20 Cultura & Società
Cassandra
articolo di Giovanna Corchia

Wolf     Cassandra
Christa Wolf
Edizioni E/O
Anno 1990
189 pagine

La guerra o il trionfo dell'assurdo e l'inutile, impotente tentativo di un'inerme fanciulla, Cassandra, di scongiurarla. La sacerdotessa indovina, non perché capace di leggere nelle viscere degli animali vittime sacrificali offerte agli dei, ma nell'animo degli uomini, nella loro volontà di potenza, nel loro orgoglio sfrenato.
La guerra di Troia è stata fatta, molti i morti insepolti; i salvati, in maggioranza donne e bambini, sono trasportati come schiavi dai Greci vincitori lontani dalla loro patria di cui non restano che rovine. Cassandra sulla nave di Agamennone è giunta di fronte alla porta di Micene. Nei suoi pensieri la consapevolezza che proprio niente di ciò che avrebbe potuto fare o non fare l'avrebbe condotta ad una conclusione diversa:quasi una confessione d'impotenza di fronte al male... Il cielo è profondamente azzurro, alto, distante e gli dei sono anche loro indifferenti, sordi, ciechi di fronte alla tragedia degli uomini. "Naufragata l'audace impresa di opporre il nostro debole calore alla loro gelidità. Invano – lo so da tempo – tentiamo di sottrarci alle loro violenze", è un pensiero di Cassandra.
Cassandra è, come ha imparato, a fatica e col tempo, a riconoscersi socievole, modesta, senza pretese, ma anche, proprio per conservare la stima di sé, retta, fiera e amante della verità. Ed è proprio tutto questo, l'impossibilità di nascondere la verità, che le ha nuociuto, ne è stata punita, ma la peste, la guerra ha colpito duramente la sua grande e indomita famiglia, i suoi fratelli tutti sono morti, Troia non c'è più.
Perché gli uomini non sanno dare ascolto a chi è più lungimirante, sa leggere i sintomi del male? Accade spesso che sia punito colui che nomina il fatto, piuttosto che colui che lo compie. A lei, Cassandra, non resta che essere testimone del male compiuto senza che niente sia stato tentato per opporvisi.
La ragazza che aveva profondamente paura di quello a cui, inconsapevolmente, si andava incontro, per puro orgoglio, quella ragazza, ora prigioniera, era ben conscia delle conseguenze che le azioni intraprese avrebbero comportato, in una catena a pochi, forse a nessuno, se non a lei, visibile, di eventi catastrofici. Incredula, Cassandra, che tale concatenamento di eventi portatori di morte potesse essere interrotto dal padre tanto amato, Priamo.
Su cosa si fondava quella speranza? Ecco una domanda, un dubbio che la sfiora: "Perché proprio i desideri che si fondano su errori, acquistano su di noi tanto potere?" Una domanda, questa, che richiede una profonda riflessione, ma molti sono i ciechi, incapaci di vedere soprattutto gli errori per evitare illusioni, per non fare scelte senza vie d'uscita. Potremmo forse anche essere consapevoli degli errori, ma, per una volontà di potenza, continuiamo a ignorarli e ad andare verso l'irreparabile. "La guerra di Troia non si farà", è un bel titolo di una pièce di Giraudoux, ma la sua conclusione è quella che sappiamo: "Elle aura lieu" – La guerra si farà... Le guerre si faranno, gli esempi non mancano... fino a quando? Forse noi tutti dovremmo essere capaci di ascoltare chi come Cassandra vede chiaro, indica una via, insinua dei dubbi, stimola pensieri su cui riflettere. Se siamo sfiorati dal dubbio questo può far sperare: il dubbio è una virtù...
Sulla nave che la conduce verso sponde nemiche e nella certezza della morte, Cassandra, che rifiuta la violenza, l'assassinio, chiede solo questo ad Agamennone, rompendo il silenzio, perché, perché l'assassinio d'Ifigenia, la propria amata figlia? Agamennone piange, non di dolore, ma di vergogna, di paura: come confessare la sua vigliaccheria, la sua debolezza? Le parole che usa nascondono quello che quella crudeltà è stata: un assassinio e non un sacrificio agli dei, gelidi dei che non s'interessano affatto degli uomini. "Le parole assassinare, macellare sono sconosciute agli assassini e ai macellai".
A errore segue altro errore, finché si arriva all'ultimo che porterà alla fine di Troia: il rapimento di Elena compiuto da Paride, un futile capriccio che viene coperto da una menzogna: vendicare un'offesa ricevuta da Sparta, poco importa quale... Cassandra sa che è stato violato con quel rapimento ciò che è per tutti sacro: il diritto di ospitalità; perciò Elena deve essere restituita ai Greci. Ma è inascoltata e punita: il padre la rinnega come figlia. Si scopre persino che Elena, il suo rapimento, non è che una pura invenzione, una prova volutamente fabbricata per giustificare la guerra. Oggi non abbiamo ancora prove simili, tragiche manipolazioni della realtà?
In un rapido incontro con il fratello Ettore, amato intensamente dalla madre, e la madre Ecuba, ascoltiamo le parole proprio della madre: "Maledetta guerra", parole seguite dal silenzio e Cassandra si dice, forse per sentirsi meno sola, che è col silenzio che inizia la protesta, la rivolta contro l'assurdo. Qualcuno, il saggio Anchise, colui che rasserena l'animo tormentato di Cassandra, cerca di trovare una ragione che porta un guerrafondaio a scegliere la guerra: un vuoto nel cuore, una mancanza di calore. Forse così la ragazza può pensare che si può trovare un rimedio, curare la malattia, riempire il vuoto del cuore, ma, lo stesso Anchise deve ammetterlo, a volte è troppo tardi per trovare la via della guarigione.
Credere, avere fede, quindi sperare? Se così fosse, gli uomini sarebbero meno soli nell'affrontare il male che continua a presentarsi sempre. Le loro preghiere sono inascoltate? Ma Cassandra non crede: "La speranza mi aveva abbandonata, conoscevo ancora il timore, ma da solo il timore non trattiene gli dei, essi sono molto vanitosi, bisogna anche amarli; chi è senza speranza non li ama".
Attorno a lei che attraversa le vie di Micene si avvicina tanta gente; sanno che legge il futuro e tutti vorrebbero essere rassicurati sul destino che li attende. E Cassandra vede in loro, povera gente, una grande somiglianza con i suoi fratelli, i Troiani... Ma vede anche in loro i vincitori, e si chiede perché non anche coloro che continueranno a vivere? "Che devono vivere, perché continui ciò che chiamiamo vita. Questi poveri vincitori devono continuare a vivere per tutti coloro che hanno ucciso". Poi continua: "Se riuscirete a smettere di vincere, questa vostra città continuerà a esistere".
Sagge parole, arrivare a capire che se non si rompe la catena delle guerre, se il bacillo della peste non lo si controlla, se all'assurdo non si oppone l'umano, l'uomo non ci sarà più.
Perché non ricordare ora le parole della fiera amazzone Pentisilea che risponde alla domanda che le è rivolta da un altro personaggio femminile, Arisbe: "Dovremmo fare quello che fanno loro per mostrare la nostra diversità?" La ragione del suo , anche se loro, i maschi, sono portatori di guerre e di morte e imitarli non è certo essere dalla parte della vita, è che non c'è che questo strumento, essere come loro, per porre fine al loro dominio, alla guerra.
Ma un'altra donna, una giovane schiava, aveva allora aggiunto: "Tra uccidere e morire c'è una terza via: vivere". Tutti dovremmo far nostro un messaggio così bello: il senso della vita è nella vita stessa, perché non capiamo una verità così semplice?
Cassandra sente la verità di queste parole e comprende che tutti devono sentirsi responsabili dell'assurdo, dell'orrore in cui siamo immersi: Noi e non solo Achille la bestia, tutti noi responsabili delle atrocità che gli esseri umani commettono gli uni contro gli altri.
Eppure il mondo è bello, accogliente con i suoi fiumi, spesso lo Scamandro è evocato da Cassandra, i pendii con le caverne, gli anfratti, il succedersi delle stagioni, il profumo degli alberi: perché, perché non sentirlo nostro, cioè di noi tutti esseri umani? Moriremo certo, ma altri continueranno a vivere e qualcosa di noi ci sarà in loro. Bisogna ogni tanto lasciarsi andare, immergersi nel bello, altrimenti tutto diventa irrespirabile...
Il crollo giunse rapidamente. La fine di quella guerra fu degna del suo inizio, un infame inganno. E i miei troiani credettero a ciò che videro, non a ciò che sapevano". Non avevano imparato niente dagli errori passati, ecco la verità".
Per concludere, queste parole: "Contro un'epoca che ha bisogno di eroi non c'è nulla da fare". Per un ponte che sempre si può trovare tra gli scrittori e le pagine che ci hanno regalato per aiutarci a riflettere riprendo un passaggio da un altro testo, La vita di Galileo di B.Brecht: Messo alla prova, Galileo fa atto di abiura il 22 giugno 1633. è una giornata di lutto per i suoi discepoli. Andrea così si esprime davanti al suo idolo decaduto:
"Sventurata la terra che non produce eroi". Solo gli eroi, per Andrea, possono riscattare l'umanità umiliata...

Così, invece, si esprime Galileo:
"No. Sventurata la terra che ha bisogno di eroi".
La chiave di lettura è amara: in una società in cui la scienza ha lo spazio necessario per la diffusione del sapere, delle conoscenze per il bene collettivo, non c'è alcun bisogno di eroi. Se ciò avviene è perché la scienza non è libera, il sapere è soffocato, sottomesso...

E, nelle parole di Cassandra, il messaggio è uguale: non si deve pensare che il mondo possa essere più respirabile solo se ci sono degli eroi, anzi se si ha bisogno di eroi, la realtà non potrà cambiare. Dobbiamo sentirci tutti parte di un NOI per contribuire, con il nostro apporto, con la nostra condivisione di responsabilità, a piccoli passi, alla costruzione di un modo migliore...
Una poesia può esserci di aiuto.

Sibilla-Polemos
di Flavia Zucco

Suoni e bagliori di tempesta mi raggiungono nel mio antro.
Le fronde dei lauri sono scosse da violenti moti dell'aere, che sibila nelle mie grotte,
e tutto solleva e rimuove a stabilire ordini precari ed imprevisti.
Io osservo e so di quell'ira degli uomini che quasi eguaglia quella degli dei, per vite sradicate e territori sconvolti.
Fin da ora gemo per gli orrori negati, gli esiti infausti, le incaute previsioni nelle domande a me rivolte dai superstiti: avrò quel giorno la forza di urlare il mio orrore e di additare le colpe?
Il mio fiato è sibilo anch'esso e vuole farsi esplosione come arma definitiva,
che annienti le coscienze di questi uomini ingiusti.
Io, donna, dico che non vi è innocenza possibile per chi arma la sua mano, per chi perpetua genealogie di stupratori, per chi è vittima compiacente.
Dico anche che non vi è innocenza possibile per chi rinuncia a responsabilità, per chi formula solo pensieri di memoria, per chi non consegna speranze.
Uomini, voi vi riconoscete nei vostri nemici: per questo ne volete la morte!

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