Giordano Bruno
Emiliano Ventura

Somma dei termini metafisici a cura di Giudo del Giudice

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Bruno
Somma dei termini metafisici
a cura di Giudo del Giudice
2010, 200 pagine
Editore Di Renzo Editore (collana Arcobaleno)

Guido del Giudice ci presenta la traduzione di un testo che mancava al fruitore o allo studioso della filosofia nolana. Non è nuovo lo studioso a questi recuperi e la sua bibliografia persoanle comincia ad assumere toni importanti. In Italia si pubblicano molti libri inutili che servono a far da vetrina all’autore, soddisfano quello che Gadda chiamava il 'signor collo dritto', l’io. Credo che del Giudice sia al quinto o sesto titolo su Giordano Bruno e in ogni occasione mette a disposizione una porzione di pensiero del filosofo; un testo tradotto o uno recuperato. Quello che emerge in questo studioso non è la sua ‘egoità’ di autore ma il suo proporre un’appassionata ricerca intorno a un filosofo a cui sente di ‘appartenere’, in cui evidentemente la prossimità del pensiero si trova a suo agio, e questo agio e questa passione propone anche nei suoi libri. In una nazione in cui i fondi per la ricerca sono pressocchè nulli, il lavoro di questo autore, e di questo editore, indipendente è un’oasi preziosa da difendere.

Nel 2010 esce per i tipi Di Renzo Editore Giordano Bruno Somma dei termini metafisici, cura e traduzione di Guido del Giudice, autore del lungo saggio iniziale che ‘schiarisce alquanto certe ombre’ sul periodo zurighese di Bruno. La Somma è uno dei testi latini del Nolano e tra i meno noti, ha però il pregio di farci conoscere e percepire il filosofo nel momento della lezione, è infatti il testo delle lezioni che Bruno dettava all’allievo Raphael Egli. Questi pubblicherà la Somma prima nel 1595  e poi nel 1609, è grazie a questa recupero che oggi possiamo avere a disposizione questo libriccino, vero e proprio condensato del pensiero aristotelico.

Il libro si presta a diverse considerazioni: intanto ci mostra un Bruno nell’atto di dettare i termini metafisici e nell’azione quotidiana di una lezione, si percepisce la forza di un pensiero perennemente in fieri. È anche messo in evidenza la grande conoscenza della filosofia aristotelica, vero e proprio strumento di indagine ma anche fonte di guadagno, è insegnando Aristotele che Bruno poteva racimolare qualche entrata.

Pregio del libro è mettere in luce la conoscenza profonda e precisa del pensiero dello stagirita, così fortemente criticato in altre opere, suscita l’interesse nell’approfondire i rapporti tra Aristotele e Bruno, la tradizione scolastica e la novità del pensiero nolano, e se vogliamo ampliare ancora l’orizzonte, tra il cosmo tolemaico (visione geocentrica e finita aristotelica) e quello copernicano (visione eliocentrica e infinita bruniana). Dal libro di del Giudice si viene spinti a rivedere i rapporti tra i due filosofi, a sottolienare ancora il fatto che l’avversione bruniana era rivolta più agli aristotelici pedanti che non al filosofo greco. Il terreno, sebbene sia tato già battuto da diversi autori, lascia ancora molte ombre che andrebbero schiarite.

Altro contributo importante si trova nel colmare il vuoto che circonda il periodo della permanenza del filosofo in Svizzera in prossimità del suo rientro in Italia nel 1592. Ricostruisce, con l’ausilio di documenti nuovi, i rapporti tra Bruno e l’allievo Egli e del circolo che si viene a creare a Elgg nel palazzo che ospita un’accolita di sedicenti alchimisti.

Misurando con cautela le vite di Egli e Hainzel, del Giudice si trova tra le mani una materia difficile da trattare, cioè i legami tra la filosofia del nolano e i personaggi che andranno a dar vita da li a breve alla stagione dei Rosacroce.

Umberto Eco ci ha insegnato come sia facile cadere nelle pastoie venefiche del mistero, dell’esoterico e del complottismo, quando si vanno a toccare temi come i Rosacroce e l’alchimia, privi di una struttura solida da ricercatore. Non è così per il saggio di del Giudice Bruno in Svizzera, tra achimisti e rosacroce in cui i rapporti di circolazione delle idee, le somiglianze e le differenze che si presentano tra i Rosacroce e Bruno vengono messi in evidenza con grande chiarezza.

L’uso del prefisso proto - davanti a rosacroce serve a mettere con una precisione temporale una distanza tra le teorie di Bruno e quelle che poi conivolgeranno la nascita dello stesso circolo. Un esempio per tutti; del Giudice vede della prossimità tra Bruno e i Rosacroce nel progetto di riforma politica incarnato da Enrico di Navarra, ma mette anche in evidenza la distanza incolmabile tra il cristianesimo insito nei Rosacroce e l’anticristianesimo di Bruno.

È noto come il Nolano si burlasse della figura di Cristo, visto come figlio di dio, lo chiama  e lo schernisce richiamandosi alla figura mitica del centauro chirone (quindi mezzo e uomo e mezzo cavallo).

Il libro è un tassello importante per la comprensione e lo studio del filosofo di Nola, così come l’appello dello stesso autore a fine saggio, quando ricorda la possibilià che l’Archivio Vaticano abbia ancora dei testi sul processo o delle opere a noi non pervenute di Bruno. Se così fosse sarebbe veramente importante la libera consultazione e pubblicazione degli stessi, questo sì che sarebbe un bel gesto di conciliazione, al di là di tutte le messe e i discorsi che si potrebbero fare per quell’antico torto del rogo.

2011, Emiliano Ventura