Una versione abbreviata di questo racconto
è stata letta da Giuliana Borghesani durante
"La primavera del libro" di Villafranca - VR

«Spara!»
«No.»
«Spara ti ho detto.»
«Non me la sento.»
Il bambino tremava. Aveva una pistola in pugno, più pesante delle armi giocattolo usate sino al giorno prima. Il braccio teso, la canna puntata contro un grazioso cagnolino bianco.
«Devi farlo. È tuo dovere obbedire agli ordini.» Intimò l'istruttore.
Il bambino si era divertito con i compagni a inscenare grandi battaglie. Immaginava di essere l'eroe che salvava il paese dall'invasione nemica, e aveva ritenuto giusto agire in modo concreto per la nobile causa, ma l'addestramento non era quello che si aspettava offrendosi volontario per la guerra santa. Lui voleva imparare a uccidere i soldati nemici che avevano deportato suo padre, picchiato sua madre e ucciso il fratello. Perché l'istruttore ordinava di uccidere un cucciolo innocente?
Trovò il coraggio di chiederlo.
«Sei solo un ragazzino, non puoi competere contro i soldati. Dovrai mescolarti ai loro figli, entrare nelle loro scuole e seminare il terrore.»
«Il cucciolo. Che cosa c'entra il cucciolo?»
«Nulla. Devi imparare a uccidere anche chi sembra innocente. Devi imparare a eseguire gli ordini senza discutere.»
Il bambino lo guardò senza capire. Non era importante ai fini dell'addestramento, lui doveva solo uccidere.
«Basta discutere. Spara!»
Il bambino osservò il muso del cagnolino. Nemmeno il piccolo animale capiva che cosa ci stesse facendo in quel luogo. Era dentro una scatola di cartone, appoggiata sulla sabbia che a quell'ora del pomeriggio stava diventando rovente.
«Spara! Spara!» continuava a urlare l'istruttore. «Devi imparare a uccidere!»
Il cagnolino amava i bambini, sapeva che i piccoli umani giocavano spesso con lui, e scodinzolò.
Il braccio del bambino era teso e tremava.
«Flettilo. Quando sparerai ci sarà un rinculo dell'arma e potresti slogarti il gomito» ordinò l'istruttore.
Concentrandosi sul rilassamento del braccio, la mente si occupò degli aspetti tecnici dal problema, accantonando i dubbi morali. Per istinto prese la mira, come gli era stato insegnato. Una volta collimato il mirino con il musetto dell'animale, l'indice fu pronto a piegarsi. Un movimento di pochi millimetri, quasi impercettibile. La differenza tra la vita e la morte.
- No! – pensò il bambino. – Non è giusto. -
Il bambino sapeva che l'istruttore doveva costringerlo a sparare, era quello lo scopo dell'addestramento di quel giorno. I ragazzini non dovevano pensare al bersaglio, dovevano imparare a far fuoco quando qualcuno glielo avrebbe ordinato.
«Spara! Davanti hai solo un bersaglio.»
Il braccio si tese un'altra volta, la canna della pistola era puntata verso il cucciolo, ma tremando il bambino non inquadrava il bersaglio. Una lacrima bagnò l'attaccatura del naso. Era scosso dal senso di colpa. Gli avevano insegnato a rispettare gli adulti, a rispettare i loro desideri e allo stesso tempo aveva imparato che la sua era una religione d'amore. Poteva comprendere che fosse necessario uccidere il nemico per difesa, ma in quel momento aveva davanti a sé solo un cucciolo inerme.
«Spara! Quando sarai nella scuola del nemico dovrai estrarre la pistola e sparare a tutti quelli che avrai davanti. Spara vigliacco. Spara!»
La lacrima scese lungo il viso lasciando una scia. – Non è giusto. –
Pensò senza avere il coraggio di parlare.
«Spara!» Urlò l'istruttore.
Il bambino tremava ancora, non poteva mirare. Doveva farlo, doveva eseguire gli ordini. Gli adulti sanno sempre che cosa è giusto fare.
«Spara!»
Sapeva che avrebbe ucciso. Era il suo dovere, doveva eseguire la missione che gli era stata affidata da Dio.
«Devi imparare a uccidere! Spara! Spara!»
Doveva dimostrare d'essere capace a farlo. Non era un vigliacco, era pronto a compiere il suo dovere per conquistare la libertà.
«Spara!»
La sua libertà, la libertà del suo popolo dipendeva da lui.
- Sì - pensò, e decise.
Smise di tremare, non aveva più senso farlo. Sapeva come comportarsi. All'improvviso il bambino era diventato adulto, rinunciando al diritto di avere un'infanzia. Il bersaglio si trovò immobile al centro del mirino.
L'istruttore impallidì. Aveva addestrato molti ragazzini, a volte aveva usato il bastone per convincerli a uccidere. Ma non gli era mai capitata un'esperienza del genere. Nessun allievo aveva osato puntargli la pistola contro.
L'uomo non parlò. Si mosse lento verso il bambino. Stava alzando la mano per togliergli l'arma, quando ci fu uno sparo.
Il bambino non si aspettava un rumore così forte. Aveva sparato in aria.
L'istruttore terrorizzato, si era bagnato i pantaloni; il bambino vide la macchia e sorrise. Lui si era sentito orgoglioso quando aveva imparato a non farsi più la pipì addosso.
«Non è giusto uccidere!» Disse rivolto all'uomo, e si allontanò massaggiandosi il gomito. Aveva sbagliato tenendo il braccio teso durante lo sparo, ma l'istruttore non lo avrebbe rimproverato.
Il cagnolino, spaventato dal colpo, si era rintanato in un angolo della scatola di cartone, solo quando fu certo che tutto fosse finito, balzò fuori. Le goffe zampette non ressero il peso della caduta e sbatté il muso sulla soffice sabbia. Si rialzò subito e muovendo maldestramente il sedere con l'intenzione di scodinzolare, seguì il bambino.


Data invio: