5. Democrazia & Impresa:
Azionariato dei dipendenti e democrazia economica

La responsabilità sociale delle imprese ha senso solo se è inserita nell'ambito dei diritti di partecipazione dei lavoratori. È questa la più recente posizione del sindacato tedesco, preoccupato dell'ondata di critiche al modello nazionale di cogestione (Midbestimmung) proveniente dalle associazioni imprenditoriali. Dopo anni d'indifferenza, quando non di aperta opposizione, nei confronti delle iniziative socialmente responsabili, la confederazione DGB sembra avere ora una differente opinione verso di queste, a patto, però, che ricadano nell'alveo di precise forme di partecipazione e che, dunque, sostengano la cogestione.

Andiamo alle origini della via tedesca alla partecipazione. Nel 1976, il governo guidato dal primo ministro socialdemocratico Helmut Schmidt approvò la riforma che introduceva il principio della Cogestione, prevedendo la gestione delle imprese tedesche affidata a un modello dualistico, basato su due organismi: il Consiglio esecutivo (Vorstand) e un Consiglio di sorveglianza (Aufsichtsrat) nelle società con più di duemila dipendenti. La riforma introduceva, dunque, un modello dualistico al posto di quello "monistico", basato sul solo Consiglio di amministrazione. Nel Consiglio di sorveglianza i lavoratori hanno diritto di eleggere la metà dei membri, mentre i rimanenti e il Presidente del Consiglio sono nominati dall'assemblea degli azionisti. In caso di parità, il voto del Presidente del Consiglio di sorveglianza vale doppio. Sono tre le principali competenze di quest'ultimo Consiglio, che resta in carica per tre anni: nomina e revoca degli amministratori, ossia dei componenti del Consiglio esecutivo; approvazione del bilancio; promozione a maggioranza dell'azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori. È evidente che le competenze del Consigli di sorveglianza riuniscono quelle attribuite nel modello tradizionale all'assemblea degli azionisti e, in parte, al collegio sindacale.

Non ho dati aggiornati sul numero d'imprese tedesche con più di duemila dipendenti che oggi applicano la codeterminazione. Secondo uno studio compiuto nel 1996, erano 728 (nel 1983 erano 481), con circa cinque milioni di lavoratori occupati (nel 1986 erano quattro milioni e mezzo). La frammentazione delle imprese in diverse unità produttive o commerciali, l'incremento del numero di lavoratori atipici e i cambiamenti del contesto economico, dovuti anche all'avanzata dei processi di globalizzazione, hanno intaccato questo modello, accendendo un dibattito su come adattare l'esperienza della cogestione alle mutate condizioni. La confederazione sindacale DGB ha presentato poco meno di dieci anni fa una proposta che mirava a una rappresentanza dei lavoratori anche nelle imprese scorporate o esternalizzate, oltre che all'estensione del sistema di rappresentanza in azienda anche ai lavoratori interinali occupati da oltre tre mesi e ai telelavoratori. Non mi risulta che queste proposte siano state considerate dalla controparte.

Nel 2006, prima della crisi dunque, l'Etui, l'istituto di ricerca del sindacato europeo, presentò uno studio interessante sul rapporto fra diritti di partecipazione e crescita economica. I risultati di quella ricerca non furono allora considerati con sufficiente attenzione. Ora, però, nel pieno di una grave crisi economica e finanziaria generata da un vero e proprio "fondamentalismo di mercato", quello studio è tornato prepotentemente di attualità. Cosa vi si diceva? La conclusione più importante era che nei Paesi europei dove esistevano forti diritti di partecipazione (in pratica, Stati scandinavi, Germania, Olanda e Austria), l'aumento del prodotto interno lordo, il tasso di occupazione, il grado d'istruzione e l'ammontare delle spese in ricerca e sviluppo sono più elevati. Nella tabella riportata qui sotto si trovano i dati nel dettaglio.

Paesi Ue con forti diritti di partecipazione Paesi Ue con deboli diritti di partecipazione
Pil pro capite (EU = 100) in PPS (Purchasing Power Standards) 116,5 104,5
Tasso di occupazione (in %) 67,6 64,7
Tasso di occupazione dei lavoratori ultra 45enni (in %) 46,1 44,3
Percentuale della popolazione fra i 20 e i 24 anni che ha conseguito almeno un diploma di scuola secondaria 77,8 75,8
Spese in ricerca e sviluppo (in percentuale sul Pil) 2,3 1,4

(Fonte: Etui)

Purtroppo questi dati non sono più disponibili in Rete sul sito curato dall'Etui, il quale è comunque ricco di molte informazioni sulle differenti declinazioni dei diritti di partecipazione in Europa. Anche se indubbiamente il punto di vista assunto da questa ricerca è un po' troppo "tedesco-centrico", si tratta di un'indicazione di lavoro stimolante. Si può partire da un rafforzamento della partecipazione dei lavoratori alla gestione di un'impresa per rilanciare la crescita europea e quella "via alta allo sviluppo" prefigurata nella strategia di Lisbona? Le iniziative nel campo della responsabilità sociale possono inserirsi in quest'ambito? La risposta a queste due domande è affermativa, a mio giudizio, ma, a differenza di molta parte del sindacato tedesco, non credo che possa proporsi come unica via maestra la cogestione, peraltro bisognosa di adattamenti a un quadro economico e sociale ben diverso da quello da cui è nata. Inoltre, il rischio di una deriva neocorporativa, derivata da un'interpretazione distorta del ruolo sindacale nella gestione di un'impresa, è sempre presente e non va mai sottovalutato.

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