Non sappiamo cos'è dio – dio stesso non sa cos'è perché è nulla – dio letteralmente non è, poiché trascende l'essere.
(Giovanni Scoto Eurigene)

Le sta davanti. Il suo cuore è intrappolato in una ragnatela d'ossessioni e spettri. Viottoli di morti e lordura infestano i giardini delle sue malinconie. È secca la sua mente, ha fame il suo corpo. E dai pensieri trasudano speranze intorpidite. Le mani strette gli bloccano il sangue. Sta pensando a cosa ha mai fatto in questi anni. Persone venute nella sua casa, persone partite dalla sua casa, sogni andati a male, propositi azzardati, qualche parola scritta. Il fuoco in lontananza sembra un'illusione. E bugia è nel fumo nero dei suoi illeciti. Vorrebbe parlare ma non ne ha la forza. Il volto di lei è nascosto, ma lui lo conosce bene e lo riporta al presente. Dalla terra fuoriescono radici rigonfie che lo trattengono nei passi aggressivi. E nel labirintico suono del suo respiro intravede il pericolo. Tutti sembrano ridere ma nessuno si diverte. Ha dato fuoco ai suoi scritti per porre fine ad un legame. Ora da lontano le grida s'affievoliscono, l'abbandono si fa più dolce. Ed è più facile perdonare chi con l'inganno mise la parola fine a tanto amore. E il vento porta lontano ogni pensiero, ogni ambascia: il vento del deserto che sta soffiando sempre più forte. La terra riarsa ormai mutata in sabbia, polvere e ciottoli, s'innalza in piccoli, ma foschi mulinelli grigi. Ogni tanto un cespuglio rotolante attraversa il sentiero che sempre più difficilmente si scorge, mentre il vento prosegue col suo monotono, continuo sibilo. Lui lentamente avanza coi suoi abiti a brandelli, col volto di lei ancora davanti agli occhi, mentre stancamente si va domandando: "Perché? Ma cosa è accaduto veramente? I figli?". Ma la sua mente non ha risposte coerenti da offrire e si rifiuta di funzionare correttamente, e gli invia solo dei lampi di memoria: due bambini che giocano, un coltello sporco di sangue, il sangue di chi? Una ragnatela d'ossessioni e spettri l'intrappola paralizzando i suoi pensieri: due bambini, una donna, un coltello sporco di sangue, un polveroso deserto ove assurdi cespugli sferici rotolano spinti dal vento che sibila...dal vento che mormora...che mormora una filastrocca che si fa più udibile mentre i volti sempre più si confondono.

Leone leone
Non ci sto più
Con la testa!

Riuscirò a rimettere tutto in ordine, si dice, anzi se lo pone come domanda; è questa comunque la speranza che trasuda dai suoi pensieri sempre più intorpiditi e incoerenti.

Leone leone
Non ci sto più
Con la testa!

È una nenia, una nenia nel vento e un passo dopo l'altro cerca di rimettere a fuoco una vita, la sua vita, pensieri e persone che vengono e vanno, volti senza più un nome, tutto è sbiadito come in un monotono vecchio film in bianco e nero. Ora i volti sono tutti proprio uguali. Una casa, ma anche la casa è anonima, dovrebbe forse dirgli qualcosa? Le fiamme, un passo stanco dopo l'altro, le fiamme rivede: ha bruciato tutti i suoi scritti, il lavoro d'una intera esistenza. Buttare tutto nelle fiamme, gli occorse una intera notte, bruciare i suoi affluenti fu come bruciare se stesso, ma aveva perdonato tutti, ora voleva essere perdonato lui stesso. Ma chi aveva perdonato? Da cosa doveva essere perdonato? La donna, il volto della donna che prima appariva ossessivo è adesso sbiadito, i bambini, i due bambini, suoi figli o un'immagine della pubblicità? Il vento, il deserto, i cespugli che rotolano: la notte incombe, lui si ferma e si siede su una roccia, tenta di scacciare la filastrocca dalla sua testa, ma è il deserto col vento che canta rimbalzando il suo pensiero ossessivo:

Leone leone
Non ci sto più
Con la testa!

Il fuoco, gli scritti, ha bruciato gli scritti e con loro è scomparsa la sua vita, come se anch'essa si fosse dissolta nel camino. Gli unici ricordi che mantengono un minimo di nitidezza riguardano le fiamme e il coltello insanguinato. Anche il volto di lei sta scomparendo. È calata la notte, il vento prosegue col suo sibilo che si trasforma nella martellante nenia, le stelle appaiono opache, c'è vita attorno a lui nella notte del deserto. Non ci sta più con la testa, ha ragione il vento. Il fuoco, gli scritti, ha bruciato gli scritti e con loro è bruciata tutta la sua vita.
È ora assorto nel tentativo di recuperare i suoi pensieri che tendono a svanire sempre più velocemente. Il coltello insanguinato e i cespugli che rotolano sono le due cose che riesce a mettere a fuoco prima che il sonno lo colga.
Nella notte un animale gli si avvicina furtivo, strisciando, altri ancor più cauti lungamente l'annusano, insetti stanno pazientemente esplorando il suo corpo.
Da giorni non beve, da giorni più non si ciba: il mattino lo vede immobile scompostamente disposto per terra a faccia in giù. Dal nulla appaiono due neri uccelli che stanno volando in cerchio sopra di lui.
Alcune ore prima dell'alba ha avuto un ultimo pensiero cosciente, ma il ritornello ossessivo l'ha riportato in un baratro di follia nel quale sta scivolando o è già scivolato.

Leone leone
Non ci sto più
Con la testa!

Sembra ormai morto, coperto dalla polvere con gli insetti che divenuti più audaci iniziano ad esplorare le sue fessure.
Apre prima un occhio con estrema sofferenza, poi l'altro. Mettere un minimo a fuoco la vista risulta essere un'impresa non di poco conto. Riesce ad intravedere, poco distante, una roccia con un portale intagliato nella pietra, sui lati due serpi scolpite s'intrecciano ondulanti fino a congiungere le loro teste nella parte più alta dell'arco.
Ora la vista è a fuoco, la nenia è lontana, l'antro con il suo portale scolpito e i due rettili che sembrano fissarlo l'hanno come ipnotizzato, lo stanno chiamando e al contempo gli donano nuove forze.
A fatica riesce a trascinarsi nella polvere strisciando con le mani e coi piedi. Il lento movimento del suo corpo in avvicinamento lascia un solco nella terra e le pietre aguzze che feriscono le sue carni ormai insensibili, lacerano ulteriormente gli ultimi brandelli di stoffa che ancora ha indosso.
Ancora pochi metri all'imbocco del portale, ma il tempo che viene impiegato è lunghissimo e il solco che lascia è macchiato dagli ultimi liquidi organici di un fisico ormai disidratato e da alcuni vermi bianchicci che sono usciti dal suo corpo.
Ma l'ipnosi indotta dai due rettili in pietra lo sospinge in avanti e ora anche una dolce melodia proveniente dall'antro lo invita. Sente che la vita gli sta sfuggendo e con le ultime forze rimaste con estrema lentezza si fa sempre più vicino alla soglia.
Giunge infine all'ingresso, poi lentamente si sospinge verso l'interno e un nero totale l'avvolge mentre gli ultimi residui della sua coscienza svaniscono in dissolvenze lente e frammentate. Sente forme sinuose avvolgerlo a proteggerlo, si sente come ingoiare dall'insieme di esse e vive non un'abominazione, ma una rinascita inaspettata e improvvisa.
Infine sono il silenzio e la pace ad avvolgerlo mentre il tempo s'incasina e trascorre in maniera disuguale e senza un senso logico. Ritrova infine la pienezza del sé e scivola negli anfratti della caverna con movimento sinusoidale.
Esce poi all'aperto e la potenza della sua muscolatura lo riempie di gioia. Alza la testa e si guarda attorno: vede ogni piccola cosa fin nei più minuti dettagli, le sfumature di colore ora sono infinite. Le sua narici s'allargano e i sensi affinati distinguono ogni variazione olfattiva e la trasformano organizzandola in un set ove le posizioni degli animali e delle piante sono note e si sovrappongono al set visivo. Fa allora sibilare la sua lingua e le vibrazioni degli animali, delle piante e anche quelle delle cose sono ora a lui note. Sazio della sua potenza s'appoggia alla terra facendosi riscaldare dal sole. Solo a tratti la sua lingua bifide saetta sibilando e con essa mantiene il controllo della pianura.
I due serpenti di pietra che istoriavano l'arco, senza apparente fatica si districano dal portale e discendono sul terreno per giungere fino a lui che possente assorbe i raggi del sole e si nutre delle vibrazioni della terra. Si fermano disponendosi ai suoi lati pronti a proteggerlo da ogni aggressione: questo è il loro compito.
Più tardi lui s'avvia con onde lente e maestose verso un lontano ruscello e gli altri due più piccoli rettili in pietra, con rispetto lo seguono.
Nel pianoro intanto il vento prosegue imperturbabile con la sua nenia:

Leone leone
Non ci sto più
Con la testa!


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