È notte fonda, la casa è immersa nel silenzio, io non dormo, non posso dormire, so cosa mi aspetta.
Fisso la parete, i miei occhi sono sgranati nel buio, so che tra poco succederà, come sempre, come ogni notte.
Ecco, improvvisamente il chiarore e la parete che si apre, come sempre, come ogni notte.
Dal fondo del corridoio luminoso, una figura avanza lentamente, è alta, magra, cammina a piccoli passi lenti, ma inesorabilmente, si avvicina. Sento il sudore freddo che mi scende lungo la schiena, le mie mani stringono convulsamente le lenzuola. Non voglio guardare, vorrei girare la testa, vorrei che non fosse vero, ma io so che è vero, e devo guardare, non posso farne a meno.
L'uomo avanza, avanza, ecco allungando un braccio potrei quasi toccarlo, ma come sempre, come ogni notte, accendo la luce e lui scompare, pronto a ricomparire, compagno del mio incubo notturno. Mi guardo intorno, la mia stanza è quella di sempre, mi tranquillizzo, adesso dovrei riposare un po', tuttavia non ho voglia di dormire, perché mi accade tutto questo? Chi è l'uomo che ogni notte si mette in cammino per venire da me?
Potrei rispondere facilmente a queste domande, sarebbe sufficiente non accendere la luce, avere il coraggio di guardare in viso quell'uomo, ma non ce la faccio, non ce la faccio. Ho tanto bisogno di dormire, di dimenticare...

L'uomo sorrise soddisfatto, si era appena vestito, si guardò allo specchio e sorrise ancora. Una macchia sulla scarpa attirò il suo sguardo, imprecando prese uno straccio e cominciò a pulirla ossessivamente, quando ebbe finito, sorrise di nuovo, adesso tutto era perfetto. Si sedette sulla poltrona di pelle, accavallò le gambe e fissando un punto del muro davanti a lui, disse:
"Ti ho trovata finalmente, sei stata molto abile, ma io ti ho battuta, sono riuscito a scovarti. Ora mi divertirò un po' con te."
I suoi occhi brillarono, alzandosi prese la sua ventiquattrore posata sulla sedia e, dopo un lungo sguardo alla sua immagine riflessa nello specchio, uscì.

Ho la testa che mi scoppia, quelle poche ore di sonno tormentato non mi hanno certo restituito serenità e lucidità. Non posso andare avanti così, la mia vita è stravolta da quell'incubo. Ma quando è cominciata questa tortura? Faccio fatica a ricordare, forse... ma sì, subito dopo l'incidente. Sì è vero quel terribile incidente può aver provocato qualcosa nella mia testa.
Ho voglia di caffè e mentre lo preparo, provo a fare gli esercizi assegnatemi in clinica.
Com'ero io da bambina? Com'erano i miei genitori, i miei compagni di scuola, i miei vicini di casa?
Come sempre quando provo a ricordare, fitte dolorose me lo impediscono e i miei pensieri si confondono, non devo forzare troppo la mano.
Io sono Marla Jones, professione: disegnatrice di arredi, questa è la mia casa e ho uno studio in centro, questo è tutto quello che so, la restante parte della mia vita è tabula rasa.
Il campanello... meno male deve essere arrivata Karen, ho una ottima scusa per abbandonare i miei pensieri.
Apro la porta:
"Karen, entra!"
Lei mi guarda:
"Ancora quell'incubo?"
"Ancora, Karen, ancora, non credo di riuscire a sopportare questa situazione per molto, sto crollando."
"Devi deciderti, Marla, devi farti vedere da un medico!"
"Non sono malata, io mi sento benissimo. Non voglio avere più niente a che fare con i medici. Tu non puoi capire cosa ho passato, ogni giorno un esame, sono stata analizzata fino all'inverosimile, adesso basta, nessuno è riuscito a farmi tornare la memoria. Non ricordo niente di me, so solo il mio nome, la mia professione, so che noi due lavoriamo insieme e che gli affari vanno bene. Tanto mi basta!"
Sto mentendo, non è vero, non mi basta e poi c'è quel maledetto incubo ad occhi aperti che mi ossessiona, che si sta prendendo la mia vita.
Karen mi abbraccia:
"Lo so Marla, abbiamo fatto il possibile per ricostruire la tua storia, abbiamo provato e riprovato, ma non ti devi arrendere, devi lottare. E se proprio non si approderà a nulla devi solo pensare al presente, è questa ora la tua vita e la devi vivere al meglio. Per questo mi permetto di insistere, ti prego vai da un medico perché tu possa vivere serenamente da questo momento in poi."
"Ci penserò, Karen, te lo prometto, ci penserò!"

