L'astronauta Xjjqz si accorse che la luce del videofono lampeggiava.
Una frazione di secondo dopo fu inserito l'audio e comparve sul video il volto inespressivo del comandante della flotta galattica.
«Buongiorno, Xjjqz» disse il comandante.
«Buongiorno signore» rispose lui.
«Vi è stato affidato un nuovo incarico. E' una semplice ricognizione. Interessa un pianeta del livello C41, settore A-Z-12, fascia 1045, coordinate v-v-j-l-e-34-21-9.»
Lasciò passare qualche secondo.
«Mi confermate i dati trasmessi dal computer?»
«Certo signore. Li abbiamo sullo schermo principale»
«Ottimo. Partenza prevista tra ventitre ore, a partire da adesso. E' stato attivato il conto alla rovescia».
«Roger, signore. Partenza tra ventitre ore. Vedo che la documentazione è già arrivata. Appena tornato le farò rapporto, signore.»
«Molto bene. Faccia buon viaggio.«
«Grazie, signore. Anche a nome di Prrtky»
Il comandante lo guardò ancora per qualche istante, poi con un comando vocale escluse la comunicazione e si rivolse al maggiore Pkkhj, seduto comodamente su una delle poltroncine avvolgenti in morbido glatex, nel suo ufficio.
«Il pianeta è stato scelto a caso, come sempre, per questo tipo di esercitazioni di ricognizione. Sono esattamente...» il comandante controllò l'appunto sulla sua agendina elettronica ultrapiatta «...settemila anni che non ci mettiamo più piede sopra. L'ultima volta che lo visitammo era totalmente privo di vita intelligente. Penso che la situazione non sia per nulla cambiata»
Il comandante premette un tasto sulla console della sua scrivania, la poltroncina su cui era seduto si ribaltò e lui in un attimo fu in piedi. Fece quell'unico passo che lo separava dalla grande finestra e si mise ad osservare fuori, facendo correre lo sguardo sugli edifici, sull'acciaio e le nuove leghe bianche con cui era ricoperto ogni centimetro quadrato dell'orizzonte cittadino, lì come su ogni altro pianeta. Astromezzi sfrecciavano nell'atmosfera a velocità supersonica, lasciando spesso deboli scie dietro di loro.
Gli parve uno scenario molto suggestivo e romantico.
Cavi, metalli, luci fluorescenti per bucare la nebbia di smog che saliva dal basso.
Il comandante sorrise, poi tornò a sedersi, digitò qualcosa sulla console della scrivania e in breve si aprì uno sportellino e ne uscì il suo pranzo.
Due pillole, un quadratino compatto di una strana sostanza marrone e una gelatina blu con cannuccia incorporata nel microbicchiere.
«Pollo» disse leggendo la scritta su una delle pillole «Che parola buffa, non trova? Chissà perché si chiama proprio pollo?»
Il maggiore Pkkhj non seppe cosa rispondere.

Xjjqz ebbe la strana idea di aver visto un volto, prima di svegliarsi.
Ma quando aprì gli occhi non c'era nessuno.
Solo lui, la camera iperbarica col campo magnetico di stasi sul quale stendersi per riposare e il vuoto della stanza.
Era tutto bianco, lievemente oscurato per consentirgli di prendere sonno e illuminato da tenui lucine azzurre.
Xjjqz scese dal campo di stasi, disattivò la camera iperbarica e con una lieve pressione dell'indice sul polso destro innescò il lavaggio automatico della tuta che indossava.
Era aderente come lattice, dotata di sensori termici per mantenere la temperatura del suo corpo costantemente a trentasei punto cinque gradi centigradi, per tenere sotto controllo le funzioni vitali, predisposta per la pulizia automatica, autoalimentata grazie alla conversione dei rifiuti organici.
Il tutto in un modello comodo, confortevole, senza bombole sporgenti, fili, tubicini, placche metalliche. I circuiti erano così miniaturizzati nelle microfibre della tuta che non si vedeva niente, all'esterno.
Ogni uomo ne indossava una dal giorno della nascita fino al giorno in cui veniva deposto dal servizio, all'età di duecentoquarantatre anni.
Venuto quel giorno, salvo pochi eletti come i governatori o i presidenti dei sistemi solari, si veniva spediti senza tuta sul pianeta Mor, e lì si terminavano i propri giorni.
Ma nessuno era mai tornato indietro dal pianeta Mor per dire cosa succedeva di preciso laggiù.
Ogni tanto Xjjqz si chiedeva cosa fosse la morte, come fosse morire, ma non ne aveva la più pallida idea.

