La sua vita non era molto cambiata da quando Davide l'aveva lasciata, ora non doveva più preparargli il pranzo, non sarebbe più tornato a casa. Gli mancava molto di lui, il modo in cui giocava con i suoi figli, o il modo in cui l'aiutava in casa, senza mai chiedere nulla in cambio.
Era una buona persona, e le aveva regalato ciò cui lei teneva di più al mondo: due splendidi bambini.
Le piaceva come l'abbracciava teneramente, e lei l'amava con tutta sé stessa.
Ora era finito tutto e lei era rimasta sola, con il ricordo di un amore cui
aveva dato tutta se stessa, e due bambini di nove anni che, non appena vedevano un bimbo con il loro papà, scoppiavano in un pianto disperato e vi occorrevano molti sforzi per farli calmare.

Quel giorno Sara era andata a fare la spesa portando con sé i due gemelli
poiché non sapeva a chi affidarli, visto che sua madre era morta e anche suo padre quando lei aveva circa otto anni.
Dopo che Davide se n'era andato, Sara era tornata a vivere nel paese in cui era cresciuta, fra la gente semplice, niente affatto sofisticata; lì Sara si sentiva a suo agio, con quelle persone che le volevano bene veramente, poiché l'avevano vista crescere e sposarsi; non come le sue «amiche» che pensavano solo ai profumi o ai loro problemi, calpestando i sentimenti delle persone cui fingevano di voler bene.
Le persone che le volevano un «bene dell'anima», avevano pianto con lei quando si era sposata, quando aveva perso sua madre, e quando suo marito l'aveva lasciata.
Mentre era immersa in questi pensieri, Sara si accorse che uno dei suoi figli si era staccato dal fratello ed era comparso.
Lo vide: in mezzo alla strada e una macchina lo stava per investire; non ci
pensò su due volte, spinse Renato contro un'aiuola ai bordi del marciapiede e si precipitò a salvare il suo bambino, per proteggerlo. L'autista della
macchina vide la giovane donna passargli davanti e prendere al volo il bambino in modo che non fosse investito.
L'uomo cercò di sterzare, per non colpire la giovane, ma non ce la fece, e
d'improvviso si sentì un botto: tutti si girarono l'autista spaventato scese dalla macchina e si avvicinò alla donna che, svenuta, teneva stretto a sé il bene più grande che avesse ricevuto nella vita.
Il bambino si liberò dalla stretta della madre e cominciò a chiamarla, ma non rispondeva; all'improvviso gli occhi del bambino si riempirono di terrore e cominciò piangere.
Un poliziotto distante dal posto dell'incidente, fu avvertito alla radio di recarsi subito in centro città.
Vi si precipitò immediatamente e si trovò di fronte a una scena drammatica: l'autista teneva in braccio la giovane madre attorniato dai due bambini che piangevano disperati.
«Al che cosa è successo?» chiese vedendo i due bambini sconvolti per l'accaduto.
«Agente, dobbiamo portarla subito in ospedale, o non ce la farà!» rispose l'uomo, sentendosi colpevole per quello che era accaduto.
«Presto, datemela.» Disse il poliziotto prendendo in braccio la giovane e andando verso l'auto volante della polizia seguito dai due bambini.
«Presto», disse il giovane al suo collega, «all'ospedale.» Ordinò con la paura che non sarebbe arrivato a tempo per poterla salvare.

Sara stava sognando, era tra i monti che lei amava di più, dove le sarebbe piaciuto vivere, fu accecata da una luce così luminosa che per i due minuti seguenti non riuscì più a vedere nulla.
Ad un tratto si trovò davanti alla persona che aveva amato di più nella sua vita.
«Davide...» riuscì a mormorare, nonostante lo stupore che provava nel vederlo davanti a sé.
«Ma dove sono?» chiese ella al marito voltandosi per guardare il paesaggio e tornando a fissarlo.
«Siamo in un posto dove vi è solo pace e amore, e tutti gli uomini vivono in sintonia con gli animali e con la natura.»
«Non saremo...» replicò con ancora più stupore negli occhi.
«Sì, ma io sono nel posto giusto, mentre tu no, devi tornare per compiere la tua missione.» Concluse guardandola con dolcezza.
«E quale sarebbe ?» Chiese confusa per le parole del marito.
«Laggiù ci sono Emanuele e Renato che ti aspettano con impazienza, e c'è anche un'altra persona, di cui t'innamorerai...» Concluse sparendo insieme alla luce accecante.
Sara si sentì chiamare una seconda volta, ma al contrario della prima, erano due voci che, alquanto sembrava, erano molto preoccupate per lei; ad un tratto s'inserì anche una terza voce, la voce di una donna che era sicuramente apprensione per lei, poi di nuovo il silenzio.
Sara aprì piano gli occhi e vide la luce del neon che si stava accendendo, poi spaventata al ricordo di ciò che era accaduto durante l'incidente, cominciò a chiamare a gran voce il suo bambino.
«Non si muova.» Le disse la donna accanto a lei vestita di bianco, «non si muova.» Ripeté guardando la giovane donna distesa su quel piccolo lettino.
«Dove sono i miei figli?» Chiese spaventata non vedendo i due bambini vicino a lei.
«Si calmi signora, sono fuori di stanza, vuole che li faccia entrare?»
«Sì.» Rispose sentendo un forte dolore alla tempia, entrò Renato seguito dal suo fratellino in lacrime, che si piombò verso il letto della madre.
«Mamma, mamma scusami, non volevo, sono scappato perché mi era sembrato di vedere papà che mi stesse chiamando.» Disse il bambino tra le lacrime.
Ehi, ehi. Disse prendendolo in braccio e asciugandogli le lacrime che gli rigavano le guance. «Che cosa hai piccolo?» Chiese Sara cercando di calmarlo.
«è stata colpa mia, ma papà...»
«Oh Emanuele» disse stringendolo a sé, «lo so che ti manca papà, ma comunque non è stata colpa tua, però per fortuna stai bene.»
«Ma adesso tu non mi vorrai più bene perché è stata colpa mia.»
«Non dire queste cose piccolo mio, non è assolutamente vero, io ti ho salvato perché non ti volevo perdere, tu sei molto importante per me, come è importante tuo fratello, mi siete rimasti solo voi due e nessun altro, se perdessi anche voi cosa mi resterebbe?»
«Niente.» Rispose il bimbo asciugandosi gli occhi, mentre Renato saliva anche lui sul letto.
«Come sta?» chiese d'improvviso una voce maschile all'infermiera che era lì vicino a lei; appena Renato vide l'uomo che aveva salvato la madre, gli corse incontro gridando di gioia.
Sara vide l'uomo prendere in braccio il bambino e trattarlo con una gentilezza tale, che in quel momento le parve di rivedere suo marito Davide giocare con i figli.
«Davide.» mormorò d'un tratto Sara, senza rendersi conto che le stavano scendendo le lacrime sul viso, che rigavano il volto straziato dal dolore che provava al ricordo del marito ormai perso da tempo.
«Mamma, cosa hai?» chiese d'un tratto Emanuele vedendo la madre piangere e coprirsi il volto con le mani perché i suoi bambini l'avevano sempre vista sorridente mentre in realtà riservava i momenti più tristi di tutti i giorni sfogandosi solo nella sua stanza, quando Renato ed Emanuele non c'erano.
«Niente, non è niente Emanuele.» Disse asciugandosi le lacrime.
«Come sta?» le chiese d'improvviso il poliziotto seriamente preoccupato, mentre tentava di tenersi in equilibrio, poiché Renato continuava ad agitarsi fra le sue braccia.
«Va meglio di prima, ma...» disse lei coprendosi il volto con le mani. Il poliziotto vedendo la giovane provata dall'incidente e da un ricordo che la sfiniva, prese per mano i due bambini e la lasciarono sola, nonostante le proteste di Renato e di Emanuele.

Una settimana dopo l'incidente, Sara era andata al cinema con i gemelli per vedere un cartone animato che i due bimbi desideravano vedere da molto.
Era un cartone animato divertente: era Tartan della Walt Disney. Sara aveva riso quando Tartan, il piccolo bambino della giungla, si era gettato dalla collinetta e aveva preso una panciata appena era caduto in acqua.
I suoi figli per la prima volta ridevano così di gusto nel vedere tutti quegli animali compiere delle strane azioni.
Usciti dal cinema, i bambini volevano bere qualcosa, poiché avevano mangiato i pop-corn e non avevano bevuto nulla.
Sara vide davanti a sé un piccolo bar, vi entrò prestando attenzione che Emanuele e Renato non si staccassero da lei mentre attraversavano la strada.
Appena entrata nel bar, fece sedere i due bambini ad un tavolo e andò al bancone a chiedere due succhi di frutta e un bicchiere d'acqua.
Mentre i due bambini stavano cominciando a bere i loro succhi di frutta, l'attenzione di Renato fu attirata da una persona che era appena entrata nel locale; realizzò chi era e si precipitò fra le braccia dell'uomo che si diresse verso la madre del bimbo.
«Salve». La salutò il poliziotto sorridendole e facendo sedere il bimbo che scordandosi di quello che era accaduto prima, si era riseduto e aveva ricominciato a bere il suo succo di frutta alla pera.
«Come sta?»chiese il giovane alla donna che era intenta a pulire la felpa che Emanuele si era appena sporcato.
«Mi sento meglio, anche se soffro di mal di testa .»
«Sono contento che si sia ripresa, sa Renato fuori della sua stanza, l'altro giorno, mi continuava chiedere quando la sua mamma sarebbe uscita.»
«La ringrazio con tutto il cuore per avermi tenuto i bambini, mentre ero in ospedale.»
«Non c'è di che, l'ho fatto con piacere; « replicò egli arrossendo un poco perché non avrebbe immaginato di potersi trovare in una situazione simile.
«Oh, ma che sbadata, non ci siamo ancora presentati, dopo tutto questo trambusto, piacere, io sono Sara Martinez .» Disse tendendo la mano allo sconosciuto.
«Piacere, Daniele.» Immediatamente dopo che si fu presentato, Sara si sentì mancare, ed ebbe un crollo di pressione, ma per fortuna, fu subito sostenuta dall'uomo, che pronto, la sorresse con le sue forti braccia.

Si risvegliò dopo mezz'ora, notò che erano quasi le cinque del pomeriggio e si trovò sola, nella piccola saletta, mentre sentiva i suoi figli in giardino che giocavano.
Si alzò, guardò fuori della finestra e oltre ad Emanuele e Renato che cercavano meglio che potevano di calciare un pallone, vide l'uomo che l'aveva salvata, e si sorprese di vederlo lì.
Uscì in veranda, ma non chiamò i bambini, e rimase lì a vedere quella persona, uno sconosciuto, giocare con i suoi figli a calcio, proprio come faceva una volta Davide.
Sentiva d'essere ancora molto legata a suo marito, e di amarlo come il primo giorno, nonostante lui se ne fosse andato ormai da più di un anno.
Rimase lì in piedi in veranda, finché uno dei gemelli non la notò e la chiamò a gran voce.
Appena Daniele la notò, dopo che ebbe preso in braccio Renato, si girò, e rimase colpito dalla sua bellezza, non riusciva a staccare gli occhi da lei.
Sara era vestita semplicemente, con una gonna che faceva risaltare le sue forme, e una camicetta chiusa fino al collo, come se non volesse mostrare ciò che Dio le aveva donato.
Subito dopo aver fatto questi pensieri, Daniele si pentì e cercò di dissimulare il suo imbarazzo nei confronti di Sara.
«Mamma, vieni qua con noi!» urlò Emanuele entusiasta.
«No, non ho intenzione di sporcarmi come voi, mi dispiace!» ribatté lei ridendo.
«Su tornate in casa e andate in bagno.»
«Ma mamma»...
«Non m'interessa, a fare il bagno!»disse seria indicando la porta.
Anche se di controvoglia, i due bambini rientrarono in casa e andarono a cambiarsi.
Anche Sara e Daniele rientrarono in casa con i bambini e si sedettero a parlare per tutto il tempo che i due fecero il bagno.
«Che lavoro fai?»Le chiese incuriosito Daniele.
«Insegno alla scuola materna, lo so che non è un lavoro qualificante come fare il poliziotto, ma almeno mi permette di sfamare i miei bambini e di vestirli con qualcosa di decente.»
«Guarda che non ti ho accusato di crescere male i tuoi figli, ti ho solo chiesto che lavoro fai.»
«Scusami, è solo che non ne posso più di questa vita, se solo ci fosse Davide...»
«Mamma, urlò d'un tratto Renato, abbiamo finito!»
«Arrivo.» Rispose la giovane alzandosi dal divano e dirigendosi verso il bagno, dove i due bimbi l'attendevano.
«Bè, allora ci vediamo .»Disse Daniele aprendo la porta e salutandola con un sorriso.
«Arrivederci e grazie.» Mormorò restando impietrita per quel sorriso che lui le aveva rivolto.
«Ci vediamo.» Urlò quando lui era già salito sul furgone e lo stava mettendo in moto.
Mentre imboccava la strada del ritorno si rese conto di sentirsi come un giovane adolescente, non sapeva come comportarsi, non sapeva come agire, se invitarla fuori o no, però di una cosa era certo, non aveva mai provato una tale attrazione fisica per una donna, dopo sole due settimane che la conosceva.
Era stupido, ma sentiva che doveva parlare con qualcuno, che non fosse sua madre, un amico con il quale d'ora in poi si sarebbe confidato.

«Ti sei preso una bella cotta, come un adolescente.» L'interruppe Marco, il migliore amico di Daniele, ridendo di gioia.
«Non sono un adolescente Marco, ho quarant'anni!» Rispose infuriato.
«Non sei un adolescente, è vero, ma sei l'unico della nostra età a non essere sposato, oltre a Mauro che è rimasto vedovo, ma anche lui si sta rifacendo una vita con un'altra donna.»
«Smettila di prendermi in giro Marco, e in ogni modo anche tu non hai nessuno.»
«La mia è una scelta, chi è questa giovane ragazza? È giovane, bella, ma soprattutto è libera, com'è?» disse Marco morendo di curiosità.
«Dovresti vederla, non è particolarmente bella, ha un fascino tutto suo, ha due figli, e...»
«No, aspetta un attimo, non sarà per caso la ragazza che hai salvato quel giorno, quando suo figlio stava per essere investito.»
«Sì, è lei.» Appena Daniele finì di pronunciare quel nome, vide un'espressione di grande stupore negli occhi di Marco. «Bella scelta amico!» Esclamò sorpreso.
«Piantala, non potrò mai innamorarmi di lei.»
«E perché scusa, è una bella donna, sembra fatta apposta per te .»Disse Marco cercando di ironizzare quella battuta.
«È sposata .» Ribatté d'impulso Daniele con un velo di tristezza negli occhi.
«Ah che peccato, com'è suo marito?» Chiese d'un tratto egli.
«Non lo so, presumo sia via per lavoro.»rispose Daniele prendendo le sue cose e dirigendosi verso l'uscita.
«Sì, come no.» Pensò Marco che era già al corrente di ciò che era avvenuto due anni prima al marito di Sara, poiché lui era stato il suo migliore amico.
«Va bene, ti saluto!» Esclamò uscendo dall'ufficio.
«Mi raccomando, se hai intenzione di iniziare una relazione seria con lei, non fare come hai fatto con le tue precedenti donne.»
«Perché?»Chiese d'un tratto incuriosito.
«Ha già sofferto troppo, e non se lo meritava, quando sarete un po' più in confidenza chiedile di suo marito, e mentre lei ti racconterà stalle il più vicino possibile.»
«Va bene, ciao, ma tu sai cosa è successo a suo marito?»
«Sì, ma non è compito mio rivelarti cosa sia successo quel pomeriggio, aspetta che te lo dica lei.» Rispose temendo di fare qualche sciocchezza nel rivelargli la verità.

Erano quasi le 22.30 e lei si stava sintonizzando su tutti i canali, uno dopo l'altro, senza trovare niente d'interessante da vedere. Aveva capito di essere attratta da quell'uomo, non era stupida, ma non voleva, non voleva innamorarsi di lui, non voleva perdere il ricordo dei bellissimi momenti che aveva trascorso con suo marito, quando si erano sposati, quando lei gli aveva annunciato di aspettare un bambino, quando... non riuscì più a pensare a nulla, non riuscì a sopportare quel dolore e quell'apprensione che provava e che la facevano stare male.
Scoppiò in un pianto dirotto e si addormentò sfinita dal dolore.
Quel giorno pioveva a dirotto, e lei come al solito era uscita di casa senza prendere l' ombrello, stava entrando in un museo per aspettare che spiovesse per poter tornare a casa, quando d'improvviso si scontrò con un uomo sui trent'anni e a giudicare dal taglio dei suoi vestiti, Sara dedusse che era un uomo importante.
«Oh mi scusi.» Disse lei cercando di non guardarlo negli occhi poiché era troppo imbarazzata; ma era tra le braccia di quell'uomo che non accennava a lasciarla andare.
«Mi perdoni lei, sono stato io a venirle addosso.» Rispose prendendole il viso tra le mani; nell'istante in cui si guardarono lei sentì un'improvvisa vampata di calore, aveva sentito le ginocchia cedere.
«Si sente bene signorina?»Domandò l'uomo vedendola arrossire d'un tratto.
«Ho paura di no.» Rispose cercando di riprendere il controllo di sé stessa.
«È entrata per ripararsi dalla pioggia?» Le aveva domandato lui cordialmente.
«Sì, come sempre ho dimenticato l'ombrello a casa, speravo di farcela a rincasare in tempo, ma la pioggia mi ha sorpresa.»
«Allora devo ringraziarla per averla portata qui affinché io la conoscessi.»
Vedendo l'imbarazzo provato dalla giovane per l'affermazione lui cambiò discorso. «Dove abita?»
«A due soli isolati da qui, ma ho capito che dovrò aspettare che smetta di piovere. «Se vuole posso accompagnarla.» Si offrì molto gentilmente l'uomo.
L'aveva accompagnata a casa, ma non aveva voluto fermarsi più del dovuto, nonostante lei gli avesse offerto ospitalità.
Solo due giorni dopo leggendo il giornale aperto per caso sulla pagina d'economia, aveva scoperto chi fosse quell'uomo così gentile e educato.
Non poteva crederci Davide Martinez, l'uomo che gentilmente si era offerto di accompagnarla a casa, era un impresario di banca, molto importante.
«Cosa, Davide Martinez, proprio lui, ma non sai quante donne gli fanno la corte?» Disse Maria stupita per ciò che era accaduto all'amica.
«E invece ti dico che è lui, mi ha accompagnato a casa, ma ha rifiutato il caffè che gli ho offerto.»
«Oh Signore, ascolta sabato sera mi accompagneresti a una festa? Ti prego, ti prego, ti prego!» L' aveva supplicata, «e poi sembra che a quella festa ci sia anche Martinez.» Concluse Maria sapendo di ricattarla poiché Sara voleva rivedere l'uomo.

Il sabato andarono alla festa; Maria aveva indossato un abito rosso fuoco dato che se lo poteva permettere, mentre lei più discretamente ne aveva indossato uno rosa pallido, lungo fino ai piedi e aveva raccolto i suoi bellissimi capelli castani in uno chignon che lentamente si stava sciogliendo.
D'improvviso lo vide: rideva con gli amici, Maria notò Paolo, il ragazzo di cui si era invaghita, parlare con familiarità al giovane Martinez.
Mentre Sara stava respingendo un ragazzo, che aveva bevuto un bicchiere di troppo, si sentì appoggiare una mano sulla spalla, si voltò e vide che di fronte a lei, c' era Davide.
«Buona sera.» Disse lui in tono cordiale, visibilmente affascinato da Sara e dai suoi occhi color cristallo.
«Che piacere rivederla signor Martinez.» Affermò guadandolo dalla testa ai piedi.
«Vedo che conosce il mio nome, ma la prego, mi chiami pure Davide» Rispose sorridendole.
«Va bene, Davide, oh che sbadata, io sono Sara, Sara De Marta, piacere.»
«Il piacere è mio signorina, state meglio dell'altra volta?» Domandò lui intuendo che la causa del suo malore era lui stesso.
«Sì, va molto meglio, anche se il drink che ho bevuto mi ha dato un po' alla testa, o è lei?»
«Sbaglio o lei sta cercando di provocarmi?»
«Normalmente non mi capita di fare delle avance ad un uomo, ma dato che ho
bevuto un bicchiere in più, penso proprio di sì.» Rispose guardandolo con
malizia.
«Lei mi piace Sara, ha la risposta sempre pronta, e non le importa chi io sia, un famoso banchiere.»
«Per me potrebbe essere anche il principe Giovanni, circondato da servetti e leccapiedi, ma resta che lei è un uomo, proprio come me e non ha nulla di diverso dagli altri; oh sto farneticando, mi perdoni.»
«Mi perdoni lei Sara, ora l' ho provocata io.»
Per tutta la sera avevano continuato a parlare e avevano scoperto d'avere molto in comune.
In poco tempo Sara e Davide instaurarono un bel rapporto di amicizia, e con il passare dei giorni e dei mesi si era trasformato in un sincero affetto reciproco; entrambi cominciarono a provare un sentimento forte, che andava al di là della semplice amicizia, e per Davide cominciarono le lunghe notti insonni.
Oh Maria, non so cosa fare, non voglio rovinare la nostra amicizia, eppure non posso ignorare questo sentimento che mi rode l'anima e mi consuma fino a stare male.»
«Parla con lui, sicuramente anche lui è nella tua stessa situazione.» Aveva continuato l'amica convinta che la loro storia sarebbe nata senza problemi.
«Marco, cosa faccio, mi piace tantissimo, l'amo, ma non la voglio perdere, non voglio, la amo troppo.»
«Ancora quel sogno, non è possibile Davide, amala, amala con tutto te stesso.»
«Non voglio che soffra.»
«Fa quello che vuoi Davide ma se la ami veramente devi accettare il tuo destino, e poi chissà, magari non succederà, siamo noi gli artefici del nostro destino, ma se la ami veramente devi accettare il fatto che potrai non rivederla mai più.»
Con queste parole in mente, Davide era andato da Sara e gli aveva chiesto di sposarla, e lei fu pronta a donarle tutta la sua anima.
Da pochi mesi Sara era diventata la signora Martinez, e tutto era cambiato,
Maria era cambiata, ora era falsa, e Sara ne soffriva molto.
Un anno dopo il loro matrimonio Sara aveva dato alla luce due splendidi bambini, e Davide non riusciva a capacitarsi che le creature che teneva fra le braccia fossero il frutto del loro amore.
Gli anni che Davide trascorse insieme con Sara furono gli anni più belli della sua vita, ma poi, fu il buio.

Il mattino dopo Sara fu svegliata da Renato, aprì gli occhi e lo vide che saltava avanti e indietro per la stanza.
«Renato smettila.» Mormorò.
«Mamma sveglia, è ora di prepararsi!» Comandò con tono autoritario.
Sara guardò l'orologio e vide che erano appena le sei del mattino.» No Renato, non è ancora ora, torna a dormire.»
«No, sveglia!» Ribatté lui arrabbiato togliendo le coperte di dosso alla madre.

«Va bene, ora mi alzo, ma cosa hai stamattina? Di solito dormi fino all'ultimo minuto.»
Dopo un'ora Emanuele e Renato erano pronti per andare a scuola; ora stavano giocando in giardino, mentre Sara si vestiva, e rifletteva su ciò che era accaduto il giorno prima.
Era ormai mezzogiorno, e lei aveva quasi finito il suo turno di lavoro, si stava preparando per tornare a casa, quando venne raggiunta da una sua collega, che la sorprese domandandole: «Sei innamorata?»
Sara stava bevendo un bicchiere d'acqua e quando sentì quella domanda posta in maniera tanto diretta, che le fece andare l'acqua di traverso, facendola tossire più volte, chiese: « Scusa?»
«Tutti qui sono innamorati, tranne te, perché?»
«Certo che sono innamorata di mio marito.»
«Ma tuo marito non ti ha lasciata?» Chiese confusa non riuscendo a capire se suo marito era morto, o l'aveva semplicemente lasciata.
«Sì, però lo amo lo stesso, è sempre presente nella mia vita, non c'è momento in cui non pensi a lui, ma so che non posso riaverlo, perciò cerco di non farlo vedere ai miei figli; va bè, è meglio che vada, stammi bene!»
Era una mattina come tante altre e in città non si erano verificate situazioni d'emergenza; aveva incontrato Sara dal panettiere e si erano scambiati qualche parola, poiché lei era di fretta.
Erano ormai tre mesi che si frequentavano e lui cominciava a interessarsi seriamente a lei e ai suoi figli, rimasti orfani del padre.
La vedeva tutte le mattine andare a comprare quel poco che si poteva permettere, la vedeva tornare a casa dal lavoro stanca e demoralizzata.

Voleva stringerla fra le braccia, e baciarla, un solo bacio, era la cosa cui bramava di più, saggiare il sapore delle sue labbra; voleva e desiderava solo quello, ma i gemelli erano sempre tra i piedi.
«Ehi, torna tra noi.» Disse Marco, interrompendo così i suoi pensieri.
«Stavo pensando a Sara, e dove andrà a finire questa storia.»
«Invitala fuori a cena, ma non farle portare i bambini.»
«E a chi li lascia?»
«Lasciali da tua madre, lei si è offerta mille volte di curarli, ma tu ti sei sempre rifiutato.»
Era mezz' ora che camminava avanti e indietro davanti al telefono, indeciso se chiamarla o no.
D'un tratto entrò sua madre e lo sorprese dicendogli : «Chiamala e invitala a uscire con te questa sera, i bambini li posso tenere io.»
«Ma mamma.»
«Non me ne frega niente di quello che pensi, chiamala subito!» Ordinò l'anziana signora al figlio.
«Va bene, va bene.» Disse seccato dall'insistenza della madre.
Si erano dati appuntamento per la sera stessa, sarebbero andati a cena, e poi a vedere un film.
Daniele sarebbe andato a lavorare solo per due ore, mentre Sara rassettava un po' la casa.
Dopo due minuti, Daniele entrò nella sala sfregandosi le mani.
«Allora?» Gli chiese sua madre in tono basso che sembrava volesse rimproverarlo.
«Devi andare da lei oggi pomeriggio verso le 18:00 mentre io arriverò verso le 19:00, almeno la potrai aiutare con i bambini.»
«Bravo figliolo.»Concluse con fierezza.
Erano quasi le sette e lei era in piedi davanti all'armadio aperto, cercando di scegliere cosa mettersi per quell'occasione speciale.
Era da tanto tempo che non usciva più con nessuno e non sapeva come comportarsi.
Poi lo vide: un vestito nero, avvolto in un cellofan; ricordava l'ultima volta che l'aveva messo: la sera prima della morte di Davide.
Si ricordava quando glielo aveva regalato, era il giorno del loro primo anniversario di nozze, lei era incinta dei gemelli e quel vestito le stava piccolo: «Con quel vestito ti vorrò vedere quando ti sarà scomparsa la pancia.» Le aveva detto Davide.
Ci pensò su un attimo e preferì un altro vestito di un rosa chiaro.
Non se la sentiva ancora di toccare quell'abito che le procurava tanti ricordi.
Per le sette meno cinque era pronta e lo stava aspettando in veranda, mentre Renato ed Emanuele stavano giocando e la madre di Daniele stava preparando la cena per le due "piccole pesti."
Ad un tratto sentì una macchina avvicinarsi e lo vide scendere.
Renato gli corse incontro esprimendo la sua gioia e saltandogli in braccio proprio come faceva con suo padre: Davide, Davide, era costantemente nei suoi pensieri, quando faceva da mangiare, quando metteva a letto i suoi figli, e quando andava a dormire.
Le mancava il suo abbraccio così forte da farla sentire al sicuro, invece ora quel forte abbraccio era sostituito da una sensazione di freddo, ogni volta che si addormentava da sola.
«Buona sera.» Disse Daniele interrompendo i suoi pensieri.
«Ciao.» Rispose ella cercando di nascondere le lacrime che in quel momento le rigavano il volto.
«Ti senti bene?» chiese egli preoccupato.
«Sì, scusami, ma anche le mamme hanno i loro momenti tristi.»
«Ben detto!» L'interruppe una voce che tutti e due conoscevano bene.» Ora andate, o farete tardi al ristorante, Emanuele, Renato, venite a mangiare, è pronto!» Urlò la madre di Daniele.
«Fate i bravi bambini e obbedite a Rosa, mi raccomando.»
«Va bene mamma.»Disse Renato salutandola con la mano e rientrando in casa per la cena.
Stavano cenando in un piccolo ristorante dove Daniele era andato un paio di volte con sua madre.
Ridente nel parlare delle figuracce fatte da giovani, Sara non fu tormentata dall'assillante ricordo di suo marito, e si divertì molto nell'ascoltare ciò che Daniele aveva da dirle.
Da parte sua Daniele poté ammirarla nella sua gaiezza, non l'aveva mai vista divertirsi così, nei tre mesi che l'aveva frequentata, e pensò che la sua felicità era stata fortemente condizionata dalla scomparsa di suo marito.
«A cosa pensi?» Chiese Sara vedendolo diventare serio e arrossire.
«Stavo pensando che ormai è più di tre mesi che ci frequentiamo e non mi hai mai parlato di tuo marito.» Disse egli allungando la mano e prendendo quella di lei.
Quando udì quelle parole a Sara tornarono in mente i ricordi di quel bruttissimo giorno in cui Davide era morto, scomparendo per sempre dalla sua vita.
Sara ritrasse la mano da quella di lui e toccando le vere nuziali disse: «Possiamo evitare di parlarne, ora non me la sento, ma soprattutto perché non riesco ancora a capacitarmi della sua scomparsa.»
«Scusami, avrei dovuto essere più discreto, scusami, non volevo.»
«No, non fa niente, lo so che hai il diritto di sapere la verità, ma ora è troppo presto, non me la sento.»
Dopo quest'affermazione egli riuscì a spostare la conversazione su un altro argomento, e nonostante l'ombra di Davide che incombeva su di loro, Daniele riuscì a farla sorridere ancora una volta.

Rientrarono verso mezzanotte e trovarono Rosa assorta in un libro; appena si accorse, si alzò prestando attenzione a non svegliare i bambini che si erano assopiti accanto a lei.
«Allora, come è andata?» Chiese incuriosita.
«Bene.» Rispose il figlio guardando Sara negli occhi, che gli sorrise sfinita.
«Beh, allora io vado.» Disse Rosa prendendo le chiavi della macchina, mentre Sara stava mettendo a letto i suoi figli.
«Guai a te se domattina ti trovo a casa.»
«Ma mamma.» Rispose lui senza poter aggiungere altro dato che sua madre lo interruppe nuovamente dicendogli: « è una donna cui è stata tolta la voglia di amare una persona reale e che nonostante tutto continua ad amare un angelo, che ormai è in Paradiso.
Falle tornare quella voglia d'amare altre persone, e di lasciarsi alle spalle quell'angelo che incombe ogni volta che lei esce con un uomo.»
Detto questo, l'arzilla signora uscì da casa, mise in moto la macchina senza voler ascoltare il figlio ribattere quello che gli aveva detto.
Daniele stava riflettendo su ciò che gli aveva detto sua madre e non si accorse che Sara era tornata nella stanza, e lo stava osservando.
Appena Sara appoggiò la testa sulla spalla di Daniele, egli sentì una nuova sensazione mai provata, neanche quando era stato con Maria e Alice, le uniche due ragazze con cui aveva coltivato una relazione.
Sentiva un groppo in gola e il battito del cuore che aumentava e un insolito tremore.
Sara comprendeva l'agitazione di Daniele e ne fu lieta, si lasciò andare completamente così che Daniele avesse modo di abbracciarla cercando di calmare un po' il suo animo agitato.
«Sara.» Disse lui, «non so cosa è successo a tuo marito e se tu non vorrai dirmelo, io non ti chiederò nulla, ma ti prometto che qualunque cosa possa accadere, io saprò sostituire al meglio ciò che tu e i bambini avete perso.»
Sara lasciò che quelle parole entrassero nella sua mente e dopo aver compreso gli rispose semplicemente: «Daniele, io apprezzo la tua buona volontà, ma Emanuele e Renato un padre l'hanno ed è Davide, per quanto riguarda me, devo dirti che non potrai mai sostituire mio marito, in fondo lui è stato il mio primo amore; ti confesso che a volte mi manca da morire ma ti devo dire di non farti illusioni, da quando Davide mi è stato portato via, non riesco più ad amare, non posso pensare di poter amare un altro uomo. Non sai quante volte mi sono detta di andare avanti, che se anche lui non c' è la vita continua, ma non ci riesco, alla fine il mio cuore torna sempre da lui. Scusami, ma preferisco chiarire la cosa prima che sia troppo tardi.»
«Quindi per farla breve, mi stai dicendo che non vuoi innamorarti.»
«Non è che non voglio, non posso, l'unica persona con cui avrei voluto vivere mi è stata portata via per sempre, la sua morte è stata il limite della sofferenza e del dolore.
L'unica cosa che mi serve adesso non è una persona da amare, come ti ha detto poco fa tua madre, ma mi serve un amico, solo quello.»
Dopo aver detto ciò, Sara lo guardò negli occhi e Daniele si accorse che aver pronunciato quella frase per lei era di gran dolore e per interrompere quel momento così imbarazzante Daniele prese coraggio e con stupore di Sara l'abbracciò forte, poiché anche se lo desiderava, non osava baciarla dopo quello che gli aveva detto.

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