Bobi Bazlen
di Ornella Milani
"non amo la musica perché amo il silenzio"

Bobi (Roberto) Balzen nasce a Trieste nel 1902, una città nevrotica, una città "ripostiglio del mondo", una città mitteleuropea, mistilingue e complessa, dove, in un clima cosmopolita, italiani, ebrei, tedeschi, sloveni, molti dei quali avevano studiato a Vienna o a Praga, danno vita ad un grande fermento culturale.
Bazlen è il punto di riferimento e di raccordo fra tutti perché diventa un mediatore tra la cultura tedesca, che esprime il senso di precarietà e di disorientamento diffuso nella mitteleuropa, che egli incarna con le sue conoscenze sterminate di tutto ciò che allora in Italia era sconosciuto e la cultura triestina di cui è " il fiore", il fiore di una cultura della nevrosi borghese.
Ha uno spirito tagliente, sbrigativo, è di umore estremamente mutevole, è una figura singolare ed eccentrica del suo tempo, un precursore ed un innovatore, che risveglia gli intellettuali dal letargo nel quale erano rimasti intrappolati, sprovincializzandoli e spronandoli alla ricerca di nuove strade, di nuovi autori, soprattutto mitteleuropei che qui da noi erano sconosciuti.
Curiosissimo, è "un lettore orizzontale" una finestra spalancata sul mondo "tutto lo interessa e leggendo crea connessioni e fa scoperte straordinarie. Disancorato da qualsiasi scuola o gruppo, è sempre un passo più in là, sempre a caccia come un bracco. E poiché è uno spirito aperto, generosissimo, fa partecipi i suoi compagni di strada delle sue intuizioni e delle sue scoperte.
Fece conoscere in Italia Kafka, Musil, Alltenberg... fece conoscere il valore di Svevo, all'epoca un perfetto sconosciuto. "Riconosceva il suono giusto"... e nelle passeggiate sul Carso o ai Caffè dove incontrava gli amici, ne aveva tanti perché sapeva ascoltare e dare consigli, parlava di tutto quel magnifico materiale che andava accumulando, con Linuccia Saba, Gillo Dorfles, Anita Pitton, Gerti Frank... o alla libreria di Virgilio Giotti dove si incontravano tutti gli intellettuali triestini per discutere, confrontarsi.
C'era un grande entusiasmo, una grande voglia di novità, di freschezza, Stuparich, Saba, Benco lo stesso Svevo e Giorgio Voghera e altri, tutti accomunati da uno stesso destino: svecchiare Trieste. Proprio G. Voghera così ci descrive Bobi "vivace, scanzonato, iconoclasta, ironico, ma pieno di comprensione e di delicatezza per le persone cui voleva bene" e a quelle persone che a lui si erano rivolte perché in difficoltà non esitò a prestare soldi che aveva ereditato dalla famiglia finendo in breve tempo il patrimonio originario. Non sapeva vivere altrimenti, lui che aveva una grande passione, la lettura e amava passare il suo tempo" a letto, sopra un mucchio di cuscini fumando o leggendo e che esce ogni tanto per fare qualche visita o per andare al cinematografo "era un autentico genio".
Non aveva attitudine per la vita pratica, non trovò mai un vero lavoro, se non quello di consigliere letterario" riconosceva il suono giusto", uno dei più rilevanti consulenti editoriali delle principali case editrici italiane dell'epoca, mediatore culturale di grande prestigio e di grande fascino. Si avvalsero dei suoi preziosi consigli Bompiani, Astrolabio, Einaudi e soprattutto Adelphi di cui fu l'ideatore editoriale e a cui dette una fisionomia che è ancora quella attuale.
Era "un passante sulla terra" che voleva che le sue traduzioni di saggi o di racconti apparissero sempre sotto un nome fittizio. Non pubblicò nulla in vita, solo dopo gli amici di Adelphi pubblicarono le cose che aveva scritto, le sue Note a piè di pagina, le lettere agli amici, a Montale che a lui si rivolgeva se aveva dei dubbi di scrittura. Anche Il Capitano di lungo corso fu pubblicato postumo.

Ma Trieste cominciava a stargli stretta, la madre lo opprimeva con un amore morboso e decise di partire. Prima a Genova che abbandonò presto, dopo aver conosciuto però Montale a cui lo leghò una profonda amicizia. Fu proprio a lui che scrisse con entusiasmo di Svevo rivelandolo alla cultura italiana e facendo la sua fortuna. Tornò a Trieste, ma per allontanarsene qualche anno più tardi, per non tornarvi mai più, se non per il funerale della madre.
Via Roma, in via Margutta per 26 anni, in una stanza ammobiliata, minuscola, strapiena di libri, fino a due anni prima della morte, che lo coglierà a Milano, dove era stato chiamato da A. Olivetti per preparare un programma per una casa editrice nuova l'Adelphi. Era il 1962. Nasce Adelphi con Luciano Foà, Roberto Olivetti, e Carlo Rugafiori e Roberto Calasso che diventerà un suo carissimo amico.
Come Ernst Polak, acutissimo critico letterario e raffinatissimo intellettuale nella Praga dei primi anni del novecento, non scriveva perché voleva troppo e perché sapeva che comunque lo scritto di oggi già domani è superato. Aveva imparato da da Chuang-tzu che il sapiente lascia il minimo di tracce, che "i romanzi sono note a piè di pagina", che come ci dice Ljuba Blumenthal, cui fu molto legato, poiché era sensibilissimo e di un'intelligenza bruciante, "ha capito da sé che tutto è niente..."

Ed è con Bobi Bazlen che voglio aprire questa galleria di autori mitteleuropei. Autori che sono arrivati a noi con tanto ritardo, e ci raccontano una civiltà complessa, multiforme, che ha dato moltissimo alla cultura europea e ha nutrito poi altri paesi dove molti intellettuali si sono rifugiati, dopo la sua fine.
Soprattutto ebrei, costretti a lasciare l'Europa per fuggire in America o in Israele o in Argentina...
Una storia quindi che, come il fiume Danubio, che ne è il comune denominatore, si allarga in un delta vastissimo, pieno di ramificazioni e di promesse.
Mitteleuropa realtà geografica e storica, coacervo di etnie e culture, ma soprattutto categoria mentale che richiama una certa atmosfera letteraria e filosofica, una sottile e garbata ironia, che ha caratterizzato un'epoca, l'epoca dell'Austria felix e della sua tragica fine.

Libri di/su Roberto "Bobi" Balzen