Di editori e di scrittori
di Emiliano Ventura

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Ogni anno in Italia vengono pubblicati centinaia di migliaia di libri, il che come dato non sarebbe un problema se fossero libri interessanti, utili, atti a miglioare la vita culturale dell'italiano.

Un primo problema si presenta però se solo nel Lazio ci sono ottocento case editrici e solo quattrocento punti vendita (librerie e edicole), da questo dato emerge l'evidenza di una grande quantità di offerta per poco spazio vendita.

Un altro punto è che per la stragarande maggioranza sono libri sciocchi e vanesi e quindi inutili, almeno al lettore medio italiano, sono invece utilissimi per le tasche degli editori (o almeno di una parte degli editori), quelli che sono stati definiti 'editori bancomat', cioè coloro che spillano soldi agli autori.

Sia detto per inciso, chi scrive non ha nulla contro chi pubblica (editore o autore) un'opera facendo fronte a un contributo economico. La storia della letteratura italiana è piena di esempi importanti, il padre di Pirandello spesò il brimo libriccino in versi del figlio, Moravia pagò (lui o chi per lui) cinquemila lire per la pubblicazione de Gli indifferenti, Mario Luzi ha pubblicato con Guanda il suo libro di esordio La barca (1935) con un piccolo contributo, solo per fare alcuni esempi. Sappiamo come è andata, la storia ha dato ragione agli autori e agli editori, ma alle spalle c'è un valore oggettivo dell'autore, seppur in erba, e un valore altrettanto oggettivo dell'editore che pur accettando il contributo faceva il suo investimento economico in base anche a una reale valutazione dell'opera.

Trovo che non ci sia nulla di male se una persona desidera fortemente pubblicare una raccolta poetica o un romanzo, gli editori che sposano la politica della pubblicazione a pagamento non mancano di certo, anzi sono decisamente in aumento e sembra che facciano anche buoni affari, solo che non fanno quasi mai una reale e accurata selezione dei testi che gli arrivano, alcuni editori se pagati pubblicano qualsiasi cosa.

Come pratica in sé non ha nulla di male, anzi soddisfa il desiderio di vedere pubblicato il proprio libro, immaginare recensioni e presentazioni, la firma delle copie, ognuno ha diritto ai suoi sogni.

Da qui però possono nascere alcune problematiche o alcuni fenomeni che si rispecchiano nel genarale andamento della società attuale.

Uno dei più evidenti è l'inevitabile livellamento verso il basso della qualità letteraria dei testi, mi spiego meglio; un tempo la 'carriera' dello scrittore o del poeta, pur nell'unicità e diversità di ognuno, aveva un iter abbastanza comune. Si esordiva su quotidiani o riviste (cartacee non internet) con qualche poesia, o racconto, si entrava in relazione con altri letterati e scrittori, una pratica di confronto importantissima; tra amicizie e inimicizie, tra fallimenti e piccole soddisfazioni, il poeta o lo scrittore approdava solo dopo qualche anno a una raccolta di poesie o al testo narrativo (romanzo o raccolta). Il fallimento e la frustazione sono parti integranti dell'opera di scrittura (ma anche di tante altre umane occupazioni), la pubblicazione di un libro era un punto di arrivo, la fine di un percorso più o meno lungo, più o meno sofferto. Oggi è l'esatto contrario, pagando un'editore bancomat si esordisce da subito con un libro, solo che non bastano quaranta poesie per essere poeta o un testo narrativo di cento cartelle per essere romanzieri.

La colpa è solo in parte dello scrittore, in questo modo manca la 'selezione naturale', quel grande setaccio che dovrebbe fare ed essere l'editore, non si può incassare il contributo, pubblicare una sciocchezza e poi disinteressarsene, si svilisce anche il marchio editoriale. Chi scrive prima di passare a lavorare nell'anonimo terziario apparteneva all'unicità dell'artigianato, anche la scrittura e la pubblicazione dei libri rientrano in questa categoria. Nell'artigiano qualità, funzionalità e maestria sono assolutamente fondamentali per la riuscita e per la sua sopravvivenza, il suo è un apprendistato continuo, un lavorio incessante dell'uomo e della materia; resiste solo chi è bravo, solo la qualità emerge, è una legge naturale.

Tra le migliaia di libri che escono ogni anno non vi è stata alcuna 'selezione naturale', non ci viene offerto un buon prodotto, che poi può piacere o meno, ma che rimanga un discorso originale, vero e sentito, una sperimentazione, insomma un qualcosa che si avvicini a un unicum.

Per portare un paragone sotto gli occhi di tutti, è quello che succede anche alla Tv; trenta o quaranta anni fa la televisione era un punto di arrivo, solo dopo anni di varietà, teatri, giornali, radio, concerti, cinema e via dicendo si approdava a una trasmissione televisiva. Lo spettatore in questo modo aveva un programma di qualità, riconosceva una professionalità, oggi è l'esatto contrario.

La televisione diviene il trampolino di lancio, l'inizio di inesperti dilettanti, di speranzosi ragazzotti che non hanno ancora sperimentato la delusione, allo spettatore si offre, per forza di cose, un prodotto non professionale. Esattamente come si offrono, ai già esigui lettori italiani, brutti romanzi (illegibili con quelle frasette spezzate, quegli anaculuti, quella proliferazione di avverbi inutili, per crerae una prosa poetica non è sufficente stravolgere le regole grammaticali). Con la mancanza della 'selezione naturale' tra gli aspiranti scrittori, la già poca qualità finisce per essere sommersa dalla valanga del dilettante allo sbaraglio. Sembra che tutti, in ogni campo, abbiano dimenticato che al successo partecipa il fallimento, e che il desiderio, cioè la spinta propulsiva ad ogni agire, si alimenta di frustrazione. Ottenere tutto e subito è tipico della società consumistica, cioè manca quella giusta distanza proprio tra desiderio e soddisfazione dello stesso, per questo tutto perde valore, per questo si finisce in compagnia dell'apatia e della noia.

Per tornare allo scrittore esordiente e speranzoso che decide di investire una cifra economica nel suo romanzo con un editore, ci sono alcune cose che dovrebbe sapere, che l'editore (vero e onesto) dovrebbe spigare allo scrittore.

Per prima cosa ci sono diverse tipologie di contributi, uno si aggira tra i seicento e i mille euro, questo di solito viene offerto da editori professionali in orbita universitaria. È questo un  contratto usato da docenti e ricercatori universitari, solo che per loro ci sono (o ci dovrebbero essere) contributi economici dei vari dipartimenti di appartenenza. Nel tempo questa pratica ha superato il confine accademico e il mercato editoriale generalista ne ha fatto un lucroso affare. Un mio professore, al quale raccontavo dei contratti che mi venivano offerti dagli editori bancomat, mi confessava, “è anche colpa nostra (dei docenti universitari) abbiamo inflazionato il mercato e abituato l'editore al contributo”.

Di altra tipologia è il discorso con un 'editore bancomat', di solito l'autore viene inondato con cataloghi, cd audio, e libri che invogliano alla firma del contratto e a procedere con la pubblicazione. Insieme a una lettera lusinghiera sulle qualità della vostra scrittura (“lei è pronto ad entrare a far parte dei nostri autori”) arriva direttamente un contratto in duplice copia, già firmato dall'editore, dove viene spiegato cosa si offre per la modica cifra di duemila-duemilacinquecento euro, è questa di solito la cifra che viene richiesta per pubblicare seicento copie  delle vostre quaranta poesie o del vostro romanzo. Una casa editrice toscana ha pubblicato anni fa un libro che vuole giustificare questa politica, naturalmente dalla visione dell'editore, una vera apologia (agiografia forse è meglio) della pubblicazione a pagamento.

Vi verrà anche assicurato un passaggio in televisione (quale canale? Quale trasmissione? Chi la paga voi o l'editore? Le piccole tv locali chiedono un minimo di trecento euro) o in radio, presentazioni in librerie, recensioni, presenza del libro nelle maggiori librerie, distribuzione capillare in tutto il territorio, mailing list di non so quanti utenti.

Tutto questo non è vero perchè un autore esordiente, con un romanzo o altro, si trova di fronte questi problemi: non ha un suo pubblico, è difficile che un quotidiano dia spazio alla recensione di un esordiente che non sia un nuovo fenomeno editoriale, le grandi librerie (Feltrinelli e Mondadori) non accettano il vostro libro perchè non appartiene ai loro gruppi editoriali, le librerie indipendenti (che però stanno scomparendo per lo strapotere dei grandi gruppi e della loro politica di sconti) non hanno spazio perchè debbono vendere i bestseller (sempre dei grandi marchi) e quindi non accettano il vostro libro. Il distrubutore non ha nessuna intenzione di acquistare copie del vostro libro perchè è perfettamente a conoscenza di quanto detto sopra; quindi il vostro libro giace invenduto o a casa vostra o nel magazzino dell'editore. 

Questa è la realtà che conoscono gli addetti ai lavori e non gli speranzosi scrittori, è su questa speranza che alcuni editori hanno fatto la loro fortuna.

È significativa la parobola ascendente di un piccolo gruppo editoriale che ha iniziato pochi anni fa. C'era un volta un piccolo trafiletto su giornalini freepress (Leggo, City), poi, pian pianino, sono passati ai grandi quotidiani (La Repuublica, Corriere della Sera), ora addirittura fanno pubblicità in tv (su Canale cinque e non oso pensare al costo di un messaggio pubblicitario in prima serata). Incuriosito ho inviato un'opera saggistica e una di narrativa, ho ricevuto per entrambe la stessa offerta di pubblicazione, un contratto con una procedura standard, come se si potesse pubblicare, ma sopratutto vendere, allo stesso modo un romanzo e un saggio di filosofia. Ho telefonato e un centralino tipo callcenter indirizza il nuovo autore a un editor (ma quanti sono?) che seguirà il suo percorso fino alla pubblicazione del libro. Sono numeri e personale da grande casa editrice, il tutto pagato coi soldi dei tanti autori che hanno arricchito il loro catalogo.

Alcuni mesi fa ho incontrato un giovane e bravissimo poeta a una serata in onore di Elio Pagliarani, si è discusso di poesia e in particolare della poesia dello stesso Pagliarani, alla fine ci siamo ritrovati a confrontarci e discutere delle condizioni della letteratura italiana, il giovane poeta aveva pubblicato il suo libro di poesie con quel famigerato gruppo editoriale di cui sopra, mi ha confessato di vergognarsi a presentare il libro con quel marchio. Questo può essere un caso estremo, a vergognarsi dovrebbero essere altri, l'elevata qualità della sua poesia è stata sommersa dalla cialtroneria di mille altri e quindi sparisce e si eclissa.

La poesia, la scrittura, la pubblicazione di un libro non sono per tutti, non tutti hanno queste qualità, esattamente come non tutti possono essere bravi avvocati, ottimi direttori di banca, egregi impiegati catastali, onesti artigiani e operai, insomma a ciascuno il suo, la selezione naturale aiuta a capire che strada intraprendere, se io non posso essere un fisico astronomico, nulla toglie che possa dimostrare in un altro ambito le mie capacità, ci vuole un poco di autocritica.

Inoltre in Italia saranno, sì e no, una decina gli autori che possono vivere di scrittura, ascoltate il consiglio di P.K. Dick, non fate gli scrittori vendete lacci per scarpe.