Rimembranze sopite ogni singolo frammento è tratto da un storia vera
dalle memorie di Giuseppe Addragna

24/02/2006 ore 3.21.00

2006 a ritroso nel tempo
di
Gabriela Del Rosario Abate

Dedicato a mio zio

"Nel vortice delle ruote di metallo e gomma il mio corpo rimarrà imprigionato in eterno. La luna e il sole toccano le mie gambe che colme di speranza mi fan credere d'avere ancora una speranza: alzarmi un giorno e poter correre e marciare come al mio tempo".

Come passa il tempo! Le ore, i minuti, gli anni sembrano scorrere inarrestabili. La corrente li spinge oltre il mare e la memoria è talvolta così labile.

Non v'è modo per fermare il tempo. Niente ha importanza se non il ricordo delle nostre vicende, delle nostre vite.

Silente ascoltai le rimembranza da tempo sopite, taciute, millenarie ma tuttora vive e fulgide nella mente di un uomo che adesso conta l'età di novant'anni.

Cosa rimane nella vita se nulla v'è di raccontato, narrato, impresso nero su bianco? Niente.

Questo è ciò che afferma Erodoto e che pienamente condivido.

I pensieri, le emozioni, i ricordi sono come pietre miliari di ognuno di noi che meritano d'essere citate e narrate oltre ogni confine della mente.

Ripenso ad un giorno di gelido inferno. L'aria era tagliente come lame, il paesaggio era avvolto da una nuvola di nebbia che pareva annunciare una tempesta. E le case non assumevano il loro vivo e pieno colore che si può scorgere nelle giornate di primavera in Sicilia.

Ho ben chiaro il momento dell'inizio delle memorie: ore 16,30 del pomeriggio, una casa dalle pareti bianche, la temperatura fredda ed una sedia in legno lavorata a mano.

È cosi che inizia la Storia.

In un caldo giorno Giuseppe Addragna s'affaccia alla vita. Nato nel 1916 da E. ed M. Addragna. I vari tasselli di questo mosaico non mi sono ancora chiari, in quanto la memoria tal volta è fragile. Tutt'ora egli regna tra i vivi ed è uno dei pochi che ricordano la "seconda guerra mondiale".

"La vita e la morte sono analoghe alle due facce di una moneta. L'una non può vivere e morire senza l'altra. Nella mia vita ho visto tutto. Ho conosciuto il dolore, la gioia e guerra. Vivo ancora nel ricordo di quegli anni trascorsi in Africa e sento nelle tempie ancora gli spari e le urla dei miei compagni. Il frastuono era troppo forte per poterlo dimenticare..."

Quel giorno d'inverno alle ore 16,30 v'erano presenti tre persone ad ascoltare insieme a me le memorie sopite da tempo di Giuseppe Addragna.

È inevitabile pensare al dolore provato, a quanto peso quest'uomo porti con se. Niente può cancellare il nostro passato, nulla lo può sostituire.

I ricordi convivono con ognuno di noi, nella mente, ma spesso vengono archiviati per evitare tanta sofferenza come quella dell'uomo che mi narra, davanti ad un diario, le sue rimembranze.

"...e sentivo le voci di coloro che erano accanto a me, sconvolti e atterriti dalla paura. Vedevo gente di ogni nazione, soldati che danno la loro vita per salvarne delle altre. E tutti piangevano e morivano. Ognuno cercava riparo in qualche nascondiglio...".

Mi sembrava quasi di vedere allo schermo quelle immagini. Delle diapositive proiettate in sequenza e rimanere attoniti a tante atrocità.

Sembra di vederli nel deserto i volti impauriti e la sabbia che si scaglia contro i loro occhi.

Non ho mai vissuto in prima persona una guerra e non comprendo fino infondo tutto il sentire di Giuseppe Addragna. La mia mente si limita ad immaginare, nell'intenzione di aprire il mio cuore a qual cosa di più profondo delle frivolezze della vita d'ogni giorno.

Quel giorno in quella stanza c'era un enorme silenzio tranne la voce di quell'uomo che, con gli occhi gonfi di lacrime, narrava le sue memorie.

È sempre difficile fare i conti con il passato, rievocare avvenimenti che fino ad allora erano rimasti sepolti nel viale dei ricordi, intrappolati nella mente, annodati con lacci che risulta difficile sciogliere.

Non ho avuto ancora i coraggio di chiedere se nella notte, accanto a sua moglie, nel buio, nel silenzio egli sentisse ancora le grida e gli spari, o il rumore dei carri armati.

Mi sentivo spersa in quella stanza mentre quell'uomo cercava di raccontarmi il suo vissuto, trattenendo dagli occhi lacrime in piena.

Sentivo l'umidità avvolgermi lentamente nonostante il camino riscaldava l'ambiente.

"...vedevo vicino a me uomini atterriti che mi guardavano implorando il mio aiuto. Gli occhi rivolti al cielo come per chiedere perdono. Andavo camminando lungo il deserto vedendo attorno a me degli arti staccati dai corpi, inorridendo a tale visione. La guerra è terribile, non c'è niente di più violento e crudo al mondo..."

Mentre quell'uomo parlava sentivo tutto il suo dolore che lo travolgeva e toccava nell'intimo. Chiunque avrebbe un tale sguardo perso nel vuoto e nel ricordo, chiunque abbia veduto e vissuto tanta violenza.

Ad una distanza di cinquanta centimetri potevo sentire il suo cuore battere e la sua anima commuoversi e la sua essenza rabbrividire.

Non avevo mai visto uno sguardo tanto intenso, provato dalla sofferenza, causato dalla crudeltà dell'essere umano e adagiatosi nel cuore di Giuseppe Addragna senza abbandonarlo.

"la mia famiglia era in attesa di mie notizie che non arrivarono mai, fino al momento in cui da una barca approdai in Sicilia e grondante di sangue varcai la porta di casa. Rivedo ancora gli sguardi turbati di mia madre e mia sorella che cercavano di strapparmi un sorriso. Erano contenti di riabbracciarmi ed io di rivedere loro. Piansi tanto quella notte a casa mia nel mio letto, ma ormai ero al sicuro".

Mentre continuava a parlare io ascoltavo commossa e le pareti sembravano anch'esse lacrimare.

Mi disse che venne salvato dal Signore, che era stato aiutato da una grande forza, che il suo fato non era ancora terminato e non era arrivato il momento per riabbracciare colui che gli aveva regalato la vita.

Di quella giornata ne conservo tutt'oggi il ricordo. Sento ancora dentro al cuore la sua voce che rassicurante e colma di esperienza mi racconta tutto ciò che ha vissuto.

Credo che quel giorno egli si fosse liberato da un peso enorme, troppo grande per rimanere imprigionato nel viale dei ricordi. È per questo che ho deciso di imprimere questi brevi ma intensi tralci di vita nero su bianco.

La memoria è troppo grande per lasciarla sopita, così come quella di Giuseppe Addragna che una domenica alle ore 16,30 mi aprì il varco dimensionale che separa passato e presente.

Vive ancora oggi Giuseppe Addragna nel presente e nei miei ricordi come un vero grande uomo che ha vissuto la guerra portando con sé le memorie di tutta un'umanità che merita di essere ricordata.


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