Tutto ebbe inizio dalla mail che Nicola ricevette un mese fa.

La lettera, poche righe scarne per salutare un vecchio amico ritrovato dopo quindici anni di silenzio e, in chiusura, un pensiero sull'adolescenza vissuta insieme nella periferia di Bologna.
Quel pensiero, buttato lì con una certa indifferenza, come chiosa finale, trovò Nicola impreparato alla lettura.

«Ad esempio ricordo che una volta facemmo una strenua lotta nel giardino di via Cignani, dove abitavo. Avevamo 11-12 anni; vincesti tu (a fatica sia ben chiaro); il fatto non l'ho ancora digerito del tutto.»

Impreparato perché frugando, tra i suoi ricordi, non riusciva a trovare riscontri a quel fatto che lui gli aveva segnalato.
Qualcosa di importante doveva essere successo 50 anni fa per rimanere così vivo nella mente del suo amico Maurizio!
Un tarlo si era conficcato nella mente di Nicola: piano piano bucherellava la sua mente e da ogni nuovo buchetto usciva una scintilla di ricordo che però durava meno di un istante.
Sprazzi, ma niente più
Passavano i giorni, i tentativi di ricordare fallivano miseramente.
Per non impazzire, decise di costringere la sua mente a soprassedere, per un po', a quell'indagine.
Doveva pensare a qualcos'altro, sovrapporre nuovi pensieri a quella ricerca infruttuosa che da giorni lo tormentava.
Buttarsi a capofitto nel lavoro poteva essere un antidoto efficace.
Niente da fare, quel pensiero fisso riusciva a superare anche l'intorpidimento mentale provocato dalla stanchezza fisica.
Occorreva affrontare di petto il problema: porsi delle domande e cercare di dare una risposta che potesse aiutare a dipanare tutta la vicenda.
Maurizio aveva scritto che avevano lottato per tutto un pomeriggio: perché lo avevano fatto?
Cosa aveva spinto due sbarbatelli ad una battaglia così prolungata?
Maurizio aveva 12 anni e Nicola ne aveva 11: forse Nicola, combattendo strenuamente, voleva dimostrare all'amico, più vecchio di un anno, di essere lui comunque il più forte?
Poteva essere una spiegazione: ma aveva senso che una persona soffrisse ancora per una lotta persa cinquant'anni fa?
Doveva esserci qualcosa d'altro legato a tale avvenimento.

Nicola cercava di rivivere con la mente quegli anni passati a Bologna in un quartiere popolare non distante dall'ippodromo.
Suo padre era stato trasferito, in seguito ad un avanzamento di grado, da Zola Predosa a Bologna: qui avevano trovato un piccolo appartamento al quinto piano di un palazzo di recente costruzione ma ben lontano dagli standard costruttivi odierni.
Le stanze, due camere, una cucina e un bagno, si sviluppavano una di seguito all'altra senza alcun disimpegno. Dalla porta di ingresso si entrava direttamente o in bagno o in cucina: da qui, si passava nello studio-soggiorno-camera da letto di Nicola per finire nella camera da letto dei genitori.
L'assenza di un qualsiasi corridoio di disimpegno azzerava ogni possibilità di riservatezza degli abitanti di quel modesto appartamento anni '50.
Bologna, che si stava lentamente curando le ferite provocate da un guerra terminata da pochi anni, aveva allora cose ben più importanti a cui pensare.
Nicola, che fino a qualche tempo prima, aveva vissuto con la famiglia quasi da sfollato in un appartamento di due sole stanze (una camera da letto e una cucina in cui, di notte, dormivano lui e la sorella) trovava fantastica la nuova casa.
Ora la sua stanza era abbastanza grande da contenere due letti, un armadio e rimaneva ancora spazio per giocare con la sorella od eventuali amici.
La porta che divideva la sua camera dalla cucina permetteva agli odori della cucina di arrivare attutiti, se non quasi annullati, al suo naso torturato, nell'infanzia, dall'odore acre del modesto cibo consumato nella stessa stanza dove poi avrebbe dormito.
Non più l'odore della cipolla che lo faceva piangere quando la mamma preparava il soffritto e che rimaneva nell'aria anche durante la notte.
E soprattutto il non doversi svegliare all'alba quando il papà e la mamma si alzavano e venivano a preparare la colazione.
Anche se loro cercavano di fare meno rumore possibile, per lui e la sorella la giornata iniziava in quel momento.
Finalmente potevano dormire un pò di più e svegliarsi all'ora giusta per ragazzi della loro età: iniziava una nuova vita dove tutto sembrava più bello, più grande, più normale.

Questo era tutto quello che lui ricordava di quegli anni.

Non gli veniva in mente come e quando aveva conosciuto Maurizio.
Doveva spremere ancora di più la sua memoria.
Col passare dei giorni, la memoria più e più volte sollecitata, cominciava ad ingranare, portando alla luce episodi, situazioni, sensazioni del tutto dimenticate. Della casa ora Nicola ricordava persino il colore delle piastrelle del pavimento: un semplice gres grigio lavato e lucidato ogni giorno dalla mamma per renderlo più piacevole alla vista. Rivedeva la terrazza a losanghe metalliche (che guardava su un minuscolo cortile interno asfaltato e senza nessuna pianta a mò di ornamento) su cui un giorno si era posato un pappagallino, scappato da chissà dove, e che si era fatto prendere senza alcun trucco dalle sue mani tremanti di emozione.
Ricordava anche il pianto a dirotto con cui aveva convinto sua madre a farglielo tenere e la corsa al negozio di animali a comprare una gabbia (la più economica possibile...) per accogliere quel bellissimo e coloratissimo pappagallo.

Ecco come aveva conosciuto Maurizio!

I padroni di casa avevano un figlio di qualche anno più piccolo di Nicola e che era venuto a vedere il pappagallo: la notizia si era sparsa per tutta la casa e Giampaolo (così si chiamava il bambino) aveva comunicato la novità a suo cugino che abitava in un caseggiato non molto distante e anche lui aveva voluto vedere l'ormai famoso volatile.
Il cugino era Maurizio e proprio allora era iniziata l'amicizia fra lui e Nicola.

Maurizio aveva 11 anni e frequentava la prima media in una scuola pubblica, mentre Nicola stava frequentando la quinta elementare dai Salesiani del Sacro Cuore.
Tutte le mattine si davano appuntamento davanti alla casa di Maurizio e insieme in tram (o a piedi se il tempo era bello) si recavano alle rispettive scuole situate non molto distanti l'una dall'altra.
Quelle camminate (fatte anche per intascare i soldi del biglietto del tram che i genitori ogni giorno davano loro) erano l'occasione di reciproca conoscenza, di scherzi, di corse affannose per arrivare in orario: tutto quanto contribuiva a rendere più salda l'amicizia fra di loro.
Il fatto poi che fra i due ci fosse un anno di differenza era ininfluente, anzi, era quasi un motivo in più alla crescita del loro rapporto amicale.
Nicola ammirava i discorsi e la viva intelligenza dell'amico, Maurizio godeva dell'umorismo e della gioia di vivere che l'altro manifestava in ogni occasione e in ogni momento che passavano insieme.
Avevano più o meno la stessa altezza e analoga corporatura e questo annullava, alla vista degli altri, la loro differenza di età.

Una volta riportato alla mente il come e il quando si erano conosciuti e frequentati, mancava ancora da ricordare il perché, l'anno dopo, avevano dovuto affrontare una così lunga e impegnativa lotta fra di loro.

Cosa dovevano dimostrare l'uno all'altro?
Quali erano le ragioni profonde di quell'epica lotta?
Spremere, spremere, spremere le meningi...

