NOTA: Questo racconto è di un giovane autore, adatto a un pubblico giovane

 

Quell'universo sconosciuto, adesso Chris si trovava proprio lì. In quel posto i suoi incubi erano reali. I mostri, il suolo ferrato, i muri trasudanti liquidi, quelli erano tutti i suoi incubi infantili.
Nemet era scomparso. Si trovava in quel posto da solo, con centinaia di mostri che cercavano di ucciderlo.
Cominciò a correre indietro per uscire dal parco, ma l'entrata non c'era più, al suo posto solo un altro angosciante muro ingiallito da quegli strani liquidi. Le creature lo circondarono, ma riuscì a salvarsi correndo dall'altra parte prima che potessero bloccarlo, aprì un enorme cancello arrugginito che emise uno scricchiolio agghiacciante. Si trovò in un'altra zona, su delle panchine insanguinate giacevano i cadaveri di bambini mutilati e decapitati, i loro volti sfigurati esprimevano orrore, violenza e disperazione. Dovette voltarsi per trattenere dei conati di vomito, ma dall'altra parte lo spettacolo era altrettanto disgustoso. Decine di persone, impiccate sopra un rogo ancora ardente, con migliaia di ragnetti, vermi, mosche e scarafaggi che sgusciavano sui loro corpi decomposti.
Corse via cercando di scampare a quell'orrore, ma in tutte le altre parti del parco c'era uno spettacolo angosciante. Mostri che divoravano cadaveri decomposti, vermi che spuntavano dalle carni dei poveri corpi esanimi di quelli che una volta erano bambini che giocavano spensierati in quel parco. Continuava a correre disperato, cercando di trovare un rifugio da quegli incubi, e giunse davanti un tombino con una scala, decise di scendere, esausto da quelle tremende visioni.
Si ritrovò nelle fogne. Scarafaggi e piccoli ragni passeggiavano veloci sul suolo infangato. Andò avanti.
Era buio. Il silenzio era rotto solo dai suoi passi e dallo sgusciare via degli insetti. Chris non si trattenne più. Cominciò ad urlare, strepitare, spiaccicò tutti gli scarafaggi e i ragni che infestavano quel posto. Iniziò a sbattere calci e pugni sui muri, colpendo qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. Poi scoppiò in un pianto liberatorio.
«Basta!» gridava esausto.
«Sono stanco! Voglio andarmene di qui!»
«Non m'importa chi sono, qual'è il mio compito! Non m'importa di Nemet né di Niki. Di nessuno più! Voglio andarmene, non resisterò a lungo in questo posto, sono deciso a farla finita!» urlando fino allo sfinimento estrasse la pistola e se la puntò alla testa, deciso a farla finita con quell'incubo che lo aveva ormai sgomentato fin troppo.
Ad un tratto accadde l'impensabile.
«Non farlo! Abbiamo bisogno di te» esclamò una fievole voce dal nulla che per un istante fermò quella pazzia.
Stette a pensare a quella vocina, poi puntò nuovamente la pistola alla tempia, credendo di aver solo immaginato la voce. Poi ancora: «No! Ti scongiuro, non farlo!»
Questa volta ne era sicuro, non si era immaginato la voce, ma non veniva da fuori né dalle fogne. La voce veniva da dentro di sé, e quella di Amy, sua moglie morta.
«Amy?! Sei tu?» chiese ancora in fase di pazzia.
Non ricevette alcuna risposta e pensò che fosse davvero impazzito.
«Non puoi far finire tutto così. Cosa credi di risolvere in questo modo?»
Chris si guardò intorno. Era circondato solo da buio e desolazione. Provò a parlare, ma la voce gli venne a mancare. «Stammi a sentire, abbiamo fatto tanto finora. Vuoi che sia tutto buttato all'aria per una simile sciocchezza?»
Non riusciva a parlare, si sentiva stringere la gola, e qualcosa sembrò sollevarlo, quando si accorse di levitare nell'aria. Poi improvvisamente lo lasciarono e cadde pesantemente al suolo. La voce era tornata. Guardò la pistola, ripensò alle parole di quella voce, ripensò ad Niki, a Amy, e decise di non arrendersi. Proseguì lungo le buie e silenziose fogne fino a raggiungere un'altra scala verso l'alto.
Salì e si ritrovò in un'altra zona del parco. Era molto ampia e circondata da un'enorme recinzione di acciaio. Era di nuovo buio, guardò il pavimento interrottò in alcuni punti da buchi nei quali non riusciva a vedere il fondo. Era ancora in preda a quel terribile incubo, ma resistette e andò avanti. Arrivò davanti una giostra dei cavalli, l fissò per un po', notando qualcosa di strano. Non erano come in tutte le giostre, sembravano cavalli veri! Afferrò un lungo bastone dal pavimento e ne colpì uno.
Seguì un nitrito spaventoso. Gettò il bastone e scappò via terrorizzato, correndo senza guardare avanti sbatté conto un pesante muro, poi perse i sensi e cadde sul pavimento.
Ora era davanti una grande scala di ferro. Che cos'era successo? Com'era finito lì?
Salì per la scala mentre osservava in lontananza dei ragni che se ne stavano pendenti da sottili ragnatele a fissarlo, con un'espressione di puro terrore. Quando arrivò in cima si accorse di trovarsi all'entrata delle montagne russe, c'era la cabina di controllo chiusa da una robusta porta d'acciaio, ma c'era qualcosa di strano. Il binario dove correva il carrello era chiuso e dall'altra parte non c'era niente. Pensò che quella fosse l'unica strada possibile e si avviò lungo il binario, ma dopo che ebbe percorso abbastanza metri per garantirgli di non poter più tornare indietro, vide davanti a lui delle luci, erano fari, si facevano sempre più grandi, sempre più vicini finché si accorse che quelle luci erano dei carrelli che venivano a tutta velocità verso di lui, cercò disperatamente di tornare indietro, ma venne investito e poi...
