50. Bioculture:
Le emozioni

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Sabot è un giovane maschio di poco più di un anno che si fa subito ammirare, tra le scimmie del Parco Faunistico di Piano dell'Abatino , per il carattere estroso, sempre disponibile ad interagire positivamente con gli altri cebi (Cebus apella) del suo gruppo, presenti in natura nelle foreste del Sud America. Idonee posture del corpo e particolari espressioni del viso traspirano in lui emozioni che testimoniano sicurezza, amabilità, coraggio, doti che già lo denotano come un possibile futuro leader. Il padre di Sabot, un maschio dominante, esercita con scrupolo il suo impegnativo compito di tutela delle femmine in modo da assicurarsi, tra l'altro, che sia l'unico a poterle rendere gravide. La madre del giovane cebo è la femmina di rango più elevato e gode nel gruppo dei privilegi legati a tale sua condizione.
Di età prossima a quella di Sabot è Rajà, anche lui figlio di un genitore dominante ma con una madre di rango basso, assoggettata alle angherie delle altre femmine, soprattutto quando si tratta di afferrare i bocconi più succulenti o di occupare i ricoveri più ambiti. Rajà è timido e pauroso, nel gioco non tende a prendere iniziative per primo ma ama comunque trastullarsi con i coetanei.
I differenti stati d'animo che i due giovani cebi manifestano, risentono della loro condizione di supremazia o sudditanza e possono essere ritenuti frutto di un determinismo di tipo genetico o, in opposizione, culturale, a seconda delle diverse prospettive da cui ci si pone. Ritenere Sabot predeterminato a divenire un leader in quanto possiede il patrimonio genetico di due genitori dominanti, significa attribuire ai geni una fortissima penetranza nell'espressione dei caratteri, tale da rendere superfluo il contesto ambientale, e in particolare culturale, in cui essa si esplica. D'altronde, si può anche supporre che avendo Sabot una madre rispettata da tutti, abbia fin dalla nascita ricevuto attenzioni e riguardi corrispondenti a quelli che si riservano ai figli di femmine di tale rango. Tutto questo avrebbe contribuito alla formazione del suo stato emozionale con scarsa influenza del patrimonio genetico. Analoghe considerazione ma di segno opposto possono essere fatte per Rajà.

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Queste due differenti matrici, genetica e culturale, prese singolarmente, possono dar conto solo di alcuni aspetti, poco generalizzabili, dei comportamenti e delle emozioni ad essi associati, svolgendo entrambi, geni e cultura, un ruolo integrato. Si potrebbe esemplificare tale considerazione pensando ad una partita di poker. Le carte che i giocatori ricevono in apertura del gioco rappresentano il patrimonio genetico di ciascun individuo al momento della formazione dell'embrione. Se uno si ritrova in mano quattro assi ha ottime probabilità di vincere la partita mentre chi ha meno di una coppia figurata parte alquanto male. Nel gioco del poker la mossa successiva è quella di potere sostituire alcune carte con altre: questa seconda possibilità è omologabile ai processi epigenetici. Le reti neurali che sottendono la formazione dei caratteri e l'espressione delle emozioni si realizzano non solo durante la fase embrionale ma anche subito dopo la nascita, nei primi tempi di vita, per poi continuare a ricostituirsi a ritmi più blandi. Un ambiente particolarmente ricco di stimoli oppure povero e frustante, esercita effetti significativi sulla costituzione delle reti neurali in quanto, in maniera adattativa, predispone il neonato ad immagazzinare rappresentazioni della realtà attraverso mappe cognitive associate a risposte emozionali e comportamentali che sono funzionali alla sua sopravvivenza; in tale modo si rende più vantaggioso un futuro ruolo di leadership o di sudditanza.
Rimanendo nell'esempio del poker, dopo il secondo giro di carte, comincia la fase del gioco in cui non è escluso il bluff e l'inganno; anche chi si trova nella condizione di avere brutte carte in mano può spavaldamente bluffare e vincere la partita! Tra gli organismi viventi esistono complesse strategie comportamentali ed emotive messe a punto in relazione all'esibizione della propria fitness, sia per trarre subdolamente in inganno sia per smascherare chi lo fa abitualmente.
Generalmente gli stati emotivi si associano, soprattutto negli animali sociali, al bisogno di mettersi in relazione con gli altri, talora per rafforzare i legami affettivi, altre volte per esprimere una situazione di disagio o di avversione.
