Dedicato ad A., grazie per aver addolcito le mie sofferenze lavorative.
La nostra storia è finita e so bene che niente ti riporterà da me, ma io continuo a sperare.
Credo nei sogni, forse perché ho tredici anni in meno di te, uso creatività e non diplomazia, ho passioni forti, il lavoro non mi nobilita, amo al plurale, amo i riflettori, ma mi manca la luce dei tuoi occhi, specchiata nei miei.

Gustando una tazza di tè, tutto è più semplice, anche scrivere questo diario, dedicato ad una persona che mi ha regalato il settembre di passione più intenso che abbia mai provato.
Conobbi Alex la scorsa estate, in una calda mattinata di giugno, ci incontrammo per discutere su alcune problematiche relative al mio lavoro, fu un incontro breve, sorseggiammo caffè e ci salutammo poco dopo.
Non detti importanza a quell'incontro e al fascino misterioso di quell'uomo, che, in qualche modo avrebbe potuto interessarmi, attraente, ironico, intelligente ma soprattutto vicino ai quaranta, appartenente a quella generazione di uomini che sembrano non invecchiare mai e che portano le prime rughe, consapevoli del fascino che hanno sulle loro vittime, generalmente giovani, idealiste, spensierate, nate negli anni ottanta.
Da quel giorno, non ci furono più incontri, ma una serie di lettere e telefonate monotematiche: lavoro e mobbing.
Verso la fine d'agosto le nostre telefonate divennero sempre più personali, parlammo di famiglia, hobbies e aspirazioni, con la naturalezza e la passione di chi si conosce da tempo.
Lo invitai a cena, in una piovosa serata di settembre. Quella sera aspettai con ansia il suo arrivo. La cena fu un incontro formale, alla quale partecipammo in tre, Alex arrivò e fu assalito dall'amorevole benvenuto del mio Amstaff e poi dal mio.
La serata proseguì da programma, cena frugale, buon vino e molta conversazione, che fu tenuta per la maggior parte del tempo dal mio compagno, finalmente felice di aver un uomo con cui parlare, stanco delle mie richieste di lavori da ultimare e di scadenze da ricordare.
Durante la cena mi osservò molto, per quella cena non avevo adottato un look particolare, ero vestita di nero, casual, non aderente.
Incrociai i suoi sguardi e l'intensità dei suoi occhi, molte volte, pur non provando ancora per lui nessun sentimento, verso la fine del pasto, togliendo dal tavolo le stoviglie gli chiesi, con fare innocente, «hai finito, posso toglierti tutto?» lui mi sorrise malizioso e rispose «si, magari in un altro luogo», quella frase, detta senza pensare, mi fece capire che da quel momento, A. avrebbe potuto diventare un caldo amante.
La serata si concluse poco dopo, lo accompagnai alla porta e il mio Amstaff gli stacco con forza dal polso, un braccialetto, nero con inserti in metallo, lo raccolsi e la mia mano sfiorò la sua, i nostri sguardi si incrociarono.
Lo accompagnai alla macchina e lo baciai, lo guardai negli occhi e percepii un visibile imbarazzo, poi mi disse «Hai la macchina lontano, ti posso accompagnare?»
io, stupidamente, senza capirne il doppio senso, risposi «No, grazie, la mia è parcheggiata nel cortile», lo salutai e dentro di me urlai «Cretina, mangia uomini, prendi la macchina e raggiungilo!».
Salutai il mio compagno con un bacio veloce, presi la macchina e gli mandai un sms, con scritto «La persona che hai conosciuto stasera, non è la vera Val., quello che hai visto è una farsa, avrò modo di farti conoscere quella vera».
Mi rispose tempestivamente, «Buona notte, ci sentiamo domani», io non seppi aspettare e lo chiamai e lui mi rispose dicendo «È già domani?», conversammo per venti minuti, parlammo delle nostre vite, dei nostri sentimenti, di tradimenti, gli raccontai di avere un amante e di frequentare locali di un certo tipo, parlare con A. era come viaggiare sulle stesse frequenze, m'innamorai di lui dopo quella telefonata.
Una frase mi colpii durante quella chiamata, mi disse che poco prima, durante i saluti, aveva provato una strana sensazione, forse il desiderio di abbracciarmi, ma non riusciva a spiegarselo. Fu semplice, tenero ed indimenticabile.
Pochi giorni dopo lo invitai nell'appartamento dei miei genitori per poterlo amare, lo invitai l'11 settembre, una data che per tutti noi è sinonimo di terrore, fuoco ed eroi.
Quella sera mi trovavo a casa di mia sorella, insieme alla famiglia guardammo, con occhi pieni di dolore, quelle terribili immagini di cinque anni prima, ad un certo punto il telefono vibrò, A. mi mandò un sms con scritto "24 Ore", ci saremo visti tra 24 ore.
L'attesa passò velocemente, Alex arrivò alla casa dei miei genitori puntuale, gli andai incontro e ci perdemmo in un lungo bacio e in un abbraccio che profumava già d'amore.
Mi lasciai coccolare per qualche minuto, decidemmo di non cenare, lo feci accomodare in salotto, gli chiesi se desiderava vedere un film, gli proposi "Eyes Wide Shut" di S.Kubrick e lui mi disse di non averlo mai visto, io gli dissi «In questo film, vedrai quello che faccio, una volta alla settimana in un locale a Torino».
Seduti sul divano, ci baciammo e i vestiti caddero al suolo velocemente, mi baciò dal viso fino ai reni, ricordo con piacere la sua lingua, che con perizia bagnava il mio corpo.
Ci spostammo in camera da letto, le sue dita si introdussero dentro la mia intimità con un tatto delicato, come quello di chi ama, per professione.
Facemmo l'amore e fu una invasione di sensi, parlammo molto e restammo abbracciati per molto tempo, ricordo le sue mani e la sua lingua che accarezzava il mio collo e la schiena, fu tutto meraviglioso e capace di allontanarmi dalla realtà. Lasciai Alex tornare dalla sua famiglia, ci perdemmo ancora in baci e abbracci e la sua dolcezza mi colpiva sempre di più.
Riuscimmo ad amarci due volte durante quella settimana dorata, il mio cuore aveva trovato finalmente un incastro perfetto.
Passarono pochi giorni da quell'ultimo incontro, decidemmo di incontrarci in una graziosa cittadina lontano da occhi indiscreti.
Ricordo ancora molto bene tutti i particolari, le nostre mani unite e la sensazione di benessere generato da quei piccoli gesti, baci e carezze, dalle scale sino ad arrivare all'entrata di un palazzo antico, alti soffitti, scala in pietra, un piacevole dejà vu' somigliante ad interni di palazzi borghesi parigini, visti con gli occhi di una cinepresa, che mi ricordavano i tanti film di Truffaut e di Bertolucci.

Mi sentivo bene, vicina alla protagonista di The Dreamers, appassionata di cinema e sesso, unici veri motori della mia esistenza.
Quella sera, amai Alex, sopra una scrivania per ore, tutto il contorno era superfluo, eravamo uniti in qualcosa di straordinariamente forte e quegli occhi si fondevano nei miei, come una lega non stucchevole.
La serata passò tra sesso e argomenti leggeri, una mia richiesta lo turbò visibilmente, gli confidai una volontà, un desiderio profondo, espresso da me, con serietà e consapevolezza.
Quell'incontro fu per me decisivo e in parte distruttivo, la mattinata successiva fui svegliata dall'arrivo di un sms, in quel messaggio mi scrisse "Buongiorno tesoro, questa mattina sarei rimasto volentieri a letto a fare l'amore con te, pazienza".
All'incontro e all'invio di quel messaggio, seguirono lunghe deliziose telefonate, fino alla decisione di fare, per la prima volta, un breve viaggio insieme.
Il treno che ci avrebbe portato a Roma, partii alle 19:00 del 04 ottobre, lo aspettai al binario 10, Stazione Centrale, Milano.
Alex arrivò all'appuntamento stanco, ma visibilmente felice di passare con me, qualcosa di più di un ritaglio di tempo.
Durante il viaggio, le nostre mani si unirono fino all'arrivo a Roma. Roma, simbolo di storia e bagliori dello spettacolo, era come la ricordavo, incantevole.
Quel lungo viaggio cambiò il mio modo di sognare. Per sfuggire dalla realtà, ero abituata a perdermi in un d'essai o ascoltando Ella Fitzgerald, tutto sembrava annotato con perizia in una sceneggiatura senza correzioni.
