52. Bioculture:
Una mattina al bar...

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Chiedere una bevanda con una serie di raccomandazioni su come debba essere servita è una consuetudine consolidata. Per il caffè esiste addirittura una tradizione per cui c'è chi lo vuole lungo, ristretto o corretto, chi lo richiede in tazzina, al vetro o in tazza grande, macchiato con latte caldo o freddo, espresso o decaffeinato. Molte persone al mattino affollano i bar e in genere sono accontentate nelle loro richieste da un personale avvezzo a mandare a mente una grande varietà di ordinazioni.

Qualche tempo fa mentre stavo sorseggiando un cappuccino "ben caldo" sono stato colpito dalla richiesta di una signora che, rivolgendosi al personale del bar, raccomandava che il suo cappuccino fosse "molto tiepido", sottolineando come già la volta precedente non era rimasta per nulla soddisfatta in tale richiesta. Mi è parsa subito una insolita domanda per cui mi sono volutamente attardato per vedere come avesse potuto essere esaudita. Dopo qualche minuto una dipendente porgeva gentilmente alla signora il suo cappuccino ricevendone in cambio, un momento dopo, una pesante rampogna. Spalleggiata da un uomo che l'accompagnava la donna inveì contro l'inqualificabile negligenza del personale che si era mostrato ancora una volta incapace di servirle un cappuccino "molto tiepido"; la tazza venne rigettata in maniera brusca sul banco e i due uscirono irritati dal bar. Di fronte alla sbigottita espressione della giovane barista che era rimasta tra l'incredulo e lo spaurito, ho provato a toglierla dall'imbarazzo sottolineando come fosse impossibile definire le caratteristiche di una bevanda "molto tiepida" in quanto non era stato specificato se tale caratteristica dovesse essere raggiunta evitando una condizione eccessivamente calda o alquanto fredda! La ragazza ringraziò della comprensione ma non mostrò alcun interesse ad approfondire la questione: avrà pensato che di persone "strane" ce ne erano tante in giro e che quella mattina a lei ne era capitata una! Eppure l'episodio vale qualche considerazione.
Un'espressione linguistica si afferma, nel senso che viene utilizzata da un numero sempre più alto di persone e in contesti molto ampi, se ha determinati contenuti e un impianto strutturale che la rendono facilmente assimilabile dagli altri: è soltanto questa accoglienza collettiva che permette all'espressione di venire selezionata e di continuare ad essere veicolata di bocca in bocca. Nel caso specifico l'espressione "molto tiepida", associata alla domanda di una bevanda, è alquanto imprecisa e dà adito a differenti interpretazioni; probabilmente sarebbe compresa soltanto all'interno del proprio nucleo familiare o di una cerchia ristretta di persone che hanno frequentazioni abituali e che per questo hanno imparato ad assecondare in maniera condivisa tale richiesta.
Se si adoperasse in ogni circostanza una terminologia più tecnica le frasi impiegate darebbero meno adito a fraintendimenti; si potrebbe precisare a quali gradi centigradi si desidererebbe sorseggiare una bevanda e grazie all'aiuto di un termometro si soddisfarebbe senza incomprensioni l'esigenza espressa! Ma nelle normali relazioni che intercorrono tra persone, al di fuori del contesto scientifico, i linguaggi specialistici non possono affermarsi in quanto spesso non sono in grado di veicolare tutti i significanti che le espressioni verbali contengono. Richiedere una "pasta al dente" è cosa diversa che pretenderla dettagliando al misurino, le modalità di cottura; in genere avventore e ristoratore, nel raffigurarsi la pasta già fumante nella ciotola, danno per scontati codici interpretativi simili per quello specifico significante; questo può dare successivamente occasione di lamentela o di soddisfazione. Analogamente, di fronte a un bicchiere con una quantità d'acqua pari a metà del suo volume si possono utilizzare indicazioni verbali del tipo "mezzo pieno" o "mezzo vuoto"; entrambi le espressioni fanno riferimento allo stesso oggetto ma possono racchiudere, senza presupporle, sensibilità differenti.
