55. Bioculture:
Sentirsi soli!

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I macachi di Tonkeana (Macaca tonkeana), originari di Sulawesi nell'arcipelago indonesiano, hanno suscitato interesse tra i primatologi per il loro sorprendente repertorio di espressioni conciliatorie messe in atto dopo situazioni di conflitto all'interno del gruppo di appartenenza. Greg, un possente maschio di Tonkeana ospitato nelle strutture del Parco dell'Abatino, ha esercitato con piglio autorevole la dominanza sul suo gruppo. Per anni nessun altro maschio ha osato contestargli tale ruolo fino a quando Charles, un giovane adulto di otto anni, ha in modo quasi spavaldo assunto atteggiamenti d'insubordinazione rivolti soprattutto a conquistare l'interesse di qualche femmina. La risposta di Greg non si è fatta attendere! Dopo alcuni contatti fisici, fonte di lesioni non gravi per entrambi i contendenti, Charles, da sconfitto, è stato emarginato in un angolo della struttura fortunatamente abbastanza ampia; la stretta vigilanza di Greg ha impedito agli altri membri del gruppo di accostarlo e talvolta solo una femmina gli ha indirizzato a distanza qualche espressione facciale. Per giorni Charles è rimasto in tale situazione di isolamento ed ha vissuto in solitudine. È questa una condizione da cui si può facilmente precipitare nella depressione cioè nell'accettazione remissiva di uno stato ritenuto o percepito come miserevole, senza soluzione di uscita; in genere essa si accompagna, a livello fisiologico, ad alti livelli di cortisolo, l'ormone dello stress.

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La solitudine tuttavia non necessariamente è l'anticamera di uno stato d'animo depresso. La selezione naturale le ha conferito qualche vantaggio perché permette di praticare, in determinati contesti sociali, una condizione di attesa vigile e non rassegnata, capace di smussare, come è successo a Charles, gli impulsi aggressivi, frutto di una volontà di protagonismo e di egemonia. Essa permette un ripensamento del ruolo che si vuole esercitare nel contesto sociale di appartenenza e a livello fisiologico si può accompagnare ad un riassetto ormonale che rispecchia un lento superamento della condizione di stress.
In una situazione naturale a Charles si sarebbe prospettata l'opportunità di allontanarsi dal gruppo alla ricerca della possibilità di conquistare in un'altra famiglia la dominanza e quindi l'accesso alla riproduzione. Le strutture del Parco, per quanto potessero essere ampie, non gli hanno consentito di praticare tale strada. Quindi Charles ha preferito assoggettarsi forse rimandando in tempi futuri la sfida a Greg; un sottile gioco di strategie comportamentali si è comunque messo in moto tra il maschio dominante che, rimanendo sospettoso, ha continuato a non fidarsi dell'assoggettamento del rivale, e il subordinato che ha cercato di dare prova di ravvedimento forse nascondendo alla meglio la sua aspirazione alla sfida.
Negli animali che normalmente trascorrono una fase o l'intero periodo della loro vita all'interno di famiglie più o meno ampie, la solitudine connessa alla condizione di isolamento in seguito ad un allontanamento dal proprio gruppo familiare, rappresenta comunque una condizione difficile da sopportare con conseguenze anche gravi a livello fisiologico ed ormonale. È stato osservato infatti che la mancanza di uno stretto contatto fisico, fatto di reciproche premure, come il grooming tra le scimmie, o di affettuosità, quali quelle espresse tra genitori e cuccioli, disincentiva la produzione di specifici ormoni; tra questi un particolare ruolo è svolto dall'ossitocina. Definita in modo semplicistico messaggero d'amore, essa svolge una funzione importante nel consolidare i legami di coppia e nel conferire maggiore coesione al gruppo familiare. Le mamme che allattano hanno un forte incremento di tale ormone; esso rafforza l'intimità, ottimizza il flusso di calore tra mamma e neonato e dà loro quella calma rassicurante così preziosa per i piccoli che succhiano al seno.
