1. 900t'Arte:
Renzo Tortelli, la fotografia come arte

"Io e un mio amico di Civitanova Marche, Renzo Tortelli, anche lui fotografo, abbiamo preso la Cinquecento e abbiamo viaggiato tutta la notte. Il sabato mattina, quando a Scanno le persone ritornavano a casa con le fascine di legna sulla testa, eravamo già lì ad aspettarli per fotografare". Così Mario Giacomelli ricordava alla nipote Simona la sua esperienza a Scanno, dove aveva scattato, il 19 ottobre 1957, una delle sue foto più belle. Quella del bambino circondato da un alone di luce. Giustamente, nel suo recente libro Mario Giacomelli, la mia vita intera, edito da Mondatori, Simona Guerra ha sottolineato che quella è stata anche la fotografia di Giacomelli maggiormente apprezzata dalla critica internazionale.
Al Musinf di Senigallia, il museo d'arte moderna e della fotografia, che ho fondato e che dirigo, tra le immagini, che costituiscono una chiave di lettura dell'itinerario espositivo, ho allineato la suite delle foto scattate a Scanno da Renzo Tortelli, alcune delle quali colgono Mario Giacomelli nell'atto di fissare proprio le immagini, che sono restate nella storia della fotografia italiana e, probabilmente, come oggi molti dicono, anche della fotografia mondiale del '900.
Di quella giornata a Scanno tengo nel mio studio anche la panoramica del paese abruzzese, scattata da Tortelli appena all'alba, tra brume e vapori che incorniciano le case. Si tratta di una fotografia che fornisce la misura della disposizione poetica di Tortelli. Credo vada pure rilevato come Giacomelli appaia spesso nell'opera fotografia di Tortelli. È ormai abbastanza nota la vasta serie della fotografie del primo maggio al Vallone di Senigallia, dove Giacomelli è presente con la famiglia. La suite delle immagini scattate da Tortelli sul greto del fiume si propone, alla lettura odierna, con tutte le implicazioni di una corale colazione sull'erba, dove allo spleen impressionista si sostituisce l'affresco della festa popolare. Le istantanee di Tortelli colgono il piacere dei protagonisti nel recupero del contatto con la terra. Inquadrando il tutto nel contesto di una società in veloce transito dalla dimensione contadina a quella operaia e industriale.

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La notorietà di Tortelli non è legata all'amichevole sintonia con Giacomelli, in quanto il percorso estetico e poetico di Tortelli è del tutto autonomo, come autonoma è la sua stessa disposizione di fronte al fare fotografia. Tuttavia personalmente ho sempre molto insistito nel segnalare i momenti di incontro tra Tortelli e Giacomelli, perché mi sembrano iscriversi nello spirito e nella dinamica del Gruppo Misa. Un sodalizio che era stato voluto da Giuseppe Cavalli come una scuola, un'accademia, rivolta al confronto sistematico, formativo e creativo, tra dilettanti geniali ed evoluti della fotografia.
Della lezione fotografica di Cavalli, sia Giacomelli sia Tortelli praticano l'attenzione per la perfezione del negativo, come contenitore di un massimo di informazioni, nonché l'attenzione per la perfezione della stampa in camera oscura. Intendendo la fase della stampa come parte essenziale dell'opera e come tramite linguistico dell'immagine. e della comunicazione poetica. Entrambi poi hanno seguito strade personali e maniere espressive distinte rispetto agli equilibri forma-contenuti tanto cari a Cavalli, cultore di un sentire crociano e interprete di modalità pittoriche raffinate, che sono poi le stesse che ispirarono Emanuele Cavalli e la Scuola Tonale.
Certo, ad un sentire più realistico Tortelli e Giacomelli sono stati radicati dalla comune pratica dell'indagine sul mondo contadino e sulla terra. Le fotografie di Giacomelli, come ho potuto costatare in un'amplissima letteratura, ma anche nelle mostre che il Musinf di Senigallia - è stato chiamato a preparare iniziative per la Biblioteca nazionale di Parigi e per gli istituti italiani di cultura di Los Angeles, Chicago, New York e Praga - hanno un apprezzamento internazionale vigoroso e in continuo ampliamento. Ma anche intorno alla fotografia di Tortelli si è sviluppato un interesse notevole e diffuso, tanto che numerose sono le pubblicazioni a lui dedicate e le mostre allestite in vari paesi, in Spagna, in Canada. Tra le altre, ricordo la mostra che è stata allestita in Germania sul mondo contadino di Tortelli, perché stata assistita da un catalogo assai bello. Ricordo infine il riscontro eccellente della presentazione delle fotografie di Tortelli a Paris Expo, lo scorso anno.
Le serie fotografiche di Tortelli sono varie. Ogni tanto è Tortelli stesso, che ne riscopre una e torna ad affrontarla in camera oscura, dove l'artista opera ora con certe baritate, che continuano ad essere prodotte in Russia e che lo soddisfano ancora per le rese intense dei neri e la modulazione dei grigi. Quando effettua queste riscoperte vedo apparire Tortelli al Museo di buon mattino, accompagnato dalla moglie, anche lei una brava fotografa. Allora apre la sua ventiquattrore ed estrae nervosamente le prove di stampa. Le allinea sul tavolo della sala delle conferenze. Poi mi scruta in silenzio per sapere cosa intendo farne, dove intendo esporle o pubblicarle quelle immagini riscoperte, rivissute, rilette. Certo, quando me le presenta ha già in testa anche dei suoi programmi espositivi ed editoriali, del tutto autonomi, però ci tiene che sia io, che sia il Musinf, cui è affettivamente legato, a compiere il primo passo a proporre un'idea. Tortelli, soprattutto si aspetta da me, più che un'azione, una condivisione sulle emozioni delle sue riscoperte.

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Negli ultimi anni, di emozioni sui reperti con Tortelli ne ho condivise parecchie. Cito solo l'emozione per la riscoperta della suite delle fotografie per le sculture in gommapiuma di Sante Monachesi. Appena me ne ha mostrato le prove di stampa ho deciso di dedicare alla suite una mostra, che in tanti poi hanno apprezzato e di cui in tanti mi hanno poi chiesto di realizzare un catalogo, che finora, però, per varie vicissitudini, non sono riuscito a fare. La mostra è stata ospitata negli spazi tradizionalmente dedicati al Musinf da Cartacanta. Quelle sculture di Monachesi erano state fotografate tanti anni addietro alla fiera di Civitanova e quindi ci tenevo molto al fatto che fossero ripresentate a Civitanova. Quelle sculture erano state protagoniste anche di una mostra a Jesolo nel 1978, intitolata Legare e Sciogliere, organizzata con il contributo di Franco Basaglia nel contesto di una storica rivoluzione delle prassi psichiatriche, che, come si sa, ha portato allo smantellamento di regimi crudeli, quanto inutili. Nelle cosiddette sculture nomadi Sante Monachesi legava e scioglieva il foglio di evelpiuma, creando all'infinito nuove forme. Sculture che erano sostanzialmente macchine liberatorie.
Anche le immagini di questo libro fanno parte delle suite riscoperte da Renzo Tortelli. Nel rileggere questo gruppo di sue fotografie mi aveva detto di avere avuto nella testa e nel cuore una frase di Paola Levi Montalcini, in cui c'era scritto come i bambini non andassero mai trattati come "piccoli uomini". Nelle fotografie emerge l'incanto e il fascino di un "piccolo mondo" armonico e pensoso. Un piccolo mondo, che viene rappresentato da Tortelli, senza far pesare e neppure far avvertire, in nessuna occasione, la presenza del fotografo. "Essere invisibile", d'altronde, era stato il sogno che Tortelli aveva quando era ragazzo.

Le immagini sono tratte da Bibliografia

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