16 Cultura & Società
Grazie
articolo di Giovanna Corchia

Pennac    Daniel Pennac
Grazie
Editore Feltrinelli
Anno 2004
68 pagine

Amo Daniel Pennac dal momento in cui ho letto il suo libro Comme un roman. Ho sentito Pennac vicino nel comune mestiere d'insegnante alle prese con i bisogni, le motivazioni degli alunni.
Ecco l'inizio di questo libro speciale:
"Il verbo leggere non sopporta l'imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo "amare"...il verbo "sognare"...".
Per Pennac leggere è innanzitutto raccontare e, così, arrivava in classe con tanti libri e iniziava a leggere e le pagine non erano più pesanti, noiose, ma leggere, stimolanti...
Ora affrontiamo Grazie, non so se riuscirò a far nascere il desiderio dell'ascolto...

Inizio: Siamo a teatro
Fine: Ecco, eravamo a teatro

La parola teatro è una chiave di lettura dell'opera di Pennac e dello spettacolo al quale assisteremo.
Sul palcoscenico c'è lui - il premiato per l'insieme della sua opera, in platea ci siamo noi, spettatori-destinatari, spesso apostrofati nel suo discorso di ringraziamento.
Vi è nel testo un narratore che potrebbe assumere la funzione delle didascalie...
All'inizio dello spettacolo lui è di schiena che ringrazia un altro pubblico di fronte che lo applaude fragorosamente. Agita un trofeo che finisce col pesargli... Finalmente gli applausi scemano, cade il silenzio, si odono colpi di tosse che finiscono col coincidere con i nostri.

Le luci si riaccendono, il premiato sembra rivolgere uno sguardo a ciascuno di noi; riesce infine a liberarsi del trofeo e dà inizio alle sue parole in libertà e, d'ora in poi, fruga ripetutamente nelle tasche alla ricerca del suo discorso ufficiale che dice di aver preparato. Certo non lo avrebbe scritto se fosse stato premiato prima, le sue parole sarebbero state più istintuali. E, rivolto a noi, dice che non si devono rifiutare le onorificenze, che bisogna lasciarsi decorare. Tutti saranno contenti del premio che ti è stato dato, anche i tuoi peggiori nemici che daranno subito sfogo alle loro maldicenze: un leccaculo pazzesco!, diranno.
Che cosa premiare? Soprattutto i meriti immaginari, quelli che ognuno si attribuisce... ed ecco l'esempio paradossale di Hitler: Ah! Se lo avessero premiato nel momento in cui, pittore mediocre, si sentiva un grande, non si sarebbe arrivati alla conclusione che tutti conosciamo: quarantadue milioni di morti in meno, un bel risparmio per tutti! L'ironia: una chiave di lettura determinante.

Continua a frugare nelle tasche, dice di essersi informato, documentato sul modo in cui articolare un simile discorso.
Espone la teoria dei cerchi concentrici: dapprima si ringraziano le persone che contano, la giuria; poi il pubblico, infine lo staff, che ha permesso che la tua opera venisse considerata degna di un premio. Ecco la parentesi su una categoria di notabili che non ringraziano mai nessuno, al contrario, si autoringraziano: sono i ministri che spesso dichiarano la mia politica, le mie scelte finanziarie, grazie a me...Poi rivolto al pubblico, tutti dei perfetti sconosciuti, sembra rimproverare, rimproverarci, che non sappiamo nulla di Chologne sur Brie, che non è un formaggio, ma un fiume, è là che è nato...
Continua a giocare sul premio, sullo staff e lo staffato riconoscente, sul ringraziamento, genere ridondante, centrifugo, perché le persone che contano di più, la famiglia, gli amici si lasciano in fondo...
Apre qui un'altra parentesi sul piacere di fare un piacere, per il piacere di ricevere un grazie, come quando d'inverno si tiene la porta aperta a qualcuno e lo si costringe a correre; niente male, però, gli si permette di riscaldarsi.
Un premio è tutt'altra cosa: ma noi in platea cosa ci aspettiamo da lui: che ci ringrazi perché siamo venuti a ringraziarlo, di cosa? Ringraziarlo per la sua opera che ci ha resi più... meno... E le pause servono a sottolineare la perfetta estraneità di un pubblico invitato alle cerimonie ufficiali, alle premiazioni di qualcuno di cui ignorano tutto. E qui esprime un giudizio, quasi si trattasse di un teorema:
"Ogni opera equiparabile al discorso pronunciato dall'autore durante una premiazione va ritenuta indegna di essere premiata".
È un'ulteriore sottolineatura della ridondanza, del vuoto di ogni forma di ringraziamento, dello spettacolo di ogni premiazione.