Negli organismi dotati di maggiore plasticità di comportamento, come tra i vertebrati, le emozioni acquistano una più ampia valenza potendo esprimere molteplici segnali di avviso che vanno dalla gioia alla paura, dall'aggressività all'arrendevolezza; essi si manifestano attraverso determinate posture del corpo, l'emissione di suoni, odori o l'assunzione di specifiche colorazioni. In vari pesci e uccelli la comparsa di chiazze colorate denotano una particolare condizione emotiva; nei cani scodinzolare la coda è segno di gioia mentre tenerla tra le gambe denota paura. Negli uomini un subitaneo rossore delle guance indica imbarazzo o timidezza, l'improvviso pallore spesso si associa alla paura, il rosso del viso manifesta spesso rabbia.
In genere, le emozioni si accompagnano a specifici atteggiamenti del corpo e lì dove esse sono in contrapposizione, come succede quando si esprime collera o serenità, gioia o tristezza, danno adito a gestualità opposte.
Tra le scimmie, uomo compreso, le emozioni hanno un determinato modo di esprimersi attraverso le espressioni del volto. La ricchezza di muscoli presenti in questa area del corpo, frutto di probabili adattamenti ad un regime alimentare vario quale è quello di molti primati, ha reso possibile un loro ampio utilizzo per comunicare emozioni. Si tratta di un definito numero di espressioni facciali che la selezione ha iscritto nel codice genetico, quindi non trasmesse culturalmente, aventi valenza ampia, non ristretta cioè ad una singola specie. Per questo, trovandosi di fronte ad una scimmia come un cebo, una bertuccia o uno scimpanzé, si colgono consonanze di espressioni del viso che fanno esclamare a chi le osserva quanto esse appaiano umane!
In genere le emozioni si accompagnano, soprattutto negli animali che normalmente hanno molte interazioni reciproche, alla necessità di stabilire relazioni di vincolo o di ostilità, ed esprimono perciò situazioni di piacere o di disagio che possono dare adito ad abbracci e ammiccamenti oppure sconfinare nella fuga o nell'aggressione. Le emozioni, comunque si rivelino, sottendono perciò, in genere, il bisogno di soddisfare una voglia che può essere connessa all'alimentazione, alla sessualità, alla necessità di evitare un pericolo o di esercitare un'aggressione.
Spesso il raggiungimento di quanto si desidera comporta un'espressione di piacere che può essere preceduta, accompagnata o seguita da emozioni di segno opposto; infatti per soddisfare un bisogno spesso occorre farsi carico, non necessariamente in contemporaneità, di alcune difficoltà, portatrici di sofferenze. La selezione naturale ha adattato gli individui a convivere con emozioni di valenza contraria; appropriarsi di una risorsa come possono essere dei frutti succulenti per delle scimmie, qualche arvicola per un branco di lupi, i prodotti di una piantagione o, in modo più venale, qualche granello d'oro da estrarre da tonnellate di sabbia per degli uomini, è spesso possibile solo perché si è geneticamente predisposti ad accettare le fatiche che questo comporta. Negli sportivi il viso esprime in successione la sofferenza per lo sforzo compiuto e la gioia per il risultato raggiunto.
Questo insieme contrastante di emozioni sono supportate dalla produzione endogena di particolari sostanze che hanno la funzione di preparare i corpi agli eventi che si vanno succedendo. Di particolare interesse risultano alcune variazioni ormonali che si associano alle emozioni vissute nei momenti di stress. La produzione di adrenalina e noradrenalina da parte della zona midollare delle ghiandole surrenali e delle aree periferiche del sistema nervoso simpatico, causa una variazione di vari parametri fisiologici come il battito cardiaco e la pressione arteriosa che predispongono il soggetto alla reazione più opportuna, l'attacco o la fuga, e comunque lo preparano a mantenere un'attenzione attiva. La stessa produzione di endorfine ad opera del cervello, alzando la soglia del dolore, favorisce una reazione attiva del soggetto come quella di mettersi rapidamente al riparo dal pericolo, fuggendo.
Se invece si percepisce una situazione di assenza di vie di uscita, come succede a un' istrice imprigionata da una tagliola, a una volpe finita in gabbia o a una persona bloccata in ascensore, allora la zona corticale delle ghiandole surrenali mette in circolo il cortisolo, sostanza che ha la capacità di rendere più sopportabile la condizione di stress attraverso la rassegnazione e l'inattività.
