35 Cultura & Società
La cimice
articolo di Giovanna Corchia

Cimice La cimice
Vladimir Majakovskij
traduzione Fausto Malcovati, regia Serena Sinigaglia
produzione Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europa
Teatro Strehler 4 - 24 maggio 2009

Vladimir Majakovskij, Volodia per i familiari, nasce nel 1893 a Bagdadi, oggi Majakovskij, in Georgia. Sin dalla prima adolescenza manifesta uno spiccato interesse per le questioni sociali. Studia con grande profitto, ama molto la lettura. Appena tredicenne entra in circoli politici e, poco dopo, è accolto nel partito bolscevico. Subisce anche un arresto per il possesso di una pistola e passa cinque mesi in cella d'isolamento per propaganda sovversiva.
Assorbito dalla rivoluzione abbandona gli studi per diventare un rivoluzionario di professione. Convinto della forza della parola scritta decide di dedicarsi alla letteratura, riprende gli studi, abbandonando l'impegno diretto nel partito. I suoi scritti non sono che un contributo diverso alla causa degli ideali rivoluzionari.
Abbraccia con entusiasmo tutte le arti, scultura, pittura, architettura; si appassiona al cubismo e al nascente movimento futurista. Con alcune sue poesie partecipa al Manifesto futurista russo dal titolo significativo "Schiaffo al gusto del pubblico". In lui la poetica futurista, il gioco verbale, le parole in libertà, la fantasmagoria delle immagini, il ripudio del passato non sono pura ricerca formale ma uno strumento che, in virtù della forza espressiva, dirompente, risponde con più vigore alle esigenze e ai problemi della realtà russa. La sua poesia è al servizio della Rivoluzione.
Nel 1914 scoppia la guerra, ad un primo slancio bellicista subentra in Majakovskij un sentimento antimilitarista. Alcuni suoi versi sulla guerra ne sono una conferma:

La guerra è dichiarata

"Edizione della sera! Della sera! Della sera!
Italia! Germania! Austria!.
E sulla piazza, lugubremente listata di nero,
si effuse un rigagnolo di sangue purpureo!
Un caffè infranse il proprio muso a sangue,
imporporato da un grido ferino
...............
Dal cielo lacerato contro gli aculei delle baionette
gocciolavano lacrime di stelle come farina in uno staccio,
e la pietà, schiacciata dalle suole, strillava:
"Ah, lasciatemi, lasciatemi, lasciatemi!.
................... E dalla notte, lugubremente listata di nero,
scorreva, scorreva un rigagnolo di sangue purpureo."

Versi ben lontani dalle immagini di Marinetti, che cosi si esprimeva nel Manifesto futurista del 1909:
"Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo –, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore, e il disprezzo della donna."

Nel 1917 scoppia la Rivoluzione di ottobre, Majakovskij vi aderisce affermando: "È la mia rivoluzione". Partecipa alle riunioni dello Stato maggiore dei Soviet. In lui è presente un forte spirito critico per cui non manca di sottolineare ciò che mina alle basi la purezza, la forza delle idee della rivoluzione, in particolare:

  • La figura del piccolo-borghese, colui che, dimentico della causa comune, dell'apporto di ognuno alla costruzione di una società giusta, egalitaria, cerca di perseguire un tornaconto personale, servendosi del potere per arricchirsi, ricorrendo a ogni mezzo, come la ruffianeria e altro...
  • L'eccesso di burocratizzazione nelle strutture organizzative del paese.

