37 Cultura & Società
Giorno di silenzio a Tangeri
articolo di Giovanna Corchia

Tangeri Jour de silence à Tanger [Giorno di silenzio a Tangeri]
Tahar Ben Jelloun
éd.Seuil
Anno 1990
Pagine 128

Un vecchio padre in un giorno di vento minaccioso: l'assalto di mille pensieri opprimenti...

Un vecchio padre, in un giorno di vento, il vento dell'Est che minaccia i suoi bronchi ammalati, che lo costringe a letto nella casa diventata prigione, con le pareti macchiate di umidità, un soffitto che sembra schiacciarlo, abbassandosi quasi a soffocarlo: è questo il personaggio al centro della narrazione. Attorno a lui due sole presenze–assenze: la moglie e la domestica e una sola realtà ingombrante: i suoi pensieri che diventano imprecazioni, lamenti, collera repressa, rimpianti, ma anche immagini seducenti. Quando tutto questo si materializza, è lui in prima persona a prendere la parola, un monologo interiore che invade le pagine, straripante.

Molay Ali, l'amico che sapeva vivere

Aveva tanti amici, un tempo, tutti morti o quasi: perché se ne sono andati? Perché lo hanno lasciato solo, in preda ad un'angoscia che si ispessisce sempre di più, e pesa, pesa?
Il primo amico evocato è Molay Ali, un buontempone, uno che sapeva trovare sempre il lato lieve della vita: trovarsi con gli amici, giocare a carte. Il gioco che li riuniva poteva scatenare potenti crisi di nervi, incontenibili accessi di allegria. Ma Ali giocava solo “per il piacere e per la gioia di essere circondato dagli amici". In occasione di un improvviso attacco di cuore che gli aveva ricordato che sorella morte poteva quanto prima bussare alla sua porta, Ali si fece promettere dagli amici che quel giorno avrebbero giocato a carte attorno al suo feretro.
Certo non era facile raccogliere l'invito, ma nessuno osava contrariarlo: il cuore poteva giocargli subito brutti scherzi. Morì mentre giocava e, nel momento in cui abbandonava questa vita, disse la preghiera di ogni buon musulmano e levò la mano che racchiudeva una carta per ricordare la promessa che gli era stata fatta.
Un bell'esempio di accettazione della morte, certo non facile. Oh!, pensa il personaggio della storia, se non fosse morto questo buon amico sarebbe certo venuto a tenergli compagnia, per non lasciarlo in preda alla sua solitudine.

E, per giunta, piove!

Che tristezza quella pioggia! E il vento? “Soffia sovrano e indifferente". Come sfuggire al tempo? Come renderlo meno opprimente? Come non pensarci più? Dove ritrovare la freschezza di un corpo di ragazza? Gli basterebbe essere sfiorato dal suo sguardo: è ancora un vecchio in possesso di tutte le sue facoltà, rifiuta questo lento naufragio. Perché non disfarsi allora di tutte quelle medicine posate sul suo comodino? E così vanno giù che è una bellezza, con l'acqua dello scarico, finalmente!
Una casa di riposo per anziani derelitti: mai! La rifiuta categoricamente. Per fortuna questo genere di progresso non è ancora una conquista del suo paese, il Marocco. E poi i suoi figli non gli farebbero mai un torto simile: sanno bene che il rispetto dei genitori, del vecchio padre, soprattutto, è secondo solo a quello dovuto ad Allah!

Malato, lui! Tutta colpa del vento!

Il suo malessere non ha che un nemico: quel terribile vento. Basterebbe solo abbandonare questa città, ritrovare il suo paese natale, la stradina, la casa che lo ha visto nascere e la nostalgia che lo tormenta sarebbe scacciata via. È Tangeri e i suoi demoni che complottano contro di lui e poi gli amici che hanno creduto bene di fargli un torto imperdonabile: morire prima di lui, dimenticando che ha così tanto bisogno della loro compagnia.
Che fare? Il tempo si accanisce contro di lui. Perché non prendersela con gli oggetti che lo circondano? Perché non con quel vecchio orologio che continua a segnare, inesorabilmente, il passaggio delle ore? Perché? Perché?

Mettersi a parlare da solo?