L'anno successivo anche Nicola passava alle scuole pubbliche e iniziava le medie nello stesso istituto frequentato da Maurizio.
Che vantaggio per lui avere un amico più vecchio!
Protezione assicurata contro le angherie degli studenti anziani, sempre pronti a sfottere le matricole e a farne oggetto di scherzi pesanti.
Un motivo in più per coltivare un'amicizia che già si presentava forte e salda ormai da un anno.
Anche le rispettive famiglie erano entrate in rapporti amichevoli e loro due sfruttavano abilmente questa opportunità per avere più possibilità di frequentarsi e avere alibi per uscire più spesso di casa.

«Ciao mamma, vado a casa di Maurizio»
«Ciao mamma, vado a casa di Nicola» erano le parole magiche che convincevano le due mamme a lasciare che i figlioli uscissero di casa e andassero a giocare per i fatti loro o con altri amici della via Cignani.
Cosa facevano quei due ragazzi in una via della periferia di Bologna, senza soldi in tasca, solo ricchi della loro fantasia?
Nicola ricordava lunghi pomeriggi passati a giocare a carte e le tante partite a bigliardino nel cral dei ferrovieri in fondo alla via Cignani contro altre coppie di ragazzi.
Nicola era diventato esperto a giocare in porta, mentre Maurizio era per sua natura portato a giocare all'attacco.
Non sempre vincevano, anzi il più delle volte erano presto eliminati dai tornei, ma questo a loro non importava granché: entrambi poco competitivi nello sport, si consolavano dei loro successi in attività più intellettuali come il gioco delle carte o in altri giochi di abilità in cui poco importanza avesse la prestanza atletica.
Nicola e Maurizio, anche se poco portati alle attività sportive, tipo il gioco del pallone o altri sport di movimento, però, non erano affatto gracili: preferivano, avendone il tempo o la disponibilità, dedicarsi alla lettura dei fumetti che allora andavano per la maggiore.
Si scambiavano i giornalini e si perdevano ore e ore nella lettura di Topolino o dei fumetti de «Il Vittorioso» a cui Nicola era abbonato.

Finalmente, dopo giorni e giorni persi vanamente nelle sue ricerche mentali, Nicola, pensando e ripensando all'ambiente in cui scorreva allora la sua vita, vedeva accendersi un piccola luce che presto (ne era ormai sicuro) avrebbe dato una spiegazione ad ogni cosa.

Nei tanti ricordi, risvegliati fino a quel momento, mancava del tutto la presenza di una qualsiasi figura femminile.
Era mai possibile che nessuna bambina vivesse in via Cignani e fosse mai entrata in contatto con i due amici?

Il classico «Cherchez la femme!» avrebbe risolto alfine il mistero?

La fiammella diventava velocemente fiamma intensa, persino un nome affiorava di colpo alla memoria di Nicola.
Luisa, Luisa, Luisa...era il nome.
All'improvviso tutta la vicenda si illuminava, i vari tasselli si incastravano nelle giuste posizioni, ogni azione veniva ad avere la sua naturale spiegazione.

