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L'esperienza ci ha ormai abituato ad accogliere con distaccato, ironico scetticismo i ricorrenti annunci epocali del Governo: il ponte sullo stretto, la riduzione delle tasse, l'abolizione dell'IRAP, la banca del Sud, la crisi è alle spalle, i conti pubblici sono sotto controllo... Ora però la gravità della situazione aggiunge preoccupazione allo scetticismo poiché il conseguimento dei risultati della manovra correttiva in corso di emanazione è essenziale.
Vediamo, anzitutto, in cosa consiste la tanto decantata/deprecata manovra.
È finalmente giunto al Senato il "disegno di legge per la conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica".(1) Già rispetto a quanto annunciato nella conferenza stampa di presentazione, dal testo ora disponibile sono scomparsi, ad esempio, l'abolizione di nove (poi due) province, i tagli agli enti più o meno inutili, quelli ai costi della politica e così via; mancano notizie certe in merito a un nuovo condono edilizio nella forma di accatastamento delle cosiddette "case fantasma"; sembra che formerà oggetto, in forma peggiorata, di un separato emendamento proposto da esponenti della maggioranza, così come la riapertura del condono fiscale "tombale"; altri esponenti della maggioranza medesima smentiscono.(2)
Il totale della manovra è comunque rimasto invariato, totale che è stato ritenuto adeguato dalla Commissione Europea, la quale però, senza entrare nel merito dell'articolazione del provvedimento, ha osservato che mancano misure di tipo strutturale, che incidano cioè definitivamente sul contenimento del disavanzo, anche una volta esauriti gli effetti del provvedimento. Analoga osservazione è stata formulata dal Servizio Studi della Banca d'Italia, aggiungendo la considerazione che l'effetto depressivo della manovra induce a ridurre di mezzo punto la (già modesta) previsione di crescita de PIL.(3) Tutto ciò sempre che gli obiettivi del provvedimento si realizzino, altrimenti sarà necessario un altro intervento.
Quanto ai contenuti della manovra, è sufficiente un sintetico esame: non mancano autorevoli e dettagliate trattazioni. Qui, comunque, interessa comprendere la sua impostazione generale, dato che, come si è accennato ampio è il dibattito sulle misure di dettaglio.
Dal lato della spesa è prevista per il 2012 una riduzione di circa 14.900 miliardi di euro, di questi ben 8.500 deriverebbero da minori trasferimenti agli enti locali (regioni a statuto ordinario e speciale, province e comuni), un altro migliaio di euro di risparmi deriveranno dal blocco dei contratti e delle assunzioni dei pubblici dipendenti (compresi insegnanti e forze dell'ordine), i tagli alla spesa farmaceutica valgono 580 miliardi e i tagli "orizzontali" alle spese dei ministeri ammontano a 1.300 miliardi, la riduzione delle "finestre" di pensionamento farebbe risparmiare 2.600 miliardi.
Per quanto riguarda le entrate, sono previsti maggiori introiti per circa 10.000 miliardi di cui 7.700 dovrebbero risultare dalla lotta all'evasione fiscale.
In sostanza, gli oneri (certi) saranno a carico degli enti locali e dei pubblici dipendenti, le maggiori entrate (probabili) sono affidate ai risultati della lotta all'evasione. Peraltro da subito amministratori locali di entrambi gli schieramenti, pubblici dipendenti delle più diverse categorie e anche autorevoli esponenti della maggioranza hanno invocato modifiche volte ad ottenere sostanziali cambiamenti dell'impostazione del provvedimento.(4)
A tutt'oggi risulta che al Senato siano stati presentati 2.550 emendamenti, di cui la metà da parte di esponenti della maggioranza, alcuni, come si è accennato, decisamente vergognosi. A nessuno è però venuto in mente di proporre, ad esempio, la confisca di beni a danno di manager o pubblici funzionari che hanno percepito tangenti o "regalie", così come praticato per i patrimoni dei mafiosi, i quali, almeno, nello svolgimento della loro attività assumono rilevanti rischi personali.
Occorre poi considerare che la manovra si colloca in un quadro di finanza pubblica tutt'altro che rassicurante: il debito pubblico ha raggiunto in aprile il massimo storico di 1.812 miliardi di euro, in presenza di una flessione delle entrate del 4,1%; il deficit del 2009 era pari a 5,2% del PIL e l'avanzo primario (entrate meno spese al etto degli interessi sul debito) è stato negativo, pari a -0,6% per la prima volta al 1991.(5)
Né varrebbe a migliorare la situazione la proposta avanzata a Bruxelles dal nostro Ministro dell'economia (osteggiata peraltro dalla Germania) di considerare ai fini dei parametri previsti dal patto di stabilità la somma del debito pubblico e di quello privato di ciascun Paese: la proposta, se accolta, migliorerebbe di poco il dato per l'Italia, che resta la terza del mondo (dopo USA e Giappone) per ammontare del debito pubblico, ma servirà a rendere un poco peggiori i dati degli altri Paesi.
Ad ogni modo, l'impegno del governo, concordato con il Consiglio della U.E. è di riportare il deficit dal 5,2% del PIL del 2009 al 5,0% nel 2010, al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2012.
In questa situazione la credibilità della manovra relativamente agli obiettivi stabiliti è cruciale; se i mercati dovessero dubitare della capacità di conseguirli, gli investitori potrebbero cominciare ad allontanarsi dai titoli di debito italiani e la speculazione a scommettere su possibili difficoltà di rimborso. Ne conseguirebbe la necessità per il Governo di dover collocare il debito pubblico a tassi sempre più allettanti, accrescendo conseguentemente la spesa per interessi degli anni a venire con la connessa necessità di ricorrere al mercato in misura sempre maggiore. Già ora si segnala l'ampliarsi del divario fra i tassi dei titoli tedeschi a dieci anni e quelli italiani; i credit default swap – contratti che assicurano contro il rischio di insolvenza – sul debito pubblico italiano sono pure in aumento.
Sostenibilità del debito (che deriva da un avanzo primario positivo) e riduzione del deficit sono quindi gli indicatori che dovrebbero scoraggiare la speculazione internazionale; al di là delle intenzioni e degli annunci gli operatori guardano ai fatti: manovre straordinarie del tipo di quella di cui si tratta dovrebbero perciò essere attentamente meditate e solidamente costruite per acquisire l'indispensabile credibilità e la certezza della realizzabilità. Nella definizione degli interventi di politica economica sarebbe necessaria minore improvvisazione, seria concertazione con tutte le componenti della società, non solo con quelle delle quali è scontato l'assenso. Nella specifica situazione del nostro Paese sarebbero necessari, in particolare, interventi strutturali, invocati da tempo da più parti, che modifichino stabilmente i meccanismi di spesa nonché significative riforme dei criteri e dei meccanismi del prelievo fiscale, correggendone gli attuali squilibri e iniquità.
A questo riguardo, un aiuto consistente per accrescere gli introiti e scoraggiare le più spericolate speculazioni finanziarie potrebbe derivare dalla proposta formulata di recente dal Parlamento europeo (536 voti a favore, 80 contrari e 33 astenuti) che invita l'Unione a sollecitare i leader del G20 in merito alla istituzione di tasse sulle operazioni finanziarie e sulle banche, il che, tra l'altro, potrebbe contribuire a fronteggiare le conseguenze della crisi. In proposito, la Cancelliera Merkel ha detto testualmente "è ora che chi ha provocato la crisi passi alla cassa". Da noi si sono immediatamente levate le voci contrarie di Confindustria e dell'ABI i cui esponenti hanno paventato il rischio che la tassa si risolva in un aumento dei costi per gli utenti dei servizi finanziari. Noi, sprovveduti utenti, siamo confortati da tanta sollecitudine nei nostri confronti.
Il Presidente del Consiglio, dal canto suo, ha fermamente bocciato l'idea con articolate argomentazioni: "è ridicola". La proposta è peraltro condivisa da tutti gli altri leader europei, tranne quello della Repubblica Ceca, e fonti di stampa estera hanno precisato che in sede di riunione dei capi di stato e di governo europei la proposta sarebbe stata approvata anche dal nostro rappresentante.(6)
Ci si consenta, per concludere, di citare un vecchio maestro ormai "musealizzato" e quindi destituito di ogni utilità pratica nel mondo di oggi: "Ecco l'importanza di un buon governo e di un'amministrazione onesta che sappia ispirare fiducia nell'avvenire e sicurezza nel presente; ed all'opposto di un governo dal quale nascono solo sfiducia, cattiva sicurezza, disordine nei prezzi, nei valori, nei redditi, in tutto ciò che riguarda la vita quotidiana."(7)
22 giugno 2010
(1) Senato della Repubblica
(2) la Repubblica
(3) Commissione 5a del Senato della Repubblica (Programmazione economica, Bilancio
(4) Il Mattino
(5) Banca d'Italia
(6) Il Corriere della sera. Economia"
(7) Luigi Einaudi, Lezioni di Politica Sociale, Torino, Einaudi, Torino, 1964.
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