Quest'anno l'organizzazione della fiera ha assegnato due stands gratis. Il primo ad un'associazione di volontariato che si occupa di "disagio generale", il secondo ad un artista d'avanguardia, una giovane promessa locale, cioè il sottoscritto.
L'allestimento lo ha curato il mio amico Carminuccio, egli lavora come facchino al mercato ortofrutticolo perciò gli é facile sistemare le cose. Carmine si è servito della "Diane" del fratello per il trasporto delle cose. Ha tolto i sedili da dietro, ha aperto il tetto di tela e quindi ha imbiancato le otto tele più piccole. Poi ha portato un tamburello, la chitarra, due cartoni con barattoli di birra da un litro, cinque cavalletti prestatici da un nostro amico pittore e ha iniziato il viaggio. Il secondo viaggio ha creato qualche problema perché le restanti tele erano due da 2 metri per 1 metro, la prima raffigurava l'inferno e l'altra era un paesaggio fiorito, ben riuscito. Poiché in auto non entravano le ha poggiate sul tetto e con una mano guidava, beveva e fumava, con l'altra teneva ferme le tele, ma si sarà confuso nell'uso delle mani e così il paesaggio è volato via fermandosi sui paletti appuntiti dello steccato al lato della strada. Ha recuperato il dipinto ma era compromesso: almeno in tre punti presentava dei tagli di circa cinque centimetri. Non si é scoraggiato, come al solito, e dall'immondizia ha recuperato delle scatole di tre detersivi e si è recato nello stand dove ha terminato il suo lavoro.
Poi mi ha raggiunto a casa e mi ha raccontato l'accaduto, suggerendomi il nuovo tema per il quadro: l'inquinamento. Questo episodio mi ha fatto capire cosa significhi essere un genio, é un uomo divino che non ha niente a che fare con l'istruzione o la cultura.
La Direzione ci ha regalato 20 biglietti d'ingresso per il primo giorno.
Gli inviti li ha gestiti Carminuccio anche perché, finito l'allestimento, si è autoproclamato addetto alle pubbliche relazioni. Ha invitato gli amici che frequentiamo in comune, cioè il fior fiore della cultura di Paestum.
Il primo ad arrivare é stato Franco, ha un allevamento di bufale ed un caseificio, così ha pensato di portare 3 kg di bocconcini. Poco dopo sono venuti Tano e Salvatore con capocollo e una damigiana di 15 litri di moscato.
Diana e Claudia hanno preparato il dolce a casa e in più una bacinella con la sangria.
Per tutta la serata c'era sempre qualcuno che portava della roba da mangiare, e allo stesso tempo c'era una miriade di gente che sembrava di trovarsi ad un banchetto nuziale.
Sono stati cinque giorni fantastici, facevamo quanto ci aggradeva, io, in verità, come pittore non mi sono mai preso sul serio, mi ritengo, invece, solo un imbrattatore che a volte per sbaglio tira fuori qualcosa di decente. Poi, con Carminuccio e Tano avevamo già qualche passione condivisa, così ne approfittammo per consolidare maggiormente il legame. Ma è arrivata lei, si è fermata a mezzo metro da me, aveva i capelli lunghi ondulati biondissimi, i fianchi stretti, il seno tornito e proporzionato al contesto somatico, gli occhi splendidi, la bocca dolce. Mi sentivo smarrito! Per quanto fossi "sballato", qualche emozione era affiorata e cominciava a divorarmi. Dovevo reagire, inventarmi qualcosa, essere all'altezza della situazione. Il punto era che questa donna aveva tutto ciò che mi spaventava in una femmina. A me piacciono "sballate", sicuramente non belle, magari con qualche problema a livello di personalità non disgiunto da una certa ignoranza. Non me la sento, rinuncio, la responsabilità è troppo grande,la paura è grande. Lei la pensa diversamente da me, è evidente, perché mi chiede se sono io l'artista, a cui rispondo: «diciamo ».
Poi allungai una mano e le offrii una birra.
Lei mi ricambiò offrendomi un bocciolo di rosa.
L'atmosfera diveniva sempre più tesa, ma ad un certo punto, vinta ogni inibizione, mi giocai il tutto e cominciai a parlare e dissi: «Ti piacciono i miei quadri?»
«No», rispose lei.
Accidenti si metteva proprio male, ma pensai che teneva gusto, le mie tele erano orribili.
Qualcuno portò delle fette di torta che gustammo accompagnando il tutto con la sangria.
«Ho sempre apprezzato la sincerità», disse lei.
«Scusa», replicai io e mi allontanai per andare al bagno. Entrai nel cesso, mi preparai due tre tiri di coca, aspirai forte prima con una narice e poi con l'altra, mi guardai nello specchio e pensai che tutto quello che avevo voglia di fare era tornare da lei per farci l'amore.
«Mi chiamo Gerardo», dissi, ho qualche problema di droga e alcool, dipingo male e disegno ancora peggio, sono iscritto a Lettere e Filosofia, dico molte bugie, però mi puoi credere se ti dico che ho una maledetta voglia di baciarti in mezzo alle gambe.
«No, no, non puoi essere così stronzo», disse, e andò via molto disgustata credo.
In tal modo me ne liberai, anche se non era certamente quello che volevo veramente. Bevvi ancora qualcosa, poi volsi lo sguardo tra la folla e vidi mio nonno che mi ripeteva la solita cosa: «Tu hai la testa come il cocomero, piena d'acqua».
Naturalmente mio nonno è morto da un po' di anni, anche io forse sono piuttosto "morto".


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