8 Cultura & Società
Louis-Ferdinand Céline
Viaggio al termine della notte
articolo di Giovanna Corchia

Celine Louis-Ferdinand Céline
Viaggio al termine della notte
Editore Corbaccio
Anno 2005
575 Pagine

Notre vie est un voyage
Dans l'hiver et dans la Nuit,
Nous cherchons notre passage
Dans le Ciel où rien ne luit
.
(Chanson des gardes suisses, 1793)

Dobbiamo soffermarci un po' su queste parole, messe così in apertura: la nostra vita non è che un viaggio, nell'inverno e nella Notte, non c'è nulla di accogliente se non freddo e mancanza di punti di riferimento e noi, poveri uomini smarriti, soldati abbandonati,cerchiamo inutilmente un passaggio in un Cielo senza luce...Perché Notte e Cielo sono scritti con la maiuscola? Anche questo è un dettaglio su cui non dobbiamo scivolare.

Viaggiare è molto utile, fa lavorare l'immaginazione, il resto è solo delusioni e pene. Il nostro viaggio è interamente immaginario, è là la sua forza.
Va dalla vita alla morte. Uomini, animali, città e cose, tutto è immaginario. È un romanzo, nient'altro che una storia fittizia. Lo ha detto Littré che non sbaglia mai.
E poi, innanzi tutto a tutti è possibile, basta chiudere gli occhi.
È dall'altra parte della vita.
Prima ancora d'iniziare il nostro viaggio nel viaggio, Céline ha voluto darcene un assaggio inserendo le frasi sopra riportate: vorrebbe forse consolare il lettore sottolineando che si tratta solo di un viaggio immaginario o non riprende, piuttosto, quello che Pirandello, nel saggio "L'umorismo" chiama sentimento del contrario? Non è che un romanzo, e un romanzo, si sa, è una pura invenzione, come conferma la Bibbia degli autori di dizionari, Littré!
Questo viaggio è dall'altra parte della vita!
"Ah! Si rimette in cammino il "Viaggio"... Se non fossi così costretto dalla necessità di guadagnarmi la vita sopprimerei tutto e poi tutto un seguito di violenza verbale..."

Ed ecco l'inizio di questo viaggio tutto immaginario; ma, come precisa Céline stesso, è proprio là la sua forza. Fermiamoci un po' a considerare il peso delle parole: "fa lavorare l'immaginazione", in che modo? Quali immagini sfileranno davanti ai nostri occhi, viaggiando, noi, lettori più o meno attenti, nel libro? Come ci sentiremo quando saremo arrivati "al termine della notte", "dall'altra parte della vita?"
Il viaggio è formato da tappe più o meno lunghe. Ognuna ha al centro un punto nodale del percorso di Ferdinand Bardamu, il viaggiatore – narratore, e dei compagni che via via incontrerà nel suo viaggio, uno in particolare, Robinson-Léon.
L'inquietudine e la vana ricerca di dare un senso alla vita, in sé priva di senso, porteranno Bardamu dapprima a imbarcarsi nella crociata infernale, apocalittica della guerra, la grande guerra, poi nella galera coloniale, successivamente alla catena di montaggio, ingranaggio fra gli ingranaggi, in America, infine nella periferia degradata di Parigi, une caisse à ordures, una discarica a cielo aperto.
Quando nel 1932 è stato pubblicato, "Viaggio al termine della notte" ha suscitato un grande scalpore. Nelle "Memorie di una ragazza per bene" Simone de Beauvoir elogia lo stile di Céline: una scrittura viva come la parola. Un vero sollievo dopo le frasi marmoree di Gide, di Alain, di Valéry.

La guerra, una crociata apocalittica

Ferdinand Bardamu è seduto in un caffè con Arthur, un amico, studente in medicina come lui. L'amico elogia la patria, la Francia, la più bella razza del mondo, Bardamu, lui, è di tutt'altro parere: La razza, quello che tu chiami così, è soltanto un'accozzaglia di poveracci del mio stampo, sfessati, pidocchiosi, scoglionati che sono finiti qui perseguitati dalla fame, la peste, i tumori e il freddo, venuti, vinti, dai quattro angoli della terra. Non potevano andar più oltre, ché c'era il mare. Questa è la Francia e questi sono i francesi. Ci siamo: è la lingua forte, insolente, provocatoria di Céline! Ma, nonostante queste idee, per leggerezza, preso dall'aspetto imponente del colonnello alla testa del reggimento che sfila per le strade di Parigi, dalla musica e dalla folla che applaude al loro passaggio, l'anarchico Bardamu decide di arruolarsi. Ben presto la musica cessa, la pioggia comincia a cadere, la folla plaudente scompare e Bardamu ha subito la sensazione di essere ormai preso in trappola, la porta della vita si è chiusa alle sue spalle.
È la prima guerra mondiale, una guerra di trincea, un'ecatombe infinita.

Una citazione dal romanzo: Bardamu è al fronte

"Pensavo pure (dietro un albero)che l'avrei ben voluto vedere qui quel Déroulède [1] di cui m'avevano tanto parlato, per spiegarmi come faceva, lui, quando si pigliava una palla in piena pancia.
Quei tedeschi accovacciati sulla strada, testardi e cecchini, tiravano male, ma parevano aver cartucce da vendere, senza dubbio dei magazzini interi. La guerra decisamente non era terminata! Il nostro colonnello, bisogna dirlo, manifestava un coraggio stupefacente! Passeggiava nel bel mezzo della strada e poi in lungo e in largo , tra le traiettorie, con molta tranquillità, semplicemente, come se avesse aspettato un amico sulla banchina della stazione, un po' impaziente soltanto.
Io, la campagna, bisogna che lo dica subito, non ho mai potuto sopportarla, l'ho sempre trovata triste con i suoi pantani che non finiscono più, le case dove non c'è mai nessuno e le strade che non conducono in nessun posto. Ma quando ci aggiungete ancora la guerra, proprio non se ne può più. Il vento s'era levato, brutale, da ogni lato del pendio, i pioppi mischiavano le loro raffiche di foglie ai piccoli rumori secchi che venivano di laggiù per noi. Quei soldati sconosciuti ci sbagliavano sempre, ma pur accerchiandoci di mille morti, se ne era come vestiti. Io non osavo più muovermi.
Quel colonnello! Era dunque un mostro? Ora, n' ero sicuro, peggio d'un cane non immaginava il suo trapasso. Ne conclusi nello stesso tempo che ce ne dovevan essere parecchi come lui nel nostro esercito, dei prodi, e poi senza dubbio un egual numero nell' esercito di fronte. Chi lo sa quanti? Uno, due, parecchi milioni forse. E da quel momento la mia fifa diventò panico. Con dei tipi simili, quell'imbecillità infernale poteva continuare all'infinito... Perché si sarebbero arrestati? Mai non avevo sentito più implacabile la sentenza degli uomini e delle cose.
«Sarei dunque il solo vigliacco della terra?» pensavo. E con quale paura!...Perduto tra due milioni di pazzi eroici e scatenati e armati sino ai denti? Con l'elmo, senza cavalli, su delle moto, urlanti, in automobili, fischianti, cecchini, complottatori, volanti, in ginocchio, in atto di scavare il suolo, i sfilare, di caracollare sui sentieri, petardeggiando, cacciati sotterra come in un manicomio, per distruggere tutto, Germania, Francia e Continenti, tutto ciò che respira, distruggere,più arrabbiati dei cani , adorando la loro rabbia (ciò che i cani non fanno), cento, mille volte più arrabbiati che mille cani e talmente più ringhiosi! Eravamo graziosi! Decisamente, lo capivo, m'ero imbarcato in una crociata apocalittica.

[1] Déroulède, uomo politico fondatore della Lega dei patrioti nel 1882, autore di canzoni revansciste

Qualche riflessione

Con una lingua dalla forza inaudita, spesso dal ritmo incalzante, Bardamu, nascosto dietro un albero, segue con lo sguardo il suo colonnello, che sembra passeggiare di lungo in largo, al centro della strada, tra le traiettorie delle pallottole, appena un po' impaziente, come qualcuno che aspetta un amico sul marciapiede di una stazione.Se tutti sono come quel mostro di colonnello, incapace di immaginare la propria morte, allora, pensa Bardamu, quella imbecillità infernale, non finirà mai. È lui il solo vile, il solo ad aver paura fra due milioni di pazzi scatenati, peggio di cani rabbiosi, perché almeno i cani non amano affatto la loro malattia?
L'assurdo della guerra, di quella guerra: una quantità enorme di cartucce, quasi da metter su un mercato; il colonnello, un mostro, in quell'inferno, è là calmo, tra i tiri incrociati delle trincee che si fronteggiano, appena un po' impaziente come lo si è quando si aspetta l'arrivo di un amico; e se ce ne fossero dei milioni come lui, peggio dei cani rabbiosi? Quell'imbecillità non avrebbe mai avuto fine! Pur tirando male, quei tedeschi di fronte fanno tanti morti, si era come vestiti dai cadaveri. E la domanda sulla viltà possiamo farla nostra: forse è lui, Bardamu, il solo che coglie l'assurdo in cui tutti sono immersi e le immagini che usa hanno la forza di un umorismo nero. Il campo di battaglia poi: triste, desolante, senza vita, senza strade che portino da qualche parte, un letamaio dappertutto!
Da sottolineare l'ultima lunga frase dalla struttura sintattica sconvolta (anacoluti, ellissi,accumulazioni in un crescendo di forza, violenza verbale...): un intrigo confuso di cavalli, moto, armi, rumori, un manicomio, che è là per distruggere tutto: Francia, Germania, continenti, tutto: l'apocalisse, qui, ora!
Ecco una pagina che può dire molto di più di tante pagine di un libro di storia sulla prima guerra mondiale: la Grande Guerra, grande perché?

E poi Bardamu,l'anti-eroe, è preso da una grande stanchezza, dalla voglia di dormire, dalla paura di morire e da un'unica piccola speranza: essere fatto prigioniero... Poi pensa a cosa dire al soldato nemico che gli si parerà di fronte, se appena esita a sparargli contro... Cosa poi sarà, nella vita, quel nemico che gli sta di fronte: un impiegato,un riservista, un becchino,un cuoco?
A questo punto c'è il primo incontro con Robinson, personaggio – chiave in questo viaggio dall'altra parte della vita, mentre Bardamu si muove con circospezione tra gli alberi con la paura di essere colpito. Qualcuno si nasconde nell'ombra e finalmente si fa riconoscere: è un fantaccino armato, si presenta come un riservista, il timbro della sua voce è triste e ciò basta per far nascere un sentimento di fiducia in Bardamu .
Il progetto di Robinson è essere fatto prigioniero. Perché avercela con i tedeschi – pensa; non gli hanno fatto niente - aggiunge. Fanno un pezzo di cammino insieme, poi si separano.
La guerra continua, i borghesi nelle retrovie, sempre più carogne, mentre i vari Bardamu, sono carne da macello.
Occasionalmente ferito, riceve una medaglia in ospedale e, proprio per questa onorificenza, è oggetto di ammirazione di Lola d'Amérique, dal fervore patriottico esasperato, per nulla sfiorata dal dubbio dell'assurdo di quella guerra. Quelle connerie la guerre, dirà Prévert di un'altra guerra o di tutte le guerre.
In occasione di una passeggiata con Lola, Bardamu passa davanti a un tirassegno e improvvisamente è assalito dal panico di essere un facile bersaglio sempre, senza vie di scampo. Segue il ricovero in ospedale. Là sono ricoverati tanti soldati come lui, il cui ideale patriottico è seriamente compromesso e che trovano nella follia un riparo contro l'assurdo. E a Lola che sostiene che è impossibile rifiutare la guerra quando la patria è in pericolo, che solo i pazzi e i vili lo fanno, Bardamu risponde che solo la vita conta, che non vuole più morire, che dei morti delle tante guerre niente resta, neanche la memoria. Non vi è modo più esplicito di condanna dell'assurdo: "Engraisser le sillon du laboureur anonyme c'est le véritable avenir du véritable soldat." (Concimare il solco del contadino anonimo è il vero futuro del vero soldato).
È in questo periodo che Bardamu incontra ancora Robinson, un viaggiatore alla continua ricerca di rifugi provvisori,un eterno straniero,nel deserto della vita.

Una pausa di riflessione in versi

Dai CALLIGRAMMES
(Guillaume Apollinaire, 1913-1916)

Et combien j'en ai vu

Et combien j'en ai vu qui morts dans la tranchée
Étaient restés debout et la tête penchée
S'appuyant simplement contre le parapet

J'en vis quatre une fois qu'un même obus frappait
Ils restèrent longtemps ainsi morts et très crânes
Avec l'aspect penché de quatre tours pisanes

Depuis six jours au fond d'un couloir trop étroit
Dans les éboulements et la boue et le froid
Parmi la chair qui souffre et dans la pourriture
Anxieux nous gardons la route de Tahure

J'ai plus que les trois cœurs des poulpes pour souffrir
Vos cœurs sont tous en moi je sens chaque blessure
Ô mes soldats souffrants ô blessés à mourir

Cette nuit est si belle où la balle roucoule
Tout un fleuve d'obus sur nos têtes s'écoule
Parfois une fusée illumine la nuit
C'est une fleur qui s'ouvre et puis s'évanouit
La terre se lamente et comme une marée
Monte le flot chantant dans mon abri de craie
Séjour de l'insomnie incertaine maison
De l'Alerte la Mort et la Démangeaison

Ô poètes des temps à venir ô chanteurs
Je chante la beauté de toutes nos douleurs
J'en ai saisi des traits mais vous saurez bien mieux
Donner un sens sublime aux gestes glorieux
Et fixer la grandeur de ces trépas pieux
L'un qui détend son corps en jetant des grenades
L'autre ardent à tirer nourrit les fusillades
L'autre les bras ballants porte des seaux de vin
Et le prêtre-soldat dit le secret divin.

E quanti ne ho visti

E quanti ne ho visti che morti in trincea
Erano rimasti in piedi, la testa inclinata
Appoggiandosi semplicemente contro il parapetto

Ne vidi quattro una volta che una stessa granata colpiva
Restarono così a lungo morti e molto spavaldi
Con l'aspetto inclinato di quattro torri pisane

Da sei giorni in fondo a un corridoio troppo stretto
Tra le frane e il fango e il freddo
Tra la carne che soffre e imputridisce
Ansiosi sorvegliamo la strada di Tahure

Io ho più dei tre cuori dei polipi per soffrire
I vostri cuori son tutti in me sento ogni ferita
Oh miei soldati sofferenti o feriti per morire

Così bella è questa notte in cui tuba la pallottola
Un fiume ininterrotto di granate sulle nostre teste scorre
Talora un razzo illumina la notte
È un fiore che si apre e poi svanisce
La terra si lamenta e simile a una marea
Sale il flutto sonoro nel mio rifugio di gesso
Soggiorno dell'insonnia insicura dimora
Dell'Allarme la Morte e la Consunzione

Oh poeti dei tempi futuri oh cantori
Io canto la bellezza di tutti i nostri dolori
Io ne ho colto dei tratti ma voi saprete molto meglio
Dare un senso sublime ai gesti gloriosi
E fissare la grandezza di questi pii trapassi
Uno che stira il suo corpo lanciando granate
L'altro con ardore nutre gli spari
L'altro le braccia penzoloni porta secchi di vino
E il prete-soldato dice il segreto divino

 

SOTTO LE QUERCE DI POTSDAM
(Bertold Brecht, 1927)

A Postdam sotto le querce
nel sole un corteo passa e va;
trombe e bandiere abbrunate
tamburi scordati che fan rataplan!

A Potsdam sotto le querce
in mezzo al corteo una bara c'è:
in alta tenuta la portano
sei uomini del re.

Una frase scritta sta
in lettere eterne di bronzo
come i cannoni, che dice così:
chi per la patria muor vissuto è assai
chi per la patria muor non muore mai.

A Potsdam sotto le querce
ricordavano così:
i tanti nati a casa loro
e morti senza un perché.

Truffati dalla loro patria
in cambio della breve vita
una bara in lettere di bronzo
una menzogna ben scolpita.

A Potsdam sotto le querce
il corteo ingombrava la via
finché con quattro bastonate
lo disperse la polizia.

           

LA BALLATA DELL'EROE
(Fabrizio De Andrè 1966)

Era partito per fare la guerra
Per dare il suo aiuto alla sua terra
Gli avevano dato le mostrine e le stelle
E il consiglio di vendere cara la pelle
E quando gli dissero di andare avanti
Troppo lontano si spinse a cercare la verità

Ora che è morto la patria si gloria
D'un altro eroe alla memoria
Ma lei che lo amava aspettava il ritorno
D'un soldato vivo, d'un eroe morto che ne farà

Se accanto nel letto le è rimasta la gloria
D'una medaglia alla memoria
come i cannoni, che dice così:
chi per la patria muor vissuto è assai
chi per la patria muor non muore mai.

La Ballata dell'eroe di De Andrè: un altro modo per trasmettere il rifiuto della guerra, della retorica patriottica, di dire no alle tante morti inutili.

