9. Bioculture:
Comparire e poi sparire: le estinzioni

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Un ambiente, densamente popolato da esseri umani, è ricco dei loro artefatti, che sono il frutto di molteplici interventi di trasformazione della materia al fine di adattarla alle esigenze, alle mode o ai costumi che storicamente si sono di volta in volta affermati. Alcuni di questi prodotti sono destinati a mantenersi più a lungo nel tempo, come i mobili di antiquariato, i tappeti pregiati, i monumenti; altri, come effimere, durano per una breve stagione, e tali sono i computer, gli elettrodomestici, il materiale plastico in genere, per poi essere sostituiti da prodotti di più moderna concezione. Noi dunque abitualmente viviamo il nostro spazio tra oggetti che hanno differenti età, ma che ai fini delle nostre quotidianità sono percepiti nell'immediatezza del loro utilizzo, talora con qualche considerazione più o meno interessata per le loro prossime o antiche origini.

La sesta estinzione La vita in bilico Collasso Biodiversità

Anche nelle comunità biologiche vi è convivenza territoriale tra specie, in cui gli individui appartenenti a ciascuna di esse in qualche modo vivono e percepiscono diversamente il loro tempo. Molti di noi ricordano con affetto le birbonate del nostro cane da cucciolo, il suo procedere ardito da adulto, la stanchezza della vecchiaia, la sua morte: tutto in genere nello spazio di un decennio. Ora, come una cometa, di lui ci rimane un malinconico ricordo. Altre soggetti, come le querce o le sequoie, vedono attraversare la nostra vita con impassibile noncuranza, giungendo ad essere in alcuni casi testimoni indifferenti di cinquecento anni di vicende umane.
Mentre risulta evidente il continuo trapassare delle generazioni, meno percepibile è il destino delle varie specie che, per archi di tempo differenti, hanno colonizzato la Terra. In genere si è portati a ritenere che le specie si siano succedute nel tempo seguendo un percorso che le ha portate dalle forme semplici a quelle più complesse: sebbene sia evidente che organizzazioni strutturali semplici abbiano caratterizzato le prime forme di vita, non è implicito che da queste si sia passati ad organismi più complessi attraverso processi caratterizzati dal procedere sempre verso una stessa direzione.
Oggi si sa che la vita sulla Terra ha conosciuto periodiche fasi estremamente critiche, in genere ogni venticinque milioni di anni, che hanno determinato, in almeno cinque casi, estese estinzioni con la scomparsa delle forme di vita esistenti, con punte prossime al 99%. Dopo ciascuno di tali eventi catastrofici la vita si è nuovamente irradiata partendo dalle forme sopravvissute ed evolvendo nuovi piani strutturali, i phila: qualche centinaio di essi sono apparsi nell'arco del tempo sulla Terra, e di essi oggi ne sono presenti circa venti. Il nostro philum, caratterizzato dalla presenza di una colonna vertebrale e di una simmetria bilaterale, rimanda ad un minuscolo organismo, denominato Pikaia, simile all'anfiosso, comparso nel Cambriano, circa cinquecento milioni di anni fa, da cui si sono evoluti tutti i cordati e i vertebrati attualmente presenti, uomo compreso. I differenti phila possono essere intesi come modelli organizzativi che si sono affermati per i vantaggi che presentavano nel permettere di appropriarsi al meglio delle risorse disponibili. La casualità e le contingenze hanno tuttavia contribuito a decidere il loro destino, chiudendo la strada ad alcuni ed offrendo ad altri opportunità prima precluse.
La scomparsa dei grandi rettili nel Cretaceo, sessanta milioni di anni fa, ha permesso la radiazione adattativa dei mammiferi che sono giunti all'attuale distribuzione attraverso un graduale susseguirsi di processi selettivi e di paralleli adattamenti. Altre forme di vita, precedenti quelle dominate dai grandi rettili, sono del tutto svanite: così è stato per la fauna di Ediacara (Australia) che ha popolato la Terra seicento milioni di anni fa per poi scomparire quasi del tutto, sostituita dalla fauna del periodo cambriano. Si trattava di organismi acquatici che, pur avendo qualche assonanza con le attuali meduse, erano per caratteristiche strutturali e funzionali del tutto differenti. Le loro forme dovevano essere tali che oggi li attribuiremmo a qualche disegnatore di fantascienza; le loro dimensioni erano giganti e popolavano i mari del precambriano in un fantastico scenario di forme e di movimenti difficile da immaginare. Si è trattato di un grande esperimento evolutivo, durato circa cento milioni di anni, che possiamo considerare oggi fallito, visto che tali organismi si sono quasi completamente estinti senza dare luogo ad una loro graduale e complessiva trasformazione. La scomparsa della fauna di Ediacara si è accompagnata ad un altro grande avvenimento: l'esplosione della biodiversità, a partire dai sopravvissuti all'inizio del Cambriano, cinquecentoventi milioni di anni fa, con una irradiazione adattativa che ha portato all'affermazione di un centinaio di nuovi phila, di cui una ventina sono ancora presenti. Non è ancora chiara la ragione di una così grande esplosione di diversità biologica, che si è accompagnata ad uno sbalorditivo proliferare di processi di speciazione. Si è ipotizzato che genomi primitivi fossero organizzati in maniera meno rigida di quella attuale permettendo la sperimentazione di differenti forme strutturali (ipotesi genetica) oppure che l'ambiente fosse oggetto di profonde trasformazioni collegate essenzialmente alla composizione chimica dell'acqua dei mari (ipotesi ecologica). Non dovrebbe essere comunque sottovalutato il fatto che proprio in quel periodo comparvero i primi organismi a vita sessuale e che la selezione ad esse connessa ha cominciato ad operare incidendo fortemente sulle forme viventi: La riproduzione sessuale ha comportato un enorme incremento della variabilità genetica, con profondi rimescolamenti dei clasters genetici: Questo ha reso possibile l'occupazione di differenti habitat e l'affermazione di tantissime nuove nicchie ecologiche. Col trascorrere del tempo, e in assenza di sconvolgimenti ambientali di tipo catastrofico, le varie specie, più o meno incipienti, si sono meglio adattate ai vari ambienti attraverso un processo graduale e discreto svolto dalla selezione naturale. Ma un fatto inconsueto ha cominciato a dare prova della sua esistenza a partire dal Pleistocene: circa diecimila anni fa i grandi mammiferi che popolavano le Americhe, come i bradipi giganti, i deinoteri, cugini maggiori degli attuali elefanti, i gliptodonti dalle enormi corazze che ricordavano quella degli armadilli, si estinsero insieme a numerose altre specie. Questa repentina scomparsa è coincisa con l'arrivo di un mortale predatore, l'Homo sapiens rappresentato dalle genti di Clovis. In una altra parte della Terra, in Australia, in un periodo compreso tra sessantamila e diecimila anni fa, un analogo fenomeno si era presentato con la scomparsa degli enormi marsupiali allora esistenti: canguri giganti, enormi tapiri, possenti capibara. Anche in quel caso l'estinzione era coincisa con l'arrivo di popolazioni umane. Più recentemente, soltanto mille anni fa, è documentata la decimazione, per opera dei polinesiani, dei grandi moa, simili a struzzi ma con un'altezza superiore ai tre metri ed un peso di 250 chilogrammi, insieme a buona parte della parte della fauna ornitologica della Nuova Zelanda. Stranamente, la fauna europea ed africana sembra meno coinvolta in questi processi di estinzione, ma pare che questo si debba attribuire ad una più lunga convivenza tra ominidi e popolazioni animali di grande taglia, fatto che ha reso questi ultimi più guardinghi nei confronti dei primi.
Nel tempo attuale, la globalizzazione connessa all'incremento esponenziale delle popolazioni umane, sta dirompendo gli equilibri esistenti favorendo l'avviarsi di fortissimi processi selettivi, che comportano un proliferare di fenomeni di estinzioni legati all'enorme velocità con cui si manifestano i cambiamenti ambientali. Molti elementi suggeriscono che ci troviamo di fronte ad una situazione catastrofica determinata dalle attività umane. Non sappiamo se la variabilità genetica presente tra gli organismi viventi sia in grado di dare risposte adattative adeguate; sappiamo che a livello mondiale la diversità biologica sta diminuendo, anche se localmente si registra un suo incremento per fenomeni di ibridazione e di domesticazione.
La capacità recentemente acquisita dall'uomo di manipolare il materiale genetico intervenendo sulla variabilità genetica rappresenta un momento evolutivo straordinario, per importanza pari a quello della rivoluzione sessuale di cinquecento milioni di anni fa. Ciò potrebbe scalzare la sessualità dalla sua funzione biologicamente essenziale e degradarla ad un ruolo secondario in un mondo costituto da soggetti clonati e mostri speranzosi. Qualunque sia il futuro di tali processi, noi sappiamo che la Terra andrà incontro a profondi cambiamenti ambientali e che la variabilità genetica prodotta dai naturali processi connessi alla selezione sessuale o dalle manipolazioni umane sarà continuamente messa alla prova, favorendo individui più adatti a sopravvivere nelle nuove condizioni ambientali. Per un arco di tempo ancora lungo, probabilmente per altri quattro miliardi di anni, e in assenza di eventi catastrofici non prevedibili, le condizioni della vita e gli organismi viventi si trasformeranno fortemente. Alla fine, quando il Sole assumerà nel cielo l'aspetto di un enorme palla incandescente, svariate volte più grande della forma attuale, altri organismi dalle sembianze che ci è impossibile immaginare daranno l'ultimo saluto alla vita sulla Terra. Contemporaneamente, in altre parte dell'Universo altre forme di vita cominceranno il loro viaggio. A noi è preclusa la possibilità di intendere le strade attraverso cui si avventureranno; di una cosa però abbiamo certezza: i processi selettivi, così come li conosciamo operare sulla Terra, staranno lì ad adattarli alle diverse condizioni dei loro ambienti.

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