1. Fisica portatile:
Dialogo e razionalità: a cosa serve la fisica

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L'editor ha dato a questa rubrica il titolo Fisica portatile. Si può prendere come un titolo curioso e divertente, di alleggerimento a un argomento che può diventare un po' pesante. Oppure, si può tentare di dare un significato più legato agli argomenti in discussione: fisica portatile, attrezzatura concettuale da portare in giro come modesto aiuto a capire il mondo anche e soprattutto fuori del campo specifico della fisica. Se può servire veramente a questo scopo o no, è un'altra storia.

È uscito recentemente un libro [Gyatso Tenzin (Dalai Lama), Nuove immagini dell'universo. Dialoghi con fisici e cosmologi] interessante non soltanto per la materia affrontata con una profondità e una razionalità spesso sconosciute a alcune "filosofie della scienza", ma anche per gli spunti che offre alla riflessione su alcuni questioni che riguardano la scienza e la razionalità.

Nuove immagini dell'universo

C'è oggi (mi limito alla situazione italiana) un mutamento del rapporto tra opinione pubblica e scienza: si è attenuata la fiducia (magari qualche volta acritica) a causa in parte di fatti che hanno generato allarme (energia nucleare, biotecnologie, ambiente, ecc.) e che non hanno visto (con poche eccezioni) le istituzioni coinvolte mettere a disposizione la loro autorevolezza per aiutare a capire più che schierarsi a difesa o accusa. Molti avanzamenti scientifici in settori decisivi per il futuro dell'umanità sono ora guardati con sospetto alimentato anche da spregiudicate strumentalizzazioni.
Altrettanto importante è stata la diffusione di tendenze antirazionali veicolate anche dall'uso spregiudicato se non strumentale di una apparente rinascita del senso religioso. Che in qualche caso si manifesta come espressione genuina di fede, di ricerca di certezze, ma in altri come espressione di ideologia intollerante (appunto irrazionale) o integralismo mescolata a convinzioni di cui è difficile trovar traccia in quelli che sono comunemente assunti come valori delle varie fedi religiose.
Ciò si traduce in un atteggiamento diffidente verso la scienza se non addirittura verso l'uso della ragione (non ricordo chi disse: "Se Dio ha dato la ragione all'uomo, che la usi!").
Di fronte alle preoccupazioni generate da affermazioni molto forti (talora estreme) su scienza e ragione pronunciate dalle massime autorità religiose in Italia (recentemente lo stesso Presidente della Repubblica ha sentito la necessità di affermare in un suo intervento "...confido che le autorità religiose riconoscano il valore della scienza come autentico valore della cultura del nostro tempo...") e di fronte a manifestazioni di intolleranza dogmatica su quei temi noti come sensibili, fanno riflettere, nella discussione riportata nel libro citato, alcune affermazioni del Dalai Lama (che è il massimo esponente di una dottrina che è comunque religiosa): "Nel buddismo in generale l'atteggiamento di base è un iniziale scetticismo", o ancora "se davvero la logica non proviene unicamente da una posizione a priori, disancorata dalla natura, ma è basata sulla natura, allora dobbiamo modificare la nostra logica non appena disponiamo di nuova informazione. Il Buddismo deve modificare i propri principi logici basandosi sulla nuova evidenza empirica disponibile" e così via.
L'apprezzamento di queste citazioni sparse non significa attribuire un maggior valore a una visione religiosa piuttosto che a un'altra: siamo in molti a pensare che le religioni riguardino l'ambito personale di chi crede, e non sono convinto dai parallelismi (che mi sembrano superficiali assonanze) che di quando in quando sono argomentati fra fisica e dottrine religiose (preferibilmente orientali).
Piuttosto, mi sembrano la dimostrazione concreta che è possibile discutere senza pregiudizi, con apertura mentale e capacità di ascolto tra persone che hanno mentalità, culture anche profondamente distanti. Questa possibilità cessa di essere solo accademico gusto intellettuale ma diventa una necessità vitale quando, come avviene sempre più spesso qui da noi, sono in ballo questioni importanti di rapporti personali e di vita civile.
Naturalmente queste preoccupazioni riguardano in generale le forme dell'attuale modo di discutere (non solo scienza e religione, ma questioni di ogni natura, storia, analisi della società italiana, rapporti internazionali, politica). Credo che molti siano convinti che occorra uscire dalla contrapposizione sempre e ovunque, che si debba tornare a un confronto con uso intensivo di ragione e intelletto.
Per tornare al libro citato all'inizio, il Dalai Lama afferma che non si può imporre la visione buddista a chi buddista non è. Si può solo con la ragione cercare di convincere (discutere) anche chi non crede.

DNA Che cos'è la vita?

La fisica si basa sul ragionamento, logico e quantitativo.
La pratica di metodi quantitativi è una conquista relativamente recente della scienza, si potrebbe affermare che ha coinciso con la nascita della scienza così come la conosciamo oggi.
Afferma James D. Watson nel bel libro DNA, Il segreto della vita, (coautore Berry Andrew), a proposito della formulazione di Gregor Mendel della teoria dell'ereditarietà, che "a quell'importante passo in avanti aveva sicuramente contribuito il suo tirocinio in fisica; nell'affrontare il suo problema sperimentale, infatti, Mendel adottò un approccio quantitativo, allora insolito tra i biologi". La felice contaminazione fra fisica e biologia non si ferma qui: lo stesso Watson ricorda il ruolo importante avuto nella scoperta della struttura del DNA da un fisico già famoso, Erwin Schröedinger (creatore della meccanica ondulatoria), con un suo celebre libretto, Che cosa è la vita. Non solo per le idee originali e anticipatrici contenute, ma anche per lo stimolo che esercitò nell'indirizzare tanti giovani scienziati (a partire dallo stesso Watson) allo studio delle origini della vita. Molti altri fisici si dedicarono in parte o in toto a questa impresa affascinante, e fra loro alcuni che avevano dato contributi decisivi nel proprio campo: Gamow, Delbruck, Feynman e altri.
L'affermarsi di una cultura quantitativa non limita però i suoi effetti positivi all'ambito strettamente scientifico. È importante nell'esercizio della discussione ragionata in generale per valutare, capire, apprezzare l'illimitato grigio della realtà, in cui non tutto (per meglio dire, quasi mai) è bianco o nero, sì o no. Se tutto è visto come bianco o nero, ogni rapporto con l'altro è un rapporto amico o nemico, di ogni discussione l'unico esito concepito è tutta la ragione a me o a te (con netta preferenza per la prima ipotesi). Non sorprende che gran parte delle discussioni siano ideologiche e destinate a trascinarsi all'infinito. Scompare il fatto che l'unico modo di affermare ragioni è fare ricorso (oltre che a un rigore nell'argomentare) a evidenze fattuali su cui converga un accordo molto largo; finché questo non si verifica lo stato della discussione deve considerarsi in evoluzione e deve continuare con capacità di ascolto reciproco, apertura mentale e esercizio del dubbio anche sulle proprie convinzioni.
Così sono progredite la fisica e la scienza.
Per lungo tempo nel medioevo e oltre si è dibattuto filosoficamente se un otre pieno d'aria pesasse più o meno di un otre vuoto, così come si discettava su quanti angeli potessero danzare sulla punta di uno spillo, senza ovviamente giungere ad alcuna conclusione. Finché a qualcuno venne in mente di pesare i due otri (mentre non mi risultano analoghi tentativi sperimentali nel caso del secondo dibattito...).
Come altro esempio, da Newton in poi si è dibattuto se la luce avesse natura corpuscolare o ondulatoria. La discussione si è svolta col confronto, con la ricerca di soluzioni convincenti e la conclusione è stata che la realtà non si assestava su nessuno dei due estremi: oggi sappiamo che la luce ha caratteri sia corpuscolari che ondulatori, non scindibili.
Penso si possa affermare che una cultura quantitativa può favorire la capacità di confronto (di cui oggi c'è urgente bisogno) evitando astrattezze inconcludenti nel migliore dei casi o "guerre di religione" nel peggiore. E questo ben al di là dell'ambito della fisica (che forse rivela in questo caso qualche caratteristica portatile...).
Frequentemente il metodo quantitativo è stato criticato come parziale, forzosamente restringente la ricchezza della realtà, e questa critica si salda con il ricorrente luogo comune sull'aridità della scienza (fisica e matematica in particolare).
Le biografie di grandi scienziati moderni e la vita dei grandi geni del Rinascimento, scienziati, artisti e letterati al tempo stesso, potrebbero già insinuare qualche dubbio su questo luogo comune.
Penso che questa diffusa convinzione che separa nettamente la "scienze esatte" (regno della razionalità/aridità) dalle varie forme di creazione artistica (regno della fantasia, dello spirito non vincolato dai rigidi schemi della scienza) poggi su presupposti poco saldi.
La creazione artistica nelle culture avanzate, soprattutto nelle sue forme più alte e complesse è tutt'altro che una creazione affidata solo all'ispirazione, al colpo di fantasia di un momento. È comunque il frutto dell'intelletto, della ragione. Non è necessario citare La Divina Commedia, o gli affreschi della Cappella Sistina, o la musica di Bach, o i film che hanno segnato un'epoca per esserne convinti.
Allo stesso tempo, la stessa fruizione dell'opera artistica in senso lato, il suo apprezzamento e il trarne godimento non può in gran parte prescindere da un'educazione culturale, dall'uso della ragione. Andare oltre le (belle) sensazioni di fronte a un paesaggio o un tramonto è una attività essenzialmente razionale.

La legge fisica

Anche nella invenzione di una teoria fisica o di un esperimento cruciale la fantasia è un ingrediente importante; e l'ammirazione per una teoria che spiega, interpreta, predice aspetti della realtà non è tanto dissimile dall'ammirazione per un'esecuzione teatrale o musicale o per una scultura. Anche qui, come nelle altre espressioni della creatività umana, non si tratta di un'ammirazione immediata, istintiva. Essa richiede conoscenza accumulata e creazione di nuova conoscenza, cultura e ragione.
Si possono trovare interessanti analogie e differenze tra i caratteri del bello estetico e del bello in fisica e della connessione con il dualismo semplice/complesso, ma ora è meglio evitare questo appesantimento.
I punti di contatto tra quelle che affrettatamente sono catalogate come attività appartenenti a regni diversi e inconciliabili prendono consistenza, e se questo entrasse a far parte, sia pure di poco, del senso comune e dell'opinione diffusa sarebbe un fatto importante.
La fisica ha posto nuovi problemi, anche sul piano della logica. I principi logici che sono verificati nella meccanica quantistica coincidono in larga parte con quelli comunemente accettati, ma non completamente. Concetti come l'indistinguibilità di particelle identiche, il principio di sovrapposizione e l'entanglement (impossibilità di separare le storie di due o più sistemi una volta che abbiano interagito, anche se poi si allontanano a grandi distanze), l'interpretazione probabilistica della meccanica quantistica ("ignoranza oggettiva" in contrasto con la fisica classica in cui esisteva solo una ignoranza soggettiva dovuta alla pratica impossibilità conoscere lo stato di sistemi molto complessi, con un numero molto grande di componenti) e altri aspetti, comportano una divaricazione profonda dal modo di pensare e capire i fenomeni naturali consolidato nei secoli precedenti. Richard Feynman, premio Nobel e uno dei massimi fisici ha affermato che "è onesto dire che nessuno capisce la meccanica quantistica".
È diffusa la convinzione che sia richiesta una forma diversa di conoscenza, che può venire dal concorso di molte discipline, purché si adotti lo stesso rigore della fisica e delle scienze in generale. Questo è il punto di partenza anche per confronti su piani etici (e persino religiosi, come mostra il libro citato all'inizio). Oggi sembrerebbe che tali condizioni non ci siano ancora, costruirle è una sfida che sta di fronte a tutti.

Sui diversi temi affrontati in questo articolo si può fare riferimento alle seguenti indicazioni bibliografiche    libri

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