Nicola, abitando all'ultimo piano della casa di via Cignani, nello scendere e salire le scale più volte al giorno (non esisteva ascensore) incontrava ora uno ora l'altro dei vari inquilini che abitavano gli altri piani.
Al primo piano abitava la padrona di casa col figlio Giampaolo.
Al secondo piano c'era una strana (per la mente allora ingenua di Nicola) famiglia. Il marito era cinese, la moglie no. Dei tre figli, due molto piccoli (due anni l'uno e tre l'altro, avevano la fisionomia del padre: cinesini, insomma) l'altra era una bella ragazzina di dieci-undici anni dal viso chiaramente non asiatico, somigliantissimo alla madre.
Erano venuti ad abitare lì qualche mese dopo di Nicola.
Nel suo sali e scendi giornaliero si era accorto della presenza di una nuova famiglia perché i due bambini piccoli spesso piangevano strillando a pieni polmoni e al loro pianto seguiva (egualmente a voce alterata) l'invito della madre a piantarla subito lì.
Pochi giorni dopo il loro arrivo, passando vicino all'appartamento della nuova famiglia, si sentiva l'odore caratteristico e acre del cuoio uscire dalla porta dello stesso.
Non era un odore cattivo, certamente era forte e impregnava di sé tutto il pianerottolo e Nicola lo percepiva appena appena nello scendere le scale, molto più nel salire, dove la fatica di affrontare i vari gradini, faceva lavorare a pieno ritmo il suo naso.
Urgeva prendere informazioni su quella strana famiglia: l'unico che poteva saperne qualcosa era Giampaolo, il figlio della padrona di casa.
Giampaolo, anche se aveva solo otto anni, era un bambino molto sveglio (spesso pretendeva di partecipare ai giochi che facevano Maurizio e Nicola, molto più grandi di lui) si era informato da sua madre e poi aveva raccontato a noi tutto quanto aveva saputo.
Il cinese, aiutato dalla moglie, fabbricava e vendeva borse che produceva in casa.
La bambina era nata da un precedente matrimonio della donna, il cui marito era morto in guerra.
Le diversità fra fratelli erano così spiegate, e poi anche se la storia non era vera, cosa interessava a Nicola?
Il mistero era stato dipanato, si poteva pensare ad altro.
L'unica cosa che forse non aveva ancora spiegazione era che la bambina sembrava non andare a nessuna scuola o per lo meno non andava in nessuna scuola che lui conosceva.
A Nicola quella bambina piaceva, c'era in lei un atteggiamento più maturo della sua età, quasi una spavalderia che la rendeva attraente e nello stesso tempo, concedendosi poco alle confidenze col prossimo, metteva un pò soggezione.
Luisa sapeva di essere bella e lo sottolineava con sguardi a volte attenti e a volte indifferenti a tutto quanto succedeva attorno a lei.
Nicola, allegro e (allora) privo di complessi di inferiorità non ci aveva messo molto a fare amicizia con quella ragazzina e spesso quando tornava a casa da scuola, facendo chiasso e canterellando sulle scale, riusciva a far si che lei uscisse sul pianerottolo a scambiare quattro chiacchiere con lui.
Tutto poi finiva lì, Nicola, a quel tempo, era più interessato ai suoi giornalini, ai suoi giochi con Maurizio che ad altro.
A svegliare certe naturali pulsioni, che a quell'età insorgono nei ragazzi, ci aveva pensato Maurizio.
Cominciavano allora a circolare le prime barzellette spinte, che Maurizio e Nicola imparavano a scuola dai compagni di classe più smaliziati di loro.
Inizialmente Nicola ne capiva ben poche, la sua ingenuità era totale: certi nomignoli riferiti agli organi sessuali, certe azioni scabrose (che facevano tanto ridere gli altri) lui non le conosceva e quindi spesso rideva senza capirle.
I genitori di Maurizio, più moderni e attenti al cambiamento di età del figlio, gli avevano con semplicità spiegato molti fatti della vita, gli avevano insegnato come ci si doveva comportare con l'altro sesso e quali erano le differenze sostanziali fra un uomo e una donna.
A Nicola, parlare di certi argomenti con sua madre era impossibile, con suo padre, Maresciallo dei Carabinieri, era assurdo solo a pensarci!
Quelle lunghe camminate mattutine che Nicola e Maurizio facevano tutti i giorni per andare a scuola, servivano a loro due anche per imparare i fatti della vita amorosa, a capire e dare una spiegazione a certe pruderie ed eccitazioni che avvenivano a livello basso ventre quando si affrontavano argomenti legati al sesso o quando ascoltavano o raccontavano barzellette sconce.
Così presero ben presto a guardare con altri occhi le bambine e le ragazze che incontravano lungo la via.
Iniziavano i primi tentativi (a volte maldestri) di fare amicizia con qualche fanciulla che per caso faceva la stessa loro strada.
Qui Nicola era avvantaggiato, rispetto a Maurizio, non perché fosse più bello o aitante dell'amico, ma perché aveva la battuta più pronta e un modo di fare simpaticamente spontaneo che vinceva facilmente la naturale ritrosia delle ragazze incontrate per la prima volta.
Quante ragazze avevano conosciuto in quel modo!
Una volta fatta amicizia, Maurizio faceva valere la sua maggiore capacità di parlare anche di cose serie: insomma loro due insieme erano una squadra da combattimento ben assortita.
Uno rompeva il ghiaccio, l'altro consolidava la conoscenza.
Con Luisa era successa la stessa cosa.
Nicola l'aveva conosciuta, Maurizio aveva reso affiatata l'amicizia fra loro tre.
Erano conosciuti come due bravi ragazzi e così la madre permetteva che Luisa la domenica uscisse qualche volta con loro.
Andavano al cinema (quando i soldi raggranellati andando a scuola a piedi invece che in tram, bastavano allo scopo) oppure facevano lunghe passeggiate fino in centro a vedere le vetrine di via Indipendenza.
Chiacchieravano, scherzavano fra di loro e raccontavano a Luisa le barzellette che avevano imparato da poco, ovviamente scartando quelle più spinte.
Luisa aveva capito che piaceva a tutte e due e faceva in modo di non fare preferenze fra loro per non urtare la suscettibilità di uno dei due.
Tra Maurizio e Nicola era nata, senza volerlo in realtà, una silenziosa battaglia per conquistare Luisa.
Maurizio era un pò geloso del fatto che lei abitasse nella stessa casa di Nicola e che quindi lui avesse più occasioni d' incontrarla e parlarle.
Nicola, da parte sua, cercava di sfruttare al meglio questo suo vantaggio, e quando poteva, entrava in casa di Luisa a salutare sua madre e fare qualche gioco con i due fratelli dell'amica.
In quelle occasioni Nicola notava che l'atteggiamento di Luisa si faceva un pò più guardingo nei suoi confronti, quasi volesse diminuire quel vantaggio che lui aveva rispetto a Maurizio.
Un giorno Luisa aveva fatto entrare Nicola in casa mentre i suoi genitori erano fuori a fare delle consegne.
I due fratellini giocavano tranquilli in laboratorio.
Quale splendida occasione per Nicola!
Sarebbe stato sciocco farsela scappare.
Dopo qualche frase scherzosa, Nicola le fece una specie di dichiarazione.
Parole un pò imbarazzate, scusabili solo per il fatto che quella era la prima dichiarazione della sua vita.
Alla mente di Nicola tornava solo la frase:
«Mi piacerebbe darti un bacio sulla bocca...»
La sorpresa che colse Nicola non fu in una risposta negativa ma nella frase che Luisa pronunciò:
«E Maurizio cosa ne direbbe?»
«Cosa centra ora Maurizio?» farfugliò piccato Nicola
«Non è il tuo migliore amico?»
«Sì, va beh, ma cosa centra con la mia richiesta di baciarti?»
«E' la mia prima volta e ...»
«Anche la mia!» la interruppe Nicola
«e vorrei farlo con tutti e due, in modo da non fare preferenze!» continuò lei
«Che scemenza è questa!» pensò fra sé e sé Nicola, ma le labbra emisero le parole:
«Mi sembra giusto...»
Poi in uno scatto d'orgoglio pronunciò:
«Però vorrei essere io il primo!»
La risposta arrivò come una doccia fredda:
«A me non importa, decidete voi due.»
Nicola tornò a casa molto deluso, la cosa appena successa non gli era molto piaciuta.
Dentro di sé era convinto che Luisa gli preferisse Maurizio, altrimenti che ragione c'era per dividere una cosa così importante fra loro due?
Se fosse stato lui il preferito, Luisa si sarebbe fatta baciare nello stesso momento in cui lui si era dichiarato. Purtroppo le cose non erano andate così: Maurizio si era messo in mezzo a loro due.

Occorreva a questo punto risolvere la questione, ma come?

Innanzi tutto doveva dire a Maurizio tutto quello che era successo e spiegargli la storia del bacio che Luisa voleva dare a tutte e due.
Maurizio, come al solito razionale, fece subito la domanda:
«Ma chi la bacerà per primo?»
«Io...» azzardò Nicola
«E perché?» fu la pronta domanda di Maurizio.
«Perché io sono stato il primo a chiederglielo...»
Maurizio ebbe facile replica:
«Perché allora non si è fatta baciare subito da te?»
Per niente stupido Maurizio, aveva saputo equilibrare la situazione portandola in una condizione di evidente stallo.
Bisognava trovare una soluzione al problema: entrambi i contendenti desideravano essere i primi a baciare Luisa, ma dovevano trovare un modo che non dispiacesse a chi sarebbe stato il secondo.
Pensa e ripensa, alla fine la lettura de «Il Vittorioso», in cui i piccoli eroi sconfiggevano sempre i grandi cattivi, fece dire a Nicola:
«Facciamo alla lotta e chi vince bacia Luisa per primo!»
La regola per la vittoria era che chi rimaneva steso per terra con le spalle, mentre l'altro contava fino a dieci, avrebbe perso.
Decisero che il prossimo sabato pomeriggio sarebbe stato il giorno della battaglia: avrebbero avuto entrambi il tempo di studiare le mosse vincenti per atterrare l'avversario.
Il successivo sabato, tornando a casa da scuola, i due amici parlarono poco, solo poche frasi per fissare l'ora e il posto della sfida.
Il luogo era il cortile della casa di Maurizio: il posto si addiceva alla bisogna. Leggermente isolato alla vista della gente che passava per via Cignani, il giardino non era asfaltato e quindi in caso di cadute rovinose i due amici si sarebbero sì sbucciati braccia e ginocchia ma in un modo non molto grave.

La lotta iniziò alle tre del pomeriggio ed ebbe termine due ore e mezza dopo.

Con risultati alterni: in qualche momento sembrava che Maurizio stesse per prevalere, ma quando il conteggio stava per arrivare al dieci, Nicola riusciva, non si sa come a liberarsi e a rialzarsi.
Altre volte era Nicola a trovarsi nella condizione di quasi vittoria.
C'erano dei momenti in cui ad entrambi mancava il fiato per continuare e per comune accordo si riposavano cinque minuti.
In quei momenti un goccio d'acqua avrebbe fatto piacere ad entrambi: in verità nessuno dei due era preparato ad una battaglia così lunga.
Sia l'uno che l'altro pensava che avrebbe vinto facilmente e in fretta: ma dopo un paio d'ore di lotta nessuno dei due dava chiari segni di prevalere sull'altro.
Le loro forze si equivalevano: solo un colpo di fortuna avrebbe permesso ad uno dei due di battere l'altro.
E fu proprio uno sgambetto fortunato a far cadere Maurizio in un modo un pò più violento delle altre volte: il lieve intontimento che colpì Maurizio permise a Nicola di arrivare a contare fino a dieci prima che l'amico riuscisse a liberare la schiena dal terreno.

Nicola aveva vinto e aveva poi baciato per primo Luisa.

Ovviamente Maurizio ci rimase un pò male: ben presto, però, la faccenda fu dimenticata e tutto fra i due amici tornò come prima.

Oggi, cinquant'anni dopo, Nicola veniva a sapere che a Maurizio, dava ancora fastidio il pensiero di avere perso quell'epica battaglia.
Quella mail spedita pochi giorni prima era lì, anche se in modo scherzoso, a dimostrarlo.

A chi interessa il seguito della storia dirò che dopo quel doppio bacio, Luisa, piano piano, cominciò a staccarsi da noi due.
Come succede normalmente, le ragazze crescono più rapidamente dei maschi e infatti da lì a poco lei ebbe uno sviluppo fisico splendido che le permise di frequentare ragazzi più grandi di noi e ben presto non la vedemmo più in via Cignani.


Data invio: