Era un agosto di diversi anni fa e ci preparavamo per la nostra desiderata e meritata vacanza in Calabria. Eravamo soli, mio marito ed io, perché i ragazzi ci avevano preceduto già da alcuni giorni in compagnia di amici.
Decidemmo di fare il viaggio interamente di notte per evitare il rischio di arrostire in coda sull'autostrada nelle ore più calde.
Partimmo tutti belli e riposati la sera verso le dieci e R., mio marito, guidò ininterrottamente e senza particolari intoppi da traffico fino a Roma. Ci fermammo in un autogrill per un caffè e, al momento di ripartire, gli proposi di guidare io, sia perché adoro viaggiare di notte che per permettergli di riposare un po' senza ritardare sui tempi previsti.
Dal momento che so benissimo che R. è un dormiglione già pregustavo una bella corsa in autostrada accompagnata da un po' di musica a mia scelta e senza nessuno che mi dicesse: «fai piano, stai attenta, sorpassa, non sorpassare, aspetta, vai!» che mi fa impazzire dalla rabbia anche se fingo di ascoltare e dare retta. L'unica cosa che R. mi fece promettere fu di svegliarlo per darci nuovamente il cambio dopo un centinaio di km.
Mi misi alla guida, sarà stata l'una di notte o poco più, su un'autostrada inaspettatamente quasi del tutto deserta nonostante il periodo di esodo vacanziero... ma forse nel cuore della notte è sempre così o forse il vero esodo era già finito.
Ricordo che ripartii dall'area di sosta immediatamente dietro una SW come la nostra targata Roma. A lato del guidatore si scorgeva una testa reclinata, quindi anche lui era solo... in teoria... proprio come me. Procedemmo, il romano davanti ed io dietro, alla stessa velocità per una ventina di km senza che nessun'altra autovettura si intromettesse mai tra di noi. La strada era bellissima, bagnata da un luminoso quarto di luna reclinato a forma di culla ormai basso sull'orizzonte e da miliardi di stelle. Dopo un po', pur affascinata dal paesaggio vagamente spettrale, cominciai a temere che la velocità sempre uguale e quei due fari rossi davanti, sempre gli stessi, rendessero meno concentrata la mia guida; così accelerai per sorpassare l'altra auto e mi misi davanti mantenendo però la stessa velocità di prima.
Qualche km più avanti fu lui a sorpassare me e ci alternammo così per quasi due ore cioè fino a Salerno. Dopo i prime tre o quattro vicendevoli sorpassi, annunciati da un leggero lampeggiare dei fari, iniziammo a scambiarci un brevissimo saluto quando, per un istante, ci trovavamo affiancati: ci stavamo facendo compagnia, stavamo viaggiando "insieme".
R. non si accorse di niente. Continuava a dormire con quel russare leggero della persona in posizione leggermente scomoda, ma non mi dava noia, al contrario. Feci di tutto affinché non si svegliasse: abbassai la radio, cercai di guidare con dolcezza e senza scatti, ed ogni volta che, con un ronfare leggermente più pesante, si muoveva per cambiare posizione gli sussurravo: «è ancora presto, dormi pure, non preoccuparti».
Avevo già fatto più di 250 km, infrangendo spudoratamente la promessa fatta, ma non ero per niente stanca, anzi ero leggermente eccitata dal caffè notturno, dalla situazione insolita e dalla voglia di farmi vedere "brava". Decisi di non chiamarlo ed imboccai imperterrita la Salerno-Reggio Calabria, sempre seguita dalla SW romana.
Ora era davvero buio perché la luna era già tramontata e per fortuna il traffico continuava ad essere scarso. L'altra auto rimase sempre dietro di me senza proseguire il giochetto di prima. Dopo una cinquantina di km il romano mi lampeggiò lungamente e mi sorpassò per annunciarmi, subito dopo, la sua intenzione di fermarsi in un'area di sosta. Così ci salutammo: sconosciuti compagni di uno strano viaggio che non hanno mai scambiato neppure una parola eppure, per qualche ora, hanno avuto qualcosa in comune.
Io proseguii attenta e veloce fino quasi a Cosenza. Era ancora notte ma un vago chiarore alla mia sinistra stava iniziando a far impallidire le stelle cancellando del tutto quelle più piccole. In quel momento R. si svegliò. Quando si accorse che avevo guidato per quattro ore e quasi 500 km si arrabbiò davvero e mi rimproverò aspramente per la mia proverbiale ed inguaribile incoscienza, ma ormai era cosa fatta e quindi era inutile prendersela tanto: non ero stanca, non avevo assolutamente sonno, ero stata attenta e prudente, quindi cosa aveva da ridire lui che aveva dormito per tutto il tempo come un neonato, anziché ringraziarmi per avergli risparmiato la fatica? Non lo so, non fu nemmeno capace di spiegarmelo. Ed io che volevo essere lodata!!!
Conservo ancora nitido il ricordo di quella breve notte luminosa di stelle di tanti anni fa durante la quale, per una volta nella vita, mi sembrò di essere davvero sola e di essere davvero finalmente libera... di stare andando chissà dove... verso un luogo deserto, misterioso ed incantevole.
Avrei voluto che quel viaggio non finisse mai!


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