19 Cultura & Società
Vita e destino
articolo di Giovanna Corchia

Grossman      Vita e destino
Vassilij S. Grossman
Editore Jaca book
Anno 2500
864 pagine

Dall'introduzione

"Non sono colpevoli. Forze di piombo oscure,
li sospingevano, milioni di tonnellate pesavano
su di loro. Non vi sono innocenti tra i vivi. Tutti
sono colpevoli, tu imputato, tu procuratore, ed io
che penso all'imputato, al procuratore e al giudice.
Ma perché ci fa tanto male e vergogna la nostra
abiezione
"?
Vaslij Grossman, Tutto scorre

In queste parole ciò che è sottolineato dopo la negazione iniziale è invece il contrario: non vi sono innocenti, tutti sono colpevoli. Ma tale constatazione di colpevolezza non è senza conseguenze, infatti ne abbiamo vergogna. La vergogna potrebbe essere, forse, un'attenuazione della colpa...

Vita e destino

Vita e destino, le due parole associate nel titolo sono spesso riprese nel corso della lunga narrazione del romanzo formato da tre parti. Se vita è libertà – altra parola chiave proprio perché negata – il destino è invece la sorte riservata agli uomini privati della loro umanità nelle vicende drammatiche della seconda guerra mondiale. Siamo in Unione Sovietica e tutto ruota attorno a Stalingrado, fin dove sono penetrate le forze naziste e dove avrà inizio la riscossa dell'Armata rossa.
I personaggi, in maggioranza immaginari, affrontano vicende disparate. Saremo spesso immersi nella disumanizzazione dei lager nazisti ma anche stalinisti. Spesso ci si soffermerà sull'impossibilità anche solo di ridurre il Male e sull'impotenza del Bene. Tra le figure di donne vi sono due sorelle, Evgenija e Ljudmila Šapošnikov: la prima ha sposato un commissario politico del partito che, senza una causa nota, come in moltissimi altri casi, cade in disgrazia e si trova a essere rinchiuso nel terribile carcere della Lubjanka e poi in un gulag; l'altra, moglie dello scienziato Štrum, perde un figlio in guerra e il marito cade in disgrazia perché ebreo, proprio quando avrebbe potuto ricevere il premio Stalin per le sue scoperte nel campo della fisica.
Il lettore che affronta il romanzo s'imbatterà in pagine di profonda analisi psicologica, ma anche di lieve poesia, in riflessioni sul bene, il male, la vita, il destino, l'assurdo... Spesso si è spinti a chiedersi, con Primo Levi, di fronte ai convogli che trasportano il gregge umano ai campi di sterminio o ai lavori forzati, se questo è un uomo, se questi sono uomini...

PARTE PRIMA

Dei convogli si avvicinano ad un grande lager: tutto è grigio, uniforme, monotono, quindi morto perché tutto ciò che vive è colore, varietà, irripetibilità. Tra gli internati vi è Iskonnikov, un uomo che impareremo a conoscere, da molti considerato pazzo o idiota.
Incurante della propria persona, quando si apre alla confessione, cogliamo le ragioni del suo essere com'è: un giorno ha assistito a una deportazione di massa, inutilmente ha cercato di soccorrere quel lungo corteo di uomini, donne, bambini, ventimila ebrei, portati a morire. Quel giorno è giunto alla conclusione che Dio non esiste, perché, se esistesse, non avrebbe potuto permettere una cosa simile.
I tedeschi sono giunti a Stalingrado e, per procedere senza ostacoli, hanno versato fiumi di benzina nelle acque del Volga: le fiamme lambiscono il cielo, la terra brucia! La guerra siamo noi che affrontiamo insieme il nemico, ma se un soldato resta isolato allora sono io nella morsa dell'angoscia, della paura. La guerra, un'arte che richiede coraggio e incoscienza.
Lager, prigionia senza scampo, guerra, ed ecco la percezione del tempo, in modo deformato ma, sempre con profonda consapevolezza del suo passaggio, nella riflessione di un internato:

"Il tempo, quel mezzo trasparente nel quale compaiono, si muovono, scompaiono senza lasciar traccia gli uomini... Col suo trascorrere sorgono e spariscono intere città. Egli le porta e le cancella.
In lui sorse una comprensione particolare, completamente nuova, del senso del tempo. Quella comprensione che così può definirsi: "Il mio tempo... non è il nostro tempo". Il tempo affluisce nell'uomo da un regno della sua interiorità, vi fa il suo nido: ma ecco che se ne va, si dilegua: l'uomo, il regno restano...il regno è rimasto e il suo tempo è passato.
Dov'è? Ecco, l'uomo respira, pensa, piange, e quell'unico, particolare tempo legato a lui solo se n'è andato, è trascorso. E lui rimane.
Nulla è più duro che essere figliastri del tempo. Non c'è sorte più pesante che sentirsi uno che non vive più il proprio tempo. Coloro che il tempo non ama si riconoscono subito, negli uffici del personale, nei comitati di partito, nei reparti d'aviazione dell'armata,nelle redazioni, nelle strade... Il tempo ama solo coloro che egli ha generato, i suoi figli, i suoi eroi, i suoi lavoratori. Non amerà mai, mai i figli del tempo passato, neanche le donne amano gli eroi del tempo passato, come le matrigne non amano i figli altrui.
Ecco la sua ambivalenza: tutto passa e lui rimane. Tutto rimane, solo il tempo passa. Come se ne va via leggero, senza far rumore! Solo ieri eri così fiducioso, allegro, forte, figlio del tempo. E oggi è arrivato un tempo nuovo e ancora non l'hai capito."

In quei mesi di resistenza all'esercito nemico soldati russi sottolineano la loro impotenza proprio nel riprendere quello che la propaganda diffonde di quella guerra: una difesa grandiosa, quella dell'armata russa... Poi si abbandonano ai ricordi, gli unici momenti in cui si allontanano dal presente minaccioso.

Una lettera al figlio

"Vitja, sono sicura che la mia lettera arriverà fino a te, benché io mi trovi oltre la linea del fronte e dietro il filo spinato del ghetto ebraico. Non riceverò mai la tua risposta, non ci sarò più. Voglio che tu conosca i miei ultimi giorni, con questo pensiero mi è più facile uscire dalla vita."

Questo è l'inizio di una lunga, struggente lettera di una madre al proprio figlio. Per la prima volta è costretta a riportare alla memoria ciò che aveva completamente dimenticato: tutto ciò che le accadeva era dovuto al suo essere ebrea, per la prima volta ascolta degli innocui vicini dire: "Grazie a Dio è la fine per i giudei". Quando incontrava, in quei giorni vecchi conoscenti tutti fingevano di non conoscerla.
Al momento di dover abbandonare la sua casa non sa cosa avrebbe dovuto prendere con sé: un libro amato, le lettere del figlio, alcune fotografie...? Poi il lungo gregge che si muove verso il ghetto. Aggiunge: "Non mi sono mai sentita un'ebrea, sin dall'infanzia sono cresciuta tra amiche russe...". Da ragazzina aveva rifiutato di abbandonare il suo paese, la Russia ed ora...
Nel ghetto ha cercato di mettere la sua professione di medico al sevizio degli altri infelici come lei. Poi si sofferma a descrivere i bambini rinchiusi in quella prigione: a loro non è dato diventare musicisti, calzolai, tagliatori... Qualcuno già prepara le fosse comuni per lo sterminio... Ora la conclusione della lettera:

"Ricorda che il mio amore sarà sempre con te, sia nei giorni di gioia che nei giorni di dolore, e nessuno sarà mai in grado di soffocarlo.
Viten'ka... ecco l'ultima frase dell'ultima lettera della mamma indirizzata a te. Vivi, vivi, vivi per sempre...".
Mamma

I funzionari di partito

Apro una breve parentesi sui funzionari di partito: ogni loro decisione doveva essere compenetrata dello spirito del partito, la forza della loro parola era risolutiva, toccava a loro difendere gli interessi del partito in ogni campo, arte e letteratura comprese. Dappertutto doveva essere affermata la potenza granitica dello Stato.

La morte di un figlio

Sconvolgenti le pagine di un viaggio di una madre, Ljudmila Šapošnikov, per abbracciare il figlio, Tolja, ferito a Stalingrado. Arrivata in ospedale il letto è vuoto, il figlio è morto, e tutti, medici e infermieri, le parlano a lungo non per una condivisione del suo dolore ma per giustificare la loro impotenza nel salvare un ragazzo. Il nostro sguardo si sofferma su scene che sottolineano la scomparsa di ogni umana pietà: il cieco appena dimesso a cui una donna rifiuta un braccio e altre scene simili... "Come se questo mondo si fosse accordato per smentire l'opinione che il bene si può stabilire prima e senza esitazioni nei cuori di quelli che indossano abiti macchiati di unto e le cui mani sono diventate scure per il lavoro". La fatica, il dolore comune, il bisogno non fanno spontaneamente crescere nell'animo umano vincoli forti, di aiuto reciproco, di condivisione... La bontà, quando si manifesta, è solo insensata, stravagante, non contagiosa...
Il tempo, pensa Ljudmila Šapošnikov potrà, a poco a poco, erigere un tumulo in cui sarà rinchiusa per sempre una perdita irreparabile. Ma per lei, seduta di fronte alla tomba del figlio, non c'era più cielo, né fede, né speranza, solo terribile, straziante, inconciliabile dolore.

In un lager russo

Un detenuto politico, Abarcuk, padre del soldato morto – ma ne ignora la morte – vorrebbe essere destinato all'esercito per poter incontrare il figlio che ha abbandonato all'idea che la madre non lo avrebbe educato ad una vita da vero comunista... Un compagno gli fa capire che non può aspettarsi che la sua domanda sia accolta, il loro lavoro nelle miniere di carbone è molto più utile al paese. "I politici non li prendono nell'esercito", aggiunge, con un'ultima considerazione sul suo destino: "È lì, nelle cave, che si compirà il tuo destino". Non c'è alcuna differenza tra i lager nazisti e i lager russi: ogni uomo è privato della sua dignità, annullato.
Il prigioniero Abarcuk è un convinto comunista, non un opportunista, eppure era lì in quella prigione, senza una ragione, forse vittima di una delazione, proprio lui che desiderava tanto somigliare al suo modello, Stalin.
Tutti in quel lager finivano per perdere la loro umanità, tutto ciò che restava era riuscire ad accaparrarsi qualcosa da mangiare, soddisfare bisogni meschini
Un giorno arriva un suo compagno, in uno stato da far paura, chiede d'incontrarlo ed è in questa occasione che qualcuno osa dirgli che forse hanno sbagliato tutto, soprattutto nella loro fede incondizionata nel comunismo. "Noi non capivamo la libertà, neanche Marx le ha dato il giusto valore: la libertà è il fondamento, il senso, la base della base. Senza libertà non c'è rivoluzione proletaria". Sono parole che non scalfiscono, nonostante l'internamento, la fede di Abarcuk nel comunismo ed è questa difficoltà di far capire il significato della parola libertà che porta al suicidio il suo amico. Come non capire che la vita è libertà e che il lager non è che una camicia di legno, una bara per tutti coloro che sono privati di ciò che è essenziale per vivere: la libertà.

Gli stermini di massa

Alla fine dell'estate del 1942 le armate naziste erano vittoriose dappertutto. Il 12 settembre, data che segna l'apogeo del successo militare tedesco, gli ebrei d'Europa furono sottratti ai tribunali e rimessi alla temibile Gestapo: la direzione del partito e Hitler in persona avevano deciso il loro annientamento: nell'uomo vi è molto di non umano. Come è possibile pensare che mente umana arrivi a decidere in modo sistematico, razionale, un eccidio di massa.
Il narratore cerca di avvicinarsi a una spiegazione: nel caso di capi di bestiame infetto ci si organizza per eliminarli per evitare che il contagio si diffonda, per proteggersi dal rischio di malattie mortali. In questi casi la popolazione collabora al fine di contenere la diffusione di epidemie. Ma nei casi di sterminio in massa di persone, la popolazione non è pervasa da un odio sanguinario per vecchi, donne, uomini, bambini. Per questa ragione uno sterminio in massa richiede una preparazione del tutto particolare; non basta il puro istinto di conservazione, è necessario risvegliare nella popolazione l'avversione e l'odio. Ed è quello che è avvenuto attraverso un processo di deindividuazione delle vittime prescelte, come se non si trattasse più di persone, ma di una seria minaccia per l'integrità di tutti, come se si trattasse di capi di bestiame infetti... Così operò anche Stalin nella sua campagna di sterminio dei kulaki come classe, al momento della collettivizzazione delle terre; di eliminazione dei trockisti e dei buchariniani, tutti tacciati di essere sabotatori, degenerati. Stalin e Hitler, le due facce di una medaglia, l'uno lo specchio dell'altro.
"La prima metà del XX secolo entrerà nella storia dell'umanità come l'epoca del totale sterminio di enormi strati della popolazione ebraica, sterminio basato su teorie sociali e razziali. La contemporaneità con comprensibile ritegno tace su ciò".
Masse gigantesche furono testimoni rassegnati del massacro d'innocenti. L'estrema violenza dei regimi totalitari aveva ingenerato una specie di culto mistico della violenza sino ad arrivare ad alcuni casi d'intellettuali ebrei che giunsero a pensare che il loro sacrificio fosse necessario per la felicità del genere umano, una specie di espiazione per il bene degli altri: quasi un rinnovamento del sacrificio del proprio figlio chiesto da Dio ad Abramo.
Il fascismo agisce accecando ogni coscienza; è necessario riflettere sulle condizioni delle vittime per capire perché rassegnazione, accettazione della morte e non lotta, rivolta, siano state più forti: l'uomo ridotto in schiavitù diventa schiavo per necessità.
Ma, al tempo stesso, nonostante tutto, uno Stato totalitario non riesce ad estirpare la tensione dell'uomo alla libertà: la si può reprimere, ma non la si può sradicare. "L'uomo non rinuncia volontariamente alla libertà. In questa conclusione è racchiusa la luce del nostro tempo, la luce del futuro." Speriamo sia così perché ciò a cui assistiamo ancora oggi non è portatore di luce...

Brevi pause durante la guerra

I soldati che vanno in guerra sono uniti da uno scopo comune: la difesa della patria ed è attorno a questo scopo che si deve convogliare tutto il loro coraggio. Eppure la vita di ognuno è unica ed è nella sua unicità il senso stesso della vita. Ora a Stalingrado bisognava fermamente credere che il bene avrebbe trionfato nella guerra: la brava gente pronta a non lesinare il proprio sangue avrebbe potuto costruire una vita buona e giusta. Ma tutti quei ragazzi andavano a morire, sacrificando l'unicità della loro stessa vita. Correggere il destino: impossibile!
Nel filo della narrazione s'incontrano sprazzi di storie diverse con ricordi tristi, dolorosi, ma anche allegri, belli: in questi frammenti di vita vissuta torna a galla la specificità di ognuno...

Le contraddizioni dei grandi della Rivoluzione

Lenin parlava di liberare il popolo dall'antica schiavitù, spiegava che la Rivoluzione era scoppiata perché nessuno potesse erigersi a capo, poi però aggiungeva: "Prima vi governavano in modo stupido, ora io lo farò in modo intelligente". Per molti queste vicende non erano che l'affermarsi di un destino inclemente, di una vita senza libertà, una non vita, dunque, l'affermarsi di un secolo lupo. Quando questi pensieri emergevano dal profondo vi era una sola consolazione: la vodka.

Gli errori di Stalin

Stalin aveva schiacciato con i carri armati la Lettonia, l'Estonia, la Lituania; si era spinto fino in Finlandia, sottraendo ai piccoli popoli quello che aveva dato loro, meglio, avrebbe dovuto dar loro la rivoluzione.
E nell'interno del paese serpeggiava la paura di processi sommari, di condanne senza ragione. L'impossibilità di esprimere il benché minimo pensiero autonomo, di scalfire appena la grandezza del potere era come impedire all'uomo la più piccola espressione di libertà...
Stalin come Hitler, simili in tutto: violenza, repressione, sterminio...

PARTE SECONDA

Stalingrado o l'incontro con il destino

Finalmente si è vicini all'attacco che aprirà il cammino alla speranza della fine della guerra. Ma quanti giovani mandati allo sbaraglio!
Prima dell'attacco siamo all'interno di un Istituto di ricerca, ci si prepara all'incoronazione con il premio Stalin per la grande scoperta del fisico Štrum. Si allarga così il divario tra la consapevolezza dei tanti morti che ancora la guerra porterà con sé e la gioia del trionfo del pensiero scientifico. Un'altra ombra di cui abbiamo già avuto una forte percezione è l'assoluta mancanza di libertà di pensiero anche nel momento del suo trionfo... Per proseguire nella ricerca il gruppo di studiosi si trasferirà a Mosca, ma non tutti potranno farlo, ad essere esclusi sono gli ebrei. Si ritorna ancora sulle persecuzioni di Stalin, assurde, come i sette anni di carcere inflitti ad uno stampatore per un banale errore di stampa nel nome stesso del Capo supremo.
Apprendiamo che durante il viaggio dei convogli verso i lager russi i detenuti comuni giocavano puntando sulla vita dei politici: chi perdeva doveva far fuori la vittima prescelta.
Intanto nelle alte sfere militari tedesche serpeggiava la paura che la loro non fosse più una vittoria certa, ma una prova di forza inutile e insensata.
Trasferendoci in un lager nazista assistiamo all'incontro tra un SS capo del campo e un prigioniero russo. L'SS sottolinea subito le grandi somiglianze tra tedeschi e russi; combattere l'altro è come combattere se stessi. Il tedesco si esprime così: "A voi pare di odiarci ma vi pare soltanto: odiate voi stessi in noi". Continua affermando che l'odio contro gli ebrei che tanto li spaventa oggi, potrebbe domani portarli ad avvalersi di simili atrocità. Il dubbio dovrebbe insinuarsi nel russo, ma sembra non capire. L'altro continua affermando che il nazionalsocialismo tedesco e il socialismo in un solo paese affermano entrambi il trionfo di un nazionalismo senza freni, di uno Stato partito.

La lezione d'Iskonnikov

Sul tavolo dell'SS giacciono alcuni fogli che il prigioniero russo prende con sé: si tratta di alcune farneticanti riflessioni sul Bene e sul Male d'Iskonnikov. Che cos'è il Bene? Esiste un bene condiviso? Si può considerare bene ciò che lo è per gli uni senza esserlo per gli altri? La constatazione amara è che il bene come guida del mondo non esiste. L'unico bene esistente è un bene insensato, gratuito, stravagante, come l'esempio fornito da una vecchia di un villaggio occupato dai tedeschi con lo scopo di sterminare per rappresaglia tutti, al fine di vendicare due loro commilitoni caduti in un'imboscata. Dopo aver gozzovigliato, il giorno dopo, prima di eseguire la carneficina e il successivo lancio dei corpi nella fossa comune, scavata dagli abitanti , un tedesco si ferisce accidentalmente con il proprio fucile... Rimasto con la vecchia le chiede di aiutarlo a sollevare il capo perché un rigurgito di sangue non lo soffochi e poi le chiede anche dell'acqua per placare la sete. La donna compie il suo atto altruista nel momento stesso in cui fuori si dà inizio all'eccidio e, tra le vittime, c'è anche il marito...
Questa forma di bontà stravagante, che non serve a niente perché non è contagiosa, è la sola che brilla di luce propria...

Il senso della vita

Il senso della vita, un'associazione di parole a cui dare un senso e che si rincorrono spesso nello scorrere delle pagine: Perché ci si batte? Vale la pena battersi? Qual è la posta in gioco: la libertà o delle pure astrazioni, come ideologie roboanti ma lontane dai bisogni degli uomini? Anche la parola libertà richiede una personale riflessione al fine di restituirle il suo significato vero...

Una lettera

Come già nella lettera di addio di una madre al figlio anche in questa sono i sentimenti che scaldano il cuore ad assurgere al primo piano: è la lettera di una moglie al marito soldato, che, ferito, sembra completamente assente; sono i compagni che la leggono soffermandosi anche sulle immagini riprese dalla donna per cantare la bellezza della natura, i colori delle foglie d'acero: ecco un gesto che brilla di luce propria, che dà un senso alla vita.

Una pioggia di ferro, acciaio, sangue

Assistiamo ad un attacco violento dell'esercito nazista, le bombe cadono dappertutto, due soldati, un vecchio e un giovane, si fanno coraggio trovando riparo in una voragine scavata da una bomba, scoprono di aver vicino un tedesco, ma, in quella bara senza coperchio che è il loro rifugio, quel soldato è un uomo come loro, non un nemico...
Colpiscono queste parole: "Quelli che erano ancora vivi, vivevano" e ancora: "I vivi erano vivi". Parole che sottolineano l'assurdo e, forse, il miracolo di sopravvivere all'assurdo.

Eichmann

Chi era Eichmann? Un modesto agente di una ditta di provincia, prima della guerra. Un uomo senza qualità, convinto di subire discriminazioni, lui biondo dagli occhi chiari, a favore di semplici rifiuti umani... Poi lo troviamo nei ranghi della Gestapo, pronto a far valere tutta la sua autorità.
In visita ad un campo di sterminio, dopo essersi informato del numero degli ebrei da eliminare, lo vediamo che brinda con molta naturalezza prendendo il bicchiere da un tavolo appositamente apparecchiato nel centro della sala degli orrori: la camera a gas...
Cos'è l'antisemitismo, come presentarlo nelle sue molteplici forme, individuali, sociali, statali? Leggiamo: "Non è mai uno scopo, è sempre e unicamente un mezzo, un criterio per risolvere contraddizioni che non hanno sbocco". L'antisemitismo copre tutti i limiti, le manchevolezze degli Stati. I loro insuccessi sono ascrivibili agli ebrei, vero capro espiatorio.
Mai l'antisemitismo, mai è stato uno strumento di lotta per la libertà, mai. Esso non è che un modo per coprire da parte di governi reazionari o di singole persone il fallimento della propria vita.

Lo Stato totalitario

Nonostante la guerra, la resistenza da organizzare, il pericolo della sconfitta, i soldati russi avevano in ogni momento paura della potenza illimitata dello Stato, sottoposti sempre ad un controllo capillare che serviva a verificare la loro incondizionata adesione ai principi della rivoluzione, al comunismo. Il loro destino non era solo minacciato dalle bombe ma anche dalla presenza di uno Stato accentratore, minaccioso.
E al fronte venivano inviati dei ragazzi vestiti con abiti troppo grandi adattati da vecchi indumenti dei padri: dei bambini, poco più che dei bambini. La guerra è una triste cosa: dei bambini mandati a morire...Quale il senso della loro vita?
Entriamo ancora in un lager per riprendere la riflessione di un detenuto:
"Capiva confusamente che sotto il nazismo, all'uomo che desideri restare tale, si presenta una scelta più facile che conservare la propria vita: la morte."
Uomini sciatti, paurosi della vita, diventavano strumenti di sterminio. Svolgevano questo loro lavoro come qualsiasi altro lavoro, anzi con particolare solerzia, come nel caso di un certo Kaltlfurt... Costui davanti a un Tribunale celeste, se mai avesse dovuto rispondere, "avrebbe giustificato la sua anima" raccontando in modo veritiero che solo il destino aveva fatto di lui un carnefice. Cosa infatti avrebbe potuto fare di fronte alla volontà di forze potenti, con una guerra mondiale in atto?
Certo il destino guida l'uomo ma, ecco un'altra verità, "l'uomo va perché così vuole, e sarebbe libero di non volere". Senza la volontà l'uomo non c'è più: è un perdente, mai un vincitore. Certo tutto può essere imputato al Destino, ma l'uomo può sempre, in ogni momento chiedersi se questo è un uomo...

Il terribile inganno

La musica accoglieva i convogli al loro arrivo nei campi di sterminio: quale terribile inganno per quel carico di persone!
La vita è più della felicità, essa è anche sofferenza. La libertà non è solo un bene facile da possedere, la libertà è difficile, a volte anche terribile, ma la libertà è la vita. Arrivati nel campo si procedeva, dopo la parentesi musicale, alla separazione e tutti erano costretti all'umiliazione della nudità: la fragilità di ognuno offerta alla violenza di sguardi indifferenti. Perché tutto questo? Perché?
Ognuno era privato della sua unicità, della libertà, perché la libertà consiste nella irripetibilità, nell'unicità dell'anima di ogni singola vita. In quei campi ogni singola vita era cancellata. A ciò si aggiungeva ben presto l'impossibilità di soddisfare i bisogni primordiali: mangiare, bere...

La fame

"La fame curva le gambe rachitiche dei bambini, annacqua il sangue...divora il tessuto nervoso...la fame opprime l'animo, scaccia la felicità, soffoca la forza del pensiero, fa nascere la sottomissione, la bassezza, la ferocia, la disperazione e l'indifferenza".

La sottomissione della scienza

Il fisico autore di una grande scoperta nel campo delle particelle nucleari è vittima di una discriminazione perché ebreo. Gli si chiede di compilare un lungo formulario in cui precisare tutti i legami di parentela risalendo lontano nel tempo, si chiede così perché invece di quelle assurde domande non si chiedono i gusti, le passioni, la musica preferita, i versi più amati... Certo lo scienziato, come ogni uomo, è anche ambizioso, vorrebbe ricevere il premio Stalin, ma al tempo stesso, non può piegare la testa, accettare di essere discriminato perché ebreo.

Le ore che decidono della sorte della battaglia di Stalingrado

Era l'inizio delle cento ore che avrebbero deciso della sorte della battaglia. Le fabbriche di trattori vicine al fronte erano state tutte distrutte. Il direttore, pur avendo paura dei bombardamenti, era restato al suo posto sino all'ultimo ma, in mancanza di ordini, aveva deciso di partire un giorno prima dell'inizio della riscossa; per questo sarebbe stato condannato come vile traditore della causa dello Stato e non come eroe per essere rimasto al suo posto sino all'ultimo... Lungo il Volga un gruppo di sfollati si mette in salvo e in quelle condizioni senza speranza nasce un bimbo ed è come un ritorno alla speranza anche se nell'attacco il padre pilota morirà... Così è la vita.

PARTE TERZA

Un fedele funzionario di partito, Krymov, colui che credeva fermamente in "Proletari di tutto il mondo unitevi" si trova in carcere, la Lubjanka, e ignora perché. La delazione era la regola. Da quella prigione si era poi trasferiti in un lager e spesso se ne perdevano le tracce.
In quei giorni, tra il 19 e il 20 novembre del 1942 l'esercito tedesco era accerchiato a Stalingrado: ci fu nell'aria un polifonico intreccio di suoni e la consapevolezza di partecipare alla battaglia decisiva per la salvezza della patria.

Stalin

Quali paure, fragilità cercava di nascondere il capo supremo, Stalin, nei giorni della battaglia. Rassicurato dall'esito favorevole, aveva recuperato le sue sicurezze: era ora orgoglioso di contribuire alla nascita di un grande paese, poco importava se tanti soldati bambini erano morti... Ma vi era un'altra sicurezza per chi sapeva leggere bene la realtà: nessuno avrebbe avuto diritto alla libertà, i prigionieri russi dei lager avrebbero seguito la sorte dei prigionieri ebrei: la spada dell'annientamento sarebbe stata strappata a Hitler.
Anche la scienza avrebbe dovuto essere asservita all'affermazione della grande, affiatata famiglia russa.

Štrum

Štrum, il fisico nucleare, improvvisamente caduto in disgrazia per aver osato difendere una sua collaboratrice ebrea e perché ebreo, a sua volta, per poter proseguire nelle ricerche, avrebbe dovuto scrivere una lettera servile in cui avrebbe dovuto riconoscere non si sa quali colpe.
Cerca un consiglio, un sostegno in un vecchio scienziato amico e nel loro dialogo franco i due affermano che la scienza non può mai essere considerata "la donna di servizio della prassi", praticata solo perché utile e non per passione. Per i due amici "le scoperte scientifiche hanno in se stesse un valore superiore! Esse perfezionano l'uomo."
Dall'incontro con l'amico Štrum trova la forza di non scrivere la lettera né di presentarsi alla riunione in cui avrebbe dovuto umiliarsi. Questa sua decisione senza più tremiti, esitazioni, paure gli fa provare finalmente una sensazione di leggerezza, di libertà, poco importano le possibili conseguenze di questo suo gesto: non si è schiavi se la volontà prende il sopravvento.

