Le prime percezioni della vita reale arrivarono sotto forma di note. Tranquille e rilassanti note musicali che poco per volta si trasformarono in musica, pianoforte, archi.
«Si sta svegliando», sussurrò una voce, e lui fece un respiro più ampio e mosse le palpebre, perché un po' di luce gli diede fastidio.
«Va tutto bene, dottore?», disse qualcuno.
«Sì. Si sta riprendendo benissimo. I valori sono tutti regolari.»
"Che bella musica", pensò Fausto muovendo un po' la testa, un po' le gambe, un po' la schiena.
«Signor Zardi?»
"Il pianoforte è uno strumento meraviglioso", pensò ancora.
Mosse nuovamente le palpebre, che si aprirono davvero, ed entrò più luce. Non c'era solo la musica e...
«Signor Zardi, ben tornato.»
"Sono io il signor Zardi", pensò Fausto, mettendo meglio a fuoco ciò che vedeva.
Un viso lo stava fissando. Sorrideva.
«Va tutto bene, signor Zardi. È in un ospedale e questa è la signorina Cristina, la sua infermiera.»
Un altro viso sorridente, questa volta femminile. Un bel viso giovane e cordiale, una bella musica, una stanza illuminata con luce tenue: questa volta Fausto si preoccupò.
«Cos'è successo?», chiese, provando a spostarsi un po' di più.
«Stia tranquillo, signor Zardi. Va tutto bene», disse l'uomo che sembrava un medico, mentre la ragazza gli toccava una mano. Anche lei disse: «Va tutto bene», continuando a sorridere, ed effettivamente non avvertiva nessun dolore.
«È stato male, ma adesso è tutto passato. Si trova all'ospedale San Corrado e io sono il dottor Luciani. Lei si è appena ripreso da un lungo periodo di recupero.»
«Recupero? Recupero da cosa?»
«Da un incidente automobilistico. Ma ora è tutto passato.»
«Un incidente automobilistico?» La cosa lo sorprese e lo mise in allarme. «Ed ero solo?»
«Sì, era da solo. Nella sua macchina, intendo dire. Nell'altra macchina erano in quattro, invece, ma anche loro stanno tutti bene. Non si preoccupi, a parte lei nessuno si è fatto male.»
Fausto aggrottò la fronte e provò a tirarsi su per mettersi a sedere. Non era facile, però, e nonostante l'immediato aiuto dell'infermiera carina rinunciò immediatamente al tentativo. Era davvero troppo faticoso.
«E di chi è la colpa», prese fiato, «dell'incidente?»
«Dell'altra vettura, pare. Un grosso fuoristrada sportivo. Sembra che abbia fatto un sorpasso azzardato.»
«Ah. Beh, allora un po' di male avrebbero potuto farselo anche loro», osservò Fausto, deluso.
«La giustizia non è di questo mondo», disse a questo punto un'altra voce.
Qualcuno dal fondo della stanza si alzò in pedi e si avvicinò al dottore.
«Posso parlargli adesso, dottor Luciani?»
Il dottore annuì. «Sì, ma mi raccomando: senza esagerare.»
Fausto guardò il nuovo arrivato e il nuovo arrivato ricambiò lo sguardo. Fausto non era fisionomista, ma aveva la sensazione che quel volto gli fosse noto.
«Buonasera, signor Zardi. Come si sente? Bene?»
«Sì. Direi di sì. Mi sento fiacco, ma...», cercò la parola, «riposato. Come dopo un'influenza, sa?» Tentò nuovamente di tirare il corpo un po' più in su, guadagnando un centimetro. «Non ho nessun dolore», concluse, con un mezzo sorriso di sollievo.
Anche il nuovo arrivato sorrise. «Bene. Ne sono felice.»
Un'altra persona si avvicinò al letto di Fausto, questa volta non dalla stessa parte del dottore e del signore che gli aveva detto di essere felice, ma dalla parte opposta, alla sua sinistra, dove già stava l'infermiera col bel viso.
«Vogliamo arrivare al dunque?», disse il secondo arrivo, e il primo commentò:
«Un momento solo di pazienza. Magari il signor Zardi sente il bisogno di riposare.»
«Io?», disse Fausto, quasi sorpreso. «No, affatto. Mi sento benone.»
Il primo visitatore guardò il dottore interrogativamente. Il dottore alzò una palpebra di Fausto e gli osservò con calma il fondo dell'occhio; gli strinse tra le dita il polso per sentirne il battito; controllò quella che doveva essere una cartella clinica aggiornata. «Va bene. Può sostenere una conversazione», concluse infine, raccomandandosi di nuovo di non esagerare. Si allontanò con discrezione verso la penombra, e con un ultimo dolcissimo sorriso si allontanò di qualche metro anche l'infermiera.
Ora accanto al letto di Fausto erano rimasti solo i due visitatori. Anche il volto meno cordiale del secondo, comunque, gli sembrava per qualche strano motivo familiare.
Dovevano avere intuito a cosa stava pensando, perché il primo visitatore disse: «Mi dica, signor Zardi: lei ha capito chi siamo?»
«Beh, ecco... Effettivamente ho l'impressione che forse ci siamo già conosciuti, ma non ricordo dove...»
Il secondo visitatore tagliò corto. «Il signore alla sua destra è il Ministro dell'Informazione, Manerasi, a rappresentanza del governo, e io sono il responsabile per i rapporti con i simpatizzanti del PPD, a rappresentanza dell'opposizione.» Fece una pausa e disse il suo nome. «Sparini».
"Cavoli", fu la prima cosa che pensò Fausto, "come cambia le fisionomie la tv".
Comunque disse: «Ah, ecco. Mi sembrava che i vostri visi... Però, scusate un attimo, potrei sapere come mai siete qui? Si, insomma, voglio dire qui da me?»
L'onorevole Sparini fece un grosso sospiro, ma preferì non parlare; il Ministro Manerasi, invece, sorrise amichevolmente e disse: «Vede, caro Zardi, è successa una cosa molto insolita, assolutamente imprevedibile e sicuramente irripetibile. Per molti versi anche piuttosto buffa», sorrise, «pensando a quanto ingegno e a quante risorse sono state spese per assicurare un sistema di votazione perfetto al nostro paese.»
«Andiamo avanti, per favore», esortò l'onorevole Sparini.
L'altro sollevò una mano e disse: «Gliel'ho detto: un po' di pazienza, caro collega.»
Fausto era perplesso. Sarà stata colpa dell'incidente che aveva subito, ma continuava a non capire cosa succedeva. E infatti disse: «Scusate, ma non riesco a capire che cosa succede.»
Il ministro Manerasi lo tranquillizzò immediatamente. «Niente di preoccupante, signor Zardi. Anzi, lei ha il grande privilegio di poter rendere un servizio unico al suo paese.»
«Ah», si lasciò sfuggire l'onorevole Sparini.
Sembrava un «Ah» con una nota ironica, ed il ministro guardò Sparini con disapprovazione, ma ribadì il concetto: «Lei ha una grande opportunità, caro signore.»
«Per quale motivo?», chiese Fausto.
«Vede, per quanto la tecnologia possa fare progressi e diventare sempre più sofisticata, ecco, la possibilità di un intoppo imprevisto, di una possibilità non calcolata, è sempre in agguato.»
L'onorevole Sparini sbuffò di nuovo.
«Insomma», concluse Manerasi, «è capitato che il conteggio elettronico del voto degli elettori è andato in pari. Esattamente in pari.» Pausa ad effetto. «E quindi adesso ci troviamo tutti in una situazione molto imbarazzante. Di stallo totale.» Pausa di nuovo.
«Non ho capito», ammise Fausto, confuso. «Mi dispiace, ma non ho capito.»
«Ma certo, è evidente», sbottò Sparini. «Senta, il succo è che tre giorni fa ci sono state le elezioni politiche, e alla fine delle votazioni, quando i cervelloni elettronici hanno conteggiato in diretta i voti, sono risultati esattamente uguali, sia per il governo che per l'opposizione.»
«Esattamente uguali?»
«Sì. Esattamente uguali. 18.612.411 da una parte e 18.612.411 dall'altra. Ormai me lo sono imparato a memoria.»
Fausto digerì la strana notizia. «Sì, ma io cosa c'entro? E come mai ci sono state le elezioni, così all'improvviso?»
«Caro signore, lei è rimasto privo di conoscenza per ben quattro mesi. Nel frattempo c'è stata una crisi di governo e le elezioni anticipate. A cui lei però non ha partecipato», spiegò il Ministro dell'Informazione, mettendo una certa enfasi sull'ultima frase.