Quella lunga notte, la passammo a fare l'amore, tra le sue braccia mi sentivo sicura e il suo calore mi ricordava il passato. Quella calda notte romana fu per me, puro Prozac naturale.
Svegliarsi la mattina, con baci e carezze, per tanti non è quotidianità, di quella mattina di ottobre ricordo Alex infilarsi una camicia verde scuro e nel tentativo di fare un nodo alla cravatta.
Mentre si preparava per uscire, io lo aspettavo nel letto, si avvicinò per salutarmi e io mi misi in ginocchio, il lenzuolo copriva le mie gambe, Alex mi baciò, lo vidi felice, gli dissi «Ti amo, buon lavoro».
Alex se ne andò dopo pochi minuti, vidi la porta chiudersi e lo lasciai correre verso la vita, quella coronata dalla passione per un lavoro delicato ed impegnativo, che spesso ci aveva diviso.
Quel lieto distacco dalla realtà stava per concludersi, presi la valigia e riposi il completo intimo, rosso con farfalle stampate, che conservava ancora il suo profumo.
Prima di lasciare la stanza, mi affacciai alla finestra, davanti a me la maestosità del passato e il folklore odierno, da quella finestra lo vidi salire su un taxi e allontanarsi dal mio cuore, con la netta sensazione, che quella fuga d'amore avrebbe cambiato la nostra relazione.
Trascinai la valigia fino alla hall, feci colazione e il dolce profumo del croissant caldo alla crema, non mi distolse da quel presentimento.
Lasciai l'hotel ed incominciai una breve visita alla città. Quella mattina mi feci avvolgere, prima dalle sue braccia poi dal vento caldo che mi accompagnò per tutta la visita.
Lasciai Roma dopo poche ore, il lungo viaggio verso Milano lo passai a riflettere sui sentimenti, uno consolidato dal tempo, uno arricchito da paiellettes, privé e buon vino, l'altro puro senza doppi fini.
Tornai a casa, stanca ma carica di emozioni, quella notte l'avrei passata sola e il risveglio sarebbe stato anonimo.
Passarono dieci giorni da quella fuga romantica, ci incontrammo in una piacevole località di villeggiatura, durante quella sera, mi lasciai spalmare su tutto il corpo, una dolce crema alle nocciole e fu come tornare adolescenti, lo amai per due ore, ma lo notai assente.
Passarono nove giorni da quell'incontro, decidemmo di vederci nel pomeriggio, l'arrivo di due sms spezzò l'entusiasmo, quei messaggi contenevano frasi che non avrei mai voluto leggere, dopo un mese di relazione.
Lo aspettai agli arrivi di un aeroporto, a me familiare e ricco di ricordi, cercai di nascondere con il trucco, il viso visibilmente sconvolto e gli occhi segnati dalle lacrime.

*

L'aereo arrivò puntuale, lo aspettai per venti lunghi minuti, passati perlopiù a singhiozzare. Accanto a me felicità, sorrisi e colore, dentro di me negatività e malessere.
Lo riconobbi subito tra la folla, indossava una giacca di pelle nera, il suo viso era radioso e visibilmente non sorpreso di vedermi. Parlammo molto, seduti in una sala d'aspetto gremita e poco indicata per dirsi addio, le sue parole, espresse con delicatezza, mi ferirono e mi riportarono lentamente alla realtà.
Le nostri mani si unirono ancora una volta, i baci e le carezze, sarebbero stati solamente ricordi indelebili.
Quel pomeriggio, avrei dovuto passarlo a sognare seduta in un cinema di periferia, avrei preferito commuovermi davanti ad una pellicola israeliana, forse però non sarebbe servito a cambiare le correzioni alla sua sceneggiatura.
Non ci incontrammo per settimane, durante le quali, mi sentivo svuotata, priva di quella personalità estroversa che mi caratterizzava dal suo incontro.
La nostra storia sarebbe finita, dopo l'invio di numerosi sms, carichi di veleno. Ci incontrammo per l'ultima volta, in una fredda serata invernale, di un 07 novembre, che ricorderò come la peggiore della mia vita.
Ci incontrammo al casello autostradale di un paese che, prima di allora, mi riportava alla mente solamente dolce profumo di una grande industria dolciaria. Fu un incontro veloce, Alex era visibilmente stanco, io scossa e con la voce rotta dalla commozione, non riuscii a recitare le ultime battute di una relazione che non avrebbe dovuto finire.
Ricordo gesti carichi di sentimento, la mia mano stretta nella sua e un bacio, l'ultimo, appassionato ma veloce, la mia testa appoggiata sulla sua spalla e un suo bacio, paterno, teneramente dato sulla fronte e la mia mano che scivola dalla sua, l'ultimo contatto di una relazione cinematografica, ma reale.
Riuscii a trattenere le lacrime fino al momento del distacco. Lo vidi uscire di scena lentamente e immediatamente provai la stessa terribile sensazione di quella mattinata romana.
Ripresi l'autostrada e piansi fino all'arrivo a casa, quella sera non fu facile sdraiarmi in quel letto carico di suoi ricordi, presi il telefono e gli scrissi ancora un sms in cui gli confidai che mi sarebbe mancato, lui mi rispose poco dopo scrivendomi «Anche tu...».
Durante quella notte non riuscii a dormire e non fu che l'inizio di un periodo ricco di avvenimenti che avrebbero segnato negativamente la mia vita. Durante quella settimana, persi l'uomo che amavo e persi anche il lavoro.
Gli parlai del licenziamento, da quel momento avrebbe seguito il mio caso, da quel momento il nostro rapporto sarebbe ritornato alle origini, al completo distacco fisico. La chiamata fu scandita da frasi di circostanza, ma un piccolo cenno d'affetto spezzo la formalità di quelle parole. Quel piccolo cenno d'umanità, mi allontanò per un momento dalla mia sfortunata situazione.
Nelle settimane successive mi affannai nel cercare di riempire la mia vita con appuntamenti, colloqui di lavoro, sesso per cercare di colmare quella perdita.
Ripresi a frequentare i privé in compagnia di Vic, il mio amante, passammo lunghi pomeriggi tra droga, alcool e sesso.
Per colmare il vuoto lasciato da Alex, mi buttai tra le braccia di un amico di Vic, cercando in lui Alex.
Luc. era gentile e molto gradevole, mi lasciai coccolare.
Cercai di nascondere le lacrime che si mescolavano al sudore all'interno di una sauna gremita. Le sue mani, morbide e discrete, scivolavano dentro di me con piacere, Luc. Non si accorse delle lacrime, Vic. si.
Mi allontanai dalla sauna scusandomi, andai a piangere in bagno, molte donne avrebbero voluto essere al mio posto, io non desideravo altro che Alex tornasse a completare la mia esistenza.
Luc. e Vic. mi aspettarono al bar, li raggiunsi e mi consolai con un aperitivo, Luc. staccò l'assegno promesso, lo rifiutai.
Vic. mi consolò per tutto il viaggio verso casa, dicendomi che da tempo aveva intuito che quella storia sarebbe finita. Qualche settimana prima, di ritorno da uno dei nostri incontri nel privé, aveva ascoltato passivamente una conversazione telefonica,
tra me e Alex, Vic. mi disse con freddezza mista a delicatezza, che Alex mi avrebbe scaricato poiché nella sua vita, ordinata e esemplare, non c'era posto anche per me, che la sua carriera contava più della sua famiglia e di un'amante troppo giovane che aveva sballato i suoi ormoni per qualche settimana.
Ripresi a lavorare per Vic., passai lunghi pomeriggi ad organizzare nuovi programmi televisivi, il lavoro però non bastava a compensare il vuoto lasciato da Alex.
Lo tempestai di sms e di telefonate a cui non rispose per giorni, durante i quali desideravo togliermi la vita, m'imbotti di Prozac. e in preda ad una crisi, gli scrissi una lettera, che non avrei mai dovuto spedire.
Lo avverti dell'arrivo della lettera, a cui rispose inevitabilmente con ira e a cui seguii una lunga conversazione carica di odio e cinismo.
Una possibile riconciliazione risultava impossibile, le sue parole distaccate ed indelebili, echeggiano dolorosamente dentro di me, ancora oggi, a due mesi di distanza.
Allontanai Alex dai miei pensieri, concentrandomi sul mio compagno e su Vic. Vic. mi consolò a suo modo, mi buttai nel lavoro televisivo e tra le lenzuola dei letti del privè. Partecipai a nuovi giochi sessuali per la prima volta ebbi un rapporto omosessuale, regalai a Vic. quella prima visione, Vic. la contraccambiò.
Durante quei pomeriggi, fui corteggiata e usata, provai sensazioni forti e mi sentii desiderata, il ricordo di Alex era presente in ogni atto sessuale.
Lasciai Italia, qualche giorno dopo a quel pomeriggio passato tra cocaina e sesso.
Partii per Londra con la speranza che quel viaggio potesse far bene al mio stato d'animo provato.
Partii per Londra 11 dicembre, poco prima di recarmi al ceck-in chiamai Alex, mi rispose con freddezza, lo sentii assente, le sue parole mi ferirono, forse non avrei dovuto chiamarlo, ma avevo bisogno di sentire quella voce, che per sei settimane, aveva scaldato il mio cuore, ogni mattina, tra le 9:00 e le 10:00, durante le passeggiate autunnali insieme alla Amstaff, durante la preparazione dei palinsesti, durante i preparativi per i pomeriggi da passare nei privè, mentre mi sistemavo i capelli, mentre sceglievo la biancheria per Vic., mentre preparavo la besciamelle per le lasagne.
Durante il volo, iniziai a leggere un romanzo in cui ritrovai parte delle mie esperienze sessuali e delle figure maschili, presenti nella mia vita. Piansi molto durante il viaggio, ricordando i momenti passati insieme ad Alex, atterrai a Londra, pioveva e le mie lacrime si mescolarono alla pioggia leggera, tipicamente londinese.
Sistemai le mie cose alla residenza universitaria, presi dall'agenda la foto di Alex, che sistemai vicino alla finestra.
La permanenza in città fu gradevole, ritornai alla National Gallery, sostai per qualche minuti davanti alla "Vergine delle rocce" di Leonardo e mi lasciai avvolgere dai colori dei parchi londinesi.
Le giornate passavano veloci, immersa in una piacevole colorata, confusione ordinata.

Fu per caso o forse per desiderio, in un sereno mercoledì ventilato, presi il bus n.ro 9, da Piccadilly Circus a Royal Albert Hall, nelle vicinanza di Hyde Park Corner, salii un uomo sulla quarantina, biondo, molto affascinante, portava tra le mani un i-pod.
L'uomo con il viso arrossato dal vento, mi osservò per dieci minuti, poi ripose l'i-pod nella borsa azzurra e si avvicinò a me.
I lineamenti delicati e il candore del viso erano tipicamente britannici, indossava un lungo cappotto blu da cui spuntava una camicia dai colori tenui.
I suoi occhi bruni, vivaci mi riportarono subito alla mente Alex, ma l'uomo che avevo appena incontrato, era elegante, molto distante dall'atteggiamento di superiorità che Alex mi aveva trasmesso, sin da quella cena consumata in settembre.
L'uomo si sedette accanto a me, per prima cosa riconobbe i miei lineamenti mediterranei e mi chiese se fossi di nazionalità spagnola, poi mi disse che ero molto carina e che la mia pronuncia della lingua era corretta, parlammo con enfasi durante tutto il tragitto, mi chiese il motivo che mi aveva portato in città, gli risposi che ero partita per lasciarmi alle spalle una relazione finita, presto e male.
Mi chiese dove soggiornavo e che gli sarebbe piaciuto rincontrarmi l'indomani prima di recarsi in ufficio, scendemmo alla stessa fermata, Royal Albert Hall, mi accompagnò sino all'entrata della residenza, mi lasciò il suo biglietto da visita e mi salutò con un gesto d'affetto, mi sistemò il collo della giacca per coprirmi la gola, mi disse che il vento freddo avrebbe potuto raffreddarmi, lo baciai sulla guancia, il suo profumo, probabilmente una colonia molto costosa, sapeva di sandalo e vaniglia.
Frugai nella borsa, nel tentativo di trovare i biglietti da visita che Vic. mi aveva fatto stampare prima della partenza, ne trovai uno e glielo diedi, lui osservandolo esclamò «lavori per la televisione?», gli risposi che Vic. si occupa di produzioni televisive e che da un anno ero alle sue dipendenze.
Ci demmo appuntamento l'indomani alle 8:30, nella hall della residenza. Raggiunsi la camera al piano terra e dalla finestra lo vidi allontanarsi e perdersi tra gli edifici vittoriani, nelle vicinanze del teatro. Quella notte la passai a riflette sugli incontri occasionali e sulla forza della passione, quella notte la passai a piangere e a aspettare inutilmente un ripensamento da parte di Alex.
Feci colazione presto quella mattina, mi vestii casual e aspettai Greg seduta nei gradini esterni della residenza, arrivò puntuale, mi saluto dicendomi «buongiorno principessa» si tolse i guanti di pelle nera e mi diede una busta verde con un fiocco color oro, mi disse «è per te», aprii la busta dove trovai una sciarpa di lana rosa con lurex. Gli sorrisi, lo ringraziai gettandomi tra le sue braccia, lui mi sistemò la sciarpa e ci incamminammo verso Kensinghton Gardens.
Mi parlò della sua famiglia, mi mostrò la foto delle sue gemelle, mi prese per mano e mi guidò verso il Serpentine, mi raccontò del suo lavoro in uno studio notarile a Notting Hill, me ne parlò con poco entusiasmo in contrapposizione a quella specie di venerazione che Alex aveva per il suo.
Ero felice di avere al mio fianco un uomo con alle spalle fughe d'amore a Richmond con le amanti, insomma un uomo vero e fedifrago, lontano dalla perfezione che caratterizzava Alex.
Quella mattina, la passai immersa in un verde intenso, sdraiata su una panchina isolata con il capo appoggiato sulle sue ginocchia ascoltando i suoi racconti, abbandonata alle carezze di quell'uomo delicato e protettivo.
Restammo ore seduti su quella panchina, mangiando sandwiches e bevendo latte aromatizzato alla vaniglia. Raggiunse l'ufficio dopo pranzo e mi chiese di raggiungerlo nel tardo pomeriggio, mi scrisse le coordinate e il n.ro del bus che avrei dovuto prendere per raggiungere Notting Hill.
Presi il 27 alle 16:00 da Royal Albert e raggiunsi Notting Hill in pochi minuti. Lo studio di Greg, si trovava nella parte meno residenziale, in uno stabile antico, dai mattoni bruni. Salii i gradini e aprii una porta color ciclamino, entrai direttamente negli uffici, in un'atmosfera calda che profumava di the.
Greg mi accolse nel suo ufficio ben arredato, al centro una poltrona di pelle consumata dal tempo. Chiuse la porta a chiave, dimenticandosi di chiudere le tende della finestra che dava sulla strada pedonale, mi sollevò e mi appoggiò sulla scrivania di cristallo, incominciai a spogliarlo, sbottonai la camicia con forza, il suo torace glabro e gli addominali non accentuati lo rendevano ancora più vero, il suo fisico non perfetto ci accomunava.
Ho sempre adorato gli uomini con la pancia accentuata, sono morbidi e trasmettono sicurezza. Il fisico di Greg assomigliava a quello di Alex.
Slacciai prima la cintura di pelle nera, poi i pantaloni di tessuto tecnico, portava slip neri, non aderenti.
Greg mi spogliò, con la delicatezza con cui avrebbe spogliato le bambine prima di metterle a letto la sera. Greg si dimostrò delicato in ogni suo gesto, ancora una volta mi ritrovano a fare l'amore su una scrivania, tutto mi riportava a quella sera passata a fare l'amore con Alex su una scrivania che non dimenticherò mai, ma mi trovavo a migliaia di chilometri da quella cittadina piemontese a offrire il mio corpo ad uno sconosciuto che in qualche modo lo ricordava.
Fu splendido fare l'amore con Greg, tra caldi interni inglesi, the e lady fingers.
Passeggiammo per Notting Hill, le case di mattone scuro dalle porte colorate, raccontano l'Inghilterra vera, gli interni borghesi, tinteggiati di bordeaux, ricchi di divani in velluto e cuscini ricamati, sono quelli che le caratterizzano.
L'oscurità rendeva quel quartiere ancora più ricco di fascino.
Greg mi prese per mano, arrivati alla fermata dell'autobus, mi sistemò la sciarpa intorno al collo, mi confidò di volermi bene e che avrebbe voluto amarmi ancora una volta, prima della mia partenza.
L'aereo che mi avrebbe riportato in Italia, sarebbe partito 24 ore dopo da quella fusione di corpi e culture. Cenammo insieme e proseguimmo la serata alla residenza, la piccola stanza al piano terra e la luce proveniente dal teatro, facevano da scenografia alla passione senza eccessi, pura, quasi matrimoniale.
Mi addormentai distesa sopra di lui, con la mano appoggiata sul suo petto, nella stessa posizione in cui, a Roma, cercavo di prendere sonno, ma ero troppo eccitata per perdermi ogni respiro di quell'uomo che amavo, per cui avevo rischiato di perdere il lavoro e la mia relazione saldamente costruita da tempo.
Greg mi guardò dormire, mi svegliò per dirmi addio. Lo ringraziai per tutto quello che mi aveva donato, lui mi rispose che non avrebbe dimenticato il mio viso e la mia non ordinarietà.
Lasciai Londra venerdì in serata, durante il viaggio ripresi la lettura del libro che avevo incominciato durante il volo di andata, la lettura scorreva veloce e la protagonista del romanzo mi assomigliava sempre di più.
Un capitolo mi colpii in modo particolare. Val innamorata di un uomo più vecchio di lei, scopre di aspettare un bambino, con gioia ne parla al suo compagno, che freddamente gli risponde che è sterile da qualche anno e che ha già dei figli e che è troppo vecchio per diventare padre. Val decide di abortire, pochi giorni dopo scopre, attraverso un'amante del compagno, ormai divenuta amica e alleata, che il suo compagno gli ha mentito.
Prima di settembre, non avevo mai pensato ad avere un bambino, durante quella serata passata con Alex in una cittadina piemontese, gli espressi quel desiderio.
Probabilmente rimase scosso da quella richiesta e mi rispose che sicuramente avremo potuto creare un bambino intelligente, non era la risposta che mi aspettavo.
Glielo riproposi qualche giorno dopo, mi rispose che secondo lui «ero un po' su di giri», gliene riparlai a Roma. Non mi perdonerò mai quella leggerezza e non gli perdonerò mai la sua scarsa sensibilità a riguardo.
Arrivai a Milano in tarda serata, l'indomani avrei ripreso la mia vita e avrei riabbracciato Vic. e il mio compagno.
Martedì incontrai Vic. mi disse, con tenerezza insolita, che gli ero mancata. Fu meraviglioso. Passammo il pomeriggio nel privè, gli raccontai di Greg. Vic e io, ci frequentiamo da un anno ormai, Vic. mi ha aperto gli occhi su un mondo a me sconosciuto, mi ha insegnato molto, non ha mai usato parole dolci per chiamarmi, mi vuole bene e me lo dimostra con piccoli gesti d'affetto sporadici, mentre mi asciuga i capelli dopo la sauna nel privè, quando mi accarezza il viso e si ingelosisce quando qualcuno mi corteggia.
Ho amato Vic. fino a settembre, non avrei mai dovuto distrarmi da lui ed innamorarmi di Alex. Dedicandomi a lui ho trascurato un sentimento solido, anche se non facile. Londra non era servita a distogliermi da Alex, ne il viso sorridente di Vic. al mio ritorno. Le giornate scorrevano veloci nella consuetudine di sempre.
Natale era alle porte, i preparativi e lo shopping non mi distolsero da quel pensiero fisso. Tre giorni prima di Natale, chiamai Alex per fargli gli auguri, mi disse che aveva riflettuto su alcuni aspetti della sua vita e che io non ne avrei più fatto parte.
Le sue parole fredde e taglienti mi ferirono ancora una volta. Piansi molto, cercando di nascondere ancora una volta le lacrime ad un uomo, l'unico che mi abbia mai amato veramente.

Alex, amore non dimenticato, ti sei dimostrato perfetto, l'amante che ti telefona quando meno te lo aspetti, quello che ti invia sms indimenticabili, quello ama senza possederti, quello che riesce a trovare un'ora per te tra mille impegni e cambia aeroporto per poterti incontrare, quello che ti coccola telefonicamente per venti minuti ogni mattina, quello a cui auguri dolcemente la buona notte e che ti scrive un sms alle sei del mattino dall'aeroporto, quello per cui ti addormenti con stretta nella mano il cellulare e che ti sveglia con la vibrazione di un messaggio in arrivo, quello a cui hai sconvolto la vita, che si è spaventato nel provare un sentimento forte per una ragazzina che non ha mai voluto capire.
Ho ventisei anni e tu trentanove, forse a settembre stavi attraversando una delle crisi di mezz'età e ti mancava l'ultima figurina per compilare l'album delle donne che sei riuscito ad ottenere.
Sei quel genere di uomo che ha paura di cambiare, ami il tuo lavoro, la politica, lo studio, non ami abbastanza la tua famiglia, forse perché ami solamente te stesso.
Dopo poche settimane ti sei accorto di non potermi sistemarmi tra un impegno e l'altro e che una ragazzina vivace non avrebbe dovuto sconvolgere la tua esistenza perfetta, ma macchiata da episodi che ferirebbero nel profondo la persona a te più cara.
Avrei dovuto diffidare dall'uomo che porta sul corpo il nome della propria moglie e che mentre fa l'amore con l'amante, non si stacca da quel simbolo, semplicemente è come non volersi staccare da lei, neanche mentre la tradisci.
Avrei preferito che quella mattina a Roma, fossi scivolato via dalle lenzuola senza svegliarmi.
A distanza di tempo, capisco perché facevi pressione affinché non partissi con te, ma ho agito d'impulso e con l'incoscienza caratteristica della giovinezza, ma sono felice di averti potuto amare, sotto il cielo romano.
Per circa due mesi, hai conosciuto i miei mille difetti e la mia disarmante sincerità, ti ho dato il mio corpo con amore, mi sono sentita più puttana che amante, il sette novembre scorso ho smesso di essere, la tua.
Vic. si è dimostrato sensibile e mi sta aiutando ad uscire da un periodo di depressione, dovuto al tuo abbandono e al lavoro.
Vic è quel genere di uomo che ti protegge da tutto. Avrei dovuto ascoltarlo, quando mi diceva che avresti giocato con i miei sentimenti. Credevo di aver trovato in te, quello che Vic mi faceva mancare. Oggi, mi rendo conto che gli uomini che ti vogliono bene, non ti telefonano, sono quelli che non sentono la tua mancanza, che non esprimono i propri sentimenti a parole, lo fanno attraverso gli occhi, anche se stanchi, come i tuoi, ma i tuoi non hanno mai brillato di quella luce, che ho la fortuna di vedere in quelli di Vic.
Amore, ti consiglio di rivedere le tue tecniche di corteggiamento e di migliorare le tue performance tra le lenzuola, di lavorare meno e di godere di più e quando lo riterrai opportuno di comporre il mio numero di telefono, per andare a bere insieme un buon bicchiere di vino.
Ogni tanto riguardo la tua fotografia e le lacrime scendono, devo trovare il coraggio di buttarla tra le fiamme del caminetto, sicuramente tu lo avrai già fatto con le mie.
Un giorno mi hai detto «maledetto il giorno che ti ho incontrato», io maledico il giorno in cui mi sono lasciata corteggiare dal tuo maledetto fascino imperfetto.
Sei diventato parte di me, ogni martedì incontro possibili sostituti, ma trovare un degno sostituto sta diventando difficile.
Vorrei che ripartissimo da sconosciuti, senza coinvolgimenti sessuali, hai le coordinate e sai dove trovarmi, vedrai, un giorno ti accorgerai che quello che cerchi, l'hai lasciato dentro di me.
Ho contattato un'agenzia di Milano, gli ho mandato alcune fotografie, mi hanno preso, incomincerò a febbraio.
Farò la escort, consolerò cinquantenni benestanti ed annoiati. Colmerò lacune affettive e viaggerò e riuscirò finalmente ad arredare casa, sedie e poltrone di design che sogno da tempo.
Vic. mi ha sempre spronato a provarci, però si sta dimostrando geloso. Bene. Ha Vic ho assicurato che ho deciso di intraprendere quel mestiere, perché ho bisogno di soldi, non voglio che mi mantenga. Alex, non hai mai approvato che io frequentassi locali notturni, per te avrei lasciato tutto. Avrei voluto diventare madre nel 2007, i miei progetti e i miei sogni sono crollati in quella settimana di novembre, quando ho perso te e il lavoro. A distanza di quasi tre mesi, sono ancora molto provata, Vic. ha promesso di sostenermi, in fondo non ho mai smesso d'amarlo. Mi manchi, prima o poi troverò un tuo clone, l'agenzia mi ha inviato cinquanta fotografie, vedrò.


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