Pietà per i vinti

Nella neve, che continua a cadere, i prigionieri tedeschi si muovono a fatica, gli occhi sbarrati, folli. Uno di loro avanza come fosse un cane, lentamente, senza una direzione. Un russo esclama: "Compagno colonnello, morderà, com'è vero Iddio; sta puntando" e il compagno colonnello gli sferra un calcio e l'uomo cade e nei suoi occhi, "come negli occhi di una pecora che sta per morire, non si leggeva un rimprovero e neppure la sofferenza, unicamente la rassegnazione." Questo gesto inutile nei confronti di chi non è più un nemico da temere ma un relitto d'uomo, già morto dentro, provoca la rivolta di un altro ufficiale presente che pronuncia queste parole: "La gente russa non alza le mani su un caduto, compagno colonnello" e poi aggiunge, senza alcuna paura del tribunale militare: "Lei è un mascalzone, non un russo".
Potremmo considerare questo episodio un esempio di bontà stravagante, ma, forse, a pensarci bene, anche se non siamo in quella situazione, potremmo pensare ad un gesto di umana pietà, di cui l'uomo è capace, talvolta.

Freddo e fame

Fame, freddo, lunghe code per procurarsi qualcosa e, spesso, gli scaffali erano vuoti. Nelle campagne ancora peggio, sappiamo di una donna rimasta con sei figli da sfamare, il marito in guerra. Per tutti e sei non c'era che un solo paio di valenki scalcagnati.
Nell'esercito tedesco si respira un senso d'impotenza accompagnato da fame, freddo, paure. Forse, proprio in questa situazione rovesciata, un sentimento di umanizzazione si faceva strada: alcuni di quei soldati riacquistavano il senso della loro unicità, del valore della vita. Per la prima volta sentivano il peso delle morti che avevano causato, delle case sfondate, degli incendi, e il sangue dei lager li soffocava.
Per la prima volta qualcuno non si sentiva più un rappresentante del Reich ma una semplice persona umana.

Štrum

Štrum si sente isolato e ha paura di delazioni. Ha persino paura del linguaggio franco della figlia Nadija che aveva detto un giorno: "I rivoluzionari o sono degli stupidi o dei disonesti: non si può sacrificare la vita di un'intera generazione per un'immaginaria felicità futura." Poi aveva continuato rivolta alla zia: "La vecchia generazione aveva senz'altro bisogno di credere in qualcosa: nel comunismo, in Lenin, il papà nella libertà, la nonna nel popolo e nei lavoratori, ma a noi, alla nuova generazione, tutto questo sembra stupido. In genere è stupido credere. Bisogna vivere senza credere."

Una breve riflessione

Le ideologie, la fede incrollabile in valori ritenuti inviolabili sono state all'origine di conflitti inspiegabili, fanatismi senza sbocco, violenze. Ogni credo assoluto non aiuta la convivenza, l'integrazione, il rispetto reciproco, il dialogo con culture, valori diversi. Si spiega in questo modo la conclusione a cui arriva Nadija: "Bisogna vivere senza credere."
La ragazza era consapevole che le sue amare considerazioni non erano innocue speculazioni filosofiche ma nascevano dalla constatazione dei tanti giovani mandati a morire in quella guerra senza fine
Nella continua situazione d'incertezza Štrum continua a credere nella scienza e rifiuta il suo asservimento alla politica . Impossibile pensare che si possa parlare di una fisica americana, tedesca, sovietica, proprio perché la fisica è una sola.

La telefonata del compagno Stalin

Sì, Stalin in persona telefona allo scienziato un giorno. Il grande Stalin gli augura buon lavoro e mostra un particolare interesse per le sue ricerche. La situazione si rovescia, Štrum riprende a lavorare nel campo delle particelle elementari, passa "dalla tenebra, dall'oscurità, alla pioggia di onori, di gloria". Inizia a pensare che l'importanza dei suoi studi sia conosciuta all'estero, che questo abbia solleticato l'orgoglio del suo paese ma anche lui ne è altamente lusingato: il mondo intero si sarebbe piegato di fronte alla verità della scienza.

La follia di Hitler

Nel campo della Sesta Armata tedesca sotto il comando del Generale Paulus è ormai radicata la consapevolezza di non essere più un baluardo contro l'accerchiamento russo, di non essere più la fortezza imprendibile del fronte, ma un vero lager di prigionieri di guerra senza scampo.
Il Generale chiede inutilmente una via di uscita per evitare morti inutili, riceve in cambio da Hitler promozioni, le più alte onorificenze, quasi riconoscimenti alla memoria, perché è certo che non sarebbe mai potuto uscire vivo da quella prigione...
Impossibile pensare di anteporre alla follia di un dittatore, all'immagine della Grande Germania, la salvezza dei tanti uomini soldato accerchiati a Stalingrado. Hitler aveva votato la Sesta Armata al martirio e quello che chiedeva al suo Generale era di recitare sino in fondo il ruolo di un soldato del Terzo Reich.
Come poter giustificare simili scelte che rinnegano il primato della vita sulla morte?
I tedeschi abbandonano i bunker; camminano tutti in fila indiana, sforzandosi di non gettare lo sguardo sui nemici ai fianchi della carreggiata. È l'amarezza della disfatta. Solo uno di loro riemergendo al mondo di Dio sorride, quasi sicuro di incontrare un volto amico. A volte, nel trionfo dell'assurdo, si può aprire uno spiraglio di luce: l'umanità può riemergere... Ma il suo sorriso non è tanto forte da scalfire la corazza che il nemico ha addosso e sul soldato il nemico spara e sul suo corpo gli altri inciampano... La guerra è anche questo: vittime inutili.
In ogni guerra i vinti non hanno scelta, il potere è nelle mani dei vincitori, ai vinti non resta che sottomettersi e i tedeschi "vi si sottomettevano con una sorta di volontà ipnotica e malinconica."

Un'ultima prova

Štrum ha affrontato momenti diversi, ha potuto riprendere le sue amate ricerche, certo questo cambiamento suona un po'artificioso; forse non è che la conseguenza dell'interesse di Stalin dovuto alla ricaduta che il successo scientifico avrebbe avuto sull'Unione Sovietica.
Pur consapevole di questo, Štrum, per il fatto di sentirsi libero nel suo laboratorio, è spinto a pensare che forse "gli uomini non sono poi così cattivi, che in ogni uomo c'è qualcosa di umano", senza mai farsi grandi illusioni, perché l'uomo non più in disgrazia dimentica facilmente il passato e i buoni propositi di battersi contro il male. Sente come prima l'orrore della collettivizzazione forzata, la gente fucilata nel ‘37. È sempre cosciente della grande forza che è richiesta a chi desidera conservarsi onesto, delle fragilità di ogni uomo pronto a darsi per vinto, a compiere atti meschini.
Ma un giorno si trova ancora ad affrontare un terribile dilemma: firmare o rifiutare di firmare un documento falso che avrebbe dovuto mettere a tacere quanto avveniva in Unione Sovietica a proposito dei dissidenti, intellettuali, scienziati, che avevano osato affermare la propria libertà di pensiero; avrebbe dovuto anche negare che ci fossero stati i progrom contro gli ebrei, i gulag . La firma che gli si chiede serve a confutare quanto si era diffuso fuori dal paese, tra gli alleati. Štrum non è un coraggioso, chiede tempo, poi sente di non avere la forza di opporsi ed estrae la stilografica per firmare quella lettera che accusava ingiustamente degli innocenti...
Dopo quella firma, prova una profonda vergogna e, per risalire la china, pensa che quell'atto turpe potrà servirgli da monito per non ripetere più una tale vigliaccheria, per non cadere più nel più basso dei compromessi, quello con la sua coscienza...
Ecco il messaggio che scelgo come monito che Grossman, l'autore, ha voluto darci, proprio lui che ha vissuto situazioni così tragiche:

"Ogni giorno,ogni ora, anno dopo anno, è necessario condurre la propria lotta per il diritto di essere uomo, di essere buono e pulito. In questa lotta non ci deve essere posto né per l'orgoglio, né per la vanagloria, ma solo per l'umiltà. E se nel momento più terribile si presenta l'ora disperata, non devi aver paura della morte, non devi aver paura se vuoi restare uomo".
"Dunque, staremo a vedere", si disse. "Forse avrò la forza. La tua forza, mamma"...

La madre di Štrum è l'autrice della toccante lettera di addio al figlio nel momento del trasferimento dal ghetto al lager.

Il Tempo

Il tempo, quel mezzo trasparente nel quale compaiono, si muovono, scompaiono senza lasciar traccia gli uomini... Col suo trascorrere sorgono e spariscono intere città. Egli le porta e le cancella.
In lui sorse una comprensione particolare, completamente nuova, del senso del tempo. Quella comprensione che così può definirsi: "Il mio tempo... non è il nostro tempo". Il tempo affluisce nell'uomo da un regno della sua interiorità, vi fa il suo nido: ma ecco che se ne va, si dilegua: l'uomo, il regno restano...il regno è rimasto e il suo tempo è passato.
Dov'è? Ecco, l'uomo respira, pensa, piange, e quell'unico, particolare tempo legato a lui solo se n'è andato, è trascorso. E lui rimane.
Nulla è più duro che essere figliastri del tempo. Non c'è sorte più pesante che sentirsi uno che non vive più il proprio tempo. Coloro che il tempo non ama si riconoscono subito, negli uffici del personale, nei comitati di partito, nei reparti d'aviazione dell'armata,nelle redazioni, nelle strade... Il tempo ama solo coloro che egli ha generato, i suoi figli, i suoi eroi, i suoi lavoratori. Non amerà mai, mai i figli del tempo passato, neanche le donne amano gli eroi del tempo passato, come le matrigne non amano i figli altrui.
Ecco la sua ambivalenza: tutto passa e lui rimane. Tutto rimane, solo il tempo passa. Come se ne va via leggero, senza far rumore! Solo ieri eri così fiducioso, allegro, forte, figlio del tempo. E oggi è arrivato un tempo nuovo e ancora non l'hai capito.

Le riflessioni sul Tempo di un personaggio di VITA E DESTINO aiutano a capire la fragilità della condizione umana, la mancanza di punti di riferimento che diano fiducia all'uomo, nel suo essere al mondo

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