Al mattino aveva bevuto un bicchiere d'acqua. Niente altro, come sempre.
Qualcuno, anni prima, doveva avergli detto che fa bene, completamente a digiuno. E lui, appena alzato beveva un bicchiere d'acqua.
Anche normale per uno che abita su un'isola: la prima cosa che faceva al mattino era pensare all'acqua.
Poi aveva afferrato la sua valigia ed il suo bastone. Si era messo il cappello, un po' sulle ventitrè, ammiccando allo specchio dell'ingresso. Si era fatto un sorriso, guardandosi da lontano, senza percepire le rughe e gli occhi infiacchiti ed i ciuffi di capelli argentei che saltavano fuori da sotto il feltro.
Un paio di giorni prima aveva ricevuto una lettera. Ce l'aveva in tasca, tutta stropicciata.
Diceva che una nipote, che adesso viveva lontano, si sposava. Era per la settimana dopo.
Era stato invitato. Così, era partito.

Era andato al molo, aveva fatto il biglietto e si era messo in coda. In mezzo a un sacco di altra gente. Si era tolto il cappello per farsi un poco vento, aveva letto le solite scritte sulle banchine. Aveva buttato là uno sguardo ai pescatori che sistemavano le reti.
Gli era venuto in mente che da quel molo era partito un sacco di volte, durante sua vita.
Anzi, era partito sempre da quel molo.
La prima volta era stato per andare a fare il servizio di leva, con indosso un vestito che andava bene solo per la messa, ma che era l'unico decente che aveva, e così, convinto dalla madre, se lo era messo. Non vedeva l'ora che il battello si allontanansse un poco, per sfuggire a quegli sguardi malinconici di parenti e amici. Se lo ricordava bene, quel giorno.
Aveva tagliato i capelli così corti che sentiva un poco di freddo, alla testa.
Non gli era mai successo, prima.
Allora, si ricordava, aveva aperto la valigia, aveva preso un cappellino e se lo era messo.
Poi era andato ancora via per il viaggio di nozze, con Clara, sua moglie.
Erano passati quaranta anni da allora.
In seguito aveva intrapreso ancora quella traversata di un'ora scarsa, per alcuni viaggi di lavoro, per qualche vacanza, qualche visita a parenti in altre città. Un rosario fatto di andate e ritorni lungo le perline degli anni, una litania che scandiva imprescindibilmente lo scorrere del tempo.
Sempre con quel leggero vento di mare che ti scompiglia il vestito, e anche tutto il resto.

Quando Clara era morta, perché vecchia e stanca, lui aveva preso il battello ed era andato via per un po'. Una sorella lo aveva invitato da lei, a casa. Solo qualche settimana, per scrollarsi di dosso tutto quel vuoto. E anche allora era passato dritto, con il suo cappottino, senza avvertire che le cose cambiano in un momento, senza fare caso che vivi di te stesso sempre qualche raro attimo, strappato alla nostalgia e alla misteriosa volontà di sentirsi sempre uguale, nonostante qualsiasi cosa.

Ma quel giorno, invece, successe che la coda di gente che si imbarcava gli sembrò più lenta, fatta di persone più estranee, composta di pezzetti tra i quali si sentiva più intruso del solito. E poi, contemporaneamente, quella coda gli sembrò anche troppo veloce, fatta di persone fin troppo comuni e composta di pezzetti tra i quali si sentiva fin troppo camuffato. Questa sensazione lo assalì quando si rese conto che riconosceva tutti e non conosceva nessuno. Che tutti lo lasciavano passare, che tutti gli sorridevano. Si sentì a disagio. Poco, ma con chiarezza.

E pensò che era come sempre, che cosa mai ci poteva essere di così diverso da disturbarlo in quella maniera?
Infine, capì: tutti quei volti appartenevano a persone qualunque, di passaggio sull'isola, di passaggio su quel mondo insolito in cui la terra finisce quasi subito, dopo poco, in qualsiasi direzione si guardi.
Vide la perfetta normalità in tutte quelle facce, in coda per prendere il battello.
Solo, erano tutte facce più giovani di lui. Nient'altro.
Ma era quello.

Per la prima volta, nella sua vita, scopriva di essere, in mezzo ad una folla, il più vecchio di tutti.
Che era anziano lo sapeva, ma vecchio no. Non ci aveva mai pensato, ad essere vecchio.
Invecchiare è una faccenda talmente lunga e paziente che non si riesce mai a trovare il momento esatto, a cominciare dal quale puoi dire: adesso sono vecchio.