L'esperienza coloniale, un ulteriore passo verso il termine della notte

Bardamu è infine dimesso dall'ospedale, come inetto, non più buono a nulla. Alla ricerca di una soluzione decide di partire per l'Africa, senza molte pretese. Il fatto di essere riuscito a salvare la pelle dal Mattatoio infernale in preda alla follia, lo rende pronto a tutto, con la sola preoccupazione di essere sempre fuori tempo.
L'avventura del viaggio è spaventosa: il caldo è soffocante e i passeggeri, in preda all'alcol, incapaci di controllare i propri istinti, cercano una vittima. Perché proprio Bardamu?
"Sostenevo senza volerlo la parte dell'insostenibile, infame e ripugnante carogna". La ragione? Bardamu è estraneo al gruppo di militari e funzionari coloniali. Riesce però a salvarsi ricorrendo alle parole, parole gonfie di retorica in difesa della patria, dei valori comuni, miele per i suoi ascoltatori, che di dignità hanno in realtà appena, appena l'apparenza.
Finalmente, a terra e fuori pericolo, si imbarca in un'altra esperienza ancora peggiore della guerra: l'Africa tropicale, un clima orribile, tutti contro tutti, e, in fondo a tutti, i negri, una specie di "formiche verticali".
La prima notte su un letto sgangherato è assalito da un vorticare di pipistrelli, mille diligenti pulci assaltano il suo corpo e, poi, l'incessante tam-tam del villaggio vicino.
Credo sia necessaria una breve pausa di riflessione nella lettura di queste pagine per avvicinarsi un po' alla realtà del colonialismo e dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Al servizio della Compagnie Pordurière del Piccolo Togo vi è un gran numero di negri e omuncoli bianchi come Bardamu , tutti sfruttati al fine di ricavare il massimo da quella specie di bestie da soma verticali. Violenza, malattie: malaria, dissenteria, febbri altissime colpiscono tutti.
Prima di partire per la destinazione definitiva all'interno del paese, Bardamu incontra un personaggio che merita la nostra attenzione, il sergente Alcide, al comando di un piccolo drappello di soldati privi di tutto, ma che obbediscono ai suoi ordini come se fossero perfettamente equipaggiati (manifestazione di potere nel vuoto di potere o della virtualità del potere). In questa situazione, Alcide cerca di guadagnare sul commercio del tabacco o altro, non certo per sé, ma per poter curare al meglio una nipote orfana, affidata alle suore,"non quelle dei poveri" a Bordeaux. Bardamu ha uno sguardo di profonda comprensione per questo piccolo militare senza potere, per i suoi sacrifici perché niente manchi alla nipote; arriva a pensare di lui: Il tutoyait les anges, ce garçon, et il n'avait l'air de rien...Il offrait à cette petite fille lointaine assez de tendresse pour refaire un monde entier et cela ne se voyait pas. (Dava del tu agli angeli, quel ragazzo, e non aveva l'aria di niente. Offriva a quella bimba lontana abbastanza tenerezza per rifare un mondo intero e questo non si vedeva).
E Bardamu arriva nel cuore dell'Africa, dove dovrà sostituire un funzionario di cui la Compagnia non si fida più. Chi ha pensato che la guerra sia all'apice dell'assurdo si è forse sbagliato, con l'assurdo non si finisce mai di scontrarsi... Acqua, un fondo di melma, caldo mortale di giorno, rumore insopportabile di notte: è questo il lascito della vittima che lo ha preceduto. Bardamu è solo in questa natura incredibile, con tramonti simili a enormi assassinats du soleil, a cui poi fa seguito la notte, con tutti i suoi mostri, fra mille e mille rumori: muggiti,fischi, tremiti sin nelle viscere della foresta.Un nome riecheggia nelle sue orecchie:
Robinson, così ha detto di chiamarsi chi lo ha preceduto in quel posto, prima di far perdere le sue tracce, i ricordi riaffiorano. Subentra subito la consapevolezza che restare lì è come andare incontro alla morte: il mondo sa solo uccidervi, come un dormiente ammazza le pulci. Aver fiducia negli uomini è come già farsi uccidere un po'.
In preda alla febbre, con le ultime forze, Bardamu decide di fuggire, prendendo la direzione in cui è fuggito Robinson. Il viaggio è terribile, Bardamu è a metà cosciente, trasportato da negri che lo consegnano a spagnoli.
Quando infine apre gli occhi Bardamu scopre di essere su una nave, l'Infanta Combitta, venduto come galérien, uomo di fatica. Bardamu pensa che il capitano sia stato ben coraggioso a pagare qualcosa per lui. Durante il lungo viaggio inizia a star meglio e viene quindi messo a remare, schiavo fra schiavi. Pensa che anche Robinson abbia avuto la stessa sorte . È questo il commercio degli uomini.
Fine del viaggio, arrivo a New York, une ville debout, raide à faire peur. (Una città in piedi, rigida da far paura).

L'avventura americana, l'inquietudine nel cuore

Arrivati nel porto, l'equipaggio è messo in quarantena, Bardamu non può accettare una simile costrizione e fugge, nella convinzione di trovare qualcuno, Robinson o Lola d'Amérique, che lo aiuti a illudersi che il viaggio può continuare.Una prima sensazione è la solitudine, quella provata in Africa, per quanto brutale, impallidisce di fronte all'isolamento dell'individuo nel formicaio americano.
Se prima Bardamu ha pensato di non avere alcuna ragione per esistere, ora è consapevole del suo essere nulla. Perso a New York, portato dalla folla, si sente schiacciato; un'unica parentesi di sogno: entrare in una sala cinematografica, ben protetto, immerso in un dolce calore e trasportato in un altro mondo. Ma poi c'è il ritorno nella realtà, nell'indifferenza di tutti nei confronti di tutti, ognuno preso a spingere davanti a sé la propria vita, notte e giorno. Spinto dalla fame ritrova Lola, ha modo di farsi dare dei soldi, però è qui che riflette sulla condizione dell'uomo, sul suo andare, andare, dove... in fondo alla notte, proprio in fondo, accompagnato dalla paura di precipitarvi dentro e lui, respinto da tutti, alla deriva, finirà per trovare il modo di precipitarvi.
Bardamu trova infine un lavoro, viene assunto come tanti come lui, immigrati spinti dal sogno americano, alla Ford a Detroit. Impressionante la descrizione dell'immensa caisse à acier, dove tutto trema, i rumori sono insostenibili, gli odori nauseabondi. Impossibile distrarsi, impossibile comunicare, l'uomo non è che un ingranaggio tra gli ingranaggi, al servizio delle macchine, un esecutore di gesti ripetuti all'infinito: passare un bullone e ancora ancora, caricare viti e poi e poi... Il risultato? On en devenait machine aussi soi-même à force et de toute sa viande encore tremblotante dans ce bruit de rage énorme qui vous prenait le dedans et le tour de la tête et plus bas vous agitant les tripes et remontait aux yeux par petits coups précipités,infinis,inlassables... (Si diventava macchine per forza e con tutta la propria carne ancora tremante in quel rumore di rabbia enorme che prendeva il di dentro e il giro della testa e più in basso agitava le trippe e risaliva agli occhi a piccoli colpi incalzanti, infiniti, instancabili).
On est devenu salement vieux d'un seul coup. (S'è diventati oscenamente vecchi in un sol colpo). Bisogna abolire la vita di fuori, farne anche di essa dell'acciaio, qualcosa di utile. Non la si amava già abbastanza com'era, è per questo...
E Bardamu sente il bisogno di un contatto con un vero corpo, un corpo rosa, vita silenziosa e tenera. Questa ricerca è fortunata, è la parentesi più bella che ci sia nella sua vita: in una casa di appuntamenti incontra Molly,la prostituée au grand cœur. Con lei si apre alla confidenza, il suo corpo è perfetto, "la vera aristocrazia umana". Una profonda intimità li lega, corpo e spirito. Molly vorrebbe spingerlo a lasciare il lavoro alla Ford, per dedicarsi alla traduzione, considerato il suo amore per i libri. Bardamu rimpiange di non aver conosciuto prima Molly, ormai è troppo tardi, il viaggio verso l'ignoto è irrinunciabile, alla base di una profonda inquietudine, pur nella consapevolezza dell'assenza di luce. Svela a Molly questi suoi tormenti, è la sola che può capire. La ragazza cerca anche di aiutarlo a superare le sue angosce: Molly, la Provvidenza. Strana questa parola in bocca a Bardamu, ma egli è fatto per rifiutarla, per mettersi in difficoltà con la Provvidenza.
E l'altro come lui, quel fuggiasco, dappertutto come perso su un'isola deserta, riappare: Robinson lavora di notte come uomo delle pulizie. Questa volta è Robinson a riconoscerlo mentre sale su un tram, incontrando il suo sguardo triste e legge quella tristezza come dovuta alla mancanza di una donna... È qui una chiave di lettura del personaggio, le donne possono essere un'ancora di salvezza, però per lui è già troppo tardi, è già immerso nel buio. Ecco alcuni pensieri prima della partenza per il vecchio mondo: Si ha vergogna di non essere più ricchi di cuore e di tutto ed anche di aver giudicato, nonostante tutto, l'umanità più bassa di quanto lo sia veramente. Soffrivo, veramente, per una volta, per tutti, per me, per lei, per tutti gli uomini. È forse questo che si cerca nel percorso della vita, niente altro che questo, la più grande sofferenza possibile per diventare se stessi prima di morire.
Bardamu riparte, ma sempre, ancora oggi che ha percorso la vita..., vorrebbe far sapere a Molly che l'ama ancora, che ha conservato in lui il suo calore e che, se la morte dovesse sopraggiungere, adesso non sarebbe completamente freddo, morto, schiacciato dal peso dell'esistenza, per il dono di sogno e di dolcezza che ha ricevuto da lei, Molly.

La Garenne-Rancy, une caisse à ordures
Medico nel degrado della periferia parigina

Tornato in Francia Bardamu completa gli studi di medicina e con il suo titolo infine conquistato, va ad esercitare la professione alla Garenne – Rancy.
Bisogna avere il coraggio degli scarafaggi, a Rancy, soprattutto quando si va avanti negli anni e si è sicuri di non uscirne mai più. Al mattino ci si accalca sui tram, ma per correre dove? verso un padrone che vi salverà dal morire di fame, ma vi farà pagare caro, sudare il vostro pane. Si puzza per dieci,venti anni. Non è un regalo.
Bardamu fa fatica ad avere pazienti e a farsi pagare, è un momento di crisi -la crisi del ‘29 - poi c'è la concorrenza e le maldicenze.
Il nero è il colore dominante alla Garenne-Rancy: un esempio gli Henrouille, una coppia e la madre di lui. L'attaccamento ai soldi, una malattia senza scampo. Bardamu è chiamato per convincere la vecchia a farsi ricoverare dalle suore perché possano disporre dei suoi averi. Ma la vecchia è un osso duro e manda per aria tutti i piani, della nuora soprattutto, e del figlio un po' in disparte.
E poi l'episodio della ragazza, uno dei tanti, che è in situazioni tragiche per un procurato aborto al terzo mese. Bardamu è chiamato al suo capezzale, ma non riesce a convincere la famiglia che un ricovero è urgente: è una vergogna che la notizia si diffonda, anche se si sa tutto di tutti. Intanto, la ragazza continua a perdere sangue ma Bardamu è allontanato senza essere pagato, come in tante altre occasioni. Così è costretto a vendere le sue misere cose, compreso l'oggetto a cui è maggiormente legato, il grammofono, regalo di Molly.
E sono ancora tanti gli episodi di miseria e depravazione, come quando una portinaia ,una delle tante, gli suggerisce di diventare débarasseur de femmes enceintes.
Sempre nelle vicinanze, Robinson è una presenza che pesa. Bardamu non vorrebbe più averlo sui suoi passi; questo derelitto è lo specchio di tutte quelle miserie da cui è circondato, la sua sola aspirazione è uccidere e uccidersi, non d'un sol colpo, ma a poco a poco.
Una scena di particolare violenza è l'urlo di Bardamu al capezzale di un bambino che si è messo a piangere, Bardamu sembra incapace di trattenersi dal gridare tutta la rabbia che trattiene dentro contro l'umanità intera.
Una parentesi che mostra l'umanità di questo medico dei poveri è il vano tentativo di salvare Bébert, il nipote di una portinaia del quartiere, colpito dal tifo. Gli adulti possono ben morire, une vache en moins, ma i bambini no. Per avere un consiglio nel vano tentativo di salvare Bébert, va a cercare un vecchio professore universitario, Parapine, in un grande istituto di Ricerca, ma che di grande ha solo il nome...Una vera desolazione.
Bardamu è spesso tentato dalla rinuncia, dal desiderio di non ritornare più a Rancy, si sente impotente, incapace di far qualcosa in quella notte permanente.
Ricompare Robinson, forse perché Bardamu è il solo punto di riferimento che ha e poi perché è cosi simile a lui. Lo troviamo spesso nella sala d'attesa di Bardamu dove c'è anche la vecchia Henrouille che vuole tenere bene gli occhi aperti, diffidente, a ragione, dei suoi.
Robinson sembra aver trovato una soluzione per assicurarsi una rendita: è stato assoldato dagli Henrouille per preparare una trappola alla vecchia, farla saltare per aria. Svela il suo segreto a Bardamu che si sente impotente a fermarlo, quasi capisce la tendenza di Robinson all'assassinio: la vita non gli ha dato mai niente, non è stata mai gentile né con lui né con tanti altri come lui. Perché non aprire gli occhi sulla notte? Bardamu continua a tenerli chiusi, da parte sua, Robinson lo spinge ad aprirli, per rendersi infine conto di questa discesa inarrestabile nella notte.
Il piano fallisce e Bardamu si trova al capezzale di Robinson, vivo per miracolo, gli occhi fuori uso, mentre la vecchia ride come una folle del fallimento del piano. Robinson resta a lungo dagli Henrouille, ma è chiaro che la nuora sta già pensando al modo con cui disfarsi di Robinson e della maledetta vecchia.
Nel periodo in cui resta a letto, Robinson parla di sé, dei ricordi comuni a Detroit, ma anche i ricordi sono come la giovinezza, prima o poi imputridiscono, diventano dei fantasmi disgustosi che trasudano egoismo, vanità, menzogne...
Le visite a Robinson si diradano, perché Bardamu è stato nominato medico di un dispensario.
Gli ammalati sono i poveri del quartiere, attraversato da strade fangose e pieno di rifiuti, dove le ragazzine invece di andare a scuola, cercano di guadagnare qualche soldo prostituendosi, ma ciò che portano a casa non sono che poche lire, le patatine fritte e la blenorragia.
Inutile, controproducente promettere a questi ammalati la guarigione, ben contenti di sputare sangue, per godere di una piccola rendita e non essere obbligati a cercare un lavoro che non c'è.
Ed è a questo punto che Bardamu riceve la visita dell'abate Protiste, inviato dalla nuora Henrouille e dalla stessa pagato, per chiedere la sua complicità per allontanare la vecchia e Robinson, destinati a vivere a Toulouse degli oboli dei visitatori di una cripta che racchiude delle mummie. Bardamu si sente un traditore, un complice, ma è in compagnia di tanti come lui, tutti a tenersi per mano in questo viaggio al fondo della notte senza fondo. A cercare cosa, a trovare cosa? Forse niente. È questa la morte, è la notte vuota, e la vita non è che uno sprazzo di luce che finisce nella notte, dans la nuit profonde des grands fonds - nella notte profonda senza fondo - dove si è persa la ragione, come dice un allucinato Vladimir a Estragon in En attendant Godot.
Liberatosi di Robinson, Bardamu spera di potersela cavare meglio con il dispensario, ma non è così: la crisi, la disoccupazione, il bel tempo - si sa che la medicina ha bisogno del freddo e dell'umido - proprio non gli va bene.
Perciò prende la decisione di partire, di abbandonare Rancy, così crede; in realtà si continua a girare in tondo, per poi ritrovarsi sempre al punto di partenza. In questo lungo viaggio au bout de la nuit, i viaggiatori si incontrano ancora, ed è così che Bardamu ritrova Parapine, lo scienziato con il debole per le ragazzine, che,dopo essere stato allontanato dall'Istituto di ricerche, per campare porta al cinema i pazienti dell'ospizio dei matti del dottor Baryton (una speciale terapia: l'ipnosi delle immagini che scorrono).
Bardamu alloggia in un anonimo albergo, rifiuta una propria dimora, perché legata all'idea di famiglia, con i risvolti negativi che vi si collegano, il dentro nascosto e il fuori ostentato.
C'è una breve parentesi d'ingaggio al cinema Tarapout, quello di Parapine, in un intermezzo-spettacolo, e la garanzia di aver qualcosa per vivere. Dentro sempre un profondo malessere.
Dappertutto conferme di questa notte permanente, come la notizia della malattia di Henrouille figlio, vittima della moglie che così si libera di tutti, per impossessarsi di tutto: tutto che cosa?
È così che si assiste alla morte della vita, la vie qui se ride, che si raggrinza, si incartapecorisce, si prosciuga. Qualsiasi viaggio è inutile, ma lo si ignora, allora ci si lascia tentare.
On entend, on attend, on espère ,ici,là-bas, dans le train, au café ,dans la rue, au salon, chez la concierge, on entend, on attend que la méchanceté s'organise comme à la guerre... (Si sente, si aspetta, si spera, qui, laggiù, al caffè, per strada, dal barbiere, dalla portinaia, si sente, si aspetta che la cattiveria si organizzi come in guerra).
Bardamu è spinto ad andare a visitare Robinson e la vecchia a Toulouse: se la cavano poi bene, è la vecchia che accompagna i visitatori nella cripta delle mummie .Di quel commercio vivono in tanti, compresa la giovane Madelon, fidanzata di Robinson, e la madre di lei.
In realtà, Robinson è sempre più cupo, consapevole della prigione in cui vive.
E Bardamu riparte, è una necessità, solo il ricordo di Molly che riaffiora di tanto in tanto, è come l'eco di un'ora ormai passata, lontana, ma dal suono dolce.
Ora lavora dal dottor Baryton come assistente. La vicinanza dei matti è come un'attrazione verso la loro città sconosciuta, un rifugio possibile.
La partenza improvvisa di Baryton, forse un tentativo di sfuggire alla morte nell'illusione di trovare altro, e Bardamu si ritrova sulle spalle l'ospedale insieme a Parapine. Ed ecco che ricompare Robinson, ha fatto fuori la vecchia, spingendola giù dalle scale ed è poi partito abbandonando tutto, come per sfuggire a una prigione, da dove, comunque, non riesce mai a fuggire. L'ospizio può garantirgli una certa protezione contro la frenesia, il morboso attaccamento manifestatogli da Madelon, difficile da spiegare. Si mette a lavorare anche lui nell'ospizio, suonando la fisarmonica per gli ammalati.
Un giorno Madelon ricompare, è una minaccia per tutti, potrà denunciarli per aver ospitato Robinson, l'assassino della vecchia. Non potendo allontanarla Bardamu cerca di attirarla nel gruppo. Organizza così una serata al Parco dei divertimenti, con loro c'è anche Sophie, una nuova infermiera slovacca. La serata è un fallimento, Robinson è ormai chiuso nella sua corazza d'indifferenza a tutto e Madelon spara contro di lui, nel taxi che li riconduce indietro. In realtà Robinson era già morto dentro. Un residuo di vita resta ancora in lui, Robinson, il naufrago, e Bardamu si sente impotente ad aiutarlo a morire: On l'a chassée, tracassée la pitié qui vous restait, soigneusement au fond du corps, comme une sale pluie. On l'a poussée la pitié au bout de l'intestin avec la merde. Elle est bien là, qu'on se dit. (La si è cacciata, schiacciata la pietà che vi restava, con cura in fondo al corpo come una pioggia sporca. La si è spinta giù la pietà in fondo all'intestino con gli escrementi).
Bardamu è vicino a Robinson-Léon ma, pensa, a lui manca ciò che farebbe un uomo più grande della sua semplice vita, l'amore della vita degli altri. Il suo sguardo abbraccia la solitudine di Robinson, in fondo uno straniero sempre, da vivo e da morto.
Bardamu si allontana solo, anche se altri lo accompagnano, lo sguardo si posa sulla Senna, il pensiero che là, in fondo, c'è il mare. Ma a cosa serve? Ormai Bardamu non ha più nulla da immaginare sul mare; non ci sono più viaggi-illusioni, l'unico suo desiderio è perdersi per non ritrovarsi più di fronte alla sua vita.
Non potrà più gridare, come ormai tanto tempo fa: Sono il solo a sapere ciò che voglio: non voglio più morire.

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