Tra le scimmie la produzione di cortisolo coinvolge i soggetti in misura differente, risultando importante il ruolo sociale da loro occupato nel gruppo di appartenenza. Negli scimpanzé l'individuo alfa esercita il suo potere con relativa tranquillità e sono i maschi subalterni a produrre cortisolo in relazione alla loro percezione della sudditanza nei confronti del maschio dominante. Tra le scimmie scoiattolo avviene il contrario; il maschio dominante vive nel continuo terrore che il suo ruolo possa essere messo in discussione dagli altri maschi. Qualche tempo fa è capitato che a una coppia di scimmie scoiattolo, da qualche tempo presente presso il Parco, si aggiungesse un giovane maschio per il quale vi era la necessità di trovare una sistemazione anche temporanea, essendo stato espulso dal suo gruppo. La semplice presenza di questo nuovo soggetto, che pure non aveva mostrato espressioni di ostilità o volontà di sopraffazione, ha determinato nel maschio adulto la percezione di essere defenestrato, innestando una situazione di forte stress, pilotata dalla produzione di cortisolo. Di fatto nel giro di pochi giorni gli alti livelli di ormone lo hanno condotto rapidamente alla morte.
Anche nell'uomo le emozioni si accompagnano a particolari atteggiamenti e posture del corpo, e soprattutto ad espressioni facciali che sono sostenute dalla produzione delle stesse sostanze come adrenalina, noradrenalina, serotonina e cortisolo, presenti negli altri primati.
Vi è tuttavia nel manifestarsi delle emozioni umane una peculiarità che le rende particolari. Un cane può essere felice alla vista del suo padrone ma è difficile immaginare che pensi di amarlo, così come un cavallo può avere paura del fantino che lo frusta ma non sarebbe esatto affermare che ritenga di odiarlo. Ciò che fa specifico il modo di vivere le emozioni da parte dell'uomo è il fatto che esse sono filtrate dal linguaggio; pur condividendo le stesse emozioni che provano gli altri animali, soprattutto quelli a lui prossimi per filogenesi, esse sono traslate in rappresentazioni simboliche associate a costrutti linguistici in cui è immersa la mente umana.
Le emozioni da tempo agitano e scuotono gli uomini; esse risultano ampiamente condivise grazie alla capacità innata di poter essere descritte attraverso espressioni verbali complesse che rispondono a precise regole sintattiche. In questa veste esse s'accrescono e si ingigantiscono via via che passano di mente in mente, proprio come la calunnia "un venticello, un'auretta assai gentile che insensibile, gentile, leggermente, dolcemente incomincia a sussurrar. Piano piano, terra terra, sotto voce sibillando, va scorrendo, va ronzando nelle orecchie della gente, s'introduce destramente e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar. Dalla bocca fuori uscendo lo schiamazzo va crescendo, prende forza a poco a poco, scorre già di loco in loco, sembra il tuono, la tempesta che nel sen della foresta va fischiando, brontolando e ti fa d'orror gelar. Alla fin trabocca e scoppia, si propaga, si raddoppia e produce un'esplosione come un colpo di cannone, un tremuoto, un temporale, un tumulto generale che fa tutto rimbombare..." (Il barbiere di Siviglia – Rossini).
Emozioni come la gioia o la sorpresa, la rabbia, la paura o il disgusto, l'accettazione, il dispiacere o l'aspettativa alimentano vari sentimenti come quelli del rancore, dell' amore o della speranza perché negli uomini hanno la possibilità di essere veicolate di bocca in bocca come la fama, che "più va, più cresce, / e maggior forza acquista. E da principio / picciola e debil cosa, e non s' arrischia / di palesarsi; poi di mano in mano / si discopre e s'avanza, e sopra terra / sen va movendo e sormontando a l'aura, / tanto che il capo infra le nubi asconde….."(Eneide – Virgilio)
Le passioni rivissute attraverso i linguaggi simbolici umani, nel diffondersi come la calunnia o la fama, favoriscono l'impressione che siano generate da un'entità superiore, una sorta di "Dio maggiore", mentre le emozioni non traslate dalle parole sono relegate a semplici istinti, omologabili agli ingranaggi di un motore. Tutto ciò contribuisce a considerare gli animali non umani come macchine viventi a cui è lecito negare dignità. Gli animali parlanti delle favole di Esopo o i personaggi di Walt Disney sono valorizzati semplicemente perché si caricano delle passioni umane, in altri termini vivono le loro emozioni parlandone. Dalla consapevolezza che il linguaggio simbolico è il principale fattore che rende diverso il modo di vivere i sentimenti da parte degli uomini, è doveroso chiedersi se ciò sia sufficiente per negare dignità a tutti quegli animali che condividono le stesse nostre emozioni, pur essendo incapaci di descriverle!

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