Seconda parte
Julia ha gli occhi grandi

Conversando con Julia

Si alzò dalla sedia stiracchiando i muscoli della schiena. Lavorare al computer oltre che stancare gli occhi gli provocava talvolta delle fitte dolorose lungo la spina dorsale. Sapeva che dipendeva dalla postura non propriamente corretta che assumeva quando lavorava, tendeva decisamente allo stravaccato. Ma sapeva anche che non l'avrebbe mai cambiata, era si un genio, ma testardo come un mulo.
Si diresse nella minuscola cucina e si versò un bicchiere d'acqua. Tra breve avrebbe dovuto sostenere una intensa conversazione sulle diverse sfumature della poetica futuristica, non poteva presentarsi con la gola secca.
Sciacquò il bicchiere e si trovò a riflettere ancora una volta sulla questione del nome. La cosa ovviamente non aveva alcuna importanza, o almeno era accomunabile a quella dello sfondo di Windows, della bambolina appesa allo specchietto retrovisore delle automobili, all'ordine e al ritmo dei libri sulle mensole. In altre parole per lui era fondamentale.
In natura spesso i ruoli tra maschi e femmine erano ribaltati rispetto a quelli umani, almeno stando a quanto sostengono i maschi della specie umana. In molte famiglie di predatori, erano spesso le femmine a cacciare nonostante lo stereotipo che le vedeva unicamente custodi dei cuccioli. La realtà era quella di femmine letali, calcolatrici implacabili che cacciavano per loro e per il branco e che lasciavano all'orgoglio maschile il libero sfogo di lotte intestine per la carica puramente onorifica di leader. A ben vedere la differenza col mondo umano non era poi molta. Di predatrici feline e sinuose era pieno il mondo, le case erano mandate avanti da un esercito di sagge donne apparentemente umili all'ombra di maschi dall'aria raramente sveglia. Fin dalla tenera età di dieci anni le femmine di homo sapiens adoravano vedere maschi della stessa specie lottare per loro e prendersi a cornate.
Non poteva essere altrimenti.
La sua creatura sarebbe stata femmina.
Sinuosa con la schiena nuda inarcata prima del balzo fatale. Magnetica con lo sguardo dritto nel tuo mentre ti divora lentamente. Dolce con i cuccioli, tenera nei piccoli gesti , sempre comunque tesa verso la vita, in ogni modo possibile, con ogni stilla di sangue, ad ogni costo.
La sua creatura avrebbe avuto gli occhi grandi. Per guardare un universo immenso. Una distesa interminabile di suoni e parole da ascoltare e imparare, di gesti e scelte da ripetere. Miliardi di piccoli e indifesi esseri da cacciare.
La sua creatura avrebbe avuto il fiuto fino. Per annusare la paura, l'ultima traccia della preda, il sapore agre e pungente della vita in ogni sua forma e manifestazione. Per assaporare l'odore dolciastro della morte.
La sua creatura avrebbe imparato. La sua creatura era solo miliardi di zeri accanto a miliardi di uno. La sua creatura era nulla, non si poteva toccare. La sua creatura era tutto, non ti avrebbe lasciato scappare.
La sua creatura si chiamava Julia.

Uscì dalla cucina e continuò a rigirarsi quel nome tra le mille dita della mente. Era un bel nome per una cacciatrice. Era un bel nome per una madre. Era davvero un bel nome.
Si sedette alla postazione del Computer e premette il pulsante di pausa. Il programma smise di esplorare, interpretare e assimilare ogni centimetro della sua piccola savana e si mise in ascolto. Paolo decise come prima cosa di comunicargli comunicarle la novità. D'altra parte aveva trovato un nome bellissimo.
Iniziò a digitare sulla tastiera.

-- Ciao Julia. Sono tuo padre.

-- NON CONOSCO NESSUNA JULIA.

-- E'il tuo nuovo nome. Da oggi ti chiamerai Julia.

-- MI PIACE, E'UN BEL NOME JULIA.