E continua a frugare nella tasca, pensa che noi pensiamo che non ci sia niente in quella tasca e, poi, in un crescendo d'irritazione, sciorina tutti i suoi ringraziamenti, includendovi tutti i nomi di scrittori passati e presenti a cui deve molto; e poi aggiunge. "E se il mio modesto contributo potesse..." certo, "la modestia del premiato è sempre ben accetta". Quale ironia!
Segue la sua denuncia di ogni discorso ufficiale, come quando da piccolo sentiva il disagio di leggere la sua dichiarazione di amore alla mamma.
Finalmente dalla tasca emergono dei fogli.
Sorpresa! È il regolamento del suo ringraziamento al pubblico: durata, e così via. Poi l'occhio cade sulle spese al minibar dell'albergo che sono a suo carico, così è scritto, e qui si rivolge al minibar piegandosi, quasi fosse un bambino. E poi pensa che tutte queste parole sono una manifestazione di un atto creativo, potrebbero premiarlo! Impossibile ormai, visto che è stato premiato per l'insieme della sua opera. Non gli è dato più di creare nulla...Largo ai giovani, dunque.

Non può terminare qui, per contratto deve intrattenerci ancora. Si appella alla nostra pazienza, ancora mezz'ora, passa in fretta. Ritorna sul ringraziamento, un genere sempre ridondante e centrifugo per proporci un rovesciamento: farne un genere centripeto, iniziare a ringraziare le persone che contano di più ed esclama:
"Dedico questo premio ai miei genitori, nonostante..."
Ed è su quel nonostante che dobbiamo riflettere; succede, non mancano gli esempi, che all'interno della famiglia si sia come degli estranei: un esempio... i regali di Natale, quasi dei regali...aziendali". E poi quanti in famiglia condividono il vostro impegno per la scrittura. Prima del premio si saranno chiesti molte volte. "Cosa cazzo facevate esattamente nella vita!!".
Allora perché non ringraziare la famiglia elettiva, gli amici?" Ma dove fermarsi nel lungo elenco degli amici? Come non dimenticare nessuno? Meglio rinunciarvi.

Perché non rinnovare il genere? Grazie, grazie, molte grazie... Perché non c'è mai il segno meno quando si ringrazia? In amore, se si è amati, là sì, si dovrebbe dire grazie a chi ci ama: "Ti amo". "Molte grazie" ...insolita la risposta, ma è, forse, un momento di spontaneità.
Grazie...grazie... si sente sempre ripetere questa parola; rivolto a noi: "Siete pregati di lasciare il posto pulito come vorreste trovarlo, grazie..."
Illuminazione: mettere al centro del ringraziamento una persona che non si vuole ringraziare, il genere guadagnerebbe in sincerità. Quelli da non ringraziare, tanti: impossibile non dimenticarne nessuno. Poi improvvisamente grida un nome:

"Signor BLAMARD, non la ringrazio". Chi è questo signor Blamard (1)? È il terribile maestro, che in una scuola molto fredda premiava i buoni facendoli stare vicini alla stufa e lui, a Chologne sur Brie, sempre per ultimo, a causa di questa pedagogia centrifuga.
Ecco la scuola, la scuola primaria, che tanto peso ha sulla crescita del bambino, Pennac ce lo ricorda.
Rivolto al signor Blamard della sua infanzia grida: "Mi dimentichi!" Però poi riflette ad alta voce che, forse, senza Blamard, senza quel trauma infantile, non l'avrebbe mai creata la sua opera...e, allora, Grazie Blamard!"
Le luci si spengono, una luce lo illumina, una luce che nasce dall'interno...sono loro, i liberatori di luce, sono i bambini nascosti in ognuno di noi...forse.
Le luci si accendono, si spengono, lo illuminano, quasi metamorfizzato in trofeo...un usciere arriva e lo porta via. Ormai non è che un vuoto trofeo, finito lo spettacolo, un trofeo di cui sbarazzarsi dietro le quinte.
Cade il sipario.

Ecco, eravamo a teatro.

Il significato di questo monologo: una critica all'inautenticità, spesso, dei rapporti umani, dei tanti discorsi ufficiali, di tante onorificenze in cui l'onorificato non è che un pretesto per un intrattenimento pubblico, uno spettacolo, insomma.

(1) Blamard, il nome del maestro, ha dentro la parola blāme, blāmer: biasimo, biasimare. Si giustifica o no?

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