44 Cultura & Società
Accabadora
articolo di Giovanna Corchia

Haruki  

Accabadora
Michela Murgia
Einaudi
Anno 2009
Pagine 164

Accabadora di Michela Murgia è un romanzo sorprendente, accattivante, commovente, stringente, strutturalmente ineccepibile per l'equilibrio della forma, per il filo che lega le pagine e avvince il lettore.
In primo piano la Sardegna, un mondo a sé, un paese, Soreni, conglomerati di case, le vie senza alcun ordine nel loro tracciato, "emerse dalle case stesse come scarti sartoriali, ritagli, scampoli sbilenchi, ricavate una per una dagli spazi casualmente sopravvissuti al sorgere irregolare delle abitazioni, che si tenevano in piedi l'una all'altra come vecchi ubriachi dopo la festa del patrono" E il lettore si addentra in quelle vie, in quel paese in cui il tempo sembra essersi fermato, un rosario di anni fermi da anni.
Eccolo nel cortile di una povera casa dove, al riparo di un limone, due donne parlano mentre una bimba di sei anni, Maria, è tutta intenta a fare una torta di terra e fango e formiche zampettanti scompostamente nell'impasto.
Tzia Bonaria è venuta a chiederla alla madre, Anna Teresa Listru. Proprio lei, Maria la quarta delle figlie, indesiderata, quasi un aborto non riuscito, tardivo... E la madre la cede, un rimedio alla miseria, una bocca in meno da sfamare, alla nuova madre: Maria sarà la fill'e anima di Bonaria Urrai.
Il lettore è messo così al corrente di un'istituzione non ufficializzata da nessun intervento pubblico ma da un semplice accordo privato: alcuni bambini in Sardegna sono "generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un'altra", sono i fill'e anima. Anche Maria ha due madri, la naturale e la madre adottiva, ma sin dall'inizio Maria si sente figlia di quel secondo parto.
Nella rudezza, nell'essenzialità del linguaggio, si avverte da subito un legame che diventerà sempre più forte tra Bonaria, vecchia anche da giovane – la vita ha lasciato segni profondi – vedova senza mai essere stata sposata, volto severo simile a tela stramata, e Maria.
Sin dal primo giorno la bambina che pure "intuiva che da qualche parte avrebbe dovuto esserci un motivo per piangere" conserva il ricordo di un cielo caldo e la danza dei piedi di Tzia Bonaria che appaiono e scompaiono da sotto la lunga gonna nera. La madre l'aveva ceduta senza alcuna esitazione.
La casa di Bonaria è grande, la camera che viene assegnata a Maria ha santi e Madonne dappertutto, più un imponente sacro cuore trafitto. Tutte queste presenze terrorizzano la bambina che non riesce ad addormentarsi. Così Tzia Bonaria la libera da quello che avrebbe dovuto essere un paradiso protettivo e Maria si sente più serena, riacquista fiducia, prende a poco a poco confidenza con la casa sino a sentirla anche sua, lei parte della famiglia di Tzia Bonaria e dei suoi genitori di cui scruta i ritratti alle pareti.
Bonaria è sarta, una sarta provetta, e Maria, che ama andare a scuola, impara anche lei, nel tempo libero, quel mestiere: la madre adottiva le pare come immersa in una misteriosa ragnatela di misure.
Quando Bonaria si assentava Maria misurava la durata dell'assenza snocciolando un rosario di numeri; sapeva in che momento la conta avrebbe avuto termine perché Tzia Bonaria sarebbe apparsa con la sua lunga gonna nera: era un modo per tranquillizzarsi.

La prima uscita notturna di Bonaria
Era l'inverno del 1955, poco dopo l'Epifania

Maria avverte una notte la presenza di qualcuno in casa. Ha paura e si affaccia sulla porta della sua camera, ma Bonaria la ricaccia subito dentro senza spiegazioni.
Non le bastò contare quella notte, Tzia Bonaria tardava a rientrare. Solo il sonno interruppe la sua ansia. Al mattino ritrovò Bonaria ed ebbe l'impressione che somigliasse a un uccello con una sola ala. Questa immagine di ferita, d'impossibilità di levarsi in volo, disegnatasi nella mente di Maria non ha ancora una spiegazione...
Poi si vestirono bene, Tzia Bonaria pettinò i suoi capelli guardandosi nel vetro della finestra, sul suo volto Maria colse una bellezza che ora non era che un ricordo del passato, come l'ala mancante di quell'uccello. Maria sentì anche la solitudine di Bonaria, per l'assenza al suo fianco di qualcuno che conservasse la memoria di un viso bello, fresco, giovane un tempo.

L'attittu

La cerimonia degli addii era molto importante a Soreni: tutti facevano visita al morto, Bonaria e Maria come gli altri. L'attittu, il lamento funebre, un lamento dalla musicalità sguaiata si diffondeva all'esterno. Simili al coro di una tragedia greca le prefiche a pagamento, vestite di nero, sotto la guida dell'attittadora, emettevano i loro lai dove si mescolavano alle preghiere ricordi della vita passata. E tutti, in quel morto, piangevano i loro morti, in una partecipazione corale. Il morto era al centro della sala che dava sulla via, ben vestito, i piedi calzati rivolti verso la porta di uscita.
Una breve parentesi nei miei ricordi d'infanzia, anche il mio era un paese molto simile a Soreni e la partecipazione a nascite e morti era naturale. In una casa il letto non poteva essere disposto mai con i piedi rivolti verso l'uscita, sarebbe stato maleaugurante. Le superstizioni, una realtà!
Un lungo abbraccio suggella l'incontro di Bonaria con la vedova del morto che l'accoglie con queste parole: «Sorella mia stimata! Dio vi ripaghi di ogni cosa... ».
Vi è un non detto in queste parole di ringraziamento il cui significato si coglierà in seguito.
Maria riconosce nel figlio del morto l'uomo che la notte prima è venuto a chiamare Bonaria. Mistero.

La maestra Luciana

Come in ogni realtà contadina la presenza di un maestro è un evento molto importante e ancora di più lo era a Soreni perché la maestra era giunta, al seguito del marito sardo, da lontano, immaginate un po', da Torino, dove nessuno era stato...
Molti erano riconoscenti alla maestra Luciana che aveva insegnato loro, con pazienza e maestria, a leggere, a scrivere e a far di conto.
Importanti quegli anni, dell'immediato dopoguerra: l'alfabetizzazione muoveva i primi passi importanti, raggiungendo tutti o quasi... Giunsero poi Le dieci tesi per un'educazione linguistica democratica di Tullio De Mauro, Mario Lodi, La scuola di Barbiana di Don Milani. Questi sono i miei ricordi di una lunga vita dedicata all'insegnamento.
La maestra vorrebbe conoscere la madre adottiva di Maria. Bonaria non aveva sentito sino a quel momento il bisogno di andarla a trovare. Questo comportamento non è però da leggere come un disinteresse per la scuola, lo vedremo. Forse una spiegazione può trovarsi nel fatto che Bonaria non si sentisse all'altezza della maestra, lei non aveva studiato a lungo, si era fermata alla terza.
La maestra era molto contenta di Maria, ma era anche desiderosa di scoprire come mai la ragazza avesse rimosso la madre naturale, disegnando sempre Bonaria quando le si chiedeva di fare il ritratto della madre: come era possibile che un figlio fosse allontanato dalla madre naturale per diventare fill'e anima di un'altra senza che questo provocasse un trauma?
Per Bonaria non c'è da stupirsi, per Maria la madre naturale è quella che disegna. Per la madre che l'aveva generata Maria non era che un numero, la quarta, l'ultima. Abituata com'era alla sua insignificanza era stata più volte portata a presentarsi come l'ultima, la quarta, quella lasciata andare...

L'importanza dell'italiano

Una pagina da leggere e rileggere nella sua attualità, l'importanza di conoscere l'italiano, di non continuare ad usare sempre e solo il sardo, una lingua chiusa al mondo fuori, alla consapevolezza che la Sardegna è Italia e che il mondo con le sue difficoltà si affronta con gli strumenti adeguati, tra cui fondamentale la lingua comune, l'italiano. Proprio per questo mi ha sorpresa molto – ritorno alla mia realtà – nella richiesta di un'informazione al centralino del Comune di Como, che una voce registrata mi chiedesse se desideravo ricevere l'informazione in italiano, in dialetto o in inglese. Credo che non ci sia bisogno di alcun commento.
Bonaria, a cui la maestra ha detto una delle fragilità di Maria, forse la sola, l'italiano, usa parole convincenti perché Maria capisca quanto conti l'italiano. Alla ragazza che le dice che la Sardegna non è l'Italia, che il mare la separa, Bonaria ricorda i tanti caduti sardi andati a combattere lontano, sul Piave: non si muore se non per la propria terra. Poi aggiunge che Raffaele Zincu, l'uomo di cui si sente vedova senza mai averlo potuto sposare, era andato a combattere lontano con scarpe leggere che non servivano a proteggerlo dal freddo, invece lei, Maria, avrebbe dovuto avere un bagaglio di conoscenze, profondi apprendimenti tali da non essere impreparata di fronte alle vicende della vita. Bellissime parole traboccanti di amore nella loro rudezza:
"Italia o non Italia, tu dalle guerre devi tornare, figlia mia".