La solitudine, se è frutto della condizione di isolamento in cui un soggetto può venirsi a trovare, priva dunque di quei contatti fisici che costituiscono lo stimolo alla produzione dell'ossitocina. La riduzione di questo ormone abbassa tra l'altro la tolleranza al dolore, rende più apatici ma anche più sospettosi nell'accostare i propri simili, diminuisce la funzione immunitaria aumentando la percezione della stato di stress. Una curiosità: è stato osservato che i massaggiatori presentano in genere bassi livelli di cortisolo perché essi sono controbilanciati da tassi elevati di ossitocina, stimolata dalla loro attività professionale! Anche il sentirsi soli, pur trovandosi in mezzo ad una moltitudine di individui con cui si ha solo modo di scambiare contatti per lo più percepiti come formali o addirittura sgradevoli ed invasivi, disincentiva la produzione di ossitocina facendo vivere più intensamente gli eventi negativi e meno quelli positivi; in genere questa condizione si accompagna alla paura di essere aggrediti o perseguitati col risultato di invecchiare più velocemente.
Al Parco dell'Abatino negli anni sono stati affidati numerosi esemplari di mammiferi, uccelli e rettili in seguito a sequestri giudiziari o ad attività di recupero su soggetti che avevano subito nel loro ambiente naturale differenti traumi. Quando non è stato possibile inserirli in gruppi della loro specie, si è in genere determinato il problema di conciliare il mantenimento in ambiente controllato con la diversa capacità di ciascun individuo di sopportare la condizione di solitudine che quasi inevitabilmente si sarebbe creata. Situazioni analoghe si sono anche presentate in seguito ad isolamento di un soggetto perché espulso dal gruppo di appartenenza, come è successo a Charles; la necessità di svolgere un intervento veterinario o di offrire assistenza ad un soggetto, e più spesso ad un piccolo improvvisamente privato per varie ragioni delle cure parentali, ha ugualmente attivato una situazione problematica legata alla solitudine.
Piqui, una femmina di cebo dai cornetti (Cebus apella), è stata ad un giorno dalla nascita abbandonata dalla madre che del resto era del tutto incapace di allattarla. Per circa tre mesi è stata allevata artificialmente avendo la premura di tenerla il maggior tempo possibile a stretto contatto fisico con chi l'assisteva. Ha vissuto la sua primissima infanzia in una sorta di marsupio improvvisato ricevendo continuamente carezze e affettuosità che se da una parte l'hanno portata ad identificare se stessa con la facies umana, dall'altra hanno assicurato che si mantenessero nella norma i suoi livelli di ossitocina. Dopo una condizio adottivo, è iniziata una fase di reinserimento nel gruppo di origine che è durata diversi mesi. Inizialmente, stando sempre nell'improvvisato marsupio, era tenuta per poco tempo nella voliera che ospitava il suo gruppo; poi la permanenza era progressivamente prolungata e Piqui iniziava ad esplorare in rapide sequenze di tempo il paesaggio circostante e ad avere i primi fugaci contatti con i suoi simili. Infine, dopo circa sei mesi, si è realizzato l'inserimento pieno nella sua comunità. Per ben tre volte Piqui ha partorito ma non avendo appreso dalla madre il modo di allevare un cucciolo, non è riuscita a fare sopravvivere i suoi piccoli alla nascita. La vita di gruppo le ha in seguito offerto la possibilità di tenere in groppa, anche se per brevi tratti di tempo, qualche cucciolo delle altre femmine apprendendo, a contatto fisico col piccolo, le regole generali della buona balia. Alla fine della quarta gravidanza Piqui, in maniera straordinaria è apparsa a qualche ora dal parto col piccolo aggrappato al collo nella posizione più corretta possibile, da manuale! Per vari mesi lo stretto legame fisico così creato ha assicurato benessere a lei ed alla sua piccola.
Va sottolineato come la capacità di intrecciare relazioni strette tra i vari membri di un gruppo, comprese quelle tra partner, ha un valore fondamentale non solo per contrastare la depressione ma anche per garantire la sopravvivenza della prole, indipendentemente dal ruolo di dominanza che ogni soggetto ha all'interno della famiglia di appartenenza. Piqui, pur essendo una femmina di rango inferiore, nel momento in cui si è fatta carico della sua piccola portandola aggrappata sul dorso, ha trovato nel maschio dominante un valido sostegno e una pronta difesa nei confronti, nel caso specifico, di due femmine, tra loro sorelle, che coalizzandosi contro di lei e minacciandola in maniera insidiosa, tendevano a mantenerla isolata dal gruppo.
