati si rivelano essere delle mantidi insettivore (Hymenopus coronatus) in paziente attesa delle prede; altrove, altre mantidi (Idolum diabolicum) assumono le sembianze di petali variopinti. Ma attraverso quali processi si sono potute concretizzare forme mimetiche così mirabilmente ingannevoli? È documentato che il cambiamento evolutivo si realizza in tempi lunghi attraverso tappe graduali che possono svolgersi in milioni di anni. Esistono comunque processi di trasformazione che sotto la spinta della selezione sessuale si attuano in maniera galoppante in qualche migliaio di anni, dando luogo a caratteri e comportamenti di notevole complessità. La rapidità che caratterizza tali processi è dovuta al fatto che essi si svolgono sotto la pressione attiva dei partner che agiscono scegliendosi reciprocamente, anche se nella maggior parte degli animali è la femmina che attua la scelta preferenziale. In ogni caso viene incrementata così la frequenza, alla generazione successiva, dei geni per un determinato carattere e, insieme, delle preferenze per esso. Se gli individui, a seconda della specie di appartenenza, traggono una sensazione piacevole di fronte, ad esempio, a un particolare fiore molto appetito per il suo contenuto di nettare o a un frutto dal colore forte, come una mela rossa, ecco allora che se il partner è nella condizione di assumere elementi di colorazione o di forma che in qualche modo ricordano tali sostanze, esso può suscitare un maggiore interesse da parte dell’altro partner, in genere la femmina, e essere scelto in modo preferenziale. I loro figli erediteranno tali caratteristiche insieme alla particolare sensibilità o preferenza verso di esse. Tutto ciò scatena un meccanismo galoppante che può dare conto dell’affermarsi in tempi relativamente brevi dell’affermazione di tali caratteri. Il didietro rosso dei babbuini è forse frutto della sensazione di piacevolezza che nei loro antenati aveva suscitato la vista di una mela dai colori analoghi.
In altri casi, sembra che si faccia di tutto per mettersi in evidenza, rivestendosi di colorazioni vistose, indicate come aposematiche, in cui il rosso si alterna al nero o al giallo. I protagonisti sono in genere individui in grado di elaborare sostanze che li rendono fortemente inappetibili: con il loro esuberante aspetto segnalano al potenziale predatore la loro non appetibilità. I processi selettivi attraverso cui tali colorazioni si sono potute realizzare possono essere ricercati in un complesso gioco in cui chi invia il messaggio e chi lo riceve devono imparare a comprendersi. Se il fenomeno lo si legge lungo la scala del tempo, è difficile stabilire se la non appetibilità sia comparsa insieme all’appropriazione di un abito vistoso. Dal momento che la caleidoscopica varietà di odori, suoni, colori che si osserva in natura è in genere connessa alla selezione sessuale, si può ipotizzare che anche in questo caso le colorazioni vistose dei soggetti inappetibili possano essere il frutto di abiti nuziali che si sono potuti mantenere attraverso la comparsa della non appetibilità, in quanto ciò ha loro conferito un valore aggiuntivo di protezione. Altri soggetti simili nell’aspetto a quelli dal sapore disgustoso, ma senza questa caratteristica o che se ne sono privati successivamente, hanno ricevuto una protezione (il fenomeno è detto mimetismo batesiano), come può succedere a chi, inosservato, si ripari dalla pioggia sfruttando un ombrello occasionale che una previdente persona non ha trascurato di portare con sé.
Tornando alle maschere del carnevale, esse rimandano a altri aspetti del vivere che traggono radice dalle tradizioni culturali e dalla storia del costume. Pur tuttavia elementi che trovano fondamento nel nostro essere biologico possono essere presenti e indirettamente condizionare e pilotare le nostre propensioni e i nostri atteggiamenti, anche quando essi contribuiscono a costruire quell’insieme di manifestazioni che fanno la festa del carnevale, per l’appunto.

Sui diversi temi affrontati in questo articolo si può fare riferimento alle seguenti indicazioni bibliografiche    libri
  • Wolfgang Wickler, Mimetismo animale e vegetale, Padova Franco Muzzio editore, 1991, pp. 222
  • Luciano Bullini, Sandro Pignatti, Amalia Virzo De Santo, Ecologia generale, Torino, UTET, 1998, pp. 520 [Cap. 5: Ecologia e adattamento, pp. 93-133]
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