Pessoiana in dò minore

 

Nel baule che contiene le opere inedite di Fernando Pessoa,
viene ritrovato un foglio con sopra redatto un contratto con Satana
su cui spicca la data 02 ottobre 1907.

Antonio Mora è nato e vive a Roma, è aiutante contabile in una ditta di import-export
a Borgo Pio presso il Vaticano. Ha superato i quarant'anni, ha una laurea in Lettere classiche che non è servita a far carriera. La politica delle promozioni e delle ascese economiche sono dettate da una falange conservatrice di alcuni cardinali legati al Sacro Collegio. Nell'assunzione lo ha aiutato il fatto di aver trascorso l'infanzia in Sudafrica, era infatti richiesta la perfetta conoscenza dell'Inglese. Antonio Mora vive solo al quarto piano di un palazzo sempre a Borgo Pio e sempre di proprietà del Vaticano, casa e bottega dirà qualcuno. Antonio Mora si definisce studioso Neopagano, in casa ha la riproduzione di due teste marmoree di Imperatori romani, una di Giuliano detto l'Apostata e l'altra di Eliogabalo, superfluo dire che tale idee non aiutano in ambiente cattolico, ma Antonio Mora ha le sue idee. Come livre de chevet usa la Divina Commedia, il segna libro indica sempre un canto dell'inferno, oppure il testo di Tommaso d'Aquino su l'Alchimia. L'odore di zolfo in casa di Antonio Mora doveva aleggiare da tempo, secoli fa sarebbe stato facile preda di zelanti inquisitori, oggi è tollerato con il freddo distacco che la massa ha per il diverso o l'eccentrico. Sono dieci anni che Antonio Mora tenta di far pubblicare la sua tesi di Laurea, un tomo di 300 pagine dal titolo "Faust e Macbeth, il lato oscuro del teatro elisabettiano". Anni di richieste ma gli editori non ci sentono, gli rimandano il dattiloscritto con le scuse e "la nostra casa editrice non è per ora interessata al suo, sia pur accurato ed interessante, lavoro"; esattamente come i suoi superiori che non lo promuovono mai e lo stipendio non aumenta. Così come Ofelia, la sua eterna morosa, che continua a non ricambiare le sue attenzioni, le sue dichiarazioni d'amore, le sue lettere tragicamente infantili.
Dalla finestra del suo quarto piano Antonio Mora ha appuntato su uno zibaldone la vita che osserva nella via sottostante: il tabaccaio e il tipografo catturano la sua attenzione così come il macellaio o la sarta, oppure il garzone del lattaio. Registra le sensazioni di quelle figure che hanno un sapore d'altro tempo, uomini fuori luogo come lui. Un giorno dopo cena Antonio Mora si illumina, gli torna in mente la sua Laurea, pensa a Faust e decide di seguire il suo esempio, prende un foglio bianco butta giù un contratto dove si impegna a cedere l'anima al diavolo. In cambio non vuole la sapienza come il vero Faust ma successo nel lavoro, pubblicare le sue opere e avere attenzioni dalle donne.
Si ferisce ad un dito e suggella il contratto con il sangue, torna al tavolo dove pur essendo solo è apparacchiato per tre; Antonio Mora mangia sempre con Platone e Aristotele, così gli sembra di essere ad Atene e non a Roma. Il giorno seguente si alza presto, prende il caffè nella solita caffetteria e va a lavoro. Come arriva è chiamato a colloquio dal suo diretto superiore; Antonio Mora è promosso a impiegato scelto, ha anche ottenuto un aumento di stipendio. È eccitato Antonio Mora, sente un fremito nello stomaco che di solito è la sensazione che prova quando vede Ofelia. È da poco passata l'ora di pranzo quando dalla porta entra proprio lei, Ofelia, Antonio si alza per salutarla. I due parlano lei si complimenta per la promozione è un evento da festeggiare magari a cena, si perchè no, facciamo sabato, allora a presto, poi si salutano ma finalmente Antonio Mora ha un appuntamento con Ofelia. A fine giornata quando lascia la scrivania cerchia la data con la penna rossa, è stato un giorno speciale pensa Antonio Mora. Quando arriva a casa controlla la posta, c'è una lettera di una casa editrice, è una risposta che attendeva ma questa volta gli scrivono che "la nostra casa editrice la informa che intende pubblicare il suo testo in una nostra collana di saggistica". Antonio Mora è felice, finalmente il suo lavoro viene riconosciuto, sarà un autore, un saggista riconosciuto, terrà conferenze e presentazioni, dovrà tenere la corrispondenza con altri studiosi, misuarrsi con loro, confrontarsi. Antonio Mora è seduto sulla poltrona del soggiorno e fissa il vuoto immerso nei suoi sogni dove tocca altezze smisurate, si sente percosso da un'inquietudine, una felicità che sa di dolore, la saliva in bocca si fa amara. Antonio Mora quella sera non cena, non prepara la tavola per tre, rimane seduto lì finchè il sonno non lo costringe a sdraiarsi sul letto, prima però chiude bene la porta e le finestre perchè fuori ha cominciato a soffiare un vento freddo che non è di stagione, e poi lassù al quarto piano soffia ancora più forte, sembra come se urlasse. Un forte odore di zolfo si insinua tra le stanze, sarà una fuga di gas pensa Antonio Mora. Sono le tre quando alla finestra della stanza da letto si sente bussare, lui dorme e non sente ma il rumore continua, bussano sempre più forte sul vetro. Quando Antonio Mora si sveglia non capisce cosa sia lassù al quarto piano che bussa alla finestra, forse è il vento. No! non è il vento che bussa. Antonio Mora non sa e non immagina che è qualcuno venuto a riscuotere un credito firmato col sangue.


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