La vendemmia

La vendemmia: una bella festa su per le colline attorno a Soreni. Ci si preparava per quel lavoro corale e Maria era sempre pronta ad aiutare il suo più grande amico, Andría Bastíu. La sua spensieratezza non si lascia intimorire da mali oscuri, iatture, superstizioni ancestrali in quella terra, come incappare in un'árgia, con il rischio di essere morsa da un ragno e di doversi sottoporre a cerimonie propiziatorie per essere liberata da conseguenze funeste. Tutto questo si perdeva nella notte dei tempi, un po' simile alla storia dei tarantolati in Salento da dove vengo e di cui so qualcosa per conoscenza diretta, data la mia età: sono nata nel 1941 a Maglie in provincia di Lecce.
Bello come si arrivasse a decidere il giorno della vendemmia: il fiuto sopraffino di Chichinnu Bastíu cieco. All'approssimarsi del periodo il cieco veniva portato fuori a fiutare l'aria e il momento buono era quando avvertiva l'odore dell'uva pronta a fare il mosto. Non c'era da stupirsene, Chicchinnu aveva una lunga dimestichezza con il naso immerso in un bicchiere...

La fattura

In quella terra di maldicenze, di liti all'interno delle famiglie per dividersi la proprietà, o tra confinanti, tutto poteva succedere. Salvatore Bastíu sapeva bene che ogni alba nuova è un agguato da cui difendersi come si può.
Strana storia quella di un muro di recinzione spostato nottetempo per allargare la proprietà di un vicino a danno di quella dei Bastíu, con una fattura perché tutto passasse inosservato. Nel muro era stato murato un povero cane, rinchiuso in un sacco. Ma il cane non voleva morire e il suo lamento aveva portato alla sua dissepoltura e alla scoperta del misfatto che richiedeva vendetta.
Quel cane rifocillato da Maria e da lei battezzato Mosé sarà una presenza consolatoria, bella per Maria.
Accabadora, un libro che è di grande aiuto per addentrarsi nei costumi, nelle tradizioni, nei comportamenti di questa terra così vicina ma, al tempo stesso, così lontana; un libro utile per sentirsi parte di uno stesso paese, l'Italia.

Una festa di fidanzamento: Maria prende consapevolezza di un corpo che cresce

La maggiore delle sorelle di Maria, Bonacatta, si è fidanzata con un giovane del paese. È il giorno in cui le due famiglie s'incontrano. Le immagini sono vive, colorate, la futura sposa siede al centro della scena, imponente, robusta come un minatore, con la stessa grazia di un nuraghe sfatto. Le parole sono misurate, più importanti i gesti e gli sguardi, quasi tutti si studiassero reciprocamente.
La curiosità più grande è per Maria a cui sono rivolte le uniche parole pronunciate dal fidanzato della sorella mentre allunga una mano per afferrare un amaretto: le chiede se sa fare i dolci e a chi sia stata affidata come fill'e anima. Nel rispondergli Maria resta colpita dalla statura del giovane. Intanto tutti stendono mani grassocce per afferrare i dolcetti e prendere il passito.
Rientrata in casa Maria racconta della festa e della sorpresa della statura del fidanzato della sorella, Bonaria la prende in giro: una bella dote quella di un futuro marito che può cogliere i fichi snza usare la scala, non credi?
Quella notte Maria sognò, senza colpa, il fidanzato della sorella.

I preparativi per il matrimonio di Bonacatta

Maria deve dare una mano per i preparativi del matrimonio della sorella. Bonaria concedeva a malincuore che la ragazza perdesse giorni di scuola. La vecchia sembrava ossessionata dalla regolarità della scuola di Maria. Ma Anna Teresa Listru era di opinione contraria. La ragazza era ormai in terza media, aveva studiato abbastanza, era ormai pronta per il lavoro. Anche in questo si trova una ragione di quel disegno che Maria faceva per la maestra Luciana: Bonaria era per lei la vera madre, anche se continuerà a chiamarla Tzia.
Quella volta Bonaria cedette all'insistenza di Anna Teresa Listru e acconsentì che Maria si assentasse da scuola.
Le sorelle pensavano che fosse contenta di questa vacanza inattesa, la scuola per loro doveva essere ben noiosa, e poi bastava saper contare, quando si andava al mercato, e fare la propria firma. Non così per Maria che pensava che anche per fare i dolci la scuola era utile.
Tutto era pronto per il matrimonio in grandi vassoi in una stanza al riparo, anche il pane degli sposi, una vera opera d'arte. Quel pane sarebbe stato destinato all'offertorio e poi, ricoperto da una patina impermeabile, conservato per l'eternità sotto vetro. Questo è scritto nella tradizione sarda.
Maria entrò in quella stanza, si guardò nello specchio, aprì la camicetta per esplorare i suoi seni, scoprendoli ancora acerbi, era la prima volta in cui sentiva qualcosa di strano nel suo corpo di ragazza, aveva persino preso e appoggiato sulla testa, come una corona, il pane degli sposi per ammirarsi nello specchio, quasi fosse lei al posto della sorella. Qualcuno stava per entrare e, spaventata, Maria lasciò cadere il pane che si ruppe. Non era un buon segno per quel matrimonio, che si celebrò lo stesso, cercando di mettere insieme i frammenti del pane con un rimedio di fortuna, tra le lacrime di Bonacatta.

L'accabadora

Come quella sera lontana, qualcuno è venuto a prendere Bonaria, vi è un moribondo da aiutare a morire. Per la prima volta il lettore è reso partecipe di un rito, un rito impregnato di pietà, umanità. Ed è proprio per queste profonde convinzioni di accompagnamento alla morte, che giunta di fronte al vecchio da aiutare nel compimento del destino, Bonaria rifiuta di compiere quel gesto: il vecchio è cosciente, morire non è una sua volontà. È la famiglia che vuole liberarsi di lui, in un gesto impietoso, frutto di puro egoismo.
Bonaria rientra molto tardi quella notte, Maria vuole sapere dove è stata per placare l'ansia che l'ha tormentata per lunghe ore, un'ansia resa ancora più pungente per l'episodio terribile della rottura del pane degli sposi per colpa sua...
Bonaria non svela il segreto, Maria non è ancora pronta a capire, ma resta tutta la notte vicina alla figlia in un'atmosfera di profonda confidenza finché non sopraggiunge il sonno.

La vendetta

Nicola Bastíu non aveva dimenticato la fattura contro la sua famiglia ad opera dei vicini per allargare così i confini della loro proprietà a danno dei Bastíu. Decide così di dar fuoco agli sterpi, per danneggiare i raccolti del vicino, ma, nel momento in cui sta per allontanarsi, viene raggiunto da una pallottola che lo colpisce a una gamba.
Tutto passa per un incidente di caccia, si preferisce così, ma la gamba non guarisce e c'è presto il rischio di cancrena. Il ragazzo, orgoglio prima della famiglia per il coraggio e le prodezze della sua età, si sente ora impotente, incapace di accettare la sua infermità, non rassegnato a portare per tutta la vita il lutto di sé stesso. E, prima ancora che la gamba gli sia amputata, si rivolge a Bonaria perché lo aiuti a morire.
La donna rifiuta: "Credi davvero che il mio compito sia ammazzare chi non ha il coraggio di affrontare le difficoltà?"
Possiamo capire la determinazione di Nicola? Possiamo entrare in lui, nella sua volontà di morte, nel suo rifiuto di accettarsi, di rassegnarsi a vivere come uno storpio? Difficile condivisione se restiamo all'esterno.
Le sue parole sono disperate, stridenti, con quel suo moncherino adagiato su una coperta i cui puttini, illuminati dal sole, sembrano risplendere di una luce sguaiata...
Arriva il sacerdote e Nicola lo allontana con parole di estrema violenza: "Fuori di qui! Sottana gonfia!"
Si animava solo alla vista di Bonaria con cui cercava sempre argomenti che la spingessero ad aiutarlo a morire. Un giorno le chiese come avrebbe accolto la sua richiesta di sposare Maria, Bonaria aveva trovato la risposta giusta ritorcendo che non stava a lei scegliere, che quella decisione era solo di Maria.

