Fenomenologia di Corto Maltese
di Emiliano Ventura

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Per i pochi che non conoscessero Corto Maltese ricordo che è il personaggio di letteratura disegnata (non chiamatelo solo fumetto) creato negli anni ‘60 dal maestro Hugo Pratt.

La prima storia in cui appare è la famosa Ballata del mare salato, una narrazione di ampio respiro dai toni epici in cui i tratti dello stesso Maltese risentono ancora dell’influenza realista di Milton Caniff, Pratt è ancora legato a una tipologia di tratteggio della scuola americana. Con il passare degli anni il disegno e la figura dei personaggi, uno su tutti il Maltese, assume toni meno nitidi, una sfumatura e una leggerezza quasi onirica, per dirla con Carlo Betocchi Realtà, vince il sogno.

È in questa prima avventura che alla fine dell’interccio Corto saluta la giovane e affascinante Pandora con il dialogo famoso: “Ehi Romantica Bijou!-Buongiorno Corto Maltese!- Eh ma che bella! Chissà perchè mi fai venire in mente un tango di Arola che ascoltai nel cabaret della Parda Flora, in Buenos Aires - Forse c’era qualcuna che mi assomigliava? - No, proprio perchè non assomigli a nessuna avrei voluto incontrarti sempre, in qualsiasi posto - Non verrò con lei Corto Maltese - Lo so!”. Molte saranno le donne incontrate da Corto Maltese, da Bocca Dorata a Esmeralda a Ipazia, ma non si legherà mai a nessuna e quando sembra che possa affidarsi a qualcuna il moto delle cose lo spinge in avanti, è Orfeo che non può riavere Euridice.

Corto Maltese è figlio della Niňa de Gibraltar e di una marinaio scozzese, la vulgata della sua biografia vuole che una zingara gli abbia letto la mano e che sia rimasta sorpresa dal fatto che sul palmo non vi fosse la linea della fortuna. Il giovane Corto Maltese sale nella camera della madre dove era custodito l’astuccio con i rasoi del padre, ne estrae uno dicendo:”No te preocupe Niňa, la fortuna me la faccio da me”, e si incide da solo una linea sulla mano.

Questa è un’azione vitalistica, giovanile e ottimista, probabilmente Pratt non conosceva o non aveva considerato l’adagio dell’umanesimo secondo cui ‘Virtù vince Fortuna’, dove si esalta la virtù dell’uomo colto e saggio contro la cieca azione della fortuna. Machiavelli più tardi dirà che la fortuna è arbitra della metà delle azioni dell’uomo, mentre Guicciardini vedrà nel moto delle cose, nella storia, il totalmente differente dall’uomo, impossibile capire e governare le mille cose che partecipano alla riuscita o alla sconfitta dell’uomo.

La narrazione di un personaggio seriale di letteratura disegnata deve servirsi sia dell’azione che della fortuna, altrimenti le sue gesta finirebbero subito, non è così per le trentennali avventure del marinaio gentiluomo di fortuna, le storie di Corto Maltese finiscono con la morte dell’autore, Hugo Pratt muore nel 1995 e con lui riposa anche il marinaio. I destini dell'autore e del personaggio sono strettamente legati, una delle prime vignette in cui compare recità così: “Corto Maltese si riposava pigramente sull'unica veranda della locanda Java, Paramaribo, Guiana olandese. Fumava uno di quesi sigari sottili che si fumano in Brasile, si capiva subito che era un uomo del destino”. Anche per Corto Maltese la vita letteraria è legata alla fine del suo autore, come Charlie Brown e i suoi peanuts sono legati alla vita di Charles Schwlz. La serialità delle avventure non procede oltre, non seguono il destino di altri  personaggi, sia italiani che americani, si compiono e si manifestano nel tempo breve dell'esperienza artistica unica del loro creatore.

Riporto a memoria una delle migliori battute di Umberto Eco, affermava che quando deve rilassarsi nella lettura di qualcosa di piacevole allora si intrattiene in un dialogo platonico (ma l'autore potrebbe essere diverso) ma se deve capire qualcosa di profondo ed  essenziale allora la lettura si sposta su le storie di Corto Maltese. La provocazione del professor Eco non è priva di verità se analizziamo le avventure e i personaggi incontrati dal Maltese: Shakespeare aleggia in più di una storia, soprattutto nel bellissmo Sogno di un mattino di mezzo inverno, la filosofa neoplatonica Ipazia è tra i protagonisti di Favola veneziana. Per non parlare della mitologia celtica, del mito platonico di Atlantide e di Mu, della medievale ricerca del Graal, della cultura ebraica e la cabala con i richiami alla magia del vecchio ebreo Melchisedec;  con queste premesse si può cogliere bene la battuta di Eco. La presenza reale di un tesoro, che sia la Clavicola di Salomone o una delle sette città di Cibola, non è poi così importante, importante è l'avventura vissuta per la sua ricerca con tutto il carico di esperienza e di personaggi incontrati. Emerge il disinteresse per qualsiasi risultato, finanche per la riuscita in una ipotetica carriera, una bellissima biografia di Hugo Pratt si intitola proprio Il desiderio di essere inutile. Nei decenni che vedono lo sfrenato processo capitalistico e consumistico (tra la fine dei '60 e i primi '90), la ricerca spudorata del successo e dell'affermazione lavorativa ed economica, Pratt afferma con il suo marinaio un politica controcorrente, contro il successo e la velocità, contro l'immorale valore della sfrenata competizione, se vogliamo esprime una filosofia dell'insuccesso, si avvicina a uno ‘stato di minorità' come il ‘negativo' e la ‘perdita'.

Alcune delle migliori vignette lo ritraggono a riposo, in uno stato di ozio, con gli occhi ridotti  a una fessura come la semplice linea dell'orizzonte davanti, vera e propria siepe leopardiana che promette l'infinito, è in questo stato di sospensione dell'azione e di riflessione che l'immagine si avvicina maggiormente alla poesia.

Ricorda per alcuni versi il navigatore filosofo Bernard Moitessier, autore del biografico La Lunga rotta, il velista solitario che in prossimità del traguardo e della vittoria sicura lascia perdere la gara (e il premio di 5000 sterline) e continua la navigazione  per passione, per 'inseguir virtude e canoscenza', e perché come dice lui "in mare sono felice". A volte sembra anche di cogliere alcuni aspetti di quel mirabile personaggio ideato da Alvaro Mutis che è Maqroll il Gabbiere, un capitano senza patria dall'idealismo stanco di passaporto cipriota, ma l'autenticità di questo documento è sollevata da molti.

In Corto Maltese vi è qualcosa del superuomo di massa (per tornare a Eco e a Gramsci), qualcosa del super-anti-eroe seriale tipico dei fumetti, ma anche qualcosa del Parsival dei poemi medievali e della continua recherce, è questo sapiente intreccio tra storia e mito a rendere così seducenti e affascinati queste narrazioni per immagini. Non solo quindi la sapiente arte pittorica da acquerellista di Pratt ma anche la sua sterminata erudizione (la sua casa in Svizzera aveva una biblioteca di oltre trentamila volumi), sono gli ingredienti che vanno a formare l'unicità dei personaggi.

Fin da principio, con quella linea della fortuna che manca sul palmo della mano, Pratt ci consegna una lunga meditazione sull'uomo, il destino, le forze irrazionali che lo guidano, l'insuccesso e il desiderio di ricerca. Siamo coinvolti in un'opera che supera il confine del genere, fumetto o letteratura per immagine, ci troviamo in un'opera d'arte pittorica, epica e  poetica.