Sovrapensiero uscì dal locale adibito al riposo e si avviò verso la sala comandi della sua nave.
Prrtky era già seduto su una delle due poltroncine davanti alla console e al grande schermo pieno di dati.
«Si parte tra sette minuti» disse Prrtky «Lasciati dire però che non hai un gran bell'aspetto»
Xjjqz si sedette di fianco al compagno con aria svogliata.
«Prrtky?»
«Sì?»
Xjjqz sospirò.
«Ti capita mai di avere la sensazione di vedere delle cose, mentre dormi?»
Il compagno lo guardò perplesso.
«Vedere delle cose...?»
«Sì» insistette Xjjqz «Come se fossi sveglio... ma un po' diverso. E di sentire delle voci, anche»
Prrtky scosse il capo.
«No, mai. E non ho mai sentito nessuno dire una cosa del genere. Come ben sai esiste solo quello che fisicamente ci circonda, Xjjqz. E' scientificamente provato da millenni. Il sonno non è altro che buio riposo.»
Xjjqz annuì e si mise al lavoro.
Fece partire i simulatori di volo, controllò tutti i sistemi della nave, innescò il rifornimento automatico di carburante e comunicò gli ultimi dati alla stazione centrale prima di chiudere il portellone.
«Allora, pronti a partire?» gli fece Prrtky quando mancavano sessanta secondi al via.
Xjjqz lo ignorò del tutto, perso com'era nelle sue elucubrazioni.
«E' curioso» disse «Nei miei studi di filosofia aliena comparata, all'università, c'era un professore che sosteneva l'esistenza, nell'antichità, di un termine, detto sogno, che secondo lui aveva una certa attinenza con quello che succede a me. Nella sua ottica sognare voleva dire vedere delle cose, di notte.»
«Sognare?» fece Prrtky. «Mai sentito»
Poi le luci della stazione scomparvero all'istante, e loro si ritrovarono nel profondo buio dello spazio intergalattico.

Non era certo una missione esaltante quella che si preparavano a compiere.
Le missioni esploratrici su pianeti disabitati non avevano più niente di avventuroso da parecchi millenni, ormai. Tutti i pianeti da scoprire erano stati scoperti, tutti quelli da sfruttare sfruttati, quelli da colonizzare colonizzati, quelli inservibili distrutti.
Xjjqz aveva sempre pensato che fosse una cosa strana distruggere un pianeta.
Non era solo questione di polverizzare una certa quantità di massa, era il fatto di annientare un pezzo di universo su cui forme di vita erano nate, si erano sviluppate, e quasi sempre avevano finito per autoterminarsi, era la sistematica cancellazione di pezzi di passato durati milioni di anni, di cui nessuno si curava più.
Bastava un clic per spazzare via tutto.
Un semplice clic.
Neanche un po' di fatica, si doveva fare, nemmeno contrarre un dito.
Bastava un comando vocale.
Xjjqz aveva sempre pensato ai pianeti come a qualcosa di romantico, prima culla, poi casa e infine rovina di civiltà, umane o animali.
Sembravano quasi cose vive, con emozioni, sentimenti, una storia fatta di tappe infinite.
Quante cose poteva raccontare un pianeta?
Xjjqz si ricordava di quando aveva dato il comando per distruggere C19 nel sistema P31.
Era un dolce pianetino azzurro che obbligava i velivoli interplanetari ad una lieve deviazione lungo l'affollatissimo tragitto tra Alpha Warz e J Centauri.
Per la federazione era impensabile continuare a far sprecare carburante alle navi solo per evitare di incocciare nel pianeta, e così era stato fatto saltare.
Non era nemmeno disabitato, ma gli studi condotti avevano dimostrato che le forme di vita primitive di C19, con una probabilità dell'ottantaquattro per cento non avrebbero avuto significativi sviluppi, così nessuno aveva avuto rimorsi.
Tranne Xjjqz.
Per quello aveva chiesto il trasferimento.

Il computer di bordo attivò i segnalatori ottici e acustici per avvisare i due piloti dell'arrivo alla destinazione prestabilita.
L'astromezzo fece un angolo di cabrata di venticinque gradi e mezzo e le manovre del pilota automatico lasciarono scivolare il velivolo nell'orbita del pianeta.
Prrtky si mise ai comandi.
Sembrava apatico.
«Tra un po' si va in missione» disse mentre cominciava a leggere i dati relativi alla superficie rilevati dalla sonda.
Non pensava che ci sarebbero state molte novità interessanti.
La solita distesa di lega bianca a ricoprire ogni centimetro quadrato del pianeta, resti di edifici consumati dal tempo, quel vento solitario a spazzare le rovine.
Ne aveva visti a centinaia, così.
Forse era ora di terminare anche quel pianeta.
A chi poteva servire una massa di terra imbrigliata e agonizzante?
Era come una bestia malata.
Meglio sopprimerla.

Ci vollero sedici ore per compiere un giro completo dell'orbita del pianeta.
Il tempo scivolava piano nell'asettica bianca navetta, e Xjjqz cominciava ad essere impaziente di scendere.
«Trovato il punto migliore di atterraggio» fece Prrtky consultando lo schermo dell'astromezzo.
«Coordinate f-l-g 42. Confermi?»
Xjjqz scrutò i dati che fluttuavano davanti ai suoi occhi.
«Confermo» disse con voce laconica.
«Allora si parte»
Impostarono gli ultimi dati, si spostarono nella capsula che li avrebbe condotti sulla superficie del pianeta e avviarono le procedure di distacco dal corpo centrale dell'astromezzo.
Dalla capsula non si vedeva niente, non esistevano vetrate, schermi.
Il viaggio era soltanto un lungo e cieco scivolare nel vuoto, rotto a volte da qualche fremito della struttura al contatto con l'atmosfera del pianeta.
Xjjqz avrebbe voluto poter guardare fuori l'avvicinarsi della superficie, osservare le lune ruotare stanche nei loro millenari pellegrinaggi, essere colpito in viso dalla luce di qualche potente stella vicina, magari del sole di quel sistema di pianeti.
La pelle pallida del suo volto era illuminata dalla fredda lucina verde della capsula.

Era proprio come aveva pensato Prrtky.
Una distesa infinita di grandi piastrelle di lega bianca a ricoprire la superficie dell'intero pianeta, la sistematica piattezza dell'orizzonte rotta solo da qualche cumulo di pietre consunte e irriconoscibili nelle loro forme originarie.
Xjjqz resettò l'orologio atomico che segnalava il tempo trascorso dall'ultima esplorazione del pianeta.
Settemila anni.
Poi si chinò a raccogliere un calcinaccio stranamente levigato dal tempo.
Si fermò a pensare a cosa potrebbe essere stato.
Un pezzo di muro di un edificio?
Un tavolo?
La paratia di un velivolo?
Il ricordo di qualcosa di vivo?
«Secondo il programma dovremmo ispezionare una zona pari a un chilometro quadrato attorno al punto di atterraggio della capsula» stava dicendo Prrtky. «Direi che ci conviene usare i fly fire»
Xjjqz annuì con sguardo assente.
Stava pensando al passato, ma lo sguardo gli scappò sul fianco della navicella, su cui era stampato lo slogan della federazione «Futuro, futuro, futuro»
Ma per sapere dove si voleva andare, non bisognava conoscere il luogo da cui si proveniva? Il luogo in cui si era?
Prrtky intanto aveva completato la procedura automatizzata di scarico dei fly fire dalla capsula, e ora i due mezzi se ne stavano immobili sospesi a pochi centimetri da terra in attesa di essere utilizzati.
Xjjqz prese posto sul suo mezzo, e quando anche Prrtky fu pronto partirono insieme per ispezionare l'area definita dalle specifiche del protocollo di missione.