Le parole che fecero tentennare Bonaria

Nicola provò più volte a convincere Bonaria. Invano. Finché un giorno non trovò le parole che avrebbero aperto una breccia nel cuore della donna, risvegliandone la memoria:
"Se mi aiutate passerà per morte naturale. Altrimenti il modo lo trovo io."
Proprio così, in quel suo passato lontano, le aveva parlato Raffaele Zincu prima di partire per la guerra. Raffaele, l'uomo da lei profondamente amato, il giovane dal labbro inferiore morbido come quello di una femmina, e un carattere morbido e sensuale che accendeva le guance solo a parlargli. Era il suo primo, grande, unico amore; Bonaria sentiva sempre la sua presenza, nonostante lunghi anni fossero trascorsi dalla partenza, senza ritorno, del suo Arrafiei. La parola «eroe» era il maschile singolare della parola «vedova».
Raffaele le aveva detto: "Forse tu puoi sopportare l'idea di avermi indietro come un verme, ma io preferirei morire dieci volte da vivo che vivere anche solo dieci anni come uno che è morto. Se mi succede una cosa simile, faccio come Barranca e mi sparo."
Impercettibilmente si aprì una breccia nel cuore di Bonaria, come se quelle parole le avessero permesso di penetrare nel più profondo dell'animo di Nicola, quasi un figlio da proteggere, capire: un tuffo nel passato e il riemergere del suo tentativo di soffocare sul nascere le parole del suo Arrafiei, l'uomo di cui era vedova senza mai essere stata sposata. Quel giovane non era più tornato da quelle fredde trincee sul Piave, una ferita, la sua, mai rimarginata...
"Se mi aiutate passerà per morte naturale. Altrimenti il modo lo trovo io." Bonaria non aveva saputo trovare parole sicure, ferme per ribattere a quelle di Nicola, si era solo allontanata e uno strano sorriso si era disegnato sul volto del giovane.

L'attesa del giorno dei morti

È una tradizione non so se ancora seguita: nella notte tra il primo di novembre e il due si aspettano in ogni casa le anime dei parenti, le porte sono aperte e la tavola è imbandita per riceverli degnamente, per ingraziarseli.
Andría Bastíu le aspettava, le anime, pensava che non avrebbero fatto male a nessuno, vista anche l'accoglienza che era loro riservata. Nicola gli aveva detto che l'anno precedente si era aggirato nei dintorni Antoni Julio, un fratello della madre andato emigrato in Belgio. La Sardegna, una regione di emigranti, come tutto il meridione, la mia Puglia, quanti ne sono partiti...! Antoni portava sempre sul volto i segni del suo sradicamento, non un posto dove si sentisse bene, non il paese delle miniere e della polvere di carbone infilatasi permanentemente nelle sue unghie, non il suo paese di origine: estraneo ovunque... Per questo si era impiccato: nessuno spiraglio di luce gli si apriva di fronte.
Mentre tentava di mantenersi sveglio ad ogni costo, Andría vide un'ombra attraversare il suo campo visivo, non era Antoni Julio, quell'ombra, ma una figura femminile, una lunga sottana nera, un fazzoletto nero a coprire i capelli. La sagoma si era diretta verso la porta di Nicola, era penetrata dentro.
In quel momento Nicola dormiva, sognava il mare, scrutava l'orizzonte ma se ne allontanava – forte questa immagine, quasi un presagio di una mancanza di vita di fronte a sé – cercava di riguadagnare la riva ma la sabbia era viscida, sgradevole, limacciosa...

Poi tornò notte veramente

Bonaria non poteva retrocedere dalla decisione presa per pietà per quel giovane dalla volontà non piegata per accettarsi con la sua menomazione. Bonaria Urrai assunse su di sé il peso del suo gesto pietoso...
Mentre si allontanava la mente di Bonaria era attraversata da pensieri pesanti, pensieri notturni, di quelli che non sopportano la luce del sole, come gli occhi della civetta e come la luna necessaria a smuovere maree di senso in qualche invisibile altrove dell'anima. Quel suo gesto era stato più difficile di ogni altro, un tacito accordo tra lei e Nicola...