“Mettersi a parlare da solo? Ma non è forse un principio di follia? Ma lui non è matto né un ferro vecchio. È vecchio. Ma la vecchiaia non esiste: è solo un malinteso tra il corpo e lo spirito, tra il corpo e il tempo. È un tradimento del tempo, un colpo mancino..."
Perché allora non ridere di sé? Saperlo fare è un buon segno, ma quanti ci riescono?
Come dimostrare di non aver paura del tempo? Basta metterlo alla prova: la sua memoria è imbattibile; ha sempre ricordato tutto, ricorda tutto, non ci sono crepe nella sua memoria!

La sfida lanciatagli dal vaso di cristallo blu

Il suo sguardo si posa su un vaso di cristallo blu, un regalo di nozze con più anni di lui. Un oggetto che ha resistito a traslochi vari, che gli sopravvivrà. Ma a cosa serve? Solo, forse, a ricordargli questo, quasi una minaccia nella sua immobilità. Tutti gli oggetti diventano minacciosi: la porta che non chiude bene, il vaso blu, il vento fuori, tutto, proprio tutto congiura contro di lui.
La malattia si è ora accomodata nel suo corpo, simile ad una donna scheletrica, brutta. Ma chi l'ha invitata? E poi, oltre a quella tosse che non perdona, alle crisi di soffocamento, ecco la moglie, anche lei congiura contro di lui... Cosa fa poi quando lui l'aggredisce con il suo umore nero? Si mette a pregare... A cosa servono le sue preghiere? Finiscono col cozzare contro il soffitto, le grida contro, e, perciò, il soffitto è tutto crepato...

Una riflessione

Ci sono vari modi per reagire alle malattie, a quelle che la vecchiaia può portare con sé, quando il corpo non risponde più come si vorrebbe: rabbia, follia, ma anche accettazione senza rassegnazione, cercando di riempire il tempo nel modo migliore per sentirsi bene, cercando di rompere la solitudine, contando sulla presenza degli amici...
Ecco lo sguardo sulla compagna della sua vita, sull'abitudine che si è installata tra loro, sull'invecchiamento di entrambi, ma non affrontato insieme, sostenendosi reciprocamente, invece di starsene ognuno nella propria isola di solitudine.
Questa forma di risentimento del vecchio contro tutto e tutti è una manifestazione di chiusura egoistica. È l'incapacità di vedere al di là della propria solitudine e sofferenza. E tutto diventa più difficile da affrontare. Ma non è solo il vecchio responsabile dell'imprigionamento, perché “Chi invecchia, più del bambino e dell'adulto, si trova a dover subire il proprio ambiente. Ciò rende difficile al soggetto poter far ricorso, nel rapporto con gli altri, alla sua potenzialità affettiva: spesso si è costretti a fare i conti con l'esperienza del rifiuto da parte degli altri, senza poterlo in qualche modo fronteggiare con una propria accettazione di sé. Il sentimento di autostima non ha origine esclusivamente dall'interno del Sé, ma è inestricabilmente legato all'esperienza di noi che gli altri ci comunicano. In altre parole, si può essere intimamente certi di essere degni di amore, solo se gli altri ci esperiscono come oggetti degni di amore" [1]
Quando si è in situazioni come quella del vecchio prigioniero di questa giornata di silenzio, l'affetto, la comprensione della famiglia, degli amici possono essere una vera medicina: non è la malattia visibile, del corpo più debole, che conta di più, ma la malattia che invade lo spirito: “Quando il cielo basso e grave pesa come un coperchio sull'anima che geme, da lunghi tedi oppressa". [2]
Quando, quando avrà termine questo interminabile giorno, quando un lembo di azzurro scaccerà via il grigio opprimente?

Il passato

Il vecchio si sente solo, abbandonato: nessuno che venga a chiedere di lui, nessuno. Pensa a quello che è stato, alla precisione nel lavoro che lo ha sempre contraddistinto. Allora si sente più forte del tempo, “un vecchio e temibile compagno, un pirata zoppo, un cielo vuoto, una spiaggia bianca, una terra piena di crepacci, di precipizi, un deserto di silenzio, una mano traditrice, uno sguardo perfido". Difficile essere più forti di un Tempo così materializzato!
Il tempo passa, scorre via, tutto cambia, è cambiato sotto i suoi occhi: oh! se tutto potesse restare immutato! Perché tante storie, tanti cambiamenti? Il freddo abita la sua casa; la modernità non è fatta per lui, lo schiaccia, lo disorienta. E l'orologio continua a scandire il tempo: tic tac tic tac tic tac...
Eppure potrebbe insegnare ancora tante cose, tante esperienze si sono accumulate nel corso della sua vita, ma persino i suoi figli lo trascurano, non gli chiedono più un consiglio, no, non più... Lo hanno proprio deluso. Basterebbe poco, molto poco, un semplice sguardo, un gesto, un sorriso per renderlo buono, pronto a commuoversi, felice...Sarebbe così bello se la casa si riempisse d'invitati. Per evocarli accende tutte le luci. S'interroga, si chiede se non è un po' rude con le donne ma, se è così, è perché le ama troppo, perché non riesce a sedurle tutte.

Il grande specchio veneziano

Ricorda un grande specchio veneziano comprato un giorno: superbo, ingombrante, un po' segnato dal tempo. Ora è in casa ed è il destinatario prediletto di tutte le domande che gli urgono dentro. Di tanto in tanto riaffiora un'immagine, un viso, una mano che un guanto modella, un giardino brumoso: sì, è proprio lei, “la Dame aux Camélias" , una visione:
“Forse, pensa il vecchio che rifiuta il passaggio del tempo, è una donna che ho amato e che non ho mai incontrato. Mi succede di pensare a una donna; in parte la invento; la vesto, la profumo e aspetto come un adolescente il suo arrivo [...]. Mi sono occorsi tempo, pazienza, passione, per scorgere infine il suo volto grazie allo specchio veneziano."
Guarda le sue mani il vecchio: come sono invecchiate, più ancora del viso denunciano l'età. Ma quelle sue mani sentono ancora forte il desiderio di accarezzare un corpo femminile. Come si inganna chi pensa che il desiderio si spenga con l'età!

Dei numeri di telefono per rompere il silenzio?

Riprende in mano il quaderno in cui sono annotati i numeri di telefono dei suoi amici. Perché non telefonare a qualcuno di simpatico purché sia ancora in vita? Eccone uno, Daoudi,: come convincerlo a venire a trovarlo per rompere quel lungo, brumoso, ventoso, insopportabile giorno di silenzio? La musica, Daoudi è appassionato di musica andalusa e lui ha qualcosa di straordinario da fargli ascoltare.
Lui malato, proprio non lo è, lo contraddicono e, allora, si mette a tossire, si sente soffocare, proprio così.
Lo specchio è sempre là, gli confiderà i suoi segreti, la sua stanchezza, la sua solitudine? O sarà la Terra chiamata come testimone, amica complice, di questa prigione, in cui tutti gli si coalizzano contro?
Qualcuno penserà che sia troppo brutale nei confronti della famiglia, non è così: nel rivivere il passato riconosce i meriti di ognuno.

E la televisione?

Perché non accendere la televisione ? Potrebbe fargli compagnia, ma, che Dio lo salvi : lui non vede che una lunga sfilata di giovani fanciulle in fiore... Certo ne ha vergogna, ma è ancora più vergognoso privare un vecchio signore come lui dell'amicizia femminile. Ma questi suoi sogni, che Dio lo perdoni, sono solo un segreto del suo cuore, nessuno li conosce.
Il pensiero ritorna alla moglie, un tempo ne era geloso, ma, forse, si confessa ora, non era proprio gelosia, ma il rispetto di una tradizione. Da almeno quindici anni, ora ne ha ottanta, sono come due solitudini che vivono sotto lo stesso tetto. Continuano a dormire insieme, perché? Pensa che sia per essere rassicurati dalla presenza dell'altro, perché, di notte, si è spesso assaliti dagli incubi...
Improvvisamente arriva Krimo, il tassista, che qualcuno della famiglia ha pregato di passare quando è brutto tempo se il vecchio ha bisogno di essere accompagnato al suo negozio.
Il vecchio lo accoglie male, lui può andarci da solo, al negozio, non ha bisogno di essere accompagnato. Ma, se vuole, può fermarsi a scambiare un po' di chiacchiere con lui e se Krimo pensa di perderci, lui gli pagherà il tempo di una corsa. Ma, per quanto lunga sia, la corsa ha un termine e, allora, la casa ripiomba ancora nel freddo silenzio.
A chi telefonare ancora? Perché non al suo barbiere, Zrizek? Nell'attesa pensa alla sua testa pelata: “Niente capelli! È il deserto! Ma non è forse un segno di una mente che pensa, lavora senza tregua? Non ha perso i capelli d'un sol colpo. Sono state le mie idee, che spintonandosi l'un l'altra, si sono aperte un sentiero nella mia capigliatura. A ogni passaggio, a ogni tempesta, qualche capello è dovuto cadere!"

Un sogno

Nel dormi-veglia è assalito da un sogno: ha sognato di essere morto e di essere circondato da tutta la famiglia, proprio tutta. Con gli altri anche lui, che pure è morto, incomincia a discutere sul modo di organizzare un funerale degno del suo nome... Ed ecco la sua lettura di quel sogno: per carattere non perderà mai l'abitudine, anche da morto, di esprimere il suo punto di vista, per non lasciarsi mai raggirare.
Il pensiero della morte gli richiama quel che ha letto una volta dei Giapponesi, che vicini alla morte, salgono su una montagna e si espongono a tutte le intemperie... Lui proprio no, non lo farà mai, perché “la vita e la morte appartengono a Dio" E dell'inferno e del paradiso, che cosa pensare? Ognuno se li immagina come vuole, ma, ecco il pensiero forte del vecchio, che condivide, credo, con la maggior parte degli uomini: lui preferisce l'inferno della vita a qualsiasi paradiso promesso.

Il giorno di silenzio sta forse per passare? Si annuncia un nuovo giorno?

Il vento dell'Est, il temuto nemico che congiura contro i suoi poveri bronchi, è scemato, i caffé del quartiere si sono di nuovo animati, tra poco ci sarà una partita di calcio... Avrebbe voluto far parte di tutti quegli avventori festanti e rumorosi, anche se non ne condivide la passione, ma la sua povera mente affaticata ha bisogno di riposare: troppi pensieri si sono accavallati, spintonati, anche se non hanno più trovato capelli da decimare per farsi largo. Cosa gli resta? Ecco, dal fondo dell'amato specchio veneziano dei sogni riappare la belle Dame aux Camélias; la invita a salire sulla sua bicicletta e insieme si allontanano “in una prateria inondata di luce e di specchi".
Perché di specchi? Gli specchi ripetono all'infinito la bella immagine che gli inonda il cuore e il freddo giorno di silenzio si riempie di sole... Una conclusione di grande poesia anche se solo “Un éclair...puis la nuit!"

à une passante

Un éclair... puis la nuit ! – Fugitive beauté
Dont le regard m'a fait soudainement renaître,
Ne te verrai-je plus que dans l'éternité?

Les Fleurs du Mal – Tableaux parisiens – C.Baudelaire
A una passante

Fu un lampo... poi la notte. Fuggitiva beltà,
nel cui sguardo, all'istante, l'anima mia risorse,
non ti vedrò più dunque che nell'eternità?

Traduzione di Gesualdo Bufalino

La forza di un libro, la forza delle parole

Ho tolto la maschera a una parola
E muti
L'uno di fronte all'altra
Siamo rimasti

Perché riscrivo i versi di Rafael Alberti, un grande artista spagnolo, che J. Saramago, anche lui grande, ha ripreso dalla raccolta Marinaio a terra[3] per ricordare l'amico e onorare la forza della sua scrittura al momento della morte? Perché in quelle parole ritrovo la forza della scrittura di Tahar Ben Jelloun: le sue parole, messe a nudo, portano al silenzio, il silenzio di chi riesce a cogliere, riesce ad afferrare, almeno per un istante, il loro significato profondo, nascosto...

Riferimenti bibliografici Libri

[1] S. Mistura, in Premessa dal titolo ... e divento sempre più vecchio a Invecchiamento e vecchiaia di A. Spagnoli, Torino, Bollati Boringhieri, 1995

[2] C. Baudelaire, I fiori del male, trad. G. Bufalino, Milano, Mondadori, 1983

[3] R. Alberti, Marinero en tierra, 1924

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