Prrtky procedeva su una traiettoria rettilinea tenendosi al centro di un'area larga duecento metri, guardandosi distrattamente attorno per non cadere vittima dell'apatia.
Xjjqz invece andava a zig zag col suo fly fire, girovagando in mezzo ai resti degli edifici, cambiando spesso quota per osservare le cose da lontano e da vicino, per poterle guardare da punti di vista differenti.
Ma durante tutto il tempo che impiegarono a coprire la distanza prestabilita non vide altro che quella piatta distesa di lega bianca cosparsa di ciuffi di rovine, tanto che alla fine anche Xjjqz si rassegnò alla triste realtà che su quel pianeta non ci fosse proprio nient'altro.
Eppure doveva esserci abituato.
Quella era la quattrocentocinquantunesima missione di esplorazione che compiva, da quando era stato trasferito, e non c'era mai stato niente di diverso.
Xjjqz lo sapeva che per tutti i pianeti era sempre la stessa storia.
O erano abitati, e allora c'erano edifici, astromezzi, smog, e l'onnipresente lega bianca riluceva dappertutto a coprire ogni angolo di terra e di cielo, o erano abbandonati da millenni, e allora la lega bianca era solo un ricordo della corazza lucente che una volta ricopriva il tutto.
A dire la verità c'era una terza categoria di pianeti, i pianeti-cava, quelli usati per estrarre quei pochi elementi che ancora l'uomo non era riuscito a sintetizzare.
Ma presto sarebbero diventati superflui, e in ogni caso erano di una desolazione forse ancora maggiore dei pianeti disabitati.
Non c'era nient'altro che terra secca e macchine automatizzate, trivellatrici, aspiratrici.
Ne aveva visti un paio, negli anni precedenti, ma erano persino più squallidi del posto in cui si trovava adesso.
«Trovato niente?» gli chiese Prrtky avvicinandosi un attimo.
Era la prima volta che deviava dalla sua traiettoria rettilinea.
Forse la noia aveva preso il sopravvento.
«Niente di niente. Avevi dei dubbi a proposito?»
Prrtky scosse la testa.
«A dire la verità, no»
Fece per allontanarsi, ma Xjjqz gli mise una mano sulla spalla.
«Prrtky?»
«Sì?»
Xjjqz guardò lontano.
«Ti sei mai chiesto com'erano questi posti millenni fa?»
«Suppongo esattamente come sono adesso. Solo c'erano gli edifici»
«E la pavimentazione di lega bianca? Quando non c'era quella, forse la superficie dei pianeti era diversa»
Prrtky sembrò pensarci a fondo per un attimo.
«Diversa in che senso? Non so, sotto alla pavimentazione c'è solo la terra...come sui pianeti cava. Terra secca, inservibile. Non riesco a immaginare nient'altro»
«Magari c'erano cose che non riusciamo neanche a pensare, perché non le abbiamo mai viste»
Prrtky lo guardò serio e poi se ne venne fuori con una risata sguaiata.
«Ah, Xjjqz! Che inguaribile pensatore! La verità è che i pianeti sono sempre stati ricoperti dalla corazza di lega per permettere l'atterraggio di velivoli in qualunque posto, per far scorrere sotto la superficie i cavi, per rendere pratico lo spostamento dei mezzi a terra, quando esistevano ancora. A memoria di uomo e di registrazione della federazione, non c'è mai stato niente di diverso. E se proprio c'era, che t'importa? Lascia perdere, pensa allo slogan della federazione: «Futuro, futuro, futuro». Cos'altro è un pianeta, se non una massa di terra che fa da piattaforma all'uomo? Vedrai che presto i pianeti artificiali diventeranno operativi, e allora potremo eliminare quelli veri. «
Prrtky si riportò sulla sua traiettoria rettilinea al centro della zona di duecento metri di larghezza, scuotendo la testa, rimuginando su quello stupido di Xjjqz che si ostinava a immaginare cose che non aveva neanche mai visto.

L'esplorazione a terra fu completata prima del previsto e diede risultati negativi, come ci si aspettava.
Nessun segno di vita, nessuna anomalia, niente di niente.
Ora, per completare la missione, non restava che attivare il bioscanner dell'astromezzo e orbitare a bassa quota per tre volte a tre latitudini diverse attorno al pianeta.
Se anche questa procedura, com'era prevedibile, avesse dato esito negativo, allora l'esplorazione sarebbe terminata, e forse anche quella triste massa di terra sarebbe entrata a far parte della lista dei pianeti eliminabili.
Xjjqz impostò i dati coi comandi vocali e poi si mise seduto vicino allo schermo per osservare fuori.
I chilometri di lega bianca scorrevano muti sotto alla navetta senza che niente succedesse.
In tutte quelle missioni aveva sempre sperato di poter trovare qualcosa di diverso, qualcosa di insolito, aveva sperato ardentemente che si accendesse la luce rossa che segnalava un evento imprevisto, di vedere che il computer di bordo non si raccapezzava in qualcosa.
Ma non era mai successo, e non successe neanche quella volta.
Le tre orbite si susseguirono noiose, nessuna rovina sembrò più interessante delle altre, non fu rilevata nessuna anomalia, e Xjjqz si rassegnò a tornare a mani vuote alla stazione base dal comandante e dal maggiore Pkkhj, come tutti si aspettavano e si auguravano.
«Prrtky?»
Il compagno si era steso sul campo di stasi nella stanza del riposo.
Se ne stava al buio e in silenzio.
Non amava ascoltare musica sintetizzata, né starsene all'oblò a guardare fuori.
Tanto era palese che non ci sarebbe stato niente di nuovo.
«Abbiamo finito?»
Le luci della camera si accesero gradualmente per consentire agli occhi di abituarsi.
«Sì»
Prrtky non chiese neanche l'esito dell'esplorazione.
«Bene. Allora possiamo tornare. E con un certo anticipo sulla tabella di marcia, aggiungerei»
«Beh, visto che siamo in anticipo, ho consultato le mappe stellari di questo sistema...»
«E...?»
«C'è un buco nero a poche decine di anni luce da qui. Potremmo passare a dargli un'occhiata, prima di tornare. Che ne dici?»
«Dobbiamo informare il comando»
«Eh dai! L'abbiamo fatto altre volte, mi pare. Disinseriamo per qualche ora il protocollo di rilevamento posizione spacciandolo per una procedura di riconfigurazione parziale del sistema. Vedrai che nessuno dirà niente.»
Prrtky scosse la testa.
«Ma che hai da cercare? Non troverai niente, Xjjqz. Rassegnati. E' evidente!»
«Lo so, ma voglio tentare ugualmente»
Prrtky sospirò.
«E va bene» disse alla fine alzando le spalle seccato «Ma se ci saranno rogne la responsabilità è tutta tua»
Di certo un buco nero in una galassia così piccola e remota non poteva essere sfruttato per i viaggi nello spazio-tempo, come molti altri più grandi e lungamente studiati nel corso dei secoli, ma forse si poteva raccogliere qualche dato, o anche fermarsi a guardare la luce che veniva inghiottita dall'imbuto spaziale.
Era una delle poche cose che affascinava Prrtky, che era in grado di strapparlo per un attimo alla sua apatia.
La sottile malignità di un mangiatore di luce.

«Che mi venga un colpo!» sentenziò Prrtky consultando lo schermo della navetta. «Hai ragione, è proprio un pianeta non segnato sulle mappe stellari!»
Il cuore di Xjjqz ebbe un tonfo. Ecco un evento che non si era mai verificato nella sua vita. Qualcosa di insolito, di non prestabilito, non preventivato.
«Ma non c'è ragione di scaldarsi tanto. Ho sentito che in passato qualche errore il computer lo faceva...»
Prrtky cercava di smorzare l'entusiasmo del suo compagno.
«E' sicuramente un pianeta esplorato e riesplorato»
«Tu dici?»
«Certo, Xjjqz. Che cosa speri di trovare, nello spazio? Qualcosa che non è ancora stato scoperto? Tutto quello che c'è da sapere lo sappiamo. Il resto non conta»
«Beh, almeno andiamo a vedere, magari...»
«Magari cosa? Non illuderti di trovare altro che un pianeta coperto di lega bianca e pieno di rovine. Guarda lo schermo. Nessuna trasmissione, nessun segnale, nessun campo elettromagnetico, nessuna fonte di energia. Non ci sarà niente di niente»
«Dimentichi che siamo vicini ad un buco nero. Forse le nostre strumentazioni sono un po' disturbate...»
«Le strumentazioni non sbagliano mai, e lo sai bene. Comunque non c'è problema. Contattiamo il comando centrale e chiediamo il da farsi»
Xjjqz si fece silenzioso.
Vide Prrtky impostare i dati per la comunicazione, ma inspiegabilmente lo schermo fece apparire il messaggio di tentativo fallito.
Era la prima volta che Xjjqz lo vedeva, eccezion fatta per le prove al simulatore.
Prrtky rimase a bocca aperta.
«Non riusciamo ad avere la comunicazione!» disse sbalordito.
Non gli era mai capitata un'avaria in tutta la sua vita.
«Secondo me è il campo magnetico del buco nero...» azzardò Xjjqz.
Prrtky mugugnò qualcosa.
«...può anche darsi che sia così, per quanto assurdo possa sembrare...Vuol dire che cambieremo zona e riproveremo quando ci saremo allontanati. Imposta i dati con le nuove coordinate»
«Aspetta!» fece Xjjqz.
Dentro di sé era profondamente divertito nell'osservare Prrtky e persino se stesso alle prese con un evento impensabile, mai verificatosi prima, e la curiosità lo stava divorando.
Ma cercava di mantenere un contegno molto professionale, per quanto gli riusciva.
«Facciamo così. Io prendo la navetta Beta di esplorazione e scendo sul pianeta, tu ti sposti da qui finché non trovi un punto in cui riesci ad instaurare la comunicazione e chiedi istruzioni al comando centrale. Poi vieni a riprendermi. Appuntamento tra...sedici ore. Che ne dici?»
Prrtky scosse la testa.
«Sei proprio deciso a scendere?»
Il suo compagno fece cenno di sì con la testa.
«Non troverai altro che le solite cose, Xjjqz. Lo sai?»
«Lo so» fece lui facendosi serio «Ma voglio andarci lo stesso»
«E sei anche incosciente. Se, come dici, i sistemi sono disturbati dal buco nero, non siamo in grado di sapere cosa c'è su quel pianeta...»
«L'hai detto tu, troverò le solite cose. Ma voglio andarci. E poi nel regolamento non sono contemplate le avarie, dunque non sono codificate le procedure da tenersi in caso di guasto o malfunzionamento. Se scendo senza contattare il comando non contravvengo a nessun ordine»
Prrtky non seppe ribattere. Xjjqz pareva seriamente intenzionato a fare di testa sua, a tutti i costi. Non l'aveva mai visto così ostinato. Poteva scorgere quasi una punta di ribellione, nel suo atteggiamento. Forse sarebbe stato il caso di fare rapporto, una volta rientrati alla base.

La navetta Beta era un po' diversa da quella che avevano usato per la precedente missione, perché era attrezzata per le discese sui pianeti da postazioni al di fuori dell'atmosfera.
Non l'avevano mai utilizzata prima, ma non era un problema.
Xjjqz aveva avviato tutte le procedure di controllo, e sembrava che funzionasse alla perfezione.
Aveva persino un piccolo oblò da cui si poteva vedere fuori.
Mentre faceva manovra per staccarsi dal corpo centrale dell'astronave, il suo sguardo incappò nuovamente nello slogan della federazione verniciato sulla paratia.
«Futuro, futuro, futuro»
Xjjqz fece uno strano sorriso enigmatico, che solo il computer vide e registrò.
La navetta si staccò dolcemente dall'atromezzo, librandosi nello spazio buio privo di gravità e di pensieri.
Xjjqz stava guardando ancora lo slogan quando vide l'astronave madre vibrare.
Un'altra anomalia. Era un segno?
La vibrazione si fece più intensa.
Xjjqz era incollato al vetro, incapace di spiegare cosa stava succedendo. Poi gli venne in mente che poteva comunicare con Prrtky attraverso la radio di bordo.
«Prrtky, Prrtky...mi senti?»
«Xjjqz! Qui si muove tutto!!»
«Cosa sta succedendo?»
«Non lo so! Il sistema è come impazzito! I comandi non rispondono...!»
«Prova a...»
Ci fu una tremenda esplosione.

CONTINUA... leggete la: Seconda e ultima parte


Data invio: