12. Contributi: L'Italia e la crisi nella Relazione annuale della Banca d'Italia
Gianni Camarda *.

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La Relazione del Governatore della Banca d'Italia fornisce, prima della pausa estiva, una fotografia della situazione economica, che si caratterizza per obiettività, indipendenza e completezza. Quella di quest'anno riveste particolare interesse dato che è stata redatta dopo il manifestarsi della crisi mondiale e, si spera, alla vigilia dell'auspicata ripresa. Di particolare interesse risultano, ovviamente, le osservazioni svolte relativamente alla situazione italiana e le indicazioni fornite per uscirne.

Sulle cause e sulla natura finanziaria della crisi è ormai disponibile un'ampia letteratura. La distruzione di risparmio e la diffusione dei cosiddetti "asset tossici" o "titoli spazzatura" negli attivi delle banche di tutto il mondo ha ridotto la possibilità per le banche medesime di fornire credito alle imprese; i problemi si sono estesi a macchia d'olio dalla finanza all'economia reale e dagli USA agli altri paesi. Il Governatore osserva che "non è ancora possibile individuare con certezza una definitiva inversione ciclica: si prevede che la crescita riprenderà nel 2010. L'attesa generale per i prossimi mesi è di riduzioni di occupazione, di reddito, accompagnate dal permanere di volatilità sui mercati finanziari, con riflessi negativi sui consumi e sugli investimenti".

In Italia la crisi mondiale si è manifestata principalmente con il crollo della domanda estera, cui è conseguita, da parte delle imprese, la "chiusura provvisoria di interi stabilimenti o linee produttive; riduzione, temporanea o permanente, della manodopera; rinvio degli acquisti, sia di semilavorati sia di beni capitali; dilazioni insolitamente lunghe dei pagamenti ai fornitori". Ne è derivata un'ulteriore contrazione della domanda con pesanti ripercussioni sul PIL (-1 per cento nel 2008; -5 per cento nel 2009; -7 per cento nel primo semestre 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008). È compromessa la stessa sopravvivenza di numerose imprese, specie se di piccole dimensioni o che operano in qualità di subfornitori di imprese maggiori; ma soprattutto sono pesanti e non ancora pienamente emerse le conseguenze negative sull'occupazione con "la decurtazione del reddito disponibile delle famiglie e dei loro consumi ... a cui le imprese potrebbero reagire restringendo ancora i loro acquisti di beni capitali e di input produttivi".

Gli interventi anticrisi debbono quindi essere indirizzati, da un lato, a favore delle imprese e, dall'altro, a sostegno della domanda interna.

Per le imprese, la raccomandazione del Governatore è rivolta essenzialmente alle banche le quali sono state invitate ad "affinare la capacità di riconoscere il merito di credito nelle presenti, eccezionali circostanze. Va posta un'attenzione straordinaria alle prospettive di mediolungo periodo delle imprese che chiedono assistenza finanziaria". Del resto, "l'impatto della crisi sulle banche è stato da noi meno traumatico che in altri paesi"; tuttavia, pur avendo evitato di inquinare i rispettivi bilanci con significativi investimenti in "titoli tossici", le banche debbono ora fronteggiare il rapido aumento di crediti "in sofferenza" o "incagliati", per effetto del descritto sfavorevole andamento dell'economia reale. Sempre a sollievo della situazione finanziaria delle imprese, il Governatore sollecita la "riduzione nei tempi di pagamento dei debiti commerciali delle Amministrazioni pubbliche, pari a circa il 2,5 per cento del PIL" e "la sospensione dell'obbligo di versare all'INPS le quote di TFR non destinate ai fondi pensione".

La Relazione sottolinea anche la necessità di completare le opere pubbliche già iniziate e di avviare quelle che possono essere completate in tempi brevi.

Il Governatore è ben consapevole che le politiche anticicliche in Italia sono pesantemente condizionate dal precario equilibrio dei conti pubblici e, in particolare, dall'ingente volume di debito pubblico accumulato. A questo riguardo vengono formulate diverse considerazioni sul gettito tributario, sulla composizione della spesa pubblica e sulla spesa previdenziale.

Se è normale che in fase recessiva il gettito tributario diminuisca, in Italia tuttavia l'IVA è diminuita dell'1,5 per cento a fronte di una modesta crescita dei consumi (+ 2 per cento); l'imposta sui redditi delle imprese è diminuita di oltre il 9 per cento; "oggi, solo il gettito dell'Irpef tiene".

Sono urgenti interventi sulla spesa pubblica che, secondo le stime della Banca d'Italia, nel 2009 "supererà largamente il 50 per cento del PIL e, in assenza di interventi, tenderà a permanere su quel livello negli anni successivi". Per la spesa corrente, il Governatore auspica il passaggio dal criterio della spesa storica a quello dei costi standard. Per quanto concerne gli investimenti, la "relazione" segnala la "discontinuità e dispersione dei finanziamenti su una molteplicità di lavori: il numero di infrastrutture strategiche prioritarie è passato dagli originali 21 progetti a oltre 200". Inoltre "in Italia un chilometro di autostrada può costare più del doppio che in Francia o in Spagna".

Il discorso sfiora poi il problema di quella che viene definita "economia irregolare", che vale circa il 15 per cento dell'attività economica e che, oltre ad occultare una parte consistente della base imponibile, "determina iniquità e disarticola il tessuto sociale".

Infine si auspica il "graduale incremento dell'età media effettiva di pensionamento", riconoscendo, peraltro, la necessità di favorire forme di previdenza complementare o integrativa, sebbene "nel 2008 il rendimento dei fondi pensione negoziali e dei fondi aperti è stato negativo per 6 e 14 punti percentuali".

Per quanto riguarda il sostegno ai redditi più bassi, e quindi alla domanda aggregata, il Governatore rileva che "va colta oggi l'occasione per una riforma organica e rigorosa, che razionalizzi l'insieme degli ammortizzatori sociali esistenti e ne renda più universali i trattamenti"; inoltre, "per i bassi salari potrebbe essere studiato un credito d'imposta: adottato con successo in molti paesi, esso potrebbe aiutare la regolarizzazione di posizioni sommerse".

In sostanza, la Relazione fornisce al Governo, con i consueti toni pacati e prudenti, una concreta agenda, sottolineandone anche l'urgenza. Dal contenuto del documento emergono anche le insufficienze degli interventi sin qui realizzati. Circostanza, del resto, già altrimenti nota: una recente rilevazione del FMI mostra che i paesi del G 20 hanno stanziato mediamente il 2 per cento del PIL per gli interventi anti-crisi, impegno che peraltro non è ritenuto del tutto adeguato. In questo contesto, l'Italia ha impegnato solo lo 0,2 per cento a fronte del 2,3 della Spagna, 1,6 della Germania, 1,4 del Regno Unito e 0,7 della Francia.

A questo riguardo, esponenti del Governo ostentano ottimismo: affermano che molto è stato fatto e assicurano che l'Italia uscirà prima e meglio di altri paesi dalla crisi. In realtà, da quanto si è visto sinora, sembra piuttosto che la strategia del Governo – ammesso che ce ne sia una – sia quella di fronteggiare alla meno peggio la situazione, confidando in una spontanea inversione del ciclo. Mancano in particolare incisive manovre di sostegno affinché "la debolezza del mercato del lavoro non si ripercuota ancora più duramente sui consumi interni"; esse implicherebbero però una redistribuzione del reddito a favore delle categorie più svantaggiate e inoltre si ripercuoterebbero sui conti pubblici, imponendo successivamente penose e impopolari manovre di rientro. Sembra invece che si navighi a vista, in attesa che la ripresa si manifesti nei mercati di sbocco dei nostri prodotti, auspicando che la conseguente crescita della domanda estera attivi una spirale virtuosa di senso contrario rispetto a quella, descritta più sopra, che ha avviato la recessione. Nel frattempo, ognuno si arrangi come può.

Se così fosse, e finora nulla lascia presumere il contrario, l'Italia uscirebbe dalla crisi in ritardo, a rimorchio della ripresa che si registrerà altrove e con costi in termini di struttura produttiva e di coesione sociale difficilmente valutabili.

Il Governatore osserva che "negli ultimi vent'anni la nostra è stata una storia di produttività stagnante, bassi investimenti, bassi salari, bassi consumi, tasse alte". È evidente che una risposta attendista del tipo sopra ipotizzato, non potrà che ricollocare il nostro sistema economico in una prospettiva di basso profilo rispetto a quei paesi che hanno affrontato l'emergenza con risposte ben più incisive e lungimiranti.

Riferimenti

* L'autore, già Condirettore Centrale della Banca d'Italia, ha svolto la sua attività professionale nei comparti dell'organizzazione interna e dei rapporti finanziari con la tesoreria statale.

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