Non tutti gli animali tuttavia vivono la solitudine con la stessa intensità o drammaticità. Il passero solitario (Monticola solitarius), immortalato da Leopardi, ha un'indole estremamente misantropa. È il più bello tra i turdidi che vivono in Italia avendo il maschio una straordinaria colorazione blu ardesia mentre la femmina presenta colori più criptici, sul bruno con qualche macchia bianca. Il loro habitat comprende zone aride, dirupi, ruderi; talora è possibile avvistarli, nei piccoli centri montani, sui campanili o sulle antiche tegole delle cascine. Il canto del maschio riecheggia a grandi distanze,alto, melodioso e, per le sensibilità umane, denso di malinconia.

« D'in su la vetta della torre antica,/ passero solitario, alla campagna/ cantando vai finché non more il giorno;/ ed erra l'armonia per questa valle./ Primavera dintorno/ brilla nell'aria, e per li campi esulta,/ sì ch'a mirarla intenerisce il core./ Odi greggi belar, muggire armenti;/ gli altri augelli contenti, a gara insieme/ per lo libero ciel fan mille giri,/ pur festeggiando il lor tempo migliore:/ tu pensoso in disparte il tutto miri;/ non compagni, non voli,/ non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;/ canti, e così trapassi/ dell'anno e di tua vita il più bel fiore…".
L'uccello dal colore dell'ardesia, pur vivendo solitario ma non in solitudine, ha in effetti un carattere allegro e vivace. Le sue strategie comportamentali sono state confezionate dai processi selettivi naturali perché possa trarre profitto dal suo atteggiamento solitario; le coppie si formano solamente nel ne di stretta dipendenza dal genitore periodo riproduttivo ed entrambi i genitori collaborano alla costruzione del nido posto nelle fessure delle rocce, negli anfratti di vecchi edifici o in qualche antico comignolo. Anche la cura della prole prevede l'impegno della coppia; poi ciascuno ritorna alla vita abituale ricca di canti melodiosi e voli solitari, fino al sopraggiungere della nuova stagione riproduttiva.
"Tu, solingo augellin, venuto a sera/ del viver che daranno a te le stelle,/ certo del tuo costume/ non ti dorrai; che di natura è frutto/ ogni vostra vaghezza".

La natura vaga del "passero solitario" a cui fa riferimento Leopardi, è il risultato dell'attività della selezione naturale e sessuale che hanno reso ottimale, ai fini della sopravvivenza e della riproduzione, un tale specifico comportamento.
A differenza di quel che succede per il passero solitario, tra gli animali sociali, e in particolare per gli uomini, la solitudine può essere devastante perché innanzitutto li priva di quei contatti con i propri consimili che la selezione ha reso così importanti nel favorire un giusto equilibrio interiore. Mentre nelle linee filogenetiche degli insetti o di molti altri invertebrati gli ornamenti sessuali fatti di colorazioni vistose, orpelli esuberanti, dispendiose vocalizzazioni sembrano essere colti sul piano della pura stimolazione dei sensi, come indicatori di un buono stato di salute e di elevata fitness ma avulse da coinvolgimenti emozionali, tra i vertebrati e in particolare tra quelli ad alta socialità, ornamenti ugualmente vistosi non solo eccitano i sensi ma attivano le emozioni e sono fortemente connesse ad un sentimento di piacere. Il cervello si è evoluto in queste linee filetiche come un formidabile sistema immerso nelle endorfine, adattato a misurare il grado di piacere che può derivare dalle connessioni sociali e dal profitto riproduttivo ad esse associato. La mente si sarebbe caratterizzata per essere un complesso sistema di intrattenimento non limitato ad attivare sensazioni ma a stimolare molteplici emozioni in parte destinate ad affascinare altre menti. In particolare quella umana si è plasmata all'interno di nicchie ecologiche in cui ogni percezione del paesaggio ecologico è proiettata in mondi simbolici sorretti da complessi linguaggi; essi hanno esaltato il bisogno di poter condividere i propri stati interiori con gli altri, incrementando il piacere dei rapporti sociali e rafforzando il dolore della solitudine. Secondo alcuni autori questa specifica capacità dialogante, prima ancora di essere indirizzata all'attività speculativa sul piano delle cognizioni scientifiche e tecnologiche, sarebbe stata spesa dai primi ominidi nell'arena dei corteggiamenti contribuendo all'aumento della massa cerebrale per processi selettivi direzionali. La particolare predisposizione sensoriale ai costrutti linguistici ha quindi fortificato la spinta a condividere con gli altri, autoregolandola, i propri stati interiori come fonte privilegiata di piacere. Questo fatto spiegherebbe perché la solitudine, interrompendo questi processi e prolungandosi indefinitamente, possa essere particolarmente dolorosa tanto da spingere al suicidio o alla profonda depressione.

"Sollazzo e riso,/ della novella età dolce famiglia,/ e te german di giovinezza, amore,/ sospiro acerbo de' provetti giorni,/ non curo, io non so come; anzi da loro/ quasi fuggo lontano;/ quasi romito, e strano/ al mio loco natio,/ passo del viver mio la primavera".
Del tutto eccezionale è la capacità di chi sa vivere la solitudine come momento straordinario per entrare in sintonia col divenire della Natura, offrendo agli altri il piacere di partecipare a tale emozione quasi a volerli accompagnare per mano sull'orlo di un abisso depressivo rispetto al quale la magia del linguaggio poetico fa da sponda e impedisce di precipitarvi dentro. Oltre alla poesia anche altre forme simboliche come la pittura, la musica, la scultura, le espressioni artistiche in genere, suscitano emozioni che per essere apprese e comprese hanno bisogno di essere lette mentalmente, cioè devono essere in grado di alimentare un linguaggio anche se soltanto interiore.
Spesso nei momenti di solitudine la capacità tutta umana di dialogare con se stessi può essere motivo di conforto in una vigile attesa, più o meno prolungata, di riconnettersi con i propri simili. La possibilità di immergersi in modi fantastici descritti da linguaggi simbolici espone tuttavia al rischio di sottovalutare quanto quel retroterra emozionale che non è solo della specie umana abbia bisogno di alimentarsi del contatto con gli altri.
Al Parco dell'Abatino è stato portato, in seguito ad un sequestro giudiziario, un bellissimo esemplare di Ara chloroptera, stupendo pappagallo dai colori rossi e blu, l'uccello apparentemente iniziò a condurre in voliera una vita normale ma ad una più attenta osservazione si capì che era abbastanza svogliato, indolente e che in realtà stava maturando una forma di stress indotta dalla solitudine; essa si interruppe quando si è avuto modo di accostargli un altro pappagallo, suo simile. Improvvisamente i suoi atteggiamenti si modificarono, fu molto più attivo e vigile. Spesso durante la giornata i due si scambiavano benevole attenzioni, pulendosi le penne vicendevolmente coi becchi che intrecciavano in piacevoli esibizioni amorose.
Anche per gli umani la possibilità di scambiarsi affettuosità è un'esigenza imprescindibile, in qualsiasi contesto possa capitare di trovarsi. Purtroppo avere considerato la mente umana come una sorta di computer, tutta tesa alla creazione cognitiva e alle applicazioni tecnologiche, ha fatto relegare la mente emozionale ad un ruolo supplente. Lì dove la solitudine fa sentire di più i suoi effetti, in un ospedale, in una casa di cura, in un ospizio o in un brefotrofio, si ritiene condizione necessaria un'organizzazione tesa al recupero fisico della persona sofferente attraverso gli strumenti della ricerca, della farmacologia e dei presidi sanitari, ma talora questo non si accompagna ad un uguale impegno sul piano del contatto affettivo, ritenuto elemento non strutturale!
In uno dei discorsi più ricordati di papa Giovanni, considerato forse una delle allocuzioni in assoluto più celebri della storia della Chiesa, in quello che ormai si conosce come "il discorso della Luna, riecheggiarono queste memorabili parole: "Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell'amarezza." Al di là dell'accettazione o meno di uno stato di fede, queste parole colgono quella valenza universale per cui siamo tutti figli di una storia evolutiva che ci ha visti camminare insieme alle tante altre specie animali, compagni di viaggio assetati come noi di quel piacere che deriva anche da un semplice contatto fisico, appunto da una carezza. Pur essendo un atto così semplice, essa stenta spesso ad essere data, forse togliendo la possibilità a chi da tempo si è incagliato sui fondali della solitudine, di riavviare la navigazione in connessione con gli altri.

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