3. Democrazia & Impresa:
Il dialogo sociale come leva per la democrazia economica

Un fallimento si aggira per l’Europa nel campo della democrazia economica. Tale può considerarsi finora la vicenda dei Comitati aziendali europei (Cae), istituiti nel 1994 dalla Direttiva comunitaria 94/45. Compito dei Comitati è di garantire i diritti di informazione e consultazione nelle imprese europee di medio grandi dimensioni. Si tratta del primo organismo transnazionale dotato di tali diritti e, nelle intenzioni del sindacato, doveva diventare l’inizio di un modo differente di guardare ai problemi legati all’attività produttiva e, in prospettiva, alla governance delle multinazionali con sede legale nell’Unione europea. A distanza di quattordici anni, però, le promesse della Direttiva 94/45 non sono state mantenute: le gelosie di alcuni sindacati nazionali, timorosi di perdere prerogative a vantaggio del livello comunitario e le incertezze di una Commissione europea sempre più ammaliata dalle sirene del neo liberismo hanno, infatti, finito per assegnare un ruolo di comparsa ai Cae, come dimostra anche il fatto che in occasione della crisi finanziaria e della recessione economica che colpiscono anche il Vecchio continente non si sia ancora fatta sentire a sufficienza la voce di questi Comitati. A oggi sono operanti circa 820 Cae, che rappresentano 14,5 milioni di lavoratori. Si tratta di un numero molto basso, poiché i Comitati aziendali europei sono stati istituiti soltanto nel 36% delle imprese cui si applica la Direttiva 94/45.

Vediamo più ne dettaglio i due fattori che hanno reso i Cae un’occasione perduta nel campo della democrazia economica. Per quanto riguarda il ruolo delle organizzazioni dei lavoratori, già all’indomani dell’approvazione della Direttiva 94/45 alcuni sindacati nazionali, fra i quali quelli italiani, avevano chiesto che i Comitati aziendali non avessero solo diritti di informazione e consultazione, ma fossero anche dotati della facoltà di stipulare contratti a livello europeo. Questa richiesta non è stata, però, sufficientemente sostenuta da molte altre organizzazioni dei lavoratori, le quali ritenevano che la contrattazione dovesse avvenire solo a livello nazionale. A distanza di quattordici anni possiamo dire che il sindacato italiano aveva ragione: sono state ben poche, infatti, le occasioni in cui i Cae hanno coordinato un’azione congiunta dei sindacati nazionali, quando, per esempio, una multinazionale annunciava la chiusura di uno stabilimento in un Paese dell’Unione europea per spostare la produzione (e i posti di lavoro) in un altro Stato dell’Ue. Nella maggior parte dei casi, si è assistito a dichiarazioni teoriche di solidarietà fra sindacati e a ben più pratiche prove di forza delle confederazioni nazionali più forti presso le direzioni aziendali. La situazione non è certo migliorata quando l’Unione europea si è aperta a dieci nuovi Stati membri, otto dei quali situati in quell’Est europeo dove molte multinazionali della "vecchia" Ue avevano trasferito le produzioni a minor valore aggiunto per risparmiare sul costo del lavoro. I sindacati dell’est Europa, ben più deboli di quelli dell’occidente, hanno, infatti, ritenuto che occorresse salvare i posti di lavoro nei propri Paesi e che, quindi, i loro interessi entrassero in conflitto con quelli dei sindacati occidentali, preoccupati della chiusura di numerosi stabilimenti in patria.

Il secondo fattore di debolezza dei Cae è costituito dai limiti della Commissione europea. Nel 1994, anno di approvazione della Direttiva 94/45, era stato appena eletto alla guida di quest'organismo comunitario Jacques Santer, al posto di Jacques Delors. Bruxelles era ancora, dunque, sotto l’influenza di chi può considerarsi uno dei più importanti Presidenti della Commissione europea. La Direttiva sui Cae era l’approdo di una linea guida nell’azione di Delors: il ruolo fondamentale del dialogo sociale per la crescita dell’Unione europea. Da Santer in poi, questa linea guida è però progressivamente venuta a mancare, anche perché i successori di Delors, oltre a non avere il suo carisma, hanno preferito la scorciatoia del neo liberismo alle difficoltà del dialogo sociale. In ultimo, Josè Manuel Barroso, che col suo comportamento ha accentuato, insieme agli altri Commissari, un ruolo "burocratico" della Commissione, sempre più sotto tutela degli Stati membri, si è trovato nel pieno della tempesta finanziaria e della crisi economica, senza avere la forza necessaria per imporre ricette a livello comunitario.

Bruxelles ha annunciato, con diversi anni di ritardo, la volontà di procedere a una revisione della Direttiva sui Comitati aziendali europei, ma il testo proposto non va di là di qualche modifica su punti non sostanziali. Sono sei i principali ritocchi apportati alla Direttiva 94/45. In primo luogo, si chiarisce che i diritti di informazione e consultazione devono rispettare il principio generale dell’efficacia dell’iniziativa. Per "informazione" s’intende nella proposta "la trasmissione di dati da parte del datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori per consentire a questi ultimi di prendere conoscenza della questione trattata e di esaminarla. L’informazione avviene nei tempi, secondo modalità e con un contenuto appropriati, suscettibili in particolare di permettere ai rappresentanti dei lavoratori di procedere a un esame adeguato e di preparare, se del caso, la consultazione". Viene anche precisato che quest’ultima deve avvenire "in tempi, secondo modalità e con contenuti che consentano ai rappresentanti dei lavoratori, sulla base delle informazioni da loro ricevute, di esprimere, entro un termine ragionevole, un parere all’organo competente dell’impresa di dimensioni comunitarie o del gruppo di imprese di dimensioni comunitarie". La Ces (Confederazione europea dei sindacati) ha, però, subito obiettato che la proposta della Commissione europea non realizza il rafforzamento dei diritti di informazione e consultazione dei lavoratori europei auspicato dal sindacato, soprattutto nei casi di ristrutturazione aziendale. A giugno, in occasione di una conferenza organizzata dalla Ces, il segretario aggiunto Reiner Hoffmann ha, infatti, dichiarato: "Nel 75% dei casi, i lavoratori non sono né informati, né consultati sulle ristrutturazioni. Il testo della Direttiva rivista dovrà indicare chiaramente che l’informazione e la consultazione dovranno farsi il più spesso possibile. I Comitati aziendali europei non devono vedere il proprio margine di manovra ridotto quando si tratta di affrontare problemi cruciali". In secondo luogo, la proposta della Commissione europea sostiene che la competenza dei comitati aziendali europei è limitata alle questioni di rilevanza transnazionale, introducendo però un’articolazione tra livello nazionale e transnazionale di informazione e consultazione dei lavoratori, che sarà oggetto di un accordo aziendale. In terzo luogo, Bruxelles precisa il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori e la possibilità per loro di usufruire di formazione senza perdita di retribuzione, riconoscendo, inoltre, il ruolo delle organizzazioni sindacali riguardo ai rappresentanti aziendali dei lavoratori. In quarto luogo, sono chiarite nella proposta sia le responsabilità in merito alla comunicazione delle informazioni per l’avvio dei negoziati, sia le norme riguardanti la contrattazione degli accordi per l’istituzione di nuovi comitati aziendali europei. In particolare, la proposta prevede l’assegnazione, a ciascuno Stato membro nel quale siano occupati almeno cinquanta lavoratori, di un rappresentante per ogni quota pari al 10% degli occupati. In quinto luogo, la proposta adegua le prescrizioni accessorie che si applicano in mancanza di un accordo. Infine, è introdotta una clausola di adeguamento delle intese sui Cae in caso di modifica della struttura dell’impresa o del gruppo.

Per un approfondimento sui CAE si può fare riferimento ai seguenti testi a stampa e documenti    libri

Torna in biblioteca