La Matrice. Migliaia, milioni di righe di codice al giorno.
Strani simboli, ideogrammi, caratteri verde smeraldo che scorrono su sfondo nero e che io devo decifrare, continuamente.
È questo il mio lavoro: osservo le stringhe e segnalo ai superiori le eventuali anomalie. In linguaggio da programmatore potrei essere paragonato ad un compilatore, uno squallido programma passivo che non fa altro che tradurre tutto ciò che gli passa attraverso, senza pensare. La mia postazione è situata nel centro esatto della Solis, una delle peggiori navi da esplorazione della flotta di Zion, un'accozzaglia deforme di cavi e lamine di metallo arrugginite tenute insieme da saldature disfatte e viti consumate, buona giusto per percorrere quei pochi chilometri al giorno che ci permettono di vedere che non ci sono sentinelle nei paraggi. E meno male, dato che penso ne basterebbero una decina per dare il colpo di grazia alla struttura decomposta della nave. Nella pancia di questa desolazione di ferro, lavoro in una scura e lurida stanzetta quadrata, davanti ad un piccolo bancone metallico sul quale troneggiano tre schermi da 14 pollici, tre freddi occhi verdi che devo fissare e che mi fissano tutto il giorno.
Oltre a questo, alla mia sedia e agli immancabili cavi ingarbugliati che pendono dal soffitto come fronde di alberi tropicali, non c'è nulla. Solo io e gli schermi, io e i caratteri, io e La Matrice. Alcuni dicono che quando ci si abitua a guardare il codice non si fa più caso ai simboli che lo compongono, ma si vedono direttamente le persone, le automobili, i palazzi... che cazzata. Per me è sempre come ascoltare una lingua straniera: la conosco bene e ne comprendo il significato, ma resta una lingua straniera. Il codice, nel mio cervello, non si fonderà mai interamente con le immagini a cui corrisponde.
Lavoro in questo buco da tre anni, immerso nel silenzio della mia solitudine, e vedo sempre le stesse cose, sempre, senza sosta.
Che noia mortale, penserete... Invece in certi momenti diventa una gioia. È meraviglioso poter rivedere, seppur da una sorta di oblò dimensionale, i luoghi amati della mia vecchia vita e le persone con cui passavo spensieratamente il tempo, ed è quasi una consolazione osservarle mentre compiono gli stessi gesti di sempre e fanno le stesse cose che facevo anch'io. E pensare che hanno tutti una serie di spinotti neri conficcati nel corpo, forse è questo il prezzo concreto della felicità...ma è un peso sopportabilissimo, soprattutto se non si è consapevoli della propria condizione. Comunque, in teoria, la mia è una violazione, dato che il mio compito consiste nel valutare attentamente la situazione nelle varie zone di La Matrice assegnatemi ed eventualmente avvisare due o tre membri dell'equipaggio di tenersi pronti per l'ingresso, e non è permesso sfruttare il codice per i propri comodi; ma non posso davvero farne a meno.
Qui mi sento intrappolato. Dovrebbe essere l'esatto contrario, ma io qui mi sento trasparente, mi limito a sopravvivere. Avrei dovuto trovare una nuova strada, l'illuminazione, avevo imboccato il sentiero per la libertà e dovevo portarlo a termine con tutti quelli come me, tutte le persone che avevo intorno e che non avevo mai visto prima, tutte entusiaste della loro nuova condizione, tutte pronte ad influenzarmi con le loro visionarie teorie, profezie, stronzate senza senso per me... lo sono state fin dall'inizio. Dovevano solo insegnarmi a pensarla come loro ma se ne sbattevano di me. Fin dal primo giorno avevo avuto il sentore di aver commesso un errore enorme. Ora sono passati molti mesi da quel giorno e ci sono dentro fino al collo. Se provassi a condividere le mie perplessità con qualcuno probabilmente mi rinchiuderebbero, o nella peggiore delle ipotesi penserebbero che sono una spia inviata dal nemico. Tra l'altro, non ho mai capito bene chi sia il nemico con cui abbiamo a che fare, se mai ci troviamo sul serio in periodo di guerra, e penso che molti altri non lo sappiano ben inquadrare. Da quanto ho appreso, gli avversari degli uomini sono le macchine, ma nella mia ottica le macchine non hanno fatto niente di così grave da meritarsi una cieca e completa ostilità, e comunque al riguardo c'è una carenza di informazioni spaventosa; sembra che gli unici pienamente al corrente della situazione siano i senatori e i capitani, e di certo essi non perdono tempo a riferirla ai semplici cittadini.
Uomini e macchine... pazzesco, nell'altra vita tutti si servivano senza problemi delle macchine che spesso svolgevano i lavori più complicati al posto nostro ed erano probabilmente il nostro più grande alleato, e ora vengo sbalzato in una realtà discorde in cui mi si dice che le macchine si servono degli uomini come batterie per alimentarsi e li illudono inserendo nel loro cervello false informazioni facendo credere loro di vivere una vita normale. Deve suonare irrazionale e inconcepibile per ogni persona sana di mente. Eppure ormai sono quasi sicuro che questa parte della storia sia vera, mi sembra di provarlo ogni giorno sulla mia pelle quando leggo il codice...
A volte qui dentro, qui sotto mi manca il respiro.
Vivo in un paradosso allucinante, a causa del quale vengo svuotato delle mie emozioni, delle mie gioie e dei miei dolori...ma mai del mio passato. Non smetto mai di pensare al passato, è quasi una perversione che ormai ha piantato radici profondissime nella mia memoria, e tutto ciò che mi rendeva felice è divenuto indelebile.
Il passato era bello, nella sua splendida quotidianità... Ora è tutto troppo diverso. Forse sarà più reale, ma ne vale la pena?
Prima guardavo in alto e vedevo il cielo, ora vedo metallo; quando tornavo a casa ricevevo calore, ora indifferenza; quando facevo l'amore ero felice, e non me ne frega un cazzo se erano falsi stimoli elettrici inviati al mio cervello. Qui fa freddo, terribilmente freddo, è aridità pura. Qui tutto è grigio e vuoto e mi fa schifo, mi fa vomitare.
La verità, perlomeno la mia verità è questa: la ragione umana a Zion è incline all'autodistruzione...
Ma non c'è solo la prigionia fuori dal cosiddetto mondo simulato a pesarmi sull'anima, è una condizione disperata ma non è la sola cosa che mi opprime. Ci sono delle questioni che rimangono irrisolte e che sono gravose quasi quanto il colorato ricordo del mio passato.
Chi mi garantisce che anche Zion non sia che una nicchia di La Matrice, un'altra realtà fittizia creata ad hoc dalle macchine per far contenti coloro che sentivano che nel mondo "qualcosa non andava" e per dare loro un'illusoria speranza di liberazione?
Chi mi garantisce addirittura che La Matrice esista, e che il luogo in cui mi trovo da tre anni a questa parte non sia un rifugio sotterraneo segreto di una setta di fanatici di chissà che genere, i quali mi hanno sottoposto a un brutale e traumatico rito di iniziazione (la "liberazione"), facendomi il lavaggio del cervello?
Chi mi garantisce che io sia in effetti ancora vivo? Certo quest'ultima ipotesi è parecchio estrema e quella in cui mi trovo sarebbe una raffigurazione assolutamente insolita della vita oltre la morte, ma chi mai può dire cosa accade dopo che il cuore si è fermato?
Sto divagando. Ma i miei dubbi e le mie ossessioni riflettono bene la mia assurda condizione di libero in esilio.

19.52
Sono chiuso nel mio buco nel mezzo della Solis da sette ore, nulla di nuovo. Gli schermi, le interminabili stringhe verdi, un mare di niente, solo ricordo.
Sto guardando (decifrando) un bambino gioviale sui cinque anni, coi capelli castani arruffati, che mangia un gelato al limone, o forse alla crema, mentre la madre lo conduce mano per mano verso casa.
Vorrei essere quel bambino.
Vorrei essere una qualsiasi dei milioni di persone che vedo circolare ogni giorno dentro La Matrice sulle strade di bit.


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