«Quindi il suo voto può fare vincere l'opposizione oppure il governo», aggiunse con un sorriso sardonico l'onorevole Sparini.
Manerasi approvò con un cenno del capo. «Ecco perché siamo qui, signor Zardi. Per chiederle il suo prezioso voto.»
La spiegazione sembrava che per il momento fosse finita. Se spiegazione si poteva dire.
Fausto ne prese atto, con un certo disagio improvviso e fastidioso, che lui stesso non sapeva esattamente come spiegare. La sensazione di una fregatura imminente, in sostanza. Disse: «Potremmo togliere questa musica di sottofondo, per favore? Sta cominciando a darmi fastidio.»
Il Ministro dell'Informazione alzò un sopracciglio, sorpreso. «Mozart? Davvero? I medici lo hanno scelto apposta per il suo potere curativo e calmante.»
«Infatti sto molto meglio, grazie. Ora però ne farei volentieri a meno, se non vi dispiace.»
«Va bene. Se lei dice che le dà fastidio...» Il ministro fece un segno con la mano destra, e la musica di sottofondo si spense.
«Fatemi capire. Io sono rimasto in coma addirittura quattro mesi?», chiese Fausto, che non sembrava affatto convinto di questa tesi.
«Giorno più, giorno meno. Oggi è il 24 aprile e lei ha perduto conoscenza, vediamo...» Il ministro aprì la cartella clinica che aveva aperto poco prima il dottore. «Il 3 gennaio. Di ritorno da una festa a casa di amici, pare.»
«Bella festa davvero. Però, scusate, se sono stato in coma per così lungo tempo, non dovrei sentirmi più... scombussolato?»
«C'è coma e coma», osservò il ministro. «E poi, diciamo che le è stato dato un aiutino.»
«Che genere di aiuto?», chiese Fausto, con una nota di sospetto.
Dall'ombra, rispose la voce del dottore. «Per essere precisi, abbiamo utilizzato una nuova tecnica di recupero intensivo controllato delle facoltà di...»
«Lasci stare, dottore, per favore», lo interruppe l'onorevole Sparini. «Sarebbe un discorso troppo tecnico e soprattutto troppo lungo. Quello che il dottor Luciani le voleva dire è che per curarla e rimetterla perfettamente in sesto sono state adottate nuove terapie mediche di grandissima efficacia, già molto diffuse nei paesi scandinavi e assolutamente all'avanguardia per sicurezza, velocità di guarigione, eliminazione del dolore e così via. Ma adesso, appurato che lei si sente bene e che il dottor Luciani conferma il suo perfetto stato di salute, vorrei che ritornassimo sul punto principale della nostra conversazione. Per favore.» L'onorevole si prese un attimo di pausa. «Il suo voto, signor Zardi. Ci serve il suo voto per sbloccare queste elezioni.»
«Ah», si lasciò sfuggire anche Fausto, ma senza alcuna nota di ironia. «Però con il mio voto, insomma, avete detto che vincerà il governo oppure l'opposizione.»
«Esattamente», confermò il ministro Manerasi. «Pensi che grande soddisfazione: lei ha il potere di stabilire chi governerà il paese per i prossimi sette anni!»
Fausto aggrottò la fronte, sorpreso. «Non erano cinque?»
«C'è stato un piccolo colpo di mano da parte del governo», disse l'onorevole Sparini, ed il ministro Manerasi precisò: «Una correzione necessaria della legge, per assicurare un tempo più ragionevole a chiunque dovrà mettere in atto importanti e complesse azioni di governo.»
«Ah», ripeté Fausto di nuovo.
«Che due schieramenti politici prendano lo stesso preciso numero di voti, penso che sia più improbabile che vincere al Superenalotto due volte di seguito», continuò Sparini. «Però è successo. E adesso ci serve il suo benedetto voto.
Perché la scelta del maggioritario assoluto e di uno specifico sistema di voto elettronico a sicurezza controllata, fatta una volta tanto in comune accordo tra l'opposizione e il governo, sono costati ai contribuenti una montagna di quattrini. E questo non è proprio il momento adatto per mandare in bestia più di 37 milioni di elettori.»
Fausto era colpito. «Ma la gente lo sa, che i voti sono esattamente pari?»
«Lo sanno, lo sanno», confermò Sparini. «E sanno pure che dipende tutto dal suo voto.»
A questo punto Fausto si preoccupò davvero. «Che cosa? Conoscono il mio nome?»
«Il suo nome, no. Ma il governo si è premurato di informare correttamente l'opinione pubblica e i mass media», confermò Manerasi. «Sanno che per un uomo in stato di non conoscenza da diversi mesi è stata avviata una terapia speciale di recupero e tutti stanno aspettando con fortissima impazienza che venga comunicata la sua perfetta guarigione.»
L'onorevole Sparini si sedette sul bordo del letto di degenza. «Il fatto è che tutte le fasi di conteggio dei voti sono state trasmesse minuto per minuto sui teleschermi di tutte le emittenti nazionali ed internazionali, per non parlare di Internet. Una cosa del genere era capitata solamente in America, ai tempi di Kerry e Bush, ma questa è molto più grossa. C'è mezzo mondo che vuole vedere come andrà a finire.»
«Ma tutti quanti saprebbero per chi ho votato, scusate!», si lamentò Fausto.
«Beh, si, certamente», confermò il Ministro dell'Informazione. «E di conseguenza lei diventerà popolarissimo. Vorranno conoscerla e intervistarla tutti i mass media.»
«Ma non mi interessa! Io non ci tengo affatto a diventare famoso. E poi c'è il diritto al segreto di voto, no? La privacy! Ho anche diritto alla tutela della mia vita privata.»
Il ministro Manerasi non fece una piega. «Nessuno mette in dubbio i suoi diritti. Lei voterà protetto dalla discrezione di una normale cabina elettorale. Magari fuori del seggio ci saranno molti giornalisti e molti curiosi, ma dentro, glielo assicuro, lei avrà la stessa privacy di ogni cittadino che è già andato a votare.»
«E capirai! Non appena avrò consegnato la mia scheda, lo sapranno tutti benissimo, in che modo avrò votato.»
Il ministro sollevò le mani per difendersi. «E solamente un dato matematico. Si evince purtroppo dalla situazione anomala dei voti.»
L'onorevole Sparini aggiunse: «C'è un sacco di gente che pagherebbe l'anima, per trovarsi nella sua attuale condizione.»
«La gente è la gente, e io sono io, se lei permette», fece notare Fausto, irritato, e questa volta fu Sparini ad alzare le mani in segno di pace.
Ministro ed onorevole lasciarono che Fausto riflettesse, mentre il rumore di qualche apparato medico segnava, ogni tanto, il trascorre del tempo dilatato.
«Scusate, ma perché non utilizzate il voto di quelli che si sono astenuti?», sbottò alla fine Fausto, che cominciava a sentirsi esasperato.
Il responsabile dei rapporti con i simpatizzanti del PPD lo guardò fissamente, senza manifestare alcuna simpatia. «Quei voti non vanno bene, Zardi. Si tratta di gente che non ha voluto andare ai seggi elettorali. A noi serve qualcuno che invece non ha potuto.»
«Ma che sciocchezza! Rifate le elezioni fra qualche giorno, no? Una settimana o due e tra l'altro sarà tutto più regolare.»
Sparini non smise affatto di fissarlo. «Ci vorrebbe più tempo di un paio di settimane, e noi non l'abbiamo, signor Zardi. Tutto il paese è in ebollizione. Ha idea della crisi economica che stiamo attraversando? Del pericolo di disordini? Della scontentezza generale? Non riusciamo più a tenere la massa nell'incertezza del risultato elettorale. Ci serve il suo voto subito, per dare un vincitore è un vinto alle belve qui fuori.»
«E vincere o perdere per un voto solo, invece? Pensate che la gente farà salti di gioia?»
Questa volta Sparini lo fissò con intensità minore.
«Dichiareremo che accettiamo la vittoria del governo per scongiurare la catastrofe di uno scontro muro contro muro. Saremo umili e faremo un passo indietro, nell'interesse superiore del paese. Ci sono troppi rischi per la tenuta dell'ordine. Ora come ora, siamo tutti quanti convinti che questa sia la scelta migliore.»
Anche Manerasi era d'accordo. Fausto lo vide annuire con aria seria.
"Un voto", pensò Fausto, e non volle darsi per vinto. «È ancora Benegrandi, il capo del governo attuale?»
Toccava a Manerasi rispondere, ma prima pregò il personale medico che era presente di lasciare la stanza per un po'. Rimasti solamente in tre, spiegò: «Il Presidente del Consiglio è ancora Saverio Benegrandi, signor Zardi. E grazie al suo voto di domani mattina, sarà presidente di nuovo.»
Zardi si ribellò istintivamente. «Come sarebbe a dire? Io non ho mica detto che voterò per lui!»
Manerasi annuì e sollevò le mani in modo conciliante. «Non si innervosisca, Zardi, e ci ascolti con attenzione. È per questo che è qui presente anche il collega del PPD. Quello che le chiediamo, glielo chiediamo anche nell'interesse dell'opposizione.»
Fausto guardò il rappresentante del maggior partito di contrasto al governo attuale.
«Sì, quello che dice Manerasi è vero», confermò Sparini. «Anche noi le chiediamo di dare il suo voto a Benegrandi.
«Ma perché? Per quale motivo?», chiese stupefatto Zardi.
Sparini tirò fuori da una tasca un pacchetto di sigarette e si accese una sigaretta. Aspirò con calma una boccata e disse: «Il governo ci sta lasciando un'eredità economica e politica fallimentare e un buco nelle casse dello Stato impressionante.»
Il ministro Manerasi sorrise. «Caro collega...»
L'onorevole Sparini non lo fece proseguire. «Mi lasci dire, Manerasi. Lasci stare. Il buco è enorme; i problemi si sono accumulati. La situazione internazionale è un disastro, con gli americani e gli inglesi che tirano da un lato; i cinesi da un altro; gli arabi, i palestinesi, gli israeliani, i russi, l'Africa e l'Indonesia da ogni lembo del lenzuolo che ci copre.» Sparini aspirò un'altra boccata. «È troppo per le nostre forze, Zardi. Qualsiasi decisione presa in questo momento, se a comandare fossimo noi, brucerebbe tutto il margine di consenso che siamo riusciti a guadagnare.»
«Ma perché? Che dice?», protestò Fausto. «Con questo ragionamento, aspettare ancora vorrebbe dire solo far peggiorare la situazione.»
Sparini ci pensò sopra solamente un attimo. «C'è un accordo con Benegrandi. Gli lasciamo altri sei mesi. Cominceranno loro ad applicare un nuovo regime di austerità e di tassazione più rigoroso, che sconcerterà i loro elettori. Fra sei mesi esatti ci sarà un'altra crisi ufficiale del governo, ma questa volta sarà definitiva. Dimissioni per ragioni di salute di Benegrandi, scioglimento delle camere, nuove elezioni. Noi prevediamo di avere il 70 per cento dei consensi e Benegrandi ci darà una mano diminuendo fino a zero la sua presenza in video e le sue dichiarazioni agli organi di stampa. A partire da subito.»
«Il presidente comprende che è tempo di un passaggio di consegne in tempi ragionevoli», disse il ministro Manerasi. «Gli animi si sono scaldati troppo, in queste settimane di competizione.»
«Già. Apprezziamo la presa di coscienza del presidente del suo movimento politico», diede atto il rappresentante dell'opposizione, senza guardare altro che il fumo della sigaretta, sospeso nell'aria.
C'era un accordo, riassunse nella mente Fausto. Con il suo voto avrebbe fatto vincere il governo, ma proprio il governo avrebbe dimostrato che aveva ragione l'opposizione.
Partì deciso. «Beh, mi dispiace, ma io non sono d'accordo. Non potete costringermi a fare una cosa che non voglio fare. Io ho il diritto...»
«Allora non ha capito, Zardi. Le stiamo parlando del bene del paese, non del suo», si spazientì Sparini. «Se crede che a me piaccia, questa storia! Ma non è questione di gusti personali. Se adesso a vincere fossimo noi, con un cinquanta per cento risicato, sarebbe sicuramente una vittoria di Pirro. Per quello che dobbiamo fare, per la medicina amara che dovremo convincere tutti ad ingoiare, non possiamo fare affidamento solo su metà della popolazione o sui voti incerti degli astenuti. Dobbiamo essere pragmatici e pazienti, e cominciare ad introdurre i nostri cambiamenti utilizzando i nostri stessi avversari.»
