Pier Paolo Pasolini
Un Socrate di periferia
estratto dal libro "Apologia di Pasolini" di Emiliano Ventura

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Apologia di Pasolini     Apologia di Pasolini. Una filosofia dell'altro
Emiliano Ventura
14,90 Euro
ISBN - 978-88-6354-485-5
154 pagg.
2011 Editore Sacco

Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo del 1922 dove si forma e studia, nel luglio del 1942 pubblica i suoi primi versi dal titolo Poesie a Casarsa, dopo pochi giorni dall’uscita riceve una cartolina da Contini che gli dice che avrebbe recensito il suo libro. Le poesie sono in dialetto friulano e già da questa prima prova è palese un’opposizione che è rivolta sia all’ermetismo con le sue forme stilistiche sia al fascismo. Dal '43 si stabilisce con la madre e il fratello a Casarsa nel friuli che diviene un’eden, una terra perduta nel mito poetico del mondo atavico e contadino.

Qui organizza un periodico di letteratura in dialetto friulano “Il Stroligut” e nel '45 diviene l’organo dell’”Accademiuta de lenga  furlana” con l’intento di difendere le lingue regionali come forma di coscienza storica. In dialetto scrive anche una prima opera teatrale I turcs tal Friul pubblicato postumo nel 1976.

Si tratterrà qui fino alla fine del '49 in cui è costretto a fuggire a Roma dopo la denuncia per atti omoerotici. In questi anni scrive ma non pubblica le opere narrative di sapore autobiografico Amado mio e Atti impuri dove esprime i sentimenti e le situazioni dei ragazzi del Friuli durante gli anni della guerra, sono anche opere di iniziazione omoerotica.

Nel 1950 arriva a Roma dove si stabilisce prima al centro a piazza Costaguti per poi passare in periferia e in borgata, dalla Tiburtina a Donna Olimpia. È qui che prende forma l’altro topos della poesia e della letteratura pasoliniana, il mondo del sottoproletariato e dei codici linguistici e morali dei ragazzi che vivono ai margini. Diviene amico di Attilio Bertolucci, Giorgio Caproni, Alberto Moravia, Elsa Moratnte, Laura Betti, Paolo Volponi e Giorgio Bassani.

Da questa esperienza fondamentale nascono i romanzi Ragazzi di vita e Una vita viloenta. Interamente assorbito dal mondo romano pubblica nel 1957 la raccolta Le ceneri di Gramsci dove ripristina la tradizione della terzina e dell’endecasillabo, vince ex equo con Sandro Penna il Premio Viareggio.  Fonda nel 1955 la rivista "Officina" insieme a Leonetti, Roversi, Fortini che ospiterà il dibattito sulla lingua.

Dagli anni sessanta si dedica al cinema, Accattone suo primo flim è del 1961 ed è l'opera che completa il discorso iniziato con i romanzi, da questi anni in avanti si dedicherà meno alla letteratura e alla poesia. La religione del mio tempo è del 1961, Poesia in forma di Rosa del '64 rappresentano la testimonianza di un disperato amore alla vita, accenti di libertà e coraggio sono espressi in uno stile di splendido manierismo.

Fin dagli anni di Casarsa Pasolini esprime la sua vocazione alla pedagogia nella scuola improvvisata in cui insegna ai bambini di casarsa e di Valvassone, dalla poesia al romanzo fino al cinema la sua pedagogia si è accresciuta, nel senso che il suo destinatario e il suo fruitore si è ingrandito.

Nel 1966 durante un mese di convalescenza scrive le sue sei tragedie tra cui Orgia, Porcile, Affabulazione, Bestia da stile, e nel '68 scrive il famoso 'Manifesto del teatro di Parola' che Moravia pubblica su Nuovi Argomenti.

La scelta del teatro non è solo stilistica ma anche 'politica', il teatro rimane al di fuori della cultura di massa come può essere il cinema e la letteratura ma sopratutto la televisione. Il teatro si rivolge a un numero ristretto di persone non ai milioni come cinema e tv, rientra in ottica più democratica e elitaria, instaura un evento e un rito culturale con lo spettatore. Il '68 è l'anno della contestazione studentesca e Pasolini dopo gli scontri di Valle Giuli a Roma tra studenti e polizia si schiera dalla parte dei polizziotti che identifica come i veri figli dei poveri.