La morte di Nicola

Quando muore qualcuno è come se muoia tutto il paese
Salvatore Satta Il giorno del giudizio

Suonavano le campane a morto ma nessuno immaginava che il morto fosse Nicola Bastíu. Il prete aveva pensato a Salvatore, il padre, incapace di accettare l'infermità del figlio, la sua sofferenza. Perciò quando seppe la verità si segnò e pensò che avrebbe dovuto aiutare di più Nicola perché accettasse la sua sorte come una manifestazione della volontà divina... anche se per le cose che accadono, lo sapeva bene don Frantziscu Pisu, molte sono il frutto della stupidità degli uomini.
I pensieri notturni, quelli che non sopportano la luce del giorno, avevano continuato ad abitare Bonaria. Era rimasta seduta davanti al focolare, la porta di casa aperta. Per la prima volta, quella notte, Bonaria era sfiorata dal dubbio: il suo gesto era una manifestazione di pietà o un delitto?
Tutto il paese era accorso per partecipare al dolore dei Bastíu impossibile da accettare. Maria aveva cercato di far sentire la sua presenza al suo grande amico Andría, cercando parole di consolazione. Il ragazzo in preda a una crisi terribile, vomitando il grumo che l'opprimeva, aveva tentato il solo modo per sentirsi meno solo: la proposta di matrimonio a Maria. La sua amica l'aveva respinto, per lei Andría era un fratello.
Disperato, solo, il ragazzo le aveva lanciato contro queste parole:
"Io lo avevo un fratello! [...] E Bonaria Urrai me l'ha ucciso."
Violenta rivelazione dell'irrivelabile. Quel giorno racchiudeva tre canti funebri, portava con sé il lutto di tre perdite: il respiro di Nicola, l'innocenza di Andría e la fiducia di Maria in Bonaria Urrai.
Pianto, preghiere, memoria e poi ancora pianto, preghiere, memoria: tutto ciò indispensabile alla comunità per ricomporre la frattura tra le presenze e le assenze...

Ci sono cose che si fanno e cose che non si fanno

Maria continua a ripeterselo: ci sono cose che si fanno e cose che non si fanno e questo continua a tormentarla dal momento in cui il dubbio si è insinuato in lei: Bonaria Urria ha preso il respiro di Nicola. Una verità difficile da dire ma Maria non può mentire a se stessa, Bonaria glielo ha insegnato sin dal lontano giorno in cui aveva rubato delle mandorle: "Le mandorle si ricomprano ma alle bugie non c'è rimedio" e poi le aveva detto: "Ogni volta che apri la bocca ricordati che è con la parola che Dio ha creato il mondo" e quindi la parola non può mai celare una bugia.
La verità è terribile, Maria non può capire, non può entrare in un mondo che non conosce. Mai sarebbe stata pronta per accettare che Bonaria ammazzava le persone, mai... Bonaria le aveva chiesto di non dare nomi a cose che non conosceva. E poi aveva aggiunto: "Farai tante scelte nella vita che non ti piacerà fare, e le farai anche tu perché vanno fatte, come tutti."
Bonaria cerca di far capire a Maria questa verità, perché certe cose vanno fatte e quando per la prima volta aveva, lei, Bonaria, capito che cosa doveva fare di fronte a una madre che, dopo aver partorito, era entrata in una fase di lunga agonia senza vie d'uscita. Come non ascoltare le preghiere di quella donna che implorava di essere aiutata a morire? Là era iniziato il suo ruolo di ultima madre che aiuta per pietà il destino a compiersi.

La parentesi di Torino, un altro mondo, un'altra vita

Maria non è pronta a capire, Maria non può restare con Bonaria. Si rifugia dalla maestra Luciana e, grazie a lei, parte per un nuovo mondo, Torino. Farà la bambinaia. Sul traghetto che la porta verso l'ignoto Maria si sente come un resto avanzato, uno scarto. Solo allontanandosi dalla sua terra, già nel corso del viaggio in mare, si libera piano piano dei suoi ricordi pesanti e, scesa a terra, si sente più leggera.
Nella sua giovane età, nel percorso già fatto Maria ha attraversato varie fasi: la quarta figlia di Anna Teresa e Sisinno Listru, un numero, l'ultima, una senza un nome suo...; poi la filla de anima di Bonaria Urriu; la drammatica scoperta di una verità difficile da accettare: Bonaria ammazzava le persone...; il tentativo di ammazzare i suoi pensieri, la rimozione, quasi accabadora dei ricordi, per sbarcare infine a Torino, una città immensamente fredda.
I palazzi imponenti, le strade disposte geometricamente, quasi una confessione di debolezza dei costruttori, come se quell'ordine dovesse rassicurare chi attraversava la città contro le paure d'inoltrarsi in vicoli ingarbugliati, strade emerse dalle case stesse come scarti sartoriali, ritagli, scampoli sbilenchi, come a Soreni.
La famiglia Gentili era ospitale, Maria doveva seguire i due figli, Anna Gloria e Pirgiorgio, quest'ultimo chiuso, ostile.
Un episodio drammatico, la ragazzina che prende la decisione di evadere dalla sua casa in cerca di libertà, la ricerca affannosa di Maria e Piergiorgio, infine, quando tutto sembra rientrato, un pianto, la solitudine di Piergiorgio, la visita notturna di Maria e una confessione, inconfessabile, del ragazzo. Nasce un affetto tra i due che provoca la gelosia di Anna Gloria. L'amicizia speciale è scoperta, Maria deve subito abbandonare la città.

Il ritorno

Ritornare è innanzitutto un richiamo del sangue: Bonaria, la madre, la vera madre per Maria, giace in un letto d'ospedale. Maria la veglia, le si avvicina, continua a spiarla nel sonno, come faceva da bambina, quasi ad essere rassicurata contro la paura di un abbandono.
Riemergono i ricordi, proprio quelli all'inizio di tutto. Maria piccola, portata dietro dalla madre, Maria, una presenza assenza, quasi un niente, una scadenza che ti devi segnare o la dimenticherai. Quasi una manifestazione inconsapevole di non sentirsi come presenza, i suoi piccoli furti. Una volta è scoperta, le parole della madre che colpiscono Bonaria presente dalla bottegaia: "Non l'avessi mai avuta". Maria, un aborto tardivo. Sul suo volto un'espressione d'incoscienza indolore di chi non è mai nato veramente. In quel momento la decisione di Bonaria di prenderla come figlia, di darle la nascita.
Maria doveva ripagare quella madre, la vera, di tutto quello che aveva fatto per lei. Soreni che non sapeva come giudicare questo ritorno rende a Maria l'onore di una vera figlia: Maria sapeva ripagare i suoi debiti verso quella madre. L'avrebbe accudita sino al momento in cui non fosse giunta la sua ora, il momento in cui qualcuno avrebbe deciso che Bonaria aveva mangiato pane a sufficienza.
Bonaria resta a lungo ferma sull'orlo della morte e Maria ne è terrorizzata...
Le sofferenze di Bonaria, le urla silenziose della sua bocca, del suo corpo, mucchio fragile di ossa, Maria capisce infine l'insegnamento di Bonaria che aveva aiutato Nicola Bastíu a morire, espresso con queste parole:
"Non dire mai: di quest'acqua io non ne bevo".
Maria non sa perché Bonaria resti così a lungo sull'orlo del precipizio senza caderci. Arriva a credere che non voglia andarsene per un senso di colpa nei confronti dei Bastíu, quasi una penitenza per quello che ha fatto. Pensa persino di convincere Andría a venire a trovare la vecchia come per dimostrarle che non serbava rancore. Ma il ragazzo è cambiato, ora sa, ha capito il gesto di Bonaria, sa che il fratello non voleva vivere...
Così, in un lento processo di avvicinamento a Bonaria, al suo profondo desiderio di essere aiutata a morire, Maria sembra maturare l'idea di essere lei una madre per la vecchia, di accompagnarla in questo ultimo viaggio con pietà, compassione, amore.
Più volte Maria lo aveva pensato ma le cose che accadono non sono che parodia delle cose pensate. Aveva più volte pensato a quel cuscino, ma non lo aveva fatto. Poi con molta naturalezza era giunta a una decisione chiara:
"Entrando in camera trovò il cuscino in attesa sulla poltrona accanto al letto e lo prese, poi si avvicinò con la certezza che stavolta nessun senso di colpa l'avrebbe fermata."
– Cosa farai adesso?
– Quello che so fare: la sarta.
– Resti qui, vuoi dire...
– Me ne sono andata mai, Andrí?
La serenità dentro, il sorriso reciproco, la vicinanza.
Bellissima conclusione di una storia bellissima in cui si coglie il profondo amore misto a compassione che unisce l'ultima madre alla creatura che chiede il suo aiuto per morire, perché il destino si compia...

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