Esilio e Mario erano carradori, Casino sabbiatore, molti altri manovali e per lo più a mezzadria, artigiani della terra a piene mani, a cuore, ad anima e schiena. I carradori riparavano i carri, chissà quanto tempo fa, non so bene dove ma di certo qua intorno. Nelle botteghe, dietro gli usci o nei garages, rimettevano i carri, i barrocci, i carretti. Meccaniche legnose, scese dagli alberi poco prima, venivano consegnate consumate e rotte ed uscivano cigolanti ma robuste, rimesse e rincalzate.
Camminano nelle scarpe grosse, piegati o zoppicanti, qualche sbotto di tosse, coi vestiti di sempre. Puliti, dignitosi, vecchi.
Parlano da vecchi, sempre pronti ad aprir bocca, a guardarti dal basso. Gobbi, ricurvi, con le ossa levigate.

«Allora?» domando.
«Torni ora?» una domanda che sa di risposta.
«Sì, ho lavorato di notte, fino a domani a riposo, ora lavatrice, stendino, riordino e pranzo» la butto lì come ogni volta. Due parole fanno bene.
Mi guarda strano Mario. Potrebbe essere mille persone. Tutte uguali. Nei giubbotti enormi, invernali, di velluto a coste. Nelle camicie celesti ed estive. Nei pantaloni di stoffa grigia, nelle scarpe della domenica, nel naso grosso, nodoso e rosso. In tutti i malanni uguali e scontati.
«Sei bravo?» mi spiazza.
Come lo dico a uno così se sono bravo? Sembra guardarmi da un milione di vite e che ne so io se sono bravo.
«Sì» gli rispondo. «Me la cavo. In cucina sono bravo davvero» .
Ho preso il via e parto con la ricetta.
«C'ho una spigola del mercato» gli dico e mostro fiero il sacchetto.
«La metto in forno con aglio, vino bianco, olio, sale e pepe. Intanto la preparo e apparecchio, poi la infilo in forno, tendo i panni e do una spazzata. In mezz'ora è tutto pronto.»
Mario non mi risponde e muove la testa con assenso in un cenno di saluto.

Non gli ho risposto e me ne sono accorto. Lo saluto ed è gia lontano, di schiena, un po' curvo e strascicante.
Mi domando se sono bravo allora. Col pesce nel sacchetto che dondola, cammino verso il portone e penso.
«Che torni ora?» . Altre domande, altre persone.
«Sì, proprio ora. Ho fatto la notte e vado a cucinare» . Taglio corto.
Non ho più voglia di parlare, è come se avessi perso il momento, mancato l'attimo e sprecato la battuta.
Sono bravo?
Chi ci pensa? Che ti rispondo Cristo?
Dopo un mare di lavoro, ho un pesce nel sacchetto, ho fame e voglia di cucinare.
Sono bravo a cucinare punto e basta.
Intanto sono arrivato al portone. Mentre cerco le chiavi e il mio pesce è al sicuro, le ultime battute toccano a Ivo, ex verduraio, colpito da ictus, esempio di spirito, forza e dignità.
È secco Ivo, porta il cappello, ha la faccia un po' storta e il viso stanco.
«Sei stanco.» afferma sicuro.
«Sì, ho lavorato di notte.» rispondo meccanico dentro ai pensieri.
«E li che c'hai?» chiede con gli occhi osservando la busta.
«Una spigola» dico sicuro. «Il tempo di salire e la metto in forno. Ci aggiungo l'aglio, il sale, il pepe e il rosmarino, poi, quando il tutto scotta, svaporo col bianco, aspetto che s'asciughi e spengo il forno, la lascio riposare e me la pappo. Intanto metto su un po' di musica, la televisione la spengo perché mi schifa. Poi, mentre il pesce cuoce, devo tendere i panni, dare una spazzata e spolverare.»
Ivo è già lontano, non so dire se m'ha sentito, qualcosa di sicuro l'ha afferrata ma è già distante, per la sua strada, lontano appunto.
Sono un pezzo in là anch'io. Coi miei pensieri ricomincio e mi ci avvolgo, mi ci nutro le giornate, mi ci espando il cervello e mi ci sento a casa.
Ho in mano le chiavi, centro la toppa e giro.
Si gira anche Ivo, è un istante, lo colgo con l'occhio e l'orecchio.
«Sei bravo.» gli sento dire. «Sei proprio bravo.»
«A cucinare?» .
Ha svoltato l'angolo. Non mi sente più.

Giro la chiave nella toppa col pesce fedele al mio fianco. Giro le scale ed apro la porta. Poso la roba, accendo il forno, apro le finestre e mi metto a pensare.
Non mi fermo più, faccio un sacco di roba, costante la musica intorno, penso, rifletto e ripenso.
Mi ci infilo dentro e chiudo la porta. Mi ci perdo, mi ci trovo e mi sento a casa.
Ci sono a casa.
E ci sto proprio bene.


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