Intanto il suo lavoro di regista è cresciuto in riconoscimenti e nel pubblico, opere come Mamma Roma, Uccellacci Uccellini, Il vangelo secondo Matteo, La ricotta, Teorema, Edipo re ottengono riconoscimenti e processi per vilipendio. Il grande successo anche al botteghino arriverà con il Decameron nel 1970 che insieme ai Racconti di Canterbury e al Fiore delle mille e una notte vanno a formare la trilogia della vita in cui l'eros dei corpi è ancora possibile. Nel suo cinema riversa gran parte del materiale del patrimonio artistico, pittura, musica, letteratura, poesia e miti confluiscono nei film a creare uno stato lirico.  Nel 1971 scrive Trasumanr e organnizar una delle ultime raccolte poetiche che non riscuote il minimo interesse come era già successo per il teatro. Sono gli anni del Pasolini corsaro che sulle pagine del Corriere della Sera lancia le sue provocazioni, accusa i dirigenti dell Dc per non aver compreso il nuovo potere che andava imponenondosi con la sua omologazione, si scaglierà contro la televisione e contro la scuola pubblica, si avvicinerà ai radicali e manterrà una certa fiducia nei giovani comunisti. Questi interventi convergono nelle opere Scritti corsari e Lettere luterane

Dal 1972 comincia a raccogliere materiale per la summa del suo pensiero che è il romanzo Petrolio, nello stesso tempo (ma siamo già agli inizi del 1975) gira Salò o le 120 giornate di sodoma sua ultima e terribile opera cinematografica che tende a rappresentare proprio la degradazione del corpo e dell'uso che il potere fa dello stesso.

Viene ucciso la notte tra il 1 e il 2 novembre del 1975 in circostanze mai chiarite.

Pensiero e opere sono stati stato spesso tacciati di passatismo, cosa non vera o parzialmente vera, l'idea di 'progresso' non è per niente avulsa all'ottica pasoliniana, l'aspetto contro cui si scagli è lo 'sviluppo' tecnico senza morale né rispetto per l'individualità dell'uomo.

La formula più felice per inquadrare questo pensiero l'ha colta il poeta e saggista Gianni D'Elia nella definizione 'avanguardia della tradizione', in questo modo il recupero della tradizione è proiettata in un progresso in grado di cogliere e il quotidiano senza la terribile omologazione.

Pochi intellettuali e poeti hanno saputo unire 'grazia' e 'scandalo' come Pasolini, pochi sono stai abili provocatori nelle prose e negli articoli. A una timidezza caratteriale unita alla mitezza corrisponde una violenza intellettuale che si manifesta nei suoi testi, il senso di colpa mai risolto per il suo omoerotismo ha avuto spesso accenti di forte rancore e di rivalsa, la sua è una contestazione vivente che si risolve nelle figura retorica dell'ossimoro.

Oggi non è difficile immaginarlo in difesa di piccole porzioni di territorio come Tonino Guerra e Andrea Zanzotto, schierasri contro il nucleare, tentare di mantere alto il valore civile della Resistenza, accusare i linguaggi della pubblicità per non parlare delle televisione commerciale e genaralista che non ha visto nascere, forse poteva chiarire al meglio la filigrana dei motivi delle due guerre del golfo. Ci avrebbe spiegato o avrebbe chiesto chiarezza dei legami che intercorrono tra Moratti, Berlusconi e la Gazprom di Putin.

Non si fa fatica ad immaginare che probabilmente sarebbe stato contrario anche alle unioni omosessuali e che la bioetica avrebbe attratto i suoi interessi, avrebbe tuonato contro la clonazione e la fecondazione in vitreo. Avrebbe mantenuto tutta la sua carica di polemica, di lucidità e di controversa provocazione.

 

Pier Paolo Pasolini poeta, scrittore, regista e giornalista, tra i tanti modi in cui è stato definito vi è quello di 'Socrate di periferia'; è in questo 'mito' che si inserisce quello pasoliniano.

 

Socrate viene condannato a morte dal restaurato regime democratico, succeduto al regime tirannico dei Trenta, il suo domandare, il suo dialogare infastidiva i cittadini di Atene perché troppo spesso aveva smascherato i falsi ideali e le false opinioni. Con le accuse di corrompere i giovani e di introdurre nuove divinità, si vuole invece colpire chi metteva e aveva messo in discussione anche il regime democratico, che a sua volta aveva tendenze conservatrici e poco inclini al nuovo dialogo intrapreso da Socrate; il suo è il primo richiamo a una morale diversa, più soggettiva e con il fine della cura dell'anima. Buona parte della sua comunità lo trova irritante e lo deride, il filosofo disturba e inquieta. Dalla restaurazione del regime democratico ad Atene Platone prende nuova linfa e voglia di partecipazione alla politica, poi avviene il fatto che lo segnerà per sempre, il processo e la condanna a morte del maestro Socrate. Da quel momento non cesserà di meditare e ragionare sulla possibilità di migliorare la condizione della vita politica e la costituzione del suo stato, per lui solo la filosofia è in grado di gettare le basi per un stato di giustizia.

Pier Paolo Pasolini è stato il fastidioso fustigatore del governo democratico (i potenti della Dc) che succede al fascismo e alla seconda guerra mondiale, chiede che si processino i dirigenti di partito che hanno lasciato che si instaurasse il potere dei media, dello sviluppo industriale senza progresso, che ha consentito il genocidio delle piccole culture 'particolari' (le piccole patrie e i dialetti).

Ha gridato inascoltato contro il conformismo borghese che uniforma e annulla i valori tradizionali sostituendoli con altri imposti dall'economia consumistica. La sua visione del petrolio come moderno 'vello d'oro' e come comune denominatore della economia e politica mondiale ha trovato riscontro nell'attualità.

Il poeta  disturba e inquieta la sua comunità, la cultrura del suo tempo, in una parola la sua polis che lo rifiuta in connivenza a un potere che non viene compreso in pieno neanche dai politici democristiani: "Il Cuore Diabolico sa che bisogna essere impopolari: qualcosa cioè di peggio che deludere!"[1]

La fenomenologia del potere si ripete, accusando Pasolini di corruzione dei minori, di vilipendio alla religione, si vuole creare un clima di intolleranza che trova facile terreno negli anni '70 che verrano ricordati per la ripetuta violenza, per lo stato di tensione psicologica creata da organismi deviati dello Stato stesso.

Uno dei progetti non realizzati dal poeta era proprio un film sulla vita di Socrate, lo riporta lui stesso nel libro intervista Pasolini su Pasolini con Jon Halliday: "Uno dei film che potrei fare, e che sarebbe il mio ultimo [...] sarebbe una vita di Socrate. So che è un vecchio progetto di Rossellini, ma siccome lui non si decide a realizzarlo[2] lo farò io. Per fare un film su Socrate dovrò aver raggiunto un livello in cui avrò esaurito tutte quelle motivazioni marginali che mi spingono a fare dei film, arrivando così a un cinema disinteressato, assolutamente puro [...] Idealmente, perciò, una vita di Socrate potrebbe essere il mio ultimo film: mi piacerebbe che costituisse il culmine della mia esperienza cinematografica”[3].

Il rapporto con Socrate non segnerà il culmine dell'esperienza cinematografica ma la vita di Pasolini, in quella morte, si recupera la sua immagine della 'morte come montaggio della vita', questo montaggio definitivo gli assegna un ruolo nel mito socratico dell'uomo giusto condannato  ingiustamente, o per ripetere il verso di Pasolini 'un uomo che ha fatto un buon uso della morte'.

 

Nell'antichità il processo e la morte del filosofo Socrate rappresenta il dramma politico della filosofia. Il momento in cui la polis giudica il suo cittadino più saggio colpevole di non credere negli déi e di corrompere i giovani crea una distanza e una frattura tra i cittadini e la filosofia; quel momento segna l'inizio della corrente filosofica dei cinici con i vari Diogene, Antistene e Cratete, per loro il filosofo non è più il successore di quei sapienti possessori di verità (per le dossografie più datate sono sette i sapienti greci), per i cinici ormai il filosofo è visto come un nemico, un estraneo alla polis, un uomo solo cui tutti sono ostili (e in questo sembra di leggere la parabola di Pasolini). Il rifugiarsi in luoghi romiti o nella leggendaria botte di Diogene rappresenta proprio questa distanza tra la filosofia e la comunità umana. Anche dopo la morte di Bruno e dopo il processo a Galilei la filosofia trova la linfa più vitale in filosofi 'indipendenti', Cartesio[4] e Leibniz non sono dei cortigiani, tra le istituzioni e la filosofia (o almeno una delle sue forme più originali) continua a crearsi una distanza, non si è ancora smesso di criminalizzarla.

Come messo in evidenza nel capitolo 'Il poeta, l'altro' dalla morte di Pasolini in Italia il poeta ha visto ridimensionare il suo ruolo pubblico; giornali, grandi case editrici, televisioni e politica (non è una caso la vicinanza dei termini) lo ignorano quasi totalmente.

Forse non è illecito aspettarsi dalle nuove generazioni di poeti la stessa diffidenza e sfiducia nello stato (polis) e nelle istituzioni che avevano animato la corrente dei cinici, la poesia 'in-civile' dello stesso Pasolini de La religione del mio tempo fino al poetare di Gianni D'Elia possono in qualche modo essere una forma di neocinismo.



[1] Op.cit., p. 672.

[2]Roberto Rossellini alla fine realizzerà il film Socrate nel 1970 facendone un capolavoro, sarà una produzione RAI interamente girato in Spagna, ai dialoghi oltre a Rossellini metterà mano Jean Dominique De La Rochefoucauld. Si sottlinea il dato per mettere in risalto l'altissimo valore culturale del progetto in netto contrasto con la politica culturale odierna.

[3] Pasolini su Pasolini. Conversazione con Jon Halliday, Guanda, Parma, 1992, p. 131.

[4] Nelle prime pagine del Discorso sul metodo Cartesio ricorda proprio la prudenza che seguì nelle pubblicazioni su nuovi studi negli anni che vedevano il processo a Galilei.