42. Bioculture:
Tra ragione e sentimento

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Ogni individuo, mammifero, rettile o insetto che sia, quando mostra di sapere adeguare le proprie azioni al raggiungimento di un determinato scopo, può configurarsi come un soggetto dotato di ragione: un aspide che prepara un agguato a un piccolo roditore o un'antilope che scruta l'aria per fuggire l'abbraccio di un leone mostrano dei comportamenti che risultano adattati al conseguimento migliore dei loro obiettivi, ovvero perseguono la maggiore resa con i minori costi possibili. Tali azioni, anche se spesso mancano di consapevolezza, si realizzano all'interno di schemi logici che sono stati favoriti dalla selezione naturale.Essa tende continuamente ad ottimizzarle, rendendole in grado di raggiungere gli scopi prefissati nel modo più razionale possibile. Tutto il processo appare maggiormente vincolato quando si manifesta in stretta connessione alla possibilità di sopravvivere e di riprodursi.

Barash Dodson Cronin

>Alcuni modelli sperimentali, applicati all'analisi delle modalità d'acquisizione di risorse alimentari, hanno confermato la bontà di questo approccio rivolto all'interpretazione di comportamenti razionali. Così, lo studio del tipo di tragitto che compie un'ape operaia per giungere dall'alveare in una zona ricca di fioriture ha permesso di verificare che non solo il percorso è tra i più razionali possibili ma che anche il tempo di permanenza, in quella che si configura come una tavola imbandita, per esempio un tiglio in fiore, è non solo proporzionale all'abbondanza dei fiori presenti ma dipende anche dal tempo impiegato dall'ape per raggiungere l'albero. Se il tragitto è stato lungo, all'ape risulta più conveniente trattenersi sul tiglio in modo da sfruttare in maniera capillare le fioriture presenti, mentre se la distanza percorsa è stata breve e vi sono più alberi fioriti nella stessa area, allora le è più utile trasferirsi su un'altra pianta appena la diffusione dei fiori non ancora visitati su quella in cui sta sostando comincia a divenire meno abbondante.
Col succedersi delle generazioni la graduale affermazione di comportamenti ottimizzati, favoriti dalla selezione naturale, dovrebbe determinare un loro più alto livello di uniformità tra i soggetti appartenenti ad una stessa popolazione e, conseguentemente, un maggiore grado d'omogeneità genetica. Ciò contrasta tuttavia con quanto si osserva, in genere, nelle popolazioni naturali che mostrano una diffusa variabilità genetica a cui si associa un'ampia diversità anche a livello delle strategie comportamentali adottate.
Questa apparente contraddizione può essere superata se si considera innanzi tutto il fatto che, quando ci si trova di fronte a comportamenti razionali, l'ambito ambientale entro cui si realizza l'espressione genica è molto importante, tanto da rendere improponibile qualsiasi corrispondenza diretta tra i geni e gli eventuali caratteri da loro espressi. La formazione delle complesse reti neurali che pilotano le differenti strategie comportamentali, avviene durante lo sviluppo dell'embrione e prosegue in parte pure dopo la nascita; essa risente fortemente dell'ambiente anche sociale in cui si viene a trovare l'individuo, soprattutto nei primi periodi di vita, tanto che si è ipotizzata la presenza di una selezione naturale a livello di cellule neurali.
Inoltre, all'espressione di uno stesso comportamento ottimizzato possono partecipare differenti combinazioni di geni che, grazie alle loro interazioni, sono in grado di conferire analoghi vantaggi adattativi, in termini sia di sopravvivenza sia di possibilità riproduttive.
Tutti questi elementi contribuiscono dunque a mantenere elevata la variabilità genetica. Vi è tuttavia un altro fattore che spinge in tale direzione. I comportamenti razionali, come quelli che fanno riferimento alla sfruttamento ottimale di una risorsa, appaiono di più difficile lettura se si realizzano in un contesto in cui si trovano a competere diversi individui, soprattutto se dotati di menti complesse. Le strategie adottate divengono più elaborate e ciascun individuo deve tenere in forte considerazione il comportamento degli altri. Nella formulazione più semplice, ogni soggetto deve considerare come i coinquilini si rapportano alle sue azioni, e lì dove le relazioni sociali sono maggiormente ricche, considerare l'atteggiamento degli altri in funzione del proprio agire. In altri termini è come se un individuo, nell'interagire con gli altri, si chiedesse continuamente cosa loro pensano che lui pensi.
In tali situazioni si potrebbe supporre che la cooperazione o per lo meno una tendenza a non danneggiarsi reciprocamente possa essere la strategia risolutiva. L'applicazione della teoria dei giochi all'etologia suggerisce tuttavia, in prima istanza, che le risposte egoistiche siano favorite.
Nel "dilemma del prigioniero" due individui accusati di una rapina sono interrogati separatamente dal giudice: non avendo avuto modo di accordarsi su una possibile strategia difensiva, possono accusarsi reciprocamente o negare i fatti. Per ciascuno dei due la situazione più sfavorevole sarebbe quella trovarsi nella condizione di negare la partecipazione di entrambi all'azione criminosa, mentre il compagno, nella speranza di una riduzione della pena, confessa tutto. Per evitare questa spiacevole circostanza, il comportamento che implica un minore danno si rivela essere quello della delazione, col trionfo dell'egoismo sulla volontà di aiuto reciproco.
Situazioni che rimandano a un tale schema sono molto diffuse in natura e i processi selettivi hanno spesso favorito un tale tipo di risposta. Negli animali sociali, tuttavia, la lunga frequentazione e le continue, reiterate, interazioni tra soggetti hanno permesso l'affermazione anche di strategie altruistiche che impongono di rispettare i patti, potendo sempre punire, con l'allontanamento dal gruppo, chi ad essi non si attiene. Viene in ogni caso sempre favorita la pronta reintegrazione di fronte ad un reale pentimento. Un'altra regola può implicare di comportarsi da egoista in certe situazioni e da altruista in altre o, ancora, si possono affermare in singole popolazioni delle strategie comportamentali stabili che poggiano sulla presenza di una definita percentuale di soggetti egoisti o altruisti.
La selezione naturale, ottimizzando tali processi, ha dunque reso disponibili una molteplicità di possibili risposte comportamentali capaci di soddisfare il raggiungimento degli obiettivi prescelti nella maniera più razionale possibile, tenuto conto delle differenti circostanze in cui essi si propongono. In tale situazione, anche se può sembrare un paradosso, numerosi comportamenti registrati in popolazioni d'animali sono inquadrabili in un ambito razionale più di quanto avviene per gli umani. Ciò è dovuto al fatto che i primi si mostrano spesso meno flessibili nel raggiungimento delle loro preferenze, giacché si trovano alle spalle percorsi evolutivi che hanno maggiormente favorito un più uniforme modellamento dei loro comportamenti. La loro prevedibilità può tuttavia rendere gli individui più vulnerabili, mentre gli aspetti dell'imprevedibilità, che si possono configurare come comportamenti irrazionali, assumono un ruolo decisivo soprattutto tra gli animali dotati di menti più complesse, come in particolare avviene nelle popolazioni umane.
È dunque fuorviante e contraddittorio immaginare l'evoluzione di tali menti secondo un lungo percorso di cambiamenti evolutivi che hanno portato la loro porzione razionale a ingabbiare quella irrazionale. D'altronde, se ciò fosse plausibile, dovremmo rassegnarci a un mondo sempre più governato dalla sola razionalità umana, dove esempi come quelli delle camere a gas d'Auschwitz, delle bombe di Hiroshima o d'altri stermini di massa "ad alta tecnologia" costituirebbero il suo trionfo e non la resa all'irrazionale. Nel dilemma del prigioniero la scelta razionale spinge alla delazione e all'egoismo, ma fortunatamente c'è anche una propensione all'irragionevole altruismo, alla cooperazione disinteressata, all'imprevedibilità dei comportamenti non ragionati. In contrapposizione a tutto questo, c'è d'altronde il fanatismo religioso, il culto narcisistico della personalità, le lotte razziali: si tratta soltanto di alcune delle peggiori manifestazioni di cattivi sentimenti non controllati dalla ragione. Le intricate menti umane sono dunque il risultato di un lungo cammino evolutivo che continua ininterrottamente a snodarsi, in cui razionalità e irrazionalità, ragione e sentimento s'intrecciano in un difficile equilibrio la cui rottura ha sempre storicamente comportato esperienze disastrose.
Nei comportamenti quotidiani di ciascun individuo, sia di un uomo sia d'altro animale, si confrontano e completano continuamente atti ragionati e gesti imprevedibili. In una gatta che sgambetta scompostamente intorno ad una pallina di carta, vi è soltanto l'esuberanza del gioco: essa si riversa in una razionale strategia di caccia quando la fame incalza. Una scarpa dal tacco svettante è indossata in conformità ad attese non semplicemente inquadrabili sul piano della ottimizzazione degli spazi da percorrere: essa esemplifica desideri o estetismi che trovano alimento più nel sentimento che nella ragione.
Come una bacchetta di magnetite, pur spezzettata in tante piccole parti, continua a presentare una faccia che attrae e una che respinge, analogamente ciascuna mente esprimerà comportamenti in cui ad una razionalità ottimizzante si coniuga in genere una facies sentimentale poco prevedibile.
Si immagini di trovarsi nella segreteria di una scuola avendo di fronte, su un tavolo, quattro schede che hanno stampato da un lato un giudizio di merito e sul retro un voto; dovendo verificare il rispetto della regola che impone, in modo univoco, che a una valutazione di sufficiente deve corrispondere il voto 6, se le quattro schede mostrano casualmente le facce con riportate rispettivamente le scritte sufficiente, 6, ottimo e 9, quale di esse si dovrà girare per confermare il rispetto della regola? In genere si è portati a ritenere che vadano girate tutte, in realtà ciò va fatto solo per la scheda che presenta il giudizio sufficiente e per quella con la votazione 9!
Si figuri ora di essere all'interno di un bar per verificare il rispetto della norma che stabilisce che non si devono servire bevande alcoliche ai minori di quindici anni. Se al banco sono seduti quattro individui dei quali rispettivamente uno beve acqua, uno ha più di quindici anni, uno beve vino, uno ha meno di quindici anni, in quali casi occorre verificare l'età o il tipo di bevanda consumata? Non si ha difficoltà a riconoscere che vanno accertate due situazioni: cosa beve il ragazzo che ha meno di quindici anni e l'età del soggetto che beve il vino.
La logica che sta dietro ai due episodi, è molto simile eppure solo nel secondo caso ci si muove con più immediatezza. Questo fatto suggerisce che, quando i nostri ragionamenti logici sono indirizzati a smascherare eventuali raggiri ed inganni, si possiede una marcia in più: ragione e sensibilità emotiva cooperano per trovare la soluzione adeguata.
In altri casi, menti addestrate all'esercizio di una ferrea razionalità, come può avvenire per un matematico o per fisico, si abbandonano all'irragionevole esaltazione di entità astratte a cui condizionano i propri comportamenti! Tra gli studiosi di discipline biologiche e naturalistiche da qualche tempo, si fronteggiano le differenti posizioni di chi preferisce un approccio di tipo conservativo, avendo come riferimento il mantenimento della specie, e chi vi antepone la tutela del singolo individuo, indipendentemente dalla sua specie d'appartenenza. Un individuo che invade un'area geografica a lui prima estranea, perché favorito da modifiche indotte dall'uomo o perché da lui stesso trasportato, può essere percepito, secondo i differenti approcci, come un'aberrazione da estirpare o come un soggetto da salvaguardare in ogni caso. Il ricorso a modelli razionali consente di incasellare gli organismi viventi in rigidi schemi logici che rispecchiano la loro distribuzione geografica così com'è stata ottimizzata dalla selezione naturale; una buona dose d'irragionevole empatia può d'altronde fare percepire la plasticità innovativa di quelle espressioni comportamentali che traggono alimento, nella loro fantasiosa imprevedibilità, dai processi sorretti dalla selezione sessuale.
Razionalità e irragionevolezza, ragione e sentimento non albergano dunque in palazzi differenti ma sono entrambe il frutto di processi evolutivi interconnessi che si manifestano a differenti livelli di complessità in molti organismi viventi. Nel gioco delle preferenze e dei bisogni da soddisfare le emotività forniscono continuamente la materia prima alla ragione, che a sua volta indica la strada più opportuna per soddisfarli, avvalendosi delle acquisizioni tecniche necessarie, cosa che avviene in modo molto profuso tra gli umani. Proprio la socialità molto complessa di questi ultimi impone che ragione e sentimento debbano avere sempre modo di interfacciarsi dal momento che ogni qualvolta si afferma la tendenza al loro reciproco superamento. Ne derivano irriducibili conflitti la cui principale e prima vittima è innanzitutto la moralità!

Sul tema affrontato in questo articolo si può fare riferimento ai seguenti suggerimenti di lettura    libri

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