5. Meccanica della fantasia:
Erotismo metallico

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È nella natura delle cose che la forma artificiale, se assume fattezze umane, e ancor più femminili, sollevi l'uzzolo di trarne qualcosa di eroticamente significativo. Scontato allora che si finisse a rappresentare l'automa femminile in forme metalliche assai procaci: tutto complottava in quella direzione, come gli automi assai stuzzicanti di questi esempi dimostrano:

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Hajime Sorayama
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Feng Zhu Design

La storia era iniziata ben prima, quando Villiers de l'Isle-Adam narrò nel 1886 la vicenda di Eva futura. Lord Ewald, sedotto dalla divina parvenza e dalla voce melodiosa della cantante Alicia, intreccia con lei una relazione deludente. Il fatto è che Alicia è gretta e arrivista, e se non è la donna giusta non resta per lui che il romantico suicidio. Ma prima di mettere in atto il proposito, Ewald passa a trovare un amico, il geniale inventore Thomas Alva Edison, che gli prospetta una soluzione: assemblerà per lui una creatura artificiale che sia perfetta replica di Alicia. Nasce così Hadaly, l'Eva futura, automa femminile rivestito di tenere carni artificiali, che si muove grazie alla meccanica, parla mediante un fonografo ed è animato dall'elettricità. In suo onore viene perfino coniato il neologismo "andreide", femminile di "androide" e sinonimo di "ginoide".
Nell'imitazione umana, il duplicato riesce migliore dell'originale: è la femminilità idealizzata, dolce, servizievole e virtuosa. Induce all'innamoramento ma, soprattutto, è capace di provare sentimenti. «Questa carne è molto migliore! – afferma Edison pacato – La carne umana appassisce e invecchia, questa invece è una composizione di sostanze pregiate preparata chimicamente, adatta a umiliare la boria della "natura"!». Ciò non toglie che Lord Ewald si ponga una domanda disperata: «Da quando Dio permette che le macchine acquistino la parola? Quale ridicola superbia riempie questo fantasma elettrico che si è vestito della forma di una donna e che aspira a legarsi con la mia vita?». Le macchine hanno ottenuto la parola: il rapporto tra ciò che vive e ciò che è prodotto dalla fantasia, tra creazione naturale e realizzazione meccanica si è rovesciato.
Ma se l'andreide non può deludere in quanto dotata di comportamenti prefissati, il colpo di scena si rivela quando Hadaly trascura completamente di seguire il copione prestabilito e rivela allo sbalordito protagonista di possedere una propria identità, una personalità autonoma e compiuta: uno spirito ultraterreno che mediante l'invenzione di Edison si è procurato un corpo col quale soccorrere l'animo prostrato di Ewald. Il fatto è che, per riuscire perfetto, l'inventore ha insufflato in Hadaly un'anima ipnotica estratta col magnetismo da una donna infelice. Ewald è stregato da questa grazia spirituale e decide di ritirarsi nel proprio castello con Hadaly. Durante una traversata marina, scoppia però un incendio che distrugge la cassa nella quale l'andreide è stata rinchiusa, con immensa disperazione del giovane, che vede andare in fumo il proprio ideale.
Negli stessi anni Fritz Lang lavorava alle riprese del celeberrimo Metropolis che, apparso nelle sale cinematografiche nel 1926, metteva in scena la Robotrix, automa di procaci forme femminili. Un anziano scienziato folle e celibe lo crea come sosia di Maria, mite personaggio che nel film dissemina amore. Il ginoide va predicando la rivolta tra gli uomini-operai, fuchi che vivono nei sotterranei di una città del Duemila ripetendo ossessivamente gli stessi gesti, folla di uomini alienati che si muovono come in una geometria espressionista.

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Metropolis, Robotrix

Un automa femminile che sviluppa sentimento e gelosia è stato portato alla ribalta da Alberto Sordi nel film Io e Caterina (1980). È la vicenda di un affermato professionista che, stanco delle difficoltà provocate da moglie, amante e cameriera, divorzia, rinuncia ai servizi di casa e prova a vivere da single. Per risolvere il problema delle faccende domestiche compra il "robot cameriera" Caterina che, superato il rodaggio, dimostra di essere una macchina perfetta, abbastanza intelligente, di gradevole aspetto e anche sensibile, tanto da innamorarsi del padrone. Egli si accorge di questa passione robotica quando porta a casa una ragazza in carne ed ossa per una notte d'intimità. Caterina ha una crisi di gelosia che sfocia in una serie di malestri: insomma, vuole tutta per sé l'attenzione del padrone, che alla fine riesce a sequestrare.
Dunque il mondo delle macchine d'invenzione trabocca di "femmine meccaniche", ma sorge un problema: è chiaro che quando l'amore diventa meccanico, il partner naturale si fa inutile. È il futurista Fillia ad esprimerlo in opere quali la novella La morte della donna, la lirica Lussuria radioelettrica e il romanzo L'uomo senza sesso. Ma che il partner – nella fattispecie la donna – faccia parte di una tradizione emotiva "passatista" emerge in modo prepotente soprattutto dal dramma futurista Il sesso di metallo (1925). Sulla scena appaiono Lebe, la donna di carne, e Laba, la donna dello spirito senza femminilità e col corpo ricoperto di ferro, gomma, cuoio e vetro. Ella ammonisce Sada, l'uomo che appare in scena rivestito di ferro e legno, di liberarsi della donna di carne, che rappresenta la sua tradizione dolce ma sterile, la fonte di un amore atavico e ormai consunto. E quando infine Lebe, la donna di carne, rantola al suolo, Laba attrae a sé l'uomo e lo abbraccia mentre metallo e legno, sfregandosi, producono suoni molto sensuali, in una voluttà fatta di materie inerti.
Il crollo del partner naturale dissemina inevitabilmente tutta una serie di macchine masturbatorie, tra le quali eccelle quella ritratta nel 1934 da Oscar Dominguez nella tela La macchina da cucire elettro-sessuale. La stoffa da cucire è in questo caso un corpo femminile collocato a pancia in giù e monco di alcuni pezzi; la macchina è una struttura surreale e indefinibile, ma stando al nome del dipinto, alimentata da corrente elettrica; l'ago è sostituito da un imbuto da cui fluisce un liquido scuro e colloidale che scorre lungo il dorso della donna. Un brivido attraversa la pelle di chi osserva il quadro, forse un brivido di piacere.

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O. Domínguez, Maquina de coser electrosexual, 1934

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