I linguaggi dell'uomo si mostrano estremamente duttili e ridondanti; essi sono costituiti in ciascun cervello da una complessa rete di interconnessioni neurali di cui alcune si realizzano quando si è ancora nel grembo materno mentre la maggior parte delle altre si plasmano per effetto delle relazioni verbali che si intavolano con i propri consimili.
Ogni espressione verbale si afferma, e quindi si tramanda, attraverso un processo selettivo che vede diffondersi quelle che risultano meglio adattate a trasmettere e ricevere informazioni.
A differenza della diversità biologica, veicolata dal DNA, che è più alta all'interno di ciascuna popolazione piuttosto che tra le varie etnie, per i linguaggi si ha all'opposto una tendenza all'amalgamazione nell'ambito di ogni gruppo, con l'affermazione di vari idiomi dialettali e nazionali. Si è valutato che i linguaggi esistenti siano tra i cinque e i seimila, in gran maggioranza praticati da gruppi etnici molto piccoli; si è anche osservato che è sufficiente poco più di un migliaio di anni perché dialetti legati ad etnie locali, se non hanno modo di interagire, perdano la comprensibilità reciproca divenendo lingue diverse. Se da un verso tutto questo frena la comunicazione e quindi gli scambi culturali tra popoli diversi, i fenomeni di globalizzazione e l'aumento straordinario dei mezzi di comunicazione di massa stanno portando a una rapida perdita della diversità linguistica e conseguentemente delle specificità culturali.
I costrutti verbali sono degli oggetti che si concretizzano nelle cellule nervose e nelle loro terminazioni in cui essi sono prodotti durante il processo di trasmissione culturale. I cervelli umani sono adattati, durante lo sviluppo embrionale, a costruire e recepire espressioni verbali. Come spugne che a contatto con l'acqua avidamente la assorbono nelle loro fitte maglie, esse creano la mente mediante la costruzione di fittissime e intricate reti nervose, corrispondenti ad un archivio di frasi e di loro modalità d'uso. I pensieri dunque albergano nei linguaggi e non esistono al di fuori di essi. Essi hanno conferito ai possessori un forte incremento della loro fitness; la selezione naturale ha aumentato massicciamente, nell'arco di circa centomila anni, la massa cerebrale rendendola in gran parte funzionale alle espressioni verbali. Complessivamente, è stato stimato che un cervello medio abbia archiviate tra le cinquantamila e le centomila voci. Esse si costruiscono come dei pezzi di puzzle che casualmente si incontrano e, ove possibile, si combinano stabilizzandosi. Le regole di costruzione sono interne ai linguaggi stessi e si affermano attraverso la verifica dei loro effetti nelle menti degli altri.
È stato osservato che nei cervelli la regione temporale media sinistra codifica il senso delle parole, cioè recupera tutti gli elementi di significato associati ad ogni espressione sintattica. Secondo quanto è emerso da recenti indagini ogni più svariata categoria di parole, come quella relativa ai volti, alle piante, agli strumenti musicali o ai dipinti è distribuita in territori distinti che sono a loro volta connessi e da cui raccolgono vari pezzi di significato, con aree diverse dislocate nella regione parietale per i numeri, nella corteccia occipitale per i colori, nell'area 10 di Brodmann per l'interpretazione delle intenzioni e delle credenze altrui, nel polo temporale per i nomi propri. A conferma di questo è stato osservato che, in seguito ad un ictus, alcune persone sono state private selettivamente della conoscenza su un ambito ristretto di significanti; ad esempio c'è chi ha perso la conoscenza degli animali tanto da non essere in grado di riconoscere una formica o di saper dire cosa sia una giraffa, mantenendo al contrario un'eccellente conoscenza in tanti altri campi della conoscenza.
I linguaggi sono soggetti a un continuo adeguamento che va inteso come una risposta adattativa, appresa culturalmente cioè mediante il confronto delle diverse espressioni, ed è funzionale allo specifico contesto sociale. Così in una società dominata dal sopruso, dalla violenza e dall'intimidazione dove sono premianti i comportamenti arroganti da una parte e dall'altra ci sono i remissivi, si affermano linguaggi ad essi confacenti. Le costruzione delle frasi, le loro articolazioni e la loro ricchezza si proiettano come una rete sugli stati d'animo manifesti; esse hanno valenze adattative in quanto aumentano i vincoli sociali e permettono l'adesione a molteplici ritualizzazioni cioè a comportamenti altamente standardizzati e ripetitivi.
Un'espressione linguistica può creare un'atmosfera senza che essa debba essere adeguata in maniera specifica al suo portatore. Una grande catena distributiva nel settore del bricolage ha scelto come acronimo LEROY -MERLIN (in italiano: il re Merlino) che per un francese rimanda ai paesaggi fantastici di Re Merlino. In qualche modo i suoi stand pieni di luci e di spazi ampi creano una percezione di magia favorita anche inconsapevolmente dalla pronuncia del nome dell'impresa commerciale che di fatto è soltanto un grande negozio di bricolage. Le più recenti ricerche nel campo delle neuroscienze portano a suggerire come espressioni del tipo "Leroy Merlin", ma anche ad esempio "Il mago di Oz" o "La saga di Harry Potter", attivino, nelle aree cerebrali che codificano il significato delle parole, complesse reti tra famiglie di cellule nervose, specifiche per la prossimità semantica della parole pronunciate. Si rendono cioè in qualche modo disponibili una molteplicità di espressioni che fanno riferimento a mondi fantastici, a miti o a leggende. Personalmente, nell'uscire da una filiale di Roma della Leroy -Merlin, non ricordando il nome della catena commerciale, l'ho appellata impulsivamente "Mary Poppins" o "Mary Marlene", frasi che non c'entravano nulla col nome originario ma che in qualche modo evocavano atmosfere in sintonia con la scelta fatta dagli imprenditori francesi.
I linguaggi sono trasmessi verticalmente, da genitore a figlio o comunque in una cerchia di parenti stretti, e hanno un carattere conservativo. Vi è poi una trasmissione orizzontale in cui il rapporto di parentela ha un'importanza limitata; in tal caso, in genere è un gruppo sociale che forgia le espressioni verbali dell'adepto favorendo atteggiamenti conformistici; questo non esclude che possano affermarsi in maniera molto rapida nuove espressioni linguistiche, dettate dalla moda imperante.
Dal momento che i linguaggi tendono a influire sui modi di agire degli individui si viene a determinare un gioco ambiguo tra le emozioni che stimolano l'assunzione di determinati comportamenti e i linguaggi che sembrano in genere pilotare le emozioni, anche se spesso sono formulati qualche frazione di secondo dopo le emotività manifeste. Le emozioni non sono comunque descritte dai linguaggi ma stimolano le aree neurali che presiedono alle parole e, lette come passioni, divengono parte costitutiva delle espressioni verbali che le raccontano. Per tale verso le stesse proposizioni linguistiche, a loro volta, sono in grado di imprigionare i soggetti nei comportamenti che sottendono. La rivalità istintiva tra soggetti per la conquista o il mantenimento del partner può suscitare la gelosia, cioè un insieme di costruzioni linguistiche che imprigionano il soggetto immergendolo in figurazioni simboliche da cui ha difficoltà a venirne fuori. Anche i costrutti verbali codificati, come quelli che sono utilizzati da gruppi integralisti, sette, organizzazioni mafiose contribuiscono a tenere ingabbiati interi strati sociali.
Per altro verso, i linguaggi possono contribuire o sono essenziali per uscire dalla prigione dei comportamenti assecondanti in cui si è finiti. Se tuttavia le varie espressioni verbali sono adattative rispetto a specifici contesti, diventa difficile sfuggire al circolo vizioso che si determina quando né la famiglia né la scuola sono capaci di offrire delle alternative avvalendosi di una pluralità di costrutti linguistici non specifici di quel determinato ambiente sociale.
E cosa succede quando i linguaggi si impoveriscono e ciascuno si ritrova nella condizione di un pittore che vede immiserirsi sulla sua tavolozza le differenti sfumature di colori?
La cultura tecnica e scientifica offre una terminologia preziosa ma il suo lessico spesso è insensibile alle emozioni. Quando un individuo combatte quella che potrebbe diventare una sua ultima battaglia per la sopravvivenza non può essere scientificamente etichettato come un malato terminale, quando un bimbo rimane vittima di un tragico incidente stradale e giace inerme al margine della strada non può essere tecnicamente definito un semplice cadavere!
Non sono neanche accettabili semplificazioni linguistiche che definiscono i soggetti in termini stereotipati come il matto, la prostituta o il terrorista privandoli di quelle articolazioni verbali capaci di realizzarli nelle loro emotività sfaccettate, come persone e non come simboli.
L'insulto, la parolaccia, il fraseggio volgare possono essere semplificazioni verbali che colgono un momento di sfogo, una risposta a uno stato d'animo istintivo, ma non servono a fare uscire dalla gabbia dei ruoli sociali che sono preconfezionati grazie anche alla specificità del linguaggi praticati.
Anche il parlare dotto, quando si rende volutamente accessibile solo ad un gruppo ristretto di soggetti per comunicare informazioni specialistiche, può essere utilizzato per disorientare e forse anche per mantenere potere e privilegi. Sotto questo aspetto non vi sono differenze tra chi, pur usando linguaggi differenti, pratica discipline umanistiche o scientifiche: entrambi spesso riescono ad esprimersi soltanto attraverso un lessico intricato e incomprensibile.
Dal momento che i linguaggi sono elementi costitutivi e determinanti della socialità umana, occorrerebbe che innanzi tutto la scuola desse a tutti l'opportunità di disporre di una polivalente ricchezza di espressioni verbali che non esaurissero la loro funzione prevalente nella capacità di mercanteggiare, nel riuscire a introdursi nel mondo del lavoro o ad inquadrare ogni contesto conoscitivo in una matrice esclusivamente tecnica.
Si era partiti, in questa lettura, da una banale espressione captata al bar, la richiesta di un cappuccino "molto tiepido". Si può riflettere sulla proprietà che hanno i linguaggi di caricarsi di un sovrabbondante fraseggio nella costruzione fittizia di mondi simbolici in cui anche i bisogni semplici come, nel caso più banale, quello di sorseggiare una bevanda, vengono inutilmente complicati.
Se capita di versare a un gattino del latte molto caldo in una ciotola, lui va subito a sorseggiarlo ma la lingua si ritrae appena percepisce il bruciore; allora aspetta e ogni tanto, prudentemente, accosta l'estremità della zampa alla superficie del liquido per sentirne la condizione; quando si è raffreddata a sufficienza la ingurgita avidamente. Qualcosa di analogo accade per tutti gli altri cuccioli di mammifero. Un bimbo prende il latte dal seno della mamma alla temperatura ottimale alle sue esigenze fisiologiche e rifiuta in genere quello che gli viene dato con il biberon se esso si discosta molto da tale temperatura. Nei primi mesi di vita il bambino non possiede espressioni verbali e in modo simile a quanto succede per gli animali non umani assume il cibo assecondando le sensibilità che possiede grazie ai processi selettivi naturali. Ma gli uomini, superato il periodo neonatale, hanno utilizzato i loro linguaggi, frutto di almeno duecentomila anni di evoluzione culturale, ovvero di continua elaborazione di costrutti linguistici, anche per raffinare i loro cibi non limitandosi a migliorarne, con la cottura, le proprietà organolettiche. Le varie pietanze, dalla elaborazione talora stravagante, sono state infarcite di significanti espressi da una fraseologia fantasiosa, ricca di riferimenti spesso spendibili sul piano degli approcci amorosi.
Oltre alla elaborazione dei cibi i linguaggi hanno ovviamente permesso di fare una infinità di altre cose straordinarie, ma purtroppo stanno anche modificando radicalmente gli ambienti, sconvolgendo ecosistemi e comunità biologiche, privandoci così della compagnia di altri compagni di viaggio, non umani, defraudati degli elementi essenziali alla loro sopravvivenza.

Febbraio 2010

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