Succede e non te ne accorgi. Te ne accorgi dopo.
Non c'è una scadenza, succede in momenti che sono come trovare le prove, come trovare una testimonianza. Che dimostra qualcosa. Ma che, di per sé, non è niente.
Ecco, essere vecchi dimostra qualcosa, ma non è niente.
E' la prova, l'evidenza che sei rimasto vivo fino ad ora. La cosa è gia avvenuta. Non c'è da spaventarsi.
Non può succedere più nulla perché è già successo tutto.
Resta di prenderne coscienza.

Così quell'individuo, strano e normale, salì sul grande battello della sua maturità, si strinse un poco nelle braccia e poi decise di andare a poppa, a guardare la sua giovinezza che si allontanava, come un'isola da lasciare dopo averla amata da pazzi.
L'esistenza stessa, come una terra in cui hai fatto tutto quello che ti ha trasformato, lentamente, in quello che sei adesso. E non è un posto lontano, è a un centimetro dietro le tue spalle e a un passo oltre la passerella del battello.
Ma ad un certo punto, capisci che stai andando via, da lì. E questo non significa che stai perdendo qualcosa, significa che quel posto non è più casa tua e allora rimanerci ancora, non ha più senso.

Qualcuno lo vide mentre il suo sguardo cercava di distrarsi dal fissare quella riva, svolazzando qua e là, in cerca di qualcos'altro da guardare. Una cosa qualsiasi che non fosse quella riva, feroce e in costante allontanamento, crudele nella sua, costante, inesorabile, lentezza.
Il disegno delle assi del ponte, il modo in cui il fumo usciva dalla ciminiera, le cime arrotolate e le gigantesche, unte, maglie della catena dell'ancora. Abbracciate tra di loro come anni.
Poi, però, ritornava a fissare proprio lì, la riva. Perché nonostante tutto, casa tua è bella. E come sei stato fino ad un attimo fa lo vorresti rimanere per sempre.
Ma non si può.

E' come guardare una donna e avere quella stupida certezza che lei ti ami. E allora la trovi così bella che non fai che guardarla, perché da quel viso ti arriva dentro tutta la voglia di essere vivo e di essere al meglio e di essere innamorato e di annullarti in quella consapevolezza per essere, semplicemente, felice. E speri che rimanga così in eterno.
Non ci si riesce, alle volte, a guardare da un'altra parte.

In realtà lui non stava solo guardando. Stava cercando qualcosa, anche.
Appoggiato al parapetto, cercava qualcosa da portarsi via, ispezionava l'orizzonte fino a dove si poteva vedere, in cerca di un oggetto qualsiasi, un ricordo, un tramonto, un muretto, un bacio.
Adesso che stava andando via, sembrava di lasciare li tutto e invece si stava portando tutto via.
Pensava alla sua isola, minuscola, circondata dal mare. Come una zattera in balia dei flutti.
Battito di cicale e risacca. Fluire di vita, sussurrata da grigi lastricati ombrosi e inseguita da orme di gabbiani notturni; sulla spiaggia, a delimitare l'isola della coscienza.
Si sentiva come uno disperso, a cercare la sua vita, in un mare di compleanni sempre più grande.
Un naufrago nel tempo.

Non si può parlare di tristezza. Questo no. Era un'altra cosa.
Si trattava di movimento.
Una cosa che è fatta di roba leggera, come carta velina, che vola via facile.
Stare fermi, invece, è tutto materiale pesante. E' qualcosa che ti crolla in testa. Non era questo.
Tutto quello che si sentiva addosso, invece, era fatto di quella roba lì, impalpabile e lieve.
Carta velina.
Sul ponte della nave, a poppa, si tolse il cappello e assorbì quella sensazione malinconica e la vide persino, nitidamente.
Si rassegnò al fatto di avere visto di essere vecchio. Di essersene accorto, per caso.
L'isola, adesso, era lontana.

Così, da lontano, non è che fosse piccola, era solo sfuocata, indistinta, soltanto un po' meno nitida.
Ma, assolutamente, non meno grande. Neppure meno importante.
Pensava di aver vissuto uno di quei momenti che rimangono, indelebili, per sempre.
Poi, però, la carta velina che aveva addosso, venne scompigliata un poco dal vento di mare e portata via.
Roba leggera, che vola via facile. Pensò.
Si rimise il cappello sulla pelata, perché sentiva un poco di freddo, alla testa.

(agosto 2002)


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