" Anya, mia Anya, vieni da me, ti sto aspettando, prima o poi dovrai venire da me, io sono paziente, ti aspetterò!"
L'uomo sorrise, si guardò le mani prima una poi l'altra e poi con disgusto corse in bagno e cominciò convulsamente a lavarsele, l'acqua si tinse di rosso. Soddisfatto si guardò, sì, adesso andava molto meglio, ora era pulito, l'importante era essere puliti. Bastava lavarsi, dopo, e si tornava puliti, bianchi senza peccato.

Ogni volta che entro nel mio studio provo un attimo di stupore, è fantastico, luminosissimo, i grandi tavoli da disegno sempre inondati di luce, Karen, più pratica di me in tutto non riesce a capire, afferma che sono una inguaribile romantica, solo perché rimango attaccata a degli strumenti di lavoro ormai vetusti. Sorrido guardando il mio tavolo, non potrei farne a meno, non ci rinuncerei neanche per il più sofisticato computer. Mi piace tenere la matita in mano e vedere le linee nette che essa riesce a tracciare, vedere che ciò che sto creando scaturisce come energia pura, trasmessa dal mio cervello alle mie dita e poi alla matita che diventa parte integrante della mia mano. È emozionante. Mi siedo e dal mio posto intravedo il piccolo ufficio con i due divani di pelle e la spaziosa scrivania fine ottocento. Quello è il regno di Karen, e lì che combina tutti gli affari. È una ragazza solare, estroversa, dotata di una naturale comunicabilità. Riesce a mettere a suo agio i clienti. Alla fine, tutti escono da quell'ufficio con il sorriso sulle labbra e certi di avere fatto un grosso affare. Io preferisco occuparmi della parte tecnica, dei disegni. Mi piace disegnare, mentre disegno rimango in compagnia dei miei pensieri.
Io la conosco, io conosco quella figura che vedo ogni notte, il suo modo di camminare di muoversi, tutto è familiare in lui. Il nome, devo solo trovare il suo nome. Lo sento scendere fino alle mie labbra e poi bruscamente è risucchiato indietro.
"Marla". Mi sento chiamare e sussulto.
"Ehi, Marla, scendo un attimo, se viene il signor Basten, fallo accomodare in ufficio. Ho un appuntamento con lui. Ehi, Marla, mi hai sentito, cos'hai oggi, stai dormendo?"
Ammiccando Karen esce di corsa sbattendo la porta e tutte le carte sulla scrivania volano via.
Non mi piace questa poltrona che sto disegnando, non so perché, ma non mi piace. Dovrà essere accostata a dei mobili di antiquariato. Che figura farà? Chiudo gli occhi, cerco di immaginare, tutto accade all'improvviso: ecco la poltrona, e su di essa una ragazza seduta in maniera estremamente composta. Io so che è morta, ha la testa piegata e negli occhi la fissità della morte. Tutto si confonde, non ho più equilibrio, cado. Riapro e richiudo gli occhi, tutto è scomparso, non vedo più niente. Cosa è stato, cosa mi è successo? Ho paura, ho avuto una allucinazione, dopo gli incubi notturni anche questo!
Calma, devo rimanere calma, devo concentrarmi su ciò che ho visto. La ragazza, forse in passato l'ho conosciuta! Devo ricordare, devo mettere a fuoco il suo viso, può bastare un solo particolare.
I capelli, i suoi capelli erano di un colore rosso vivo, rivedo ancora come in un sogno il contrasto tra il pallore del suo viso e la massa fiammeggiante dei capelli.
Ma è tutto inutile, non ricordo di averla mai conosciuta.
Lontanissimo si fa strada nella mia mente lo squillo del campanello, mi alzo lentamente e come in trance vado ad aprire. Alzo gli occhi, sulla porta c'è un uomo, non mi è mai successo di guardare qualcuno così sfacciatamente, non so cosa mi prende. È perfetto, non ha un capello fuori posto, è vestito in maniera impeccabile, le sue scarpe sono lucidissime. Il suono della sua voce ha per me l'effetto di una scossa:
"Posso entrare o dobbiamo parlare di affari qui sulla porta?"
Arrossisco e mi faccio da parte per farlo entrare. - Karen, dove sei? Sbrigati ad arrivare! -
Sono molto imbarazzata, non so cosa dire, Karen irrompe nella stanza:
"Il signor Basten immagino!"
Dopo le presentazioni di rito, lo porta nel suo ufficio, lasciandomi perplessa, stupita. Mi sento confusa, mi siedo al mio tavolo cercando di concentrarmi sul lavoro. Nella mia testa un turbinio di immagini, dalla ragazza assassinata all'uomo seduto nell'ufficio di Karen.
Assassinata? Oh Dio mio, ho proprio pensato assassinata! Perché, cosa posso saperne io?.
La visione esplode violenta davanti ai miei occhi. La ragazza è sempre seduta composta nella poltrona, è come se avessi uno zoom nella testa, l'immagine s'ingrandisce, e s'ingrandisce ancora, noto un segno attorno al collo e improvvisamente capisco perché il capo mi era sembrato piegato in modo innaturale, adesso la testa sta rotolando giù e gli occhi mi fissano. Sta scendendo il buio, non vedo e sento più niente, dimenticare, finalmente posso dimenticare...

- Lavati, bambino mio lavati, noi possiamo fare ogni cosa, poi l'acqua ci renderà puri, laverà ogni macchia anche dalla nostra coscienza. Lava via il pensiero di quello che hai dovuto fare oggi e sarai di nuovo innocente.-
- Era sdraiato sul letto, era nudo, si osservava:
- "Ecco mamma, adesso sono di nuovo puro, innocente, ho fatto come hai detto tu. Sono un bravo bambino."

- Riemergo dal nero tunnel che mi aveva inghiottito, Karen è in ginocchio accanto a me, mi guarda preoccupata. Mi alzo:
- "Sto bene, adesso va tutto bene, non temere, sto bene!"
- Nei suoi occhi una muta domanda, scuoto la testa, non posso parlare, c'è lui presente. Mi sta guardando e mi accorgo che anche il suo sguardo mi dà la scossa, giro la testa, lo sento mormorare:
- "Allora rimaniamo d'accordo signorina Stein. Architetto... Ci vediamo."
- La porta si è chiusa, è questo il momento che temevo di più, non posso più sottrarmi alle domande di Karen, tanto vale che le dica tutto subito:
- "Ho visto qualcosa, ho visto qualcosa... Non veramente, qui nella mia testa, una ragazza... era stata assassinata, la sua testa è rotolata giù e mi ha guardata con quegli occhi fissi. Oh Karen che mi sta succedendo?"
- Lei mi abbraccia consolandomi:
- "Calmati Marla non è niente, stai calma. Ricominciamo, hai visto assassinare qualcuno? "
- "No, la ragazza sedeva sulla mia poltrona, quella che sto finendo di disegnare adesso e ... la sua testa era appoggiata sul corpo, solo appoggiata, capisci e poi è rotolata giù ed io credo di aver perduto i sensi."
- "Quindi tu non hai visto uccidere nessuno. Ascolta Marla, io credo che sia solo una tua fantasticheria. Sei molto turbata per il tuo incubo e la tua fantasia ti fa vedere cose che non esistono."
- "Sembrava così reale, così maledettamente reale."
- "Vai a casa Marla, prenditi una giornata tutta per te, riposa, cerca di fare un buon sonno e poi ne riparleremo."
- Ma sì forse è meglio, ha ragione Karen, mi prenderò una giornata di vacanza.

- Mi ritrovo nel parco a passeggiare, respiro forte cercando di catturare dentro di me quel profumo. Ho fatto bene a venire qui, mi sto rilassando, il contatto con la natura mi piace, una immagine rapida attraversa la mia mente, una brughiera con i colori dell'erica, tuttavia in quell'immagine c'è qualcosa di stonato, il cielo non è azzurro, e il sole che ho visto per un attimo, il sole...
- La brughiera, che ha tinto con il viola dell'erica la mia mente, è sotto una cupola di vetro colorato. Perché mai ho immaginato questo? Sono confusa, lo sto solo immaginando? O sto ricordando? E se sto ricordando, che posto era mai quello in cui vivevo? Seduta su una panchina cerco di concentrarmi. Chiudo gli occhi.
- Madre, padre, Marla bambina, amici.-
- La mia mente pulsa, io vorrei ricordare, ma sento che sarebbe meglio non farlo.
- Fratelli, amici, Anya bambina... Sobbalzo - Anya bambina? E chi è Anya, perché ho pensato questo nome, non ha senso tutto ciò. Forse sto veramente impazzendo.
- Anya, questo nome si è impresso nella mia mente e non la vuole abbandonare. Chi è questa Anya, perché questo nome mi è così familiare? Non riesco a capire, mi prendo la testa tra le mani sconsolata, la mia vita è veramente terminata il giorno in cui ho subito quel terribile incidente e la mia memoria è andata in tilt, quasi interamente. Perché ricordo di chiamarmi Marla e so qual è la mia professione? Perché ho rimosso i ricordi più antichi, cosa può essermi accaduto di così terribile? Qualcosa che forse si riallaccia alla visione della ragazza assassinata? Anche quell'immagine si è impressa nella mia mente. La ragazza era vestita di tutto punto e non c'era traccia di sangue sul suo corpo, la testa doveva esserle stata staccata di netto, e poi qualcuno con un macabro rituale aveva trovato il modo di appoggiarla sul tronco. Vedo perfettamente la sottile linea frastagliata che corre tutt'intorno al collo delicato. Basta non ce la faccio più, anche se ero contraria credo che accetterò il consiglio di Karen e mi farò vedere da un medico.

L'uomo stava sfogliando i giornali, era agitato, non c'era, quella notizia, non c'era. Poi all'improvviso il suo volto si illuminò, eccola l'aveva trovata, la ritagliò, la guardò e la rilesse con grande soddisfazione:
"Misteriosa morte di una studentessa di 22 anni.
La ragazza è stata trovata nel suo appartamento. Era completamente vestita ed era seduta su una sedia, non c'erano tracce di sangue. Solo un particolare raccapricciante, la sua testa era appoggiata al corpo. Da un primo esame non si è riusciti a risalire all'arma del delitto."
Sorrise, per la polizia sarebbe stato un bel rompicapo e a lui tutto questo dava la carica, la prossima volta sarebbe stato più divertente. Questo era solo l'inizio.
- Anya mi senti, sto arrivando da te, ma cosi non è divertente, prima dovrai ricordare, allora mi divertirò, leggendo il terrore nei tuoi occhi! -

Scappare... devo scappare! Lui è dietro di me, se mi prende sono finita, è crudele, gioca con me come il gatto con il topo. Fuggo, sto ansimando, ogni tanto mi giro per vedere dov'è. Uscirò mai da questo tunnel? In fondo si comincia a vedere una luce, corro, finalmente riesco ad uscire. Sono in una stanza, la luce è accecante, metto una mano davanti alla fronte per difendere i miei occhi. Mi sto abituando a questa luce intensa, comincio ad intravedere qualcosa. Nel centro, proprio nel centro, c'è una poltrona, è una di quelle che io ho creato, il mio cuore prende a battere forte, abbasso lo sguardo, riesco quasi ad intravedere il suo pulsare attraverso la maglietta. Guardo ancora, ecco adesso c'è lei sulla poltrona, con quella massa fiammeggiante di capelli e quegli occhi privi di vita fissi su di me.
Sento una vocina infantile provenire dall'angolo della stanza, mi volto, è una bambina deliziosa, vestita in un modo strano, in mano ha qualcosa, non riesco a vedere, mi avvicino. Non capisco di che oggetto si tratti, tuttavia distinguo chiaramente che è sporco di sangue. La bambina mi guarda sorridendo e comincia a cantilenare:
"Anya è cattiva, Anya è cattiva... fa cose molto brutte. Anya, Anya..."
Mi passo una mano sulla fronte, quasi a voler cancellare quell'immagine dalla mia mente. Da lontano mi arriva una voce:
"Signorina Jones, signorina Jones, ora basta, Marla ora basta, ha sognato, questo era solo un sogno e adesso che me ne ha parlato si sentirà di sicuro meglio."
Lo guardo confusa, è vero gli stavo soltanto raccontando il sogno fatto quella notte. Dio mio! Era tutto così reale, mi ero talmente lasciata prendere dalla foga del racconto, da dimenticare dove mi trovavo Sento sotto di me il lettino, che stupida, sono nello studio di un medico.
Lui mi tranquillizza con lo sguardo, i suoi occhi mi dicono che non devo temere niente, che lui mi aiuterà. Mi tiro su con fatica:
"Lei cosa ne pensa dottore, cosa può significare tutto questo?"
Lui si alza, passeggia, ma quando si gira verso di me ha il sorriso stampato sulle labbra:
"Stia tranquilla Marla, posso chiamarla così vero? È importante che tra noi si stabilisca una corrente di simpatia e di fiducia reciproca, questo è importante, lei deve avere fiducia in me, non mi deve nascondere nulla."
Io annuisco meccanicamente, non mi importa niente di quello che sta dicendo, parla di fiducia, simpatia, io voglio solo sapere se sto diventando pazza. Sembra leggermi nel pensiero, perché subito riprende:
"Vuole veramente sapere cosa penso di questa storia? Credo che le stia tornando la memoria."
"Non so se esserne contenta. Se questi incubi riflettono la mia vita passata, forse sarebbe meglio non ricordare!"
Lui scuote la testa:
"No, Marla, sbaglia, potrebbe anche non essere così tremendo, lei potrebbe aver subito un trauma da bambina, una cosa qualsiasi che ha colpito la sua fantasia, e adesso il suo subconscio la sta tirando fuori. Non è detto che lei sia la bambina del sogno, così come non è detto che lei abbia usato quel coltello."
Lo interrompo:
"Non era un coltello."
Lui si spazientisce:
"Va bene Marla, non è questo il problema, qualunque cosa fosse non è detto che l'abbia usata lei, mi ha capito? Deve mantenersi tranquilla e non pensare a queste cose. Vedrà che piano piano i ricordi riaffioreranno, che lei lo voglia o no."
Lo guardo, sta sorridendo ora, è un uomo affascinante, continua a parlarmi di quanto sia importante in questi casi il rapporto medico- paziente, tuttavia io non riesco a trovarlo simpatico.

"Devo farlo, questo tarlo nel cervello mi sta uccidendo, devo farlo di nuovo, devo! Dopo sarò di nuovo innocente e pulito, vero mamma? Ti porterò con me, mi darai coraggio." L'uomo prese la foto, la guardò ancora un attimo, la donna dai capelli rossi sorrideva, lui la ripose in tasca e guardandosi ancora una volta le scarpe lucidissime uscì.

Che notte ho passato, ho avuto il mio solito incubo e dopo non sono più riuscita a prendere sonno, sono veramente esausta, ma non posso impedirmi di pensare. Mi è rimasta dentro quella bambina, continuava a ripetere - Anya -, chissà se Anya era lei e chissà se veramente aveva fatto quella cosa orribile.
Sono distesa sul letto e improvvisamente la mia stanza scompare, ecco adesso sono in un'altra stanza, guardo fuori dagli oblò, ancora quella strana luce, ancora quella cupola che avvolge tutto, percepisco una presenza, giro lo sguardo lui è seduto su una poltrona e mi da le spalle. La sua voce è pacata, si volta, ma il mio sguardo non riesce ad andare oltre le sue spalle, è come se non avesse volto. Tiene i gomiti appoggiati sui braccioli della poltrona e le mani intrecciate. Lo osservo, ha le dita lunghe, nervose, e pur essendo intrecciate si muovono di continuo. Lo osservo ancora, è vestito in maniera impeccabile e le sue scarpe sono lucidissime. Ma chi è? Lui parla:
"Allora, Anya, oggi come va?"
Con molto stupore mi sento rispondere:
"Non bene, dottore, continuo ad avere quell'incubo e poi si è aggiunto un altro fatto nuovo."
Mi sollevo su di un gomito e rovisto nella mia borsa, tiro fuori un giornale:
"Ha letto il giornale di oggi?"
Lui fa cenno di no e allora io prendo la pagina che mi interessa e gliela porgo. Si alza, con passi lenti, viene verso di me, il mio sguardo è fisso sulle sue scarpe che si avvicinano, mi prende il giornale dalle mani e sempre lentamente ritorna a sedersi. Io ho paura di quello che mi dirà. Sento un sospiro e finalmente parla:
"Non so cosa dirti Anya, certo il fatto è singolare, questa povera ragazza, come dice il giornale, è stata trovata seduta, vestita di tutto punto e decapitata, però la sua testa era appoggiata sul corpo. Tutto questo è molto singolare e soprattutto ricalca in maniera fedele il tuo sogno."
La sua mano si alza ad accarezzare il punto dove dovrebbe trovarsi il suo mento. Non parla più, non capisce l'inferno che io ho dentro. Non ce la faccio ad aspettare le sue parole di condanna, parlo io e vado dritta al cuore del problema:
"Sia sincero con me dottore, mi ha sempre detto che il nostro rapporto va basato sulla fiducia, sulla sincerità, e allora sia sincero. Posso aver commesso io quell'omicidio?"
Lui si alza e passeggia:
"No lo so Anya, sono sincero con te, non lo so. Potrebbe esserci questa possibilità. La tua mente potrebbe voler rendere reale il tuo incubo, ma dal momento che, ovviamente, rifiuti una simile eventualità, fai di tutto per dimenticare il fatto, dopo che lo hai commesso."
Mi sento rabbrividire, io sarei dunque una feroce assassina? Non posso crederci, mi rifiuto con tutte le mie forze di credere. Ho la fronte imperlata di sudore, sono sdraiata sul mio letto, adesso sono Marla. Ma è veramente questo il mio nome? O piuttosto mi chiamo Anya?

Vado al lavoro, mi servirà come distrazione. La domanda rimbomba nella mia mente. Se io sono Anya, perché ho cambiato identità, perché mi faccio chiamare Marla Jones, forse per sfuggire al mio destino di assassina? Decido di non parlarne con Karen, quando avrò risolto tutto, allora ne parlerò. La sua allegria mi contagia.
Ho quasi dimenticato tutto, certa che si tratti di uno dei miei soliti incubi, quando ripiombo nella folle realtà. Karen è stata gentile, mi ha portato il caffè e il giornale. Interrompo un attimo il lavoro e mi rilasso, sorseggiando il caffè, apro il giornale e i caratteri improvvisamente si mettono a ballare davanti ai miei occhi, intravedo un titolo:
- -Serial- Killer?-
- - Sono già due le vittime, entrambe giovani e con i capelli rossi, identiche le modalità di ritrovamento dei cadaveri. Le ragazze erano sedute, vestite, e la testa staccata di netto era appoggiata sui loro corpi. -Sono questi particolari sconvolgenti che potrebbero far pensare all'esistenza di un serial killer
- Le mie mani tremano, non è più un sogno, esiste qualcuno che uccide, adesso il mio incubo è realtà.
- Karen mi trova con la tazzina ancora in mano e lo sguardo perso nel vuoto. Non posso sottrarmi ancora alle sue domande. Ho parlato tutto di un fiato, adesso la guardo, è pallida, finalmente si è resa conto anche lei della gravità della situazione:
- "Marla, se questo individuo esiste, tu sei in pericolo!"
- La guardo stupita:
- "Perché mai dovrei essere in pericolo?"
- I suoi occhi sono grandi, dilatati dalla paura:
- "Ragiona Marla, tu conosci la tecnica di questo assassino e nel tuoi sogni vedi una donna uccisa nello stesso identico modo di queste due povere ragazze, quindi: o tu hai visto l'assassino mentre uccideva, oppure tu sei una vittima riuscita miracolosamente a fuggire e in entrambi i casi tu sei in pericolo."
- Mentre Karen parla un brivido serpeggia lungo la mia schiena, testimone oculare o vittima scampata o ...assassina, cosa sono io dunque? Karen sta dicendo che forse dovrei rivolgermi alla polizia, ma io rifiuto categoricamente, non sono in possesso di cosi tanti elementi da poter aiutare chicchessia. Preferisco aspettare, se il dottore Jansen ha ragione, prima o poi ricorderò.

- Ho gli occhi sbarrati, ansimo, sono nella stanza, ho percorso il corridoio che quell'uomo ogni notte percorre per venire da me e sono arrivata in quella stanza, la donna dai capelli rossi è sulla poltrona, mi giro, cerco la bambina, non c'è, dov'è? La voglio vedere, sono convinta che è in lei la soluzione. Come una forsennata corro in tutti gli angoli e chiamo: "Anya, Anya dove sei?"
- Mi scontro con un ostacolo, impaurita indietreggio e cerco di mettere a fuoco l'oggetto. C'è qualcuno seduto, per prima cosa noto le sue scarpe lucidissime, lui lentamente si alza:
- "Anya, Anya sei veramente una bambina cattiva, guarda cosa hai fatto a questa povera donna."
- Così dicendo le accarezza la testa che rotola giù. Sono affascinata, guardo quegli occhi fissi, mi perdo in essi e all'improvviso sento la mia voce che dice:
- "Non è vero, non sono stata io, non è vero, io non c'entro niente, non sono un'assassina!"
- Lui ride, si prende gioco di me, poi lentamente si gira e imbocca il nero tunnel e sento la sua voce:
- "Sto venendo da te, Anya, sto arrivando, sto venendo a prenderti!"
- Mi sveglio sudata, ansimante, è ancora buio, cerco di mettere a fuoco gli oggetti nella mia camera, la parete si illumina, si apre, compare il tunnel e lui è lì come sempre, come ogni notte. Ma questa volta no, non ce la faccio ad aspettare, accendo subito la luce e l'incubo scompare.

"Dottore, lei mi deve aiutare, non posso più andare avanti cosi, se tutto questo deriva dal fatto che io sto cominciando a ricordare, mi aiuti la prego, mi aiuti a ricordare tutto, altrimenti finirò con l'impazzire."
Lui mi guarda, sul suo viso è stampata un'espressione strana che forse vorrebbe esprimere pietà, commiserazione. Quando parla ha la voce dolce:
"Allora Marla, mi ascolti, io cercherò di aiutarla, ma anche lei dovrà collaborare, cercheremo insieme di ricostruire la sua vita!"
Annuisco anche se continua a non piacermi, gli sono molto grata delle sue parole. Lui continua:
"Bene allora cominciamo, si rilassi, sta parlando con un amico. Non ha dei flash in cui rivede se stessa, in altri luoghi,?" Apro gli occhi di scatto, come fa a saperlo? Lui sembra indovinare quello che sto pensando e mi rassicura prendendomi una mano:

"Se le accade, è normale. Ricorda Marla? Io sono convinto del fatto che le stia tornando la memoria e che, proprio questo sia la causa prima del suo stato confusionale. Lei accavalla fatti reali e non, e ciò che ne deriva è un cocktail di sogni angosciosi e incubi a occhi aperti.. Allora riprendiamo, mi risponda!"
La mia voce esce flebile:
"Sì, mi è successo, intendo dire che ho avuto una sensazione di me in un luogo che non conosco ."
Lui abbozza un sorriso soddisfatto:
"Bene Marla, mi racconti, dove si trovava, cosa faceva?"
Io racconto della brughiera, della stanza con gli oblò, della cupola colorata. Non è stupito di quello che gli sto raccontando, anzi sembra proprio soddisfatto:
"Molto bene Marla, non ho capito molto di quello che mi ha detto, ma sono contento lo stesso, quando ricorderà altre cose, anche questo avrà un senso."
Ci lasciamo, adesso sono un po' più fiduciosa, non mi piace, tuttavia lo ritengo un bravo professionista.

"Mamma, devo proprio farlo?"
"Sì, bambino, devi, perché è la tua mamma che te lo chiede. Perché è giusto così."
"Ma se è giusto, perché non ne posso parlare con papà?"
"Perché lui non capirebbe, credimi è meglio così per te."
"Mamma, a me non piace quello che devo fare."
"Fallo per la tua mamma, é la tua mamma che te lo chiede, lo farai vero?"
"Sì mamma, per te lo farò, poi però mi laverò, perché mi sento sporco, dopo che mi sono lavato sto sempre meglio."
"Bravo bambino, adesso preparati."
Le lacrime scorrevano sul volto dell'uomo, nella sua mente l'immagine di una stanza, di un bambino seduto sul letto, in attesa, della porta che si apriva e quelle scarpe lucidissime che entravano, il bambino affascinato le guardava, ci si poteva specchiare, non c'era nemmeno la più piccola macchia. Anche su di lui "dopo" non sarebbe rimasta la più piccola macchia, l'acqua e il sapone avrebbero portato via tutto, avrebbero lavato anche la sua anima.

Ieri mi è successo di nuovo, è tornato in ufficio Steve Basten, e di nuovo ho provato quella strana sensazione. Non so cosa dire, sono molto imbarazzata, quell'uomo mi attrae moltissimo. Gli ho fatto vedere il mio lavoro, è rimasto molto soddisfatto. Tanto soddisfatto da invitarmi a cena. Non è la prima volta che un cliente invita a cena me o Karen, ma io ho sempre rifiutato, non ho mai voluto mischiare il lavoro con gli affari di cuore. Questa volta no, questa volta ho accettato, anzi ho fatto di più, ho proposto di cenare a casa mia, così- staremo più tranquilli -, sì l'ho detto guardandolo negli occhi: "Cosi staremo più tranquilli." Non è da me, non fa parte del mio modo di agire, invitare uno sconosciuto in casa mia, alludendo anche ad un piacevole dopocena. Non so cosa mi stia succedendo. Comunque ormai è andata, oggi è il gran giorno, non posso più tirarmi indietro.
La tavola è apparecchiata, tra poco lui sarà qui. Allo squillare del campanello comincio a tremare, cerco di non darlo a vedere e con un sorriso stampato in faccia, vado ad aprire. Lui è lì, impeccabile nel suo completo grigio, e le sue scarpe sono lucidissime senza una macchia.
"Posso entrare, è destino che tu mi tenga sempre fuori della porta, ogni volta che suono."
Balbetto un - Scusami - e mi faccio da parte. Entra deciso, ha i modi sicuri dell'uomo di successo, cui la vita ha dato tutto. Io rimango imbambolata a guardarlo, mentre si siede, poi cerco di scuotermi. Cristo, sto dando una pessima immagine di me. Quando ci sediamo a tavola, sono quasi normale, riesco a tenere una conversazione abbastanza brillante. Ad un tratto lui mi dice:
"Sai Marla, mi ricordi molto una mia amica. Si chiamava Anya."
La mia mano, quella che impugna la forchetta, trema, con un filo di voce riesco a dire:
"Si chiamava? Perché cosa le è successo?" Lui continua a guardarmi attento:
"Non so, è scomparsa nel nulla, da un giorno all'altro è sparita..."
Mi sento mancare, respiro a fatica, lui si alza premuroso:
"Marla cosa c'è, ti senti male?. A causa mia? Scusami sono un'idiota, non ti dovevo parlare di questa faccenda."
Io dico che non c'entra niente questa storia, che mi sono sentita mancare, che ho bisogno di andare un attimo in bagno e che starò subito meglio. Lui si rimette seduto, annuendo.
Mi chiudo in bagno, i fuochi d'artificio impazzano nella mia testa, me la prendo tra le mani e il mio sguardo si posa sullo specchio, mi guardo stupita. Dallo specchio mi sorride un'altra Marla non bruna come me, ma bionda.
La testa mi gira, ma mi sforzo di guardare. L'immagine è confusa, ricompare la ragazza, ha il viso stravolto dalla paura, dall'ira, la sento urlare:
"Tu, sei tu l'assassino!"

CONTINUA... leggete la: Seconda e ultima parte


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