Si risvegliò dopo qualche minuto, rendendosi conto di trovarsi in un luogo diverso. Era sempre nel parco ma era stato trascinato fino ad un grande cancello arrugginito.
Si rialzò confuso e si guardò intorno. -Era solo un sogno! Ma come sono finito qui?- pensò.
Intorno a lui c'era un'enorme voragine. Si vedeva solo un buio inquietante, e non avendo altra scelta, varcò la soglia di quel grande cancello. Percorse un lungo tratto di strada ferrata, finché non si imbatté in uno spaventoso drago, era quello che aveva già incontrato tempo prima, Tyrakel, il drago di Nemet, che cominciò ad attaccarlo, scappò via dall'altra parte e giunse davanti a delle scale di ferro e cominciò a preoccuparsi. Quelle scale erano identiche a quelle del suo incubo che aveva appena avuto, infatti erano proprio le stesse! Salì non avendo scelta, poiché il drago non gli dava tregua, vide di nuovo i ragni in lontananza pendenti da una sottile ragnatela, arrivò in cima e lo spettacolo fu lo stesso ma questa volta la porta della cabina di controllo era aperta.
Un grande pezzo di quella che sembrava strana carne, pendeva dal soffitto emanando una puzza insoffribile. Guardò il pannello di controllo e notò una luce azzurra puntata su ON. Non perse tempo, tirò la levetta e la posizionò su OFF. La luce divenne rossa.
Uscì dalla cabina appena in tempo per scappare sui binari, il drago si era alzato in volo per inseguirlo, ma fortunatamente era molto lento, e riuscì a malapena a seguirlo.
Improvvisamente, apparve una luce all'orizzonte, erano di nuovo quei fari. Si voltò indietro, il drago non lo inseguiva più, ma i carrelli sparati a tutta velocità venivano verso di lui. Cosa doveva fare? Ci pensò un attimo, era andato troppo avanti e non poteva tornare indietro, e senza esitare, si lanciò nel vuoto, schivando i carrelli per un pelo.
Atterrò pesantemente sopra un piccolo palco, dietro di lui dei riflettori accecanti illuminavano delle sedie davanti al palco. -Sono vivo! Sono ancora vivo!- pensò incredulo di essere sopravvissuto. -Dove sarò finito adesso? Dov'è l'uscita?- pensava mentre si aggirava nel parco.
-Ma perché sono entrato in questo maledetto parco? Non potevo andare da un'altra parte, proprio qui!- pensava.
Su una sedia gli sembrò di intravedere un foglietto, si avvicinò e lo raccolse. C'era scritto: Aiuto.
«Aiuto? Chi può aver lasciato un biglietto così?»
Continuò a camminare finché non raggiunse una piccola capanna. Cercò di entrare, ma la porta era stata sigillata, ad un tratto caddero dall'alto una miriade di ragni e altre creature.
La sua fuga ricominciò. Attraversò un piccolo cancello e lo richiuse subito dopo, sperando di rallentare i mostri che lo inseguivano. Però, quando giunsero davanti al cancello, i mostri si fermarono, per poi allontanarsi come se qualcosa li avesse spaventati. Le creature non lo inseguivano più ma Chris si accorse anche di trovarsi in un posto mai visto prima. -Dove sono finito adesso? Non mi piace per niente questo posto!- pensò. Era finito in un lugubre cimitero, ma cosa ci faceva un cimitero in un parco giochi?
Ma quello era l'universo degli incubi, tutto era possibile.
Guardò le lapidi del cimitero, e lesse i nomi scolpiti sopra. Solo alcune lapidi erano leggibili, le altre erano troppo consumate dal tempo. Non conosceva quei nomi.
Ora però doveva uscire da quel posto, andò avanti ma si trovò solo un altro muro ingiallito dai nauseanti liquidi organici che scorrevano sulla superficie. Aggirò il muro ma tornò all'inizio.
Cercò di tornare indietro, ma i mostri se ne stavano appostati a pochi metri dal cancello, aspettando che uscisse. Era in trappola, non c'erano più vie d'uscita.
«Non può andare così! Qualcosa deve succedere! Deve esserci un modo per uscire da questa situazione!» continuava a ripetere tra sé, sforzandosi per trovare una soluzione.
«Se non fossi mai venuto in questa città! Ora me ne starei con Niki a casa, al caldo sul divano, guardando la tv. E invece sono qui!» ripeteva.
Stava ormai per perdere le speranze, ma qualcosa doveva ancora succedere. Ad un tratto udì un boato enorme, poi dei lamenti lontani, che cominciarono ad avvicinarsi. Poi le lapidi cominciarono a tremare fino a staccarsi dal terreno, il suolo si riempì di spaccature dalle quali uscirono degli zombie!
«NO! Non bastavano quelli la fuori! Ora anche i morti viventi!» urlò spaventato mentre gli zombie si avvicinavano lentamente, barcollando ed emettendo spaventosi lamenti. Scappò via ma i muri ingialliti erano sempre lì, all'improvviso il cancello da dove era entrato si spalancò. Le creature che aspettavano fuori, si precipitarono e tutti insieme: mostri, zombie, ragni e le altre creature, accerchiarono Chris, che cercava di resistere.
Le creature si lanciarono su di lui assetate di sangue.
Brandelli di carne schizzavano via, strappati a morsi dalle creature.


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