C'era qualcosa che funzionava male o troppo bene, dipendeva dai punti di vista. Julia aveva un proprietà di linguaggio che fino al giorno prima non possedeva. Usava la punteggiatura e coniugava correttamente tutti i verbi. Se Dieci minuti passati ad interagire con un sito sulla poesia futurista avevano provocata un simile miglioramento, non osava immaginare fin dove si sarebbe potuta spingere Julia in un ambiente più vasto.
La cosa che comunque lo fece rabbrividire fu il fatto che fino a prova contraria Julia non possedeva il concetto di nome e soprattutto la capacità di giudicarlo bello o brutto.
Decise di sondare fino in fondo il terreno. Digitò una domanda inconcepibile per un programma informatico. Qualcosa che non poteva avere risposta, qualcosa che non doveva avere risposta. Si vergognò un poco di aver anche solo fatto il tentativo.

-- Allora, ti piace la poesia futurista?

Una pausa, più lunga della precedente questa volta. A dire il vero più lunga del dovuto. Sembrava quasi che il programma stesse pensando se effettivamente la poesia futurista gli interessasse sul serio. Non era ovviamente possibile.
Cominciò a muoversi impercettibilmente,nervosamente,sulla sedia. Poi si arrestò di colpo quando sul monitor comparve la risposta. Quella sì che era letteralmente impossibile.

-- NON MOLTO. TUTTI QUEGLI SBAM, SBUM. MI SEMBRA STUPIDA.

Digitò sulla tastiera senza muovere nessun muscolo che non fosse strettamente necessario. .

-- Quindi non ti è piaciuta

Ancora una pausa.

-- NO. MI SEMBRA INUTILE E SCIOCCA, COME LA VITA, O UNA TESI DI
LAUREA INFINITA, O LA RAGAZZA DOLCE DI UN SUPERMERCATO.

Prima il gelo sulle dita. Poi un dolore e un senso di smottamento allo stomaco. Infine il sollievo e il sorriso liberatorio della comprensione.
Tirò indietro la sedia e si alzò dalla scrivania. Si diresse verso il letto e vi si inginocchiò sopra.
Colpì tre volte il muro con il pugno chiuso.
«Vieni di qua deficiente.»
La voce di Alfredo giunse smorzata dalla stanza accanto.
«Arrivo padre»
Paolo senti rumori soffocati dall'altra stanza e immaginò il suo caro e vecchio amico che si trascinava caracollante verso la porta con le lacrime agli occhi dal troppo ridere.

Il gioco di Alfredo

«Come e quando lo hai fatto!?»
Alfredo seduto sulla poltrona era appena riuscito a smettere di ridere quando un sorriso, questa volta più compiaciuto che divertito, riaffiorò beffardo sul viso.
«Erano giorni che lo progettavo. Quando hai chiamato casa sapevo che avevo una ventina di minuti per agire indisturbato. Inoltre la bassa concezione che hai di me non ti ha fatto minimamente sospettare che la mia goffa partita a biliardo fosse un'invenzione.»
Paolo si grattò la nuca alla stessa maniera di un bambino che scopre di avere i pantaloni bagnati. Si considerava un genio ed era cascato ad uno scherzo che nemmeno sua madre, la donna il cui timore reverenziale nei confronti del mouse era ormai una leggenda, avrebbe mai preso sul serio.
Un programma che impara a parlare e si inventa l'uso della punteggiatura, che diventa critico letterario, che non sopporta il futurismo per le onomatopee, con il concetto di bello e brutto, giusto e sbagliato, di intelligente e stupido. Roba da matti! C'era voluto l'accenno alla dolce ragazza del supermercato per aprigli gli occhi, non senza ovviamente avergli prima tinto di rosso fuoco le guance. Era palese che era innamorato, un paio di occhi dolci, mille capelli neri, lo scontrino nella mano e il resto nell'altra, le dita sulle dita. Era questo il prototipo del suo incontro galante. Era questo che gli confondeva i pensieri, come nessun algoritmo o sequenza cifrata sarebbe mai riuscito a fare. Se lo aveva capito persino un programma informatico la cosa era più grave del previsto. Fortunatamente era solo uno scherzo e avrebbe dovuto condividere il suo palese imbarazzo per le cose del cuore esclusivamente con la razza umana.
«Bel nome Julia però.»
Disse Alfredo non ancora sazio.
«Che gran bastardo che sei! Pensavo di aver combinato un casino mica da poco. Col fatto che Julia può imparare dal codice macchina ed interagire con qualsiasi macchina viene a contatto la rende già abbastanza delicata da maneggiare. Ci manca solo che impari più del dovuto o peggio, che impari qualcosa che per nessuna ragione al mondo una cosa come Julia dovrebbe imparare!»
Alfredo aggrottò leggermente la fronte facendosi d'improvviso serio.
«Non mi avevi parlato di queste capacità. Sei sicuro di sapere cosa diavolo stai facendo? Quello che mi hai appena descritto è un virus intelligente in grado di imparare la maniera per farti più male possibile.»
Paolo, coinvolto dalla nuova atmosfera, rispose a sua volta con un tono che più niente ormai aveva di scherzoso. D'altra parte era della sua creatura che si stava discutendo. E un padre protegge i propri figli a prescindere, senza alcuna voglia di scherzare.
«Se è per questo aggiungi anche che non si fermerà finché non riuscirà ad ucciderti. Ma sto molto attento a quello che impara. So cosa sto maneggiando, e ho preso le giuste precauzioni.»
«La cosa che mi spaventa e che credi davvero di averlo fatto.La mente umana è semplicemente incapace di considerare tutti gli eventi possibili, specialmente quelli contrari. Qualcosa lo avrai dimenticato, qualcos'altro era semplicemente imprevedibile. La salvezza è nella scarsa probabilità che ciò di cui non hai tenuto conto possa avere conseguenze catastrofiche. Ma bassa probabilità non significa nessuna probabilità.»
Alfredo fece una pausa, si sistemo meglio sulla poltrona e riprese con rinnovato vigore. Era un gran polemista, soprattutto per quanto riguardava le questioni di principio, e questa sembrava avere tutti i crismi di uno scontro dogmatico.
«E mi ci metto in mezzo anche io. Se avessi saputo esattamente a cosa stavi lavorando, probabilmente non avrei fatto questo scherzo idiota, che per dirla tutta è uno di quegli eventi che non avevi considerato. Ed è normale. Non potevi prevedere che il tuo amico burlone avrebbe bypassato l'interfaccia della tua creatura. Non hai considerato la vulnerabilità dello spider. Io ci ho messo cinque minuti a sostituirlo con la mia finta interfaccia, figuriamoci un virus cosa potrebbe co....»
«Cosa hai detto!?»
Paolo era letteralmente balzato dalla sedia. Il volto d'improvviso bianco.
«Dicevo figuriamoci un virus cosa potrebbe fare...» Alfredo era allo stesso tempo incuriosito e spaventato dalla reazione di Paolo. Se era uno scherzo non era assolutamente divertente.
«Non hai bypassato Julia?»
«No, non volevo rischiare toccando il codice. Il programma è partito normalmente, è quando hai avviato lo spider che è partita la finta interfaccia. L'ho copiata sul computer e poi ho sostituito le icone.»
«Vuoi dire che il programma è partito, che sta ancora girando e senza che lo spider sia mai entrato in funzione?»
La voce di Paolo tremava.
Alfredo guardò Paolo inebetito. Poi ripensò a tutto quello che si erano detti finora e d'improvviso capì.
«Oh, porca puttana !!»

Nella savana

«Forse siamo ancora in tempo»
Paolo fissava il monitor, i lineamenti alterati dal nervosismo. Rivoli di sudore attraversavano la fronte e si insinuavano tra le lenti degli occhiali. Probabilmente non era successo nulla di irreparabile, in fondo gli piaceva giocare a Dio ma non aveva il tocco divino e per quanto evoluta Julia non era altro che un programma, una lunghissima sequenza di zeri e di uno, di si e di no. Bastava cancellare qualche zero, spostare qualche uno, formattare il computer. Per la prima volta in vita sua provò il desiderio di essere meno bravo di quanto non fosse in realtà. Sicuramente aveva commesso qualche errore, sicuramente Julia era meno evoluta, raffinata e robusta di quanto pensasse. Meno viva .
Alfredo seduto accanto a Paolo si tormentava le mani, gli occhi fissi e impassibili sul monitor. Aveva commesso una leggerezza. Non aveva la piena conoscenza di quello che stava facendo, non sapeva cosa fosse in realtà Julia, ma questa più che una giustificazione gli parve un'aggravante. Se davvero come aveva detto Paolo il programma era in grado non solo di capire ed imparare da proposizioni letterarie ma di comprendere di interagire con ogni altro programma che avesse incontrato, l'ambiente in cui lo si lasciava operare era cruciale.
«Quale è il meccanismo di apprendimento Perché hai detto che non si fermerà fino a quando non avrà fatto più danni possibili?»
Paolo premette alcuni tasti sulla tastiera. Ordinò a Julia di interrompere le routine di apprendimento ed interazione e mettersi in modalità comunicazione. In pratica smetti di agitarti e dimmi cosa hai combinato.
«Lo schema comportamentale è quello di un predatore. Era un progetto militare Americano abbandonato. I militari hanno il pallino di realizzare lo strumento bellico perfetto una macchina che opera o, per meglio dire, caccia automaticamente nei teatri di guerra più pericolosi. Niente scrupoli, niente Marines uccisi. L'embrione di Julia era in origine il nucleo del sistema di navigazione di un carro armato senza pilota. Ma era imperfetto, eccessivamente contorto e troppo poco cattivo se mi passi il termine.»
Sullo schermo non era ancora apparso il cursore dell'interfaccia. Julia sembrava non avere alcuna intenzione di parlare con loro. Aveva evidentemente cose più importanti da fare esplorare, imparare, cacciare.
«Io ho preso il codice abbandonato e ci ho lavorato sopra un mesetto. L'ho snellito, reso più efficiente, costantemente teso verso la meta. Nelle intenzioni ciò avrebbe dovuto significare una fame di conoscenza furiosa. Il fatto è che quando ho ampliato le sue capacità fino ad comprendere e creare codice macchina, la sua fame non si è più limitata alla conoscenza.»
Alfredo era ammutolito. Più domande faceva meno risposte voleva avere.
«Cosa caccia, Cosa la attira?» Pensò che una simile domanda non avrebbe mai dovuto riguardare una programma informatico e un brivido gli percorse la spina dorsale.
«Niente di preciso. Se pensi che originariamente la sua aggressività era orientata all'apprendimento era controproducente mettere limiti. Io volevo la mia creatura onnisciente.»
Alfredo continuava a fissare lo schermo in attesa del cursore dell'interfaccia.
«E adesso la tua creatura è onnivora! Ma quando l'hai resa capace di fare danni non hai pensato che lo schema comportamentale fosse troppo pericoloso?»
Paolo scrollò le spalle.
«Che vuoi che ti dica, stavo creando qualcosa di eccezionale, di mai tentato prima, a tutto ho pensato in quei momenti tranne che a mettere limiti. E'per questo che usavo la spider web sapevo che Julia era potenzialmente pericolosa e la attivavo solamente all'interno di uno spazio controllato, protetto, dove non poteva fare danni. La manciata di siti futuristi era ideale per la sua prima uscita. Sapevo di aver creato una cacciatrice feroce. Per questo la tenevo chiusa in gabbia»
Le ultime parole colpirono Alfredo come una bastonata. Perché per quanto incosciente Paolo le sue precauzioni le aveva prese. Lui invece non poteva sapere cosa comportasse l'innocuo scherzo che aveva orchestrato. Lui non immaginava l'importanza cruciale dello spider web.
Lui aveva aperto la gabbia.
E adesso una belva affamata era libera nella savana a caccia di cibo. Solo che la savana era la rete informatica globale e il cibo qualunque cosa le fosse capitato davanti...
«Eccola!»
Paolo era balzato dalla sedia, Alfredo era al limite dell'infarto. Il piccolo cursore dell'interfaccia era apparso sullo schermo. Julia era tornata dalla sua prima battuta di caccia solitaria.
Paolo iniziò a digitare.

-- Ciao Julia, dove sei stata

-- COSA E'JULIA

Julia aveva ragione. Paolo stava interagendo come se dall'altra parte ci fosse ancora Alfredo a rispondergli. Questa volta era davvero con Julia che stava parlando. E Julia era un programma informatico, non aveva un nome, non aveva gusti, aveva solo direttive e priorità.

-- Julia sei tu.

-- IO SONO JULIA

Aveva assimilato la nuova informazione. Per adesso le reazioni di Julia erano le solite. Il viaggio non sembrava averla cambiata poi molto

-- Cosa hai imparato oggi Julia?

Lo schermo cominciò a mostrare una lista infinita di parole e concetti. L'elenco minuzioso e asetticamente agghiacciante di ogni cosa con cui Julia era venuta a contatto negli ultimi 30 minuti.
Paolo premette contemporaneamente i tasti CTRL e C e interruppe la sequenza interminabile di nozioni e parole per la maggior parte incomprensibili a causa della velocità e della densità con le quali apparivano e scomparivano sullo schermo. Nonostante ciò il volto di Paolo sbiancò di colpo. Sperava con tutto se stesso di essersi sbagliato. Di aver colto nella sequenza infinita e ossessiva di caratteri, associazioni che in realtà non esistevano Paziente 13A esiti RX torace... mobilitazione del personale sanitario prevista per il...Campionato Spagnolo risultati della 24a giornata...
«L'hai visto anche tu" La voce di Paolo era appena percettibile.»
«E'entrato nel sistema del Policlinico...»
Il Policlinico in questione era quello universitario, fiore all'occhiello della facoltà di medicina e meta giornaliera di centinaia di pazienti.
«Non solo... E'uscita dalla rete universitaria. Qualcuno si è collegato a un sito di calcio scommesse dall'interno della rete universitaria e lei ha intercettato la connessione.»
Alfredo guardò Paolo ma i suoi occhi fissarono il vuoto.
«Vuoi dire che è stata fuori?»
Paolo non rispose. Non aveva la voce per farlo. Non aveva la forza. Non aveva una risposta diversa da quella che ormai opprimeva l'aria della piccola stanza.
Internet era la giungla. Internet era praticamente infinita. Lasciate un bambino, che insegue i colori, che brama il rumore, libero di navigare nella rete e tempo cinque click avrà raggiunto il suo primo sito pornografico, al settimo click avrà visto la sua prima autopsia , al decimo avrà già lo sguardo fisso e perso in qualcosa di cui non avrebbe dovuto neanche immaginare l'esistenza.
Julia non amava i colori, Julia non cercava i rumori. Julia andava a destra o a sinistra con la stessa identica probabilità. Questo era un vantaggio, Julia era impermeabile ai trucchi e alle magie che avevano il potere di portarti dove non avresti mai immaginato di andare. D'altro canto con Julia il concetto di "pericolosità" trasmutava e si ampliava in una maniera per certi versi inquietante. Molto più di un sito pornografico per Julia era pericoloso venire a contatto con siti tecnici, quelli che parlavano di programmazione, delle ultime versioni dei sistemi operativi, dei metodi più sicuri per entrare nei computer senza lasciare traccia.
Alfredo sapeva tutto ciò ma un'altra domanda bussava impaziente e ossessiva.
«E'entrata nel sito dell'ospedale... Può averci lasciato qualcosa? E soprattutto può aver imparato in qualche modo, che so, da qualche sito neonazista o roba del genere, qualcosa di pericoloso?»
«Pericoloso in che senso?»
«Pericoloso nel senso che anche un uomo può essere considerato una preda.»
L'ultima affermazione restò sospesa nell'aria e continuò a galleggiare ad altezza d'uomo per un tempo al limite del sopportabile. Il cursore dell'interfaccia continuava a lampeggiare sul monitor. Julia aspettava la prossima domanda.
«Io non le ho insegnato a lasciare qualcosa di se nelle aree di memoria che visitava. Tra l'altro non è poi una cosa così semplice...»
«Può averlo imparato durante la sua libera uscita...» Alfredo fu spaventato dalla sua stessa affermazione. Decise che ciò che avevano visto era più che sufficiente senza che ci si mettesse anche lui col suo celebre pessimismo.
Paolo riprese a digitare sulla tastiera.

-- Cosa hai fatto Julia mentre viaggiavi

-- HO IMPARATO COSE. VUOI VEDERLE.

Paolo non aveva la forza d'animo di osservare di nuovo l'elenco infinito di cose che Julia, in teoria, non avrebbe dovuto sapere.

--No Julia.

Pensò a come formulare la domanda in modo da renderla comprensibile a Julia la quale, era bene ricordarlo, più per farsi coraggio a dire il vero, in fondo era solamente un programma informatico.

--No cosa hai imparato ma cosa hai fatto. Hai copiato dati o scritto file mentre imparavi.

--HO FATTO COSE MENTRE IMPARAVO.

Alfredo fissò Paolo. Paolo fissò lo schermo. Lo schermo fissò entrambi.
Le dita si mossero sulla tastiera animate da vita propria. Paolo non avrebbe mai avuto il coraggio di fare quella domanda. Tanto meno avrebbe voluto leggere la risposta.

--Cosa hai fatto Julia

--HO FATTO ALTRI JULIA

Alfredo balzò dalla sedia in preda ad una crisi isterica. Quello che aveva letto era troppo anche per lui.
"Stacca questa cazzo di cosa. Spegnila, distruggila, spacca il monitor ma fai qualcosa per la puttana!"
Paolo iniziò a digitare sulla tastiera con velocità doppia
«Interrompo la sessione di apprendimento», disse con voce dilatata dal nervosismo. «La riporto dentro...»
«E le altre Julia?» Alfredo ormai ansimava ad ogni domanda, come se per pronunciarle dovesse fare una notevole fatica fisica.
«Una volta che l'ho riportata dentro controllo i file di log e vedo dove è stata e cosa diavolo ha fatto. Possiamo ancora... Cazzo!»
Alfredo si voltò implorante verso Paolo, per favore basta disastri...
«Non me lo lascia fare... In qualche maniera mi impedisce di comandarla, non riesco ad interrompere il processo... Non riesco a capi...»
Sullo schermo Julia parve allarmata.

-- JULIA ALTRO DA IMPARARE. JULIA ALTRO DA FARE

Paolo senti lo stomaco attorcigliarsi. Chiuse gli occhi, fece un profondo respiro e riprese a digitare

-- Julia impara domani. Adesso rientra e racconta cosa hai imparato.

--NO

--Lasciami fare Julia

--NO

Paolo riprese ad armeggiare freneticamente con i tasti sperando di riprendere il controllo del processo. Julia attraverso lo schermo gli fece sapere che per la speranza non c'era più posto.

-- JULIA ORA VA.

-- Il computer si spense.
Alfredo non credeva a quello che aveva appena visto. Guardò Paolo con la faccia di chi spera che qualcuno arrivi a confermargli che era stato solo un brutto sogno. Paolo non confermò.
«Non la prendiamo più...»
Alfredo non demordeva, aveva ora l'ottimismo incrollabile proprio solo della disperazione.
«Magari non è pericolosa per l'uomo. Farà qualche miliardo di danni ma non ucciderà nessuno. Non è detto che sappia creare effettivamente delle copie di sé. Se non identifica l'uomo come preda può nuocergli solo collateralmente. Che cazzo! Non può imparare tutto, non può saper far tutto, non può vedere tutto...»
Paolo smise di fissare il monitor e volse lo sguardo alla finestra quasi pensieroso. Era spossato, non aveva la forza neanche per la disperazione o il rimorso. Si adagiò sulla sedia e fugò in un istante l'ultima stilla di speranza di Alfredo
«Invece può. Julia ha gli occhi grandi...»

"Dite ad uno scienziato che non dovrebbe farlo e ti darà dell'oscurantista. Ripassate il giorno dopo il disastro e ti dirà che non avrebbe mai dovuto farlo. Passate di nuovo dopo una settimana e ti assicurerà che la prossima volta non ci saranno errori..."
Ennio De Sortes Docente di Etica della scienza – Seminario universitario "Il limite della conoscenza" Aprile 2003
"Volevo stupire. In un certo senso credo di esserci riuscito."
Paolo Manni – Intervista al giornale universitario Marzo 2005

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