Majakovskji pone l'uomo al centro della scrittura, permeata, a volte, da una profonda angoscia ma, al tempo stesso, accompagnata da una sincera aspirazione al bene e dalla ferma volontà di perseguirlo. Il senso della morte ma anche l'amore per la vita sono presenti nei suoi scritti.
Viaggia in Europa e in America, si lega ai circoli letterari più in vista, diventa un plenipotenziario del verso, come lo definirà Neruda. È tradotto in molte lingue. Leggere la sua poesia è, come dirà, il suo lavoro. La sua scrittura è al servizio delle idee in cui crede fermamente.
Proprio per lo spirito critico che lo accompagna sempre, vede, sin dagli inizi della rivoluzione, i limiti che ne causeranno la decomposizione.
Due commedie "La cimice" e "Il bagno" sottolineano proprio questi limiti.
Non sempre le sue opere, i suoi versi sono accolti con favore; non ne è stupito, anzi pensa che, con il tempo, il pubblico arriverà a capire i suoi messaggi.
Nel 1930 lo scrittore si suicida, un gesto inatteso, che resta nel mistero. In un biglietto di commiato scrive:
"A tutti. Non incolpate nessuno della mia morte e per favore non fate chiacchiere. Nel cassetto ho duemila rubli: pagate le tasse."
Un messaggio molto simile a quello lasciato da Cesare Pavese il 27 agosto 1950, prima di suicidarsi: tutti e due hanno desiderato andarsene in silenzio, senza creare problemi a chi resterà...

Majakovskij

Premessa
In occasione dei preparativi per la rappresentazione del suo nuovo lavoro "La cimice" nel 1929, commedia fantastica in cinque atti e nove quadri, Majakovskij scrive: "La cimice è la variante teatrale di quell'argomento fondamentale al quale ho dedicato versi e poemi, per il quale ho disegnato manifesti e volantini. Si tratta della lotta contro il piccolo borghese.
Il materiale elaborato nella mia commedia è costituito in gran parte da avvenimenti, giuntimi tra le mani, che poi erano quelli di un giornalista e pubblicista. Nella mia commedia non esistono situazioni che non si basino su decine di casi reali.
Volete sapere se la commedia mi piace? Mi piacerà, se non piacerà al piccolo borghese".
Il testo da me analizzato è il copione elaborato dalla regista, Serena Sinigaglia, con il traduttore, Fausto Malcovati.
La commedia si svolge in due momenti diversi: i primi quattro quadri ai nostri giorni, cioè il tempo della scrittura, i primi anni della rivoluzione; la seconda parte è proiettata nel futuro, "fra dieci piani quinquennali sovietici".
Alla prima parte darò il titolo "Il matrimonio rosso"; alla seconda "La decomposizione di una rivoluzione". Forse, proprio in questo fallimento previsto, possiamo trovare una delle cause che spiegano il suicidio dello scrittore.

Parte I
Ai nostri giorni "Il matrimonio rosso"
Scena I "I preparativi"

Siamo al mercato, si nota un gran movimento, ogni venditore decanta la sua mercanzia, merce rara, anche le aringhe, speciali. Per le signore reggiseni di pizzo e profumi francesi; questo, a dire il vero, la venditrice ukraina lo ignora per cui la pronuncia del profumo Chanel è corretta dal venditore di libri, l'intellettuale...
Arriva Prisypkin con Rozalija Pavlovna, profumiera, sua futura suocera; con loro l'intellettuale Bajan, maestro di galateo, colui che ha trovato il modo di trarre profitto dall'ingenuo futuro sposo. Comprare, comprare: è l'invito di Prisypkin, la festa deve essere sfarzosa, degna del compagno Prisypkin, ovviamente con i soldi di Rozalija, che, da parte sua, è molto più attenta al borsellino e pronta a tirare sul prezzo, senza dimenticare di lamentarsi della qualità, tra l'altro, delle aringhe, degli stuzzicadenti piuttosto, a parer suo.
Prisypkin, che ha deciso di essere chiamato con un nome altisonante, niente meno che Sergej Prokofev, non vuole che Rozalija, una borghese, si rivolga a lui, un vero proletario, chiamandolo compagno, sarà lui a portarle il titolo, in cambio dei soldi. Aggiunge che nella sua famiglia proletaria si devono spazzar via tutte le abitudini piccolo-borghesi e, intanto, spinge la donna a comprare, comprare...
Bajan dà manforte a Prisypkin, promettendogli un gran corteggio nuziale che lui accompagnerà con l'epitalamio d'Imeneo. Corteggio che? Epita cosa? Prisypkin non vuole che un matrimonio rosso. È questa una scena esilarante, degna della comicità di Molière: Prisypkin, novello M.Jourdain, Le bourgeois gentilhomme, e Bajan, maestro di filosofia, danza, musica, tutto, soprattutto maestro nello spennare l'ingenuo pollo...
Povero di spirito, Prisypkin crede di possedere un grande potere perché proletario e, così, crede anche di potersi permettere tutto, scimmiottando gli agi dei borghesi...: è lui un vero esemplare di piccolo-borghese, un borghese piccolo piccolo...
Un matrimonio rosso? "Chiaro, chiarissimo, compagno Prokofev, anzi io vedo come in una boccia di cristallo la vostra cerimonia: l'esaltante, sublime vostro trionfo classista. La fidanzata scende dalla carrozza, le guance rosse rosse dall'emozione, l'accompagnano i testimoni, con le loro belle facce rosse rosse per la contentezza, voi arrivate con i vecchi zii della sposa vestiti di rosso, presenzia un funionario di sicura fede rossa, tutta la tavola è imbandita con prosciutto rosso e bottiglie dal tappo rosso".È il gran maestro di cerimonia, Bajan, che così raggira lo sposo.
Zoja, la donna a cui Prisypkin era legato da ben due anni, nell'ascoltare questi progetti, vorrebbe ben capire di quale matrimonio stia blaterando quel calamaro incravattato... Sventura, somma sventura per lei, Prisypkin sposerà Elzevira Renaissance, manicure. Scoppia una lite e intanto Prisypkin le canta un'aria di Puccini: "Addio... addio senza rancor..."

Scena 2 Come arricchirsi

"Fatti furbo e impara a fregare il prossimo. Lo fan tutti. Lavorare sodo è dura, ma pigliar mazzette no. Che pena l'uomo!"

È l'ultimo giorno di Prisypkin nel convitto degli operai, presto convolerà a nozze con la bella Elzevira Renaissance. Intanto per recarsi al mercato ha rubato gli stivali di un operaio e, per coprire il buco delle calze, ha tinto d'inchiostro le dita del piede.... Tutti ridono di lui, però, è uno che ci sa fare, che si è fatto furbo, proprio come dichiara un meccanico: "Fatti furbo e impara a fregare il prossimo". Lo stesso operaio aggiunge:
"Non corro da nessuna parte, io. Credi che mi piacciano questi stracci e questa puzza? Neanche un po'. Il fatto è che siamo tanti e di figlie di parrucchiere benestanti per tutti non ce n'è. E allora rieccoci daccapo. Chi ha troppo e chi non ha niente. Diamoci da fare, lavoriamo, costruiamo un futuro eguale per tutti. Io non mi arrendo, compagni. Io da questa trincea con la bandiera bianca non ci esco, chiaro?!"
Intanto si viene a sapere che Zoja ha tentato il suicidio...
Prisypkin è scacciato via, ma lui se ne va, felice: il matrimonio rosso lo attende.

Scena 3 Il matrimonio rosso

Non si può dare inizio alla festa senza la presenza del segretario del comitato di fabbrica, ma, troppo preso, come tutti quelli che contano, è sostituito da un funzionario qualunque. La festa ha inizio, con grande profusione di cibo e alcool, gli invitati sono a dir poco speciali, dallo zio sordo, sempre su di tono, alla zia che vorrebbe che si suonasse qualcosa d'importante e storpia nomi che non conosce, a un ammiratore della sposa che cerca di sbirciare nella sua scollatura, infilandole un' aringa. È una vera baraonda, lo zio rompe una gamba del piano sulla testa di Bajan, la stufa si rovescia e tutto va a fuoco.

Scena 4 L'ibernazione di Prisypkin

Arrivano i pompieri, ma troppo tardi, il getto d'acqua gela subito per un freddo terribile. Sono tutti morti, solo uno manca all'appello: Prisypkin

Parte II
Nel futuro – La decomposizione di una rivoluzione
Scena 5 La federazione mondiale comunista di fronte a una decisione difficile

Si deve decidere se scongelare o no un individuo ibernato, trovato durante dei lavori in una cantina. Sono passati molti anni dal matrimonio rosso, dieci piani quinquennali si sono succeduti.
In questa seconda parte la regista e il traduttore hanno inserito chiavi di lettura del nostro presente. Un esempio: un vecchio che partecipa all'organizzazione dell'incontro che deve portare alla votazione chiede al giovane tecnico di fare attenzione alla strumentazione per il voto su scala mondiale, perché un calo di tensione può produrre una manipolazione del voto stesso ... Il vecchio inoltre cerca di spiegare una parola che il giovane non coglie, come se fosse un fenomeno del passato, non più reale in una società ora ben ordinata: la parola è "contestazione" Ecco la spiegazione: "Un tempo tutti dicevano la loro, nessuno concordava con nessuno, e così non si andava da nessuna parte". Riprendo infine una riflessione sul voto che mi pare interessante. Parla sempre il vecchio:
"Quel sistema non funzionava, mio padre me lo diceva sempre. C'era chi si precipitava a votare, avrebbe voluto averne dodici di mani per farsi bello di fronte al partito. I contrari cercavano di prevalere con urla e schiamazzi, manco fossimo alla finale dei mondiali di calcio. Poi c'erano i vigliacchi che se la squagliavano. So di uno che si era chiuso in gabinetto. Sperava così di salvare la pelle "impiegatizia".
Come non leggere una critica, più o meno esplicita, al modo di condurre i dibattiti politici, senza possibilità di mediazione, di vero confronto delle idee? L'espressione di un voto poi perde il valore di apporto libero alle scelte, per diventare conformismo... E questo sia ai tempi di Majakovskij che ai nostri. Per concludere la riflessione è il significato della parola politica che è ignorato, ieri come oggi... E domani?
Nella lunga introduzione che precede la votazione, il Presidente della Federazione mondiale comunista farcisce il discorso di parole ridondanti pur ripetendo che la questione è semplice e chiara: si deve decidere se si vuole o non si vuole scongelare l'individuo ibernato, che doveva certo appartenere alla classe operaia a giudicare dai calli sulle mani. Vi è un collegamento in mondo visione, presenti canali di tutto il mondo, tra cui Santoro, Report, Vespa, Quark, Elisir, Chi l'ha visto... Il risultato finale della votazione è Re-su-sci-ta-re l'ibernato.

Scena 6 Le perplessità di Zoja Bereskina

Zoja non vuole che Prisypkin sia scongelato, si sente minacciata da un individuo per il quale ha persino tentato il suicidio. Comunque la decisione è ferma, anche se si procede con cautela allo scongelamento: si potrebbe assistere a un'esplosione a causa delll'eccesso di alccol accumulato nello stomaco e nel fegato di Prisypkin.
Il primo segno di ritorno alla vita: Prisypkin inizia a grattarsi per la presenza di una cimice. Non c'è da stupirsi, per il primario individui del genere ospitavano spesso simili parassiti. Il rischio che si corre è grosso perché Prisypkin stesso è un vero parassita, una cimice anche lui, un piccolo-borghese meschino e ubriacone. Un parassita, tanti parassiti in quella società che pur si era posta obiettivi di giustizia sociale, di uguaglianza, liberazione dai bisogni... Gli ideali non avrebbero certo retto all'assalto di tante, tantissime cimici.
Inizialmente questi terribili parassiti passano inosservati, nascondendosi nelle pieghe di un colletto, come dire nelle pieghe delle istituzioni, poi...eplodono, il contagio si allarga, una vera pandemia!
Prisypkin è ormai completamente sveglio, chiede da bere, cerca di evadere, poi cade svenuto. Dal suo colletto salta fuori una cimice.

Scena 7 Il servilismo epidemico: attrazione e repulsione

La notizia è da prima pagina, i cronisti di tutto il mondo sono presenti: l'individuo ha già contagiato tutti gli animali domestici del palazzo in cui gli è stato assegnato un appartamento: i cani hanno smesso di scodinzolare per mettersi a leccare chiunque possegga qualcosa da mangiare – animaux serviles, direbbe Vigny "La mort du loup" –
Gli scrocconi, ecco chi invaderà il mondo! Si assiste a scene d'isteria collettiva, molti sono contagiati o vorrebbero esserlo.
Qualcuno, per fortuna, è riuscito a catturare la cimice, ora rinchiusa nel giardino zoologico dove sarà trasferito il pericoloso parassita umano per scongiurare la minaccia di una terribile malattia: il servilismo epidemico.

Scena 8 bere, bere, bere

In una stanza di ospedale Prisypkin è sorvegliato a vista, il contagio si diffonde facilmente, basta che aliti. Perciò è installato un sistema di ventilazione. Si cerca d'intrattenerlo, fornendogli dei libri, troppo seri per lui; lui, invece, vorrebbe qualcosa di veramente eccitante e poco impegnato. Poi desiderando bere e non ricevendone a sazietà, si alza e lo sguardo cade sul giornale che avvolgeva i libri, così legge qualcosa che gli dà la forza di evadere... Sul giornale è scritto: "Cercasi corpo umano vivente disposto a farsi morsicare da insetto affamato di recente acquisizione".

Scena 9 Borghesius vulgaris, horribilissimus parasiticus

Grande adunata allo zoo per la visita guidata ai due parassiti che vi sono rinchiusi, alla presenza dei corrispondenti esteri. Presiede la riunione il Presidente del Soviet cittadino, che inneggia alla nascita dell'homo novus dalla grande rivoluzione, un uomo "capace di portare giustizia, eguglianza, pace nel mondo. Un uomo senza vizi, eguale tra gli eguali, coerente, forte, pulito, incorruttibile".
Purtroppo deve riconoscere che una falla si è aperta nella costruzione di questa società perfetta: i due temibili parassiti riportati in vita dallo scongelamento deciso dalla Federazione mondiale comunista. Però, grazie al Direttore dello zoo, la minaccia è sotto controllo.
Dalle parole del Direttore sappiamo che è stato lui ad avere l'idea di attirare con quell'articolo sul giornale Prisypkin: "Cercasi corpo umano vivente disposto a farsi morsicare da insetto affamato di recente acquisizione". Infatti, a presentarsi è stato proprio lui, Prisypkin, felice di farsi morsicare. Ora il borghesius vulgaris è anche cimex lectularius vulgaris, molto più pericoloso di una cimex simplex, perché mentre questa contagia una sola persona, il primo è un rischio per l'umanità intera, succhia il sangue di tutti!
Ci si avvicina alla gabbia per studiarlo da vicino e, nonostante le assicurazioni che è, ormai, innocuo, i visitatori sono assaliti da violenze verbali inaudite. Impossibile chiudere la gabbia...
La sola che, a conoscenza del passato, capisce che non vi è rimedio a simile pandemia è Zoja che non trova altra via d'uscita del suicidio, lasciando un messaggio per tutti, molto simile a quello dello scrittore:
"A tutti. Non incolpate nessuno. E, per favore, non fate pettegolezzi. La defunta non li poteva sopportare. Compagni perdonatemi. Non è una soluzione (non la consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta. ‘Come si dice, / L'incidente è chiuso./ La barca dell'amore / S'è spezzata / Contro il quotidiano./ La vita e io siamo pari./ Inutile elencare/ Offese, dolori, torti reciproci'. Voi che restate siate felici".
Forse, in queste parole, possiamo capire l'amarezza di Majakovskij, la sua decisione; è come se dicesse lui le parole della compagna Zoja: "A tutti. Non incolpate nessuno. E, per favore, non fate pettegolezzi. La defunta non li poteva sopportare. Compagni perdonatemi. Non è una soluzione (non la consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta...".

Riferimenti

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