Emanuel Carnevali
Se tu sapessi quante meravigliose storie porto con me... forse all'inferno.
di Ornella Milani

Emanuel Carnevali nasce a Firenze nel 1897 da genitori separati.
La sua infanzia, già difficile, perché vive accanto a due donne morfinomani, la madre e la zia, che pur ama, è errabonda, fino alla morte della madre, giovanissima.
I rapporti con il padre sono molto tesi, a scuola non si sente a suo agio, è naturalmente un irrequieto.
Decide a sedici anni di partire per l'America e parte il 17 marzo per New York.
Esercita lavori saltuari, fa di tutto: lavapiatti, cameriere, garzone... patisce fame, miseria nera che lo porta a definire l'America tanto sognata "il paese del buio".
Impara l'inglese e comincia a scrivere in questa lingua poesie che verranno pubblicate nel 1918, quando inizierà la sua opera di traduttore di scrittori italiani come Palazzeschi, Saba, Slataper...
Riesce ad entrare nella cerchia degli scrittori americani di punta di quegli anni che lo ammirano e lo aiutano.
A soli diciannove anni sposa un'emigrante piemontese, ma il matrimonio è di breve durata.
Anche in amore è un incostante, finchè non si innamora di una ragazza ebrea, che finirà per lasciarlo e la delusione lo getterà in un'angoscia mortale: l'inizio di un precipitare in un baratro di dolore anche fisico.
Frequenta le prostitute, le uniche ad avere cuore, da cui si lascia mantenere. Contrae la sifilide, viene ricoverato, ammalato di spagnola. Comincia a manifestarsi la malattia che lo porterà alla morte.
Gli amici gli sono vicini, lo curano a loro spese, ma una volta uscito dall'ospedale lo troviamo a mendicare a Chicago.
Non ha fissa dimora. La mano destra gli trema continuamente e non può lavorare, gli mancano le forze, non riesce a concentrarsi a lungo, si parla di encefalite letargica ed è costretto a rientrare in Italia, dove il padre lo fa ricoverare all'ospedale civile.
Siamo nel 1922: inizia un fitto carteggio con gli amici americani.

Carnevali Mc Almon raccoglie gli scritti di Carnevali sparsi in riviste e giornali americani per pubblicarli in un volume.
Ezra Pound in un'intervista sul Corriere della Sera fa per la prima volta il nome di Carnevali in Italia.
A Parigi esce A Hurried Man, l'unico libro pubblicato in vita dello scrittore.

Le sue condizioni di salute peggiorano.
"non fui mai felice e adesso lo sono sempre meno... soffro molto e siccome non credo in Dio mi manca anche il conforto che non lo nego, la religione mi potrebbe forse dare... siamo esseri troppo piccini per avere una religione... uno sguardo al cielo ci fa pensare che siamo cenere e peggio..."
Muore nel 1942.
Nel 1978 per i tipi Adelphi edizioni esce Il primo dio. Poesie scelte. Racconti e scritti critici.
È una rivelazione. Scrittore maledetto, come Dino Campana, ebbe un destino tragico, che ci racconta nel romanzo autobiografico Il Primo Dio.
È l'autoritratto di un nomade di un disperato, di un affamato d'amore, che non trovò mai la sua donna "una donna che sia tale è qualcosa di grandioso... non ha paura... ama... quella che cerco è così... allora sarò un grande poeta"
Si era sposato con la donna sbagliata, perché il vero matrimonio per lui era un matrimonio dell'anima e dello spirito e "naturalmente c'è anche la carne, ma abbellita dall'anima".
La donna dei suoi sogni è come "un giovane albero snello, al limitare di una foresta... i pensieri passano attraverso di lei come un venticello passa su un campo di grano maturo..."
Aveva preso la sifilide perché si era messo a frequentare le prostitute, perché erano delle emarginate come lui, sole come lui ad elemosinare un poco di calore.
La malattia lo segnò moltissimo, diventa la sua compagna fedele fino alla morte.
In una notte d'inverno, pallidissimo, stranissimo, si reca a far visita a Sherwood Anderson. È molto malato, magrissimo, poco coperto, senza cappotto, in una notte rigidissima di neve. Dopo una mezz'ora vuole uscire, corre fuori, sparendo nella tempesta di neve, per ore vaga nella bufera, lo trovano più tardi in ginocchio nella neve davanti alla casa della prostituta che lo manteneva e gridava, gridava a Dio di salvare la sua anima e l'anima di una donna che era al suo lavoro.
Fu un modo per uccidersi. Perché sapeva che la malattia l'avrebbe ucciso e voleva batterla nel tempo.
Questo episodio, commovente, fa soffrire chi legge perché si trova davanti ad un povero,desolato personaggio, da sempre infelice, da sempre solo.
Un uomo inginocchiato sulla neve, semivestito, in preda al delirio, è l'immagine vivente di un dolore inimmaginabile,insopportabile, un dolore che annichilisce.
Questo romanzo è di una modernità sconcertante, intenso, pieno di sogni di tormento, di dolore, fortemente evocativo, di uno scrittore che avrebbe a buon diritto essere annoverato fra i grandi scrittori italiani se non avesse scelto di scrivere in un'altra lingua.

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Per saperne di più: Emanuel Carnevali su Wikipedia