Fausto si tirò su a sedere per bene, usando tutte le energie che aveva. «Sì, ho capito. Può darsi che abbiate fatto tutti i ragionamenti giusti e che questo sia uno splendido piano per il futuro. Intanto, però, lei è l'unico signore del suo partito e dell'opposizione che ho sentito, e comunque sia non voglio finire sui giornali o peggio ancora sui libri di scuola per aver votato a cavolo, non come volevo io. Insomma, non voglio essere comandato!»
«Comandato? Guardi che lei può fare come vuole», ribatté Sparini. «Se pensa di essere più intelligente dei migliori analisti politici che il paese abbia a disposizione...»
L'onorevole gettò la sigaretta in terra e prese un videofonino da una tasca interna della giacca. «Per quanto riguarda altri signori più autorevoli di me, l'accontento subito», disse, componendo velocemente un numero. «Pronto? Sì, sono Sparini. Zardi ha dei dubbi e desidera conferme.» Pausa. «Ecco a lei, Zardi.»
L'onorevole passò il videofonino acceso a Fausto. «Le basta parlare con i segretari del PPD, del CRP e del MVA tutti quanti insieme?»
Lo schermo del videofonino rimandava l'immagine di tre uomini dai volti tirati, ma molto famosi.
Fausto prese l'apparecchio e parlò con i tre segretari dei tre maggiori partiti dell'opposizione, che gli confermarono parola per parola le richieste di Sparini. Lui, che non se l'aspettava, disse ben poco. Frastornato com'era, borbottò molti «però», «capisco», «si, forse», «d'accordo»; ma la parola più importante che disse fu «No».
Fausto restituì il videofonino all'onorevole, e Sparini prese l'apparecchio e disse: «Sì... Sì... Va bene, ho capito.»
Pausa, di nuovo.
Sparini rimise il videofonino in tasca e guardò Fausto insistentemente, come
d'altronde fece anche il ministro Manerasi.
Il primo a cedere fu Fausto, che disse: «Mi dispiace. Mi dispiace molto, ma... Questa faccenda per me è troppo grave e complicata. Non ci riesco ad affrontarla, mi dispiace.»
«Quindi che intende fare? Votare per l'opposizione?», chiese il Ministro dell'Informazione.
Fausto si costrinse a mostrare fermezza. «Io non intendo fare niente. Resterò in questa stanza, oppure dentro casa mia, a curarmi. Questa volta non andrò a votare per nessuno. Sono in convalescenza, e per ora ci voglio rimanere.»
Sparini annuì senza manifestare alcuna emozione. Si limitò a dire: «Capisco», dopodiché: «Arrivederci, signor Zardi. Auguri.»
Il ministro Manerasi da parte sua fu ancora più sintetico. Disse soltanto: «Arrivederci», e seguì Sparini fuori della stanza d'ospedale.

* * *

Nel corridoio, seduti in due panchine separate, c'erano il dottor Luciani e l'infermiera carina, e due uomini robusti in giacca e cravatta, l'aria decisa.
Il dottor Luciani fece segno all'infermiera che poteva entrare nella stanza di Zadri; lui invece seguì Sparini e Manerasi, fino a che non raggiunsero un punto più sicuro.
«E adesso?», chiese il rappresentante del governo al rappresentante dell'opposizione, a bassa voce.
«Il piano B, come era previsto in questo caso», rispose Sparini, rivolgendosi principalmente al dottor Luciani.
«La signorina Vanni?», chiese il dottore, per avere conferma delle istruzioni avute, e: «Sì, la signorina Vanni. E Zardi torna a riposo», diede disposizione l'onorevole, serio. Anche Manerasi confermò.
Luciani annuì e si allontanò con passo svelto. Sparini si accese con nervosismo un'altra sigaretta.
«Pensa che con la signorina avremo più successo?», chiese Manerasi, mettendo in bocca una pasticca per la gola.
«Dal suo dossier, sembra che abbia bisogno di quattrini», rispose Sparini.
Passò al ministro un foglio di carta ripiegato.
Manerasi sorrise. «Ah. In quest'altro incidente si è salvata soltanto lei e la figlia più piccolina, che è stata affidata ad una zia.» Alzò un sopracciglio.
«Le uniche entrate, erano quelle di suo marito. Non credo che dovremo ricorrere ad un piano C.»
Sparini aspirò con forza e le sue narici fumarono come le narici di un vecchio drago. «No. Non credo che ci sarà bisogno», disse. Ma senza traccia di soddisfazione.


Data invio: