I

«Chi è il burattinaio?»
Brian Torme, stava relazionando "Psicopatologia della vita quotidiana" di Freud, e mentre parlava della fragilità della mente umana scrisse questa domanda senza saperne il perché e nemmeno il senso.
«Chi è il burattinaio?» ripeté ad alta voce.
Dalla finestra del suo appartamento, a 2 km da Oxford, dove studiava psicologia, sentiva provenire schiamazzi di bambini, che ritornavano a casa infangati dal campetto di calcio e grida delle madri innervosite per ritardi o mille altre cose.
Si fermò un momento ad ascoltare questi rumori, che aggiunti ai suoni della strada lì vicina creavano una sorta di "Sinfonia della Quotidianità": già, quello era il nome giusto per descriverla. Questa sinfonia lo riportò a 20 anni prima, il giorno in cui vide il mondo la prima volta, e in cui sua madre lo vide per l'ultima: il 27 aprile.
Pensò a tutta la sua infanzia, a suo padre sempre presente, ma all'antica, che non riusciva a comprendere a fondo il figlio, soprattutto nell'adolescenza.
Brian uscì scosso dall'infanzia, e nel profondo molto violento.

Mentre faceva queste riflessioni entrò in appartamento Tom, Tom White, il co-inquilino di Brian.
Tom era un ragazzo di 19 anni, irlandese, proveniente da una delle famiglie più in vista di Dublino.
La sua condizione sociale gli permetteva di avere soldi a sufficienza per andarsene in giro tutti i giorni e tutte le sere per l'Inghilterra, ignorando completamente la ragione della sua permanenza lì : lo studio.
Appena entrato, Tom bofonchiò: «Cazzo Brian è pronta la cena!?!»
«No.»
«E perché non è pronta?»
«Perché avevo da fare.»
«Che cazzo me ne frega se avevi da fare, io ho fame.»
«Allora brutto stronzo ubriacone, potevi preparartela invece che andartene in giro a sbronzarti.»
Detto questo, Brian, si scagliò contro Tom dandogli un pugno all'altezza dello stomaco.
Se lo meritava.
No, voleva farlo vomitare per far passare la sbronza.
E se lo meritava.

Dopo questo "chiarimento" si diresse verso la cucina per preparare la cena, mentre Tom continuava a rimettere rumorosamente.
«È fottutamente snervante» pensò Brian.
Prese il telefono e ordinò due "McMenù" dal McDonald's più vicino.
Poi un "Happy-Meal" per Tom.
«Mangerà pochissimo» disse fra sé e sé.

Nel frattempo Tom era uscito dal bagno e si puliva la bocca.
«Fai davvero schifo!»
«Se tu non mi davi quel cazzo di pugno in pancia...»
Suonò il campanello.
«Sono veramente veloci.»
«Chi?»
«Quelli del McDonald's»
Andò alla porta. Non erano quelli del fast-food.

II

Alla porta c'era un ragazzino, di 12 forse 13 anni, con gli occhi azzurri, capelli a spazzola, un'imbarazzante maglietta del wrestling addosso e una busta in mano.
La teneva così stretta che pareva fosse l'unica cosa che dovesse fare e in cui ci dovesse mettere tutto il suo impegno.
«Il signor White, Tom White?» chiese timidamente.
«No.»
«Ho qui il primo premio della lotteria della scuola.»

Brian ricordava che Tom gli aveva parlato di aver comprato da un bambino un biglietto della lotteria: il numero 2704.

«E cosa sarebbe questo premio?»
«Un viaggio per due persone in Australia in hotel 4 stelle.»

Sembrava aver imparato a memoria quella frase.

Brian sorrise, o meglio ghignò, fissando il ragazzino.
Lui ricambiava con un sorriso timido e uno sguardo perplesso.
Senza dire nulla Brian colpì il bambino con un pugno dritto sul naso.
Se lo meritava.
Il corpo del ragazzo volò sul tappetino dell'ingresso, non riprendeva conoscenza.
L'aveva fatta grossa.
«Cazzo» esclamò.
«Ma se lo meritava» pensò.

Tom non aveva sentito niente, così trascinò il corpo del bambino nel garage e tornò in casa.
«Chi era?»
«Testimoni di Geova.»
Il campanello suonò di nuovo. Pensò fossero i panini, aveva fame.
DOVEVANO essere i panini.
Erano i panini.
Lì mangiarono in silenzio, rotto solo dalle lamentele di Tom a proposito dell' "Happy-Meal".
Finito di mangiare, Brian pulì il tavolo, butto via le confezioni del "McDonald's" e telefonò alla sua ragazza...
Non era in casa.
Provò al cellulare...
Non rispose.
«Siamo solo delle strafottutissime marionette!»
«Cosa hai detto?»
«Chi è il burattinaio?... Chi è il burattinaio?... Chi cazzo è il burattinaio?» la sua voce cresceva di intensità ad ogni sillaba, alla fine era un grido animalesco: «CHI CAZZO È IL BURATTINAIO!!??!!»

Si svegliò quando Tom chiuse la porta.

III

«Una delle cause principali di patologie psichiatriche è lo stress, fattore perennemente in aumento nella fascia giovanile.
Nei casi più gravi lo stress può portare alla follia più totale.
Lo stress è comunemente inteso come stanchezza dovuta a pressioni sul posto di lavoro o in famiglia, ma può anche derivare da situazioni snervanti di vita quotidiana, come apparenti ingiustizie e diversità.»

Brian si era addormentato su queste parole di Freud.
Che sogno strano.
Aveva uno strano appetito.
Di Cheeseburger.
Prese il telefono e compose 865, il prefisso di Oxford e delle zone circostanti.
754866 il numero del McDonald's.
Ordino due McMenu.
Uno era per Tom.
Li mangiarono in silenzio, ognuno pensando ai fatti propri. Brian continuava a pensare a quella maledetta frase : «Chi è il burattinaio?»
Quando ebbe finito, buttò via i cestini del fast-food e si sedette davanti alla TV.
Non c'era niente di interessante.
Decise allora di andare a riposare e si addormentò di botto.

Fece ancora lo stesso sogno.
La cosa diventava sempre più inquietante.

IV

Il mattino dopo si svegliò troppo tardi per andare all'università.
Decise di starsene a letto ancora per un po'.
Verso mezzogiorno si svegliò, e con lui anche Tom, il quale era stato ad una festa la sera prima.
Brian andò in cucina e prese un coltello lungo una ventina di centimetri.
Lo piantò.
Nel petto.
Di un pollo comprato il giorno prima.
Suonarono alla porta.

Tom andò ad aprire.

«Hey, un ragazzino mi ha dato questa» disse indicando una busta bianca con scritto: al signor Tom White dalla scuola W.Shakespeare.

Non poteva essere.
Eppure lo era.
Non poteva essere.

«C-cosa c'è dentro?»
«Il premio di una lotteria.»
«Cosa hai vinto ?»
«Un viaggio per due persone in Australia in hotel 4 stelle.»

Brian sorrise... sorrise nello stesso modo in cui sorrideva nel sogno... ghignava.
Durante questi dialoghi Brian aveva sempre avuto in mano il coltello.
Cominciò a bisbigliare: «Sono io il burattinaio... Sono io il burattinaio... Sono io il burattinaio.» Alzando ad ogni sillaba il tono di voce fino a quando non si fermò.

Alzò in aria il coltello.
Urlò.
E lo conficcò nel petto di Tom.

«Se lo meritava» pensò.
Continuò allora a colpire il petto di Tom che finì per non aver più sangue da spruzzare.

Quindi guardò il coltello.
Lo guardò da vicino.
Sempre più vicino.
E lo gettò a terra.
Trascinò Tom in casa, chiuse la porta, e si barricò in camera da letto.

Dopo un paio di giorni i vicini si accorsero che dalla casa non proveniva nessun suono e chiamarono la polizia.
Gli agenti trovarono Tom steso a terra in un lago di sangue rappreso e la porta della camera di Brian chiusa. La sfondarono.
Quello che trovarono fu un cadavere appeso per il collo ad un'asse del tetto.
Sul letto c'era un bigliettino giallo con scritta un'unica, a prima vista insignificante sillaba: "IO".


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