1. Scienza e Arte. Diversità e convergenze:
Ottiche nuove nella comunicazione scientifica ed estetica

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Immagination Is More that Knowledge
Albert Einstein


Optical Hyperspace - Zubin Jacob GS - Princeton - Department of Electrical Engineering

Abstract: The paper on New Optics of communication in science and art, would like to open a debate on new theories of aesthetic, based on improving a bridge between contemporary quantum science and bio-art. The following first part of paper (in Italian), looks to erase some common erroneous prejudices in seeing perspective, both belonging to the traditional science and the old figurative art. Eyes are a direct extension of the active function of the brain working in order to obtain a continuous flux of immediate vision in the lighting and movement changes of the environment. A new reliable knowledge about vision can be obtained by a parallel processing of two function of the retina ; one derived from a photochemical local reaction of single photons and their communication to the brain as codified signals, and the other from the photons pairs "no-local" entanglement, as a function of the interactive simultaneous brain research of information, hard-pressed by the genetic's building blocks. The new biological reality coming from an creative approach of blending contemporary "art and science", would be seen as an innovative expression of aesthetics in the modern "Bio-Art".

Introduzione

Come la scienza è capace di previsione cognitiva nell'ambito del conoscere, l'Arte sa esprimere una funzione estetica anticipatrice dei cambiamenti neurologici evolutivi che modellano gli archetipi della bellezza e della razionalità.(1)
Una nuova dimensione delle relazioni tra scienza ed arte nasce già alla fine del XX secolo per il fatto che con le tecnologie di esplorazione del funzionamento cerebrale (brain-imagining) si inizia a poter esplorare e a trarre indicazioni su come il cervello risponda alla percezione dell'arte esprimendo un senso di soddisfazione emotiva agli stimoli empatici, che sono espressione della creatività artistica. La moderna neurologia ha infatti iniziato a comprendere quali siano le aree del cervello coinvolte nella percezione delle forme e dei colori distinguendone le principali attività di riconoscimento, specialmente riguardo alla percezione visiva.(2), (3). Altre opportunità di conoscenza neurologica riguardano il ruolo dei Neuroni Specchio (Mirror Neurons)(4) nella attivazione dell'attenzione e nella stabilizzazione di relazioni empatiche, che hanno un forte impatto cognitivo in relazione all'apprezzamento dell'arte. Infatti questi neuroni, attivi nella zona pre-motoria frontale, sono capaci di reagire non soltanto a un semplice stimolo, ma anche di acquisire immediatamente il significato di quello stimolo, in modo da favorire l'apprendimento per diretta imitazione, producendo in tal modo un'azione condivisa a distanza, per la quale percezione e esecuzione vengono pertanto a collocarsi in uno schema rappresentativo di comune coinvolgimento tra persone ed oggetti capaci di esprimere empatia.(5)
Certamente tali importanti conoscenze neurologiche, pur aprendo un'ampia riflessione sulle relazioni tra arte e scienza, non esauriscono la problematica della comprensione del valore della estetica, tema che va ben oltre la concezione che tende a limitare il cervello ad un sistema ricettore di informazioni sensoriali. Infatti, il cervello è un organo deputato a trasformare l'informazione percepita dai sensi in sensazioni; queste ultime modificano l'iniziale attenzione e il rilevamento di dati informativi in sensibilità di valore estetico ed empatico. Non è un caso che si dica che:"la bellezza risiede negli occhi di chi guarda". Il cervello, infatti, formandosi con l'apprendimento, interiorizza l'informazione ricevuta dai sensi, collocandola nel quadro mnemonico, culturale e cognitivo storicamente acquisito, il quale si associa agli archetipi di informazione genetica biologicamente ereditati, per produrre attivamente le sensazioni che appartengono alla costruzione cerebrale del mondo. Pertanto, non è possibile isolare, sia nella scienza e neppure nell'arte, il complesso fenomeno delle relazioni tra sensi e conoscenza. Di conseguenza, la ricerca che abbiamo proposto con il meeting, BLENDING SCIENCE&ART [22 nov 2007 c/o Tribune of Galileo – La Specola Museum – Firenze] comporta la necessità di un'ampia riflessione, frutto di una aggregazione transdisciplinare denominata OPEN NETWORK for SCIENCE and ART.(6)


Prima parte

Modificazioni storiche nei criteri di correlazione tra Arte e Scienza

"Arte", etimologicamente significa fluidità del movimento, come possiamo vedere nell'antica parola "arteria" nella quale si riteneva si diffondesse "l'aere della vita". Pertanto, l'arte si evolve nella diffusione di una ricerca di innovazione, focalizzata sulle modalità di esprimere e comprendere le capacità di percezione sensibile e la sua concezione scientifica e culturale.
Una strettissima correlazione tra arte e scienza ha avuto un suo fulcro nel Rinascimento fiorentino, proprio in quanto è stata centrata sulla diretta osservazione della natura e sul principio geometrico della prospettiva.(7) Nel Rinascimento l'arte visiva sviluppò la propria creatività fondandola sulla base scientifica dell'ottica geometrica e sulla credenza che l'occhio fosse rappresentato da un sistema percettivo simile a una camera oscura. Tale concettualità ha permesso di perseguire in seguito una strategia di produzione tecnologica basata sulle concezioni che sono state proprie del realismo scientifico e artistico nell'epoca industriale.(8) In tale contesto storico-concettuale, ogni facoltà cognitiva deriva sostanzialmente dalla osservazione diretta dell'ambiente naturale e umano nella sua reale oggettività percepita. Certamente tale criterio comporta l'accettazione di una netta separazione tra soggettività ed oggettività, sia nella conoscenza scientifica sia nell'arte. Tale convinzione ha costituito la ragione essenziale per cui la tecnologia ottica, durante tutto lo sviluppo industriale (all'incirca tra il 1600 e il 2000), ha potuto riprodurre le immagini visive mediante la fotografia, il film e la televisione. La produzione tecnologica di immagini, di fatto, si è dimostrata essere nettamente a discapito dell'arte figurativa, la quale, infatti, durante il secolo scorso, ha dovuto progressivamente considerare, tramite lo sviluppo di vari movimenti artistici e pittorici (impressionismo, astrattismo, cubismo, dadaismo e così via), il più completo abbandono della antiquata concettualità di costruzione prospettica delle immagini, inizialmente concepita nell'ambito del Rinascimento scientifico ed artistico.(9)
Tali movimenti dell'arte moderna nascono sostanzialmente al fine di liberare le forme artistiche dall'arte figurativa, generando varie tendenze di costruttivismo artistico, con le quali si rinuncia alla prospettiva, vista dall'artista quale spettatore e mimo della realtà oggettiva, per approdare ad una ricerca innovativa dell'arte, tendente a esternalizzare una visione interiorizzata dell'espressione comunicativa della mente, tracciando un ponte tra l'arte oggettivistica e quella di indagine soggettiva.
Le scienze neurologiche, infatti, stavano contemporaneamente demolendo il preconcetto derivante dall'assimilare l'occhio a una camera oscura, ponendo in crisi il pregiudizio che considerava il cervello come un semplice ricettore capace di riprodurre la realtà esteriore, e affermando altresì l'idea che il cervello agisca attivamente nell'elaborare una rappresentazione del mondo finalizzata alle proprie esigenze evolutive, quindi non più come riproduttore di una pura espressione della realtà tangibile. Tali studi neurologici, di fatto, trovavano una diretta assonanza con le concezioni dell'ordine dal caos nella la percezione visiva , sviluppate negli anni ottanta del secolo scorso dal Laboratorio di Ricerca Educativa della Università di Firenze, nel settore di una ampia riflessione sulla chimica fisica.(10),(11) Il dato fondante di tale riflessione prendeva spunto dal tentativo di dare una congruente spiegazione alla costanza del flusso di informazione tra l'occhio e il cervello, che permette di riconoscere con immediatezza forme a colori visti da varie angolazioni e con diverse tonalità di luce. Infatti, se il cervello fosse semplicemente un analizzatore di dati informativi percepiti tramite i sensi, allora il tempo di realizzazione della visione ci fornirebbe solo un'osservazione del passato, per giunta con un considerevole ritardo. Inoltre, data la struttura a strati concentrici dell'analisi della ricezione visiva nella parte occipitale dell'encefalo, ci troviamo ad osservare gradualmente prima una percezione sfuocata a cui, di seguito, si addiziona la percezione dei colori e infine quella del movimento. Tale analisi modulare del funzionamento cerebrale dell'area occipitale del cervello è stata ormai messa in chiara evidenza, ma una più completa concezione di integrazione tra le varie aree cerebrali partecipanti alla visione non è ancora stata individuata, in modo da poter comprendere come il cervello identifichi con immediatezza lo scenario esterno in continuo cambiamento di illuminazione e di movimento, mediante un processo attivo e anticipativo, necessario ad attuare una riduzione del tempo necessario all'analisi modulare della percezione cerebrale e a vedere con immediatezza il flusso dei cambiamenti percettivi.
Nell'arte pittorica, già dall'epoca del Rinascimento fiorentino(12) fu posta attenzione al fenomeno della simultaneità delle immagini illusorie che, in quanto tali, sono state considerate come un eccezionale paradosso della percezione visiva, ma che comunque dimostrano come, nella scelta percettiva, non sia possibile dividere in due tempi distinti l'azione di riconoscimento sensoriale dalla comprensione significativa cerebrale. L'ambiguità del rilevamento di una duplice significazione dello stesso dipinto(13), ci dice infatti che per raggiungere la coscienza di ciò che percepiamo visivamente è necessario poter anticipare una cognizione mentale che inquadri significativamente la mera osservazione oggettiva.

Arte e Scienza nella Società della Conoscenza: Bio-Quantum Physics e la Bio-Art

Il gruppo di Ricerca sulla creatività EGOCREANET si è posto recentemente il problema di superare definitivamente l'inadeguato schema concettuale, per cui si ritiene ancora che la retina tracci i contorni della percezione degli oggetti, trattenendone l'immagine della forma come in una camera oscura. Infatti, la cornea ed il cristallino non ricevono raggi di luce ma fotoni, concentrandoli sulla retina e, pertanto, per interazione tra loro, essi assumono un andamento caotico. Inoltre, la retina non è una lamina su cui possono proiettarsi delle ombre, ma è composta di molti strati sovrapposti di cellule fotosensibili, principalmente collocate nella fovea (coni e bastoncelli), deputate alla trasduzione dell'energia luminosa in segnali elettrochimici, che le ghiandole dipolari (a polarizzazione on/off) trasducono in segnali l'informazione, inviandoli selettivamente ai due emisferi cerebrali. Di conseguenza, anziché ritenere che nella retina sia impressa una qualsiasi forma geometrica, dobbiamo pensare che essa permetta di produrre un sistema di codificazione della informazione capace di essere recepito dalla ricerca attiva di interpretazione effettuata dal cervello. Quest'ultimo, indubitabilmente, svolge un ruolo interattivo nella ricerca di immagini. Lo dimostra, ad esempio, il fatto che il cervello costruisce immagini anche in corrispondenza della zona cieca della retina, dove si innesta il nervo ottico, e che i bambini ciechi dalla nascita tendono a disegnare forme assai simili a quelle dei normo-vedenti, pur con vari difetti riguardo all'orientamento spaziale delle figure nell'ambiente.
È bene precisare che, oggigiorno, non si tratta di sostituire il paradigma geometrico basato sulla proiezione delle forme, con una semplice similitudine tra computer e cervello, ciò in quanto sappiamo che i neuroni non si comportano come chips di silicio. Infatti, i neuroni sono attivi e non si limitano a fare calcoli statistici, ma muoiono e rinascono e vivono mediante processi metabolici guidati dal DNA, così come fanno tutte le altre cellule viventi.
In seguito a tali considerazioni, abbiamo iniziato, nell'ambito dell'OPEN NETWORK for NEW SCIENCE, una impegnativa riflessione sulle possibili applicazioni della Fisica Quantistica alle Science della Vita, (Bio-Quantum Physics), le quali sono state recentemente pubblicate sul sito della Associazione di Ricerca ed Innovazione Educativa, nell'intento di definire la natura dei segnali che permettono la comunicazione biologica tra ricettori sensoriali e cervello. Abbiamo trattato tale tematica con il titolo La Scienza della Qualità.(14)
In sintesi, abbiamo proceduto esplorando la relazione tra la costruzione cerebrale di forme visive e la ricezione sensoriale e, in tal modo, ci siamo accorti di un'importante omissione della interpretazione standard della scienza quantistica del secolo scorso, a proposito dell'effetto di Entanglement, che è fondamentale per la risoluzione dei problemi di significato associabili della comunicazione a distanza in condizioni di simultaneità, ovvero di non localizzabilità di eventi tra loro complementari.(15) L'Entanglement (letteralmente: intrigo, condivisione) tra coppie di particelle quantistiche fu inizialmente concepito dal fisico Austriaco Erwin Schrödinger (Nobel, 1933) nel trattare il tema What is Life", e oggi è divenuto il campo di studi fondamentale nello sviluppo di computer quantistici e delle tecnologie di sperimentazione di computer biologici, proprio in quanto l'effetto di Entanglement trasforma le coppie di particelle in una sovrapposizione di pure onde di informazione, le quali permettono di realizzare un'elaborazione simultanea e in parallelo dell'energia. Pertanto, è razionalmente intuibile come il fenomeno dell'Entanglement possa influenzare lo sviluppo delle reazioni biochimiche nell'ampio contesto dei processi metabolici, permettendo una condivisione di immediata segnali di informazione.
Recentemente, abbiamo riportato questa riflessione sulle applicazioni dell'effetto di Entanglement di Fotoni sulla retina degli occhi, in modo da dare un'interpretazione iniziale del fenomeno della empatia e della sua elaborazione focalizzata sui Neuroni Specchio. Pertanto, il fatto fondamentale che apre una profonda tematica di ricerca tra scienza e arte contemporanea dipende dall'osservazione che la condivisione tra le particelle quantistiche, quali i fotoni, determina una situazione concettualmente nuova, causata della de-localizzazione a distanza dell'informazione. Tale effetto genera condizioni che non ammettono più una uniformità dello spazio-tempo di tipo euclideo, ciò in quanto la simultaneità dell'informazione tra particelle correlate a distanza non necessita di trasferimento di energia tra una posizione dello spazio e tra un prima e un dopo del tempo. La struttura dello spazio-tempo di coppie di fotoni-condivisi viene pertanto a modificarsi, producendo un sistema dove la simultaneità di informazione va a corrispondere a una struttura spazio-temporale bidimensionale, sia riguardo allo spazio sia riguardo al tempo.(16) Certamente, essendo l'arte, come disse Leonardo Da Vinci, una manifestazione dell'intelletto del tutto complementare alla scienza, anch'essa corrisponde a ricercare un'espressione emozionale della realtà biologica interiore in nuove modalità e forme della Bio-At, da cui emerge l'intelligenza creativa contemporanea dell'uomo, nel mentre le moderne scienze della vita tendono a renderla progressivamente razionale in termini innovativi di ragionevolezza biologica della percezione. Perciò, come è da sempre, l'arte spesso tende ad anticipare intuitivamente la costruzione cognitiva della scienza. Per affermarlo Leonardo disse che: le forme sono già nelle mente dello scultore ancor prima che esse entrino formandosi nel marmo. A conclusione di questa prima parte della relazione che presenterò al meeting del 22/NOV/2007 a Firenze, organizzato dal Gruppo di Ricerca EGOCREANET e collaboratori, annuncio che mi impegnerò nel proporre le finalità e le modalità di aggregazione di un gruppo di ricerca OPEN NETWOK for NEW SCIENCE &ART, particolarmente finalizzato a formulare progetti di ricerca trans-disciplinare e di sviluppo di iniziative capaci di correlare scienza e arte contemporanea, ponendo particolare attenzione alle opportunità di crescita scientifica e artistica, ispirate dalla relazione tra BIO-ART & SCIENCE, capace di sviluppare idee sulla evoluzione della vita assieme ad espressioni estetiche, nel contesto di sviluppo della moderna Knowledge based Bio-Economy.

Sui diversi temi affrontati in questo articolo si può fare riferimento alle seguenti indicazioni sitografiche    libri
  1. Nature (Supplement): Artists and Scientists
  2. Art & Brain
  3. The senses of vision
  4. Visual art and the Brain
  5. Mirror Neurons
  6. EGOCREANET
  7. Prospettiva
  8. Arte e Scienza Naturalistica
  9. Movimenti artistici
  10. Caos-Cosmos- Cronos
  11. Dal mondo degli atomi al mondo dei bit
  12. Giuseppe Arcinboldo
  13. Illusion in paintings
  14. The science of Quality; www.wbabin.net
  15. What means Life
  16. Tempo Bidimensionale

Making science visible
Making science visible to the eyes


Seconda parte

Neuroestetica: Cambiamenti nella epistemologia della forma nella scienza e nell'arte nel procedere dello sviluppo della società della conoscenza.

Come la scienza è capace di previsione cognitiva nell'ambito del sapere scientifico razionale, così l'arte sa esprimere una funzione estetica anticipatrice dei cambiamenti neurologici che modellano gli archetipi della bellezza. Di conseguenza, una fusione tra arte e scienza può generare una potenzialità evolutiva capace di determinare nuove strategie di sviluppo a lungo termine della futura società mondiale del sapere.
L'osservazione visiva trova rispondenza con la continua ed interattiva revisione memoria a breve termine
.

Questo assunto parte dalla considerazione che le neuro-scienze ci hanno fatto comprendere che la visione è un processo attivo, ciò in quanto la costruzione dell'immagine avviene direttamente nel cervello, mediante una elaborazione che assume la modalità di individuazione di un identikit attivato dalla azione congiunta di varie aree visive specializzate. La percezione dello spazio e della forma, dipendono principalmente dalla capacità specifica di cogliere differenze di segnali che sono diretta funzione della luminosità. La specializzazione delle cellule neuronali ci permette di capire che una cellula specializzata, capace di registrare una linea obliqua verso destra, non si attivi per generare una linea diversamente orientata, così che il coordinamento inter-neuronale permette di definire lo scenario più adatto alla costruzione complessiva della immagine. La rapidità della percezione è dovuta alla utilizzazione dei processi mnemonici capaci di riconoscere con immediatezza una delle tante forme che abbiamo cominciato ad immagazzinare fin dalla nascita. La memoria a breve termine ha infatti la funzione specifica di agire in parallelo al sistema percettivo per anticipare la effettiva visione, in modo che al processo diurno di attivazione visiva rimane solo il compito di variare le differenze di segnale, dando l'impressione di un flusso continuo delle percezione delle forme.
Le variazioni del flusso costante della visione vengono analiticamente costruite dalla successione dei neuroni che si attivano in modo estremamente specializzato e coordinato. Questa specializzazione delle varie aree di neuroni riguarda non solo l'orientamento delle linee, ma anche la struttura di base delle forme e la direzione del movimento; ognuna di queste componenti viene processata in aree cerebrali diverse, separatamente, in un continuo processo di confronto ed interazione. Il colore viene pre-attribuito per necessità emotive, così da attribuire emozioni alla percezione visiva mediante la sensazione del colore; ciò avviene tramite l'attivazione complementare di differenti polarizzazioni delle cellule situate nella struttura occipitale del cervello. Pertanto, da quando il funzionamento del cervello è divenuto un fenomeno osservabile è necessario abituarsi a capire che sono i neuroni ad attribuire la sensazione del colore alle frequenze dello spettro della luce e, viceversa, non dobbiamo ancora ritenere che i colori siano proprietà qualitative associate direttamente alle frequenze luminose. Infatti, sappiamo (1) che le cellule eccitate dai segnali rispondenti alle tonalità del rosso ovvero a quelle del giallo sono incapaci di percepire i colori complementari rispettivamente del blu e del verde, mentre quelle deputate a percepire la sintesi additiva (dalla combinazione rosso, verde e blu) vedono il bianco. Viceversa, quelle deputate a percepire la sintesi sottrattiva (rosso, giallo e blu) determinano la visione del nero. Quindi, i colori sono predeterminati ancor prima delle forme e del movimento da una particolare sensibilità percettiva di indole emotiva, differenziata per ciascuno di noi, che va a assemblarsi con le altre in particolari aree cerebrali eccitate dagli stimoli visivi.
In sintesi, le immagini che si formano nel nostro cervello non sono affatto una riproduzione fotografica della realtà, ma un'elaborazione e un'interpretazione fortemente dipendente dalla informazione genetica umana, in risposta ai differenti impulsi di informazione cangianti a seconda delle frequenze e delle loro intensità e delle tonalità della luce recepite dalle molecole fotochimiche presenti nei ricettori oculari, ma anche dalle emozioni e da altri fattori neurologici.(2), (3), (4), (5), (6) Di conseguenza, nell'intento di superare definitivamente l'arbitraria separazione tra soggetto e oggetto della percezione, è utile ricordare ancora che cervelli evolutivamente diversi come quelli degli animali e degli insetti percepiscono i colori da uno spettro di frequenze diverso da quello che noi consideriamo visibile e molti di essi neppure vedono i colori, pur se provenienti dallo stimolo delle frequenze umanamente visibili. Infine, è noto il fenomeno del metamerismo,(6) per cui colori che sembrano identici alla stessa persona, in vero sono il riflesso di differenti composizioni spettrali. Ancora, conviene ricordare come con l'invenzione della foto Polaroid di Erwin Land, dove tramite un solo colorante e due filtri colorati si ottengono fotografie a svariati colori, le molte teorie del colore si sono dimostrate tutte assai parziali, volendo comunque ridurre la qualità del colore ad un fatto meramente fisico.(8), (9) In vero, la parola colore trae la sua radice etimologica dal verbo latino celare (cioè nascondere, coprire con qualcosa), in quanto ciò che c'è ancora da scoprire è proprio la specifica attività del cervello nel determinarne la percezione.
La neurologia della percezione diviene oggi un settore di grande rilievo per la ricerca finalizzata a dare indicazioni scientifiche alla moderna espressione estetica dell'arte pittorica, mentre l'arte potrà anticipare l'evoluzione delle funzioni superiori del cervello non limitandosi all'osservazione del funzionamento dei neuroni e dell'attivazione della ragnatela delle sinapsi cerebrali. Certamente neppure la neuro-estetica sostituirà l'estetica artistica, ma comunque tali conoscenze acquisite da un sistema organico di scienziati e artisti, quale quello che si auto-organizza come OPEN NETWORK FOR NEWS SCIENCE AND ART (vedi il blog in Exibart), potrà indubbiamente dare un notevole contributo alla ricerca sulla Qualità della Vita, nel quadro dello sviluppo della futura società mondiale della conoscenza.

Sui diversi temi affrontati in questo articolo si può fare riferimento alle seguenti indicazioni sitografiche    libri
  1. Laboratory of Neurobiology
  2. Il cervello e la percezione
  3. Cervello e Memoria
  4. Cervello e anticipazione percettiva
  5. Ottiche Nuove
  6. Molecole fotochimiche
  7. Metamerismo; www.visualmill.com
  8. Teorie del colore
  9. Polaroid e Retinex
     

Vedi La psicologia dei colori


Terza parte


da Wikimedia

Lo sviluppo dell'immaginario scientifico in condizioni di "non" osservabilità visiva dell'esperimento. Nuovi saperi verso una "scientificità" del "qualitativo"e non più solo del "quantitativo", come questione epistemologica emergente dalla neuro-psicologia della scienza

In questa Parte terza di Ottiche nuove tratterò brevemente il tema della epistemologia della forma nell'arte e nella scienza contemporanea, riletto e discusso dal punto di vista dell'immaginario scientifico e artistico, al fine di individuare nuovi criteri condivisibili che garantiscano una maggior credibilità alla conoscenza contemporanea.

Tracce di epistemologia della forma nella fisica quantistica

A partire dall'enunciazione del principio di indeterminazione (1927) in poi la forma degli atomi non ha più una struttura geometrica come nel modello planetario di Niels Bohr. Di conseguenza, la rappresentazione del mondo microscopico non osservabile visivamente comporta la necessità di accettare il comportamento della duplice natura di onda e di particella. La fondamentale ambiguità di comportamento viene a dipendere dal fatto che mentre le particelle sono localizzabili e non sovrapponibili nella stessa porzione di spazio, altresì le onde sfuggono alla localizzazione e diffondendosi nello spazio. Inoltre, esse possono sovrapporsi e intrecciarsi tra loro, interagendo in fase e in sincronia nel tempo ovvero fuori fase e in modo a-sincronico, creando figure di interferenza. Da tale sostanziale ambiguità, consegue l'indeterminazione della contemporanea misurabilità della posizione della particella e del moto oscillante ed avvolgente dell'onda ad essa associata. Pertanto, dal punto di vista della costruzione di una immagine, la coppia "onda/particella, non dà adito ad alcuna possibilità di costruirne un modello di forma geometrica. Pertanto, nella Meccanica Quantica, la forma degli elementi costituenti la materia e l'energia, assume prevalentemente la forma descritta dalle equazioni matematiche, che sono funzionali ad individuare la probabilità di localizzazione delle particelle del microcosmo, definendo contemporaneamente la possibile direzionalità dell'onda in termini vettoriali. Un riferimento esplicito alle forme classiche viene proposto solo in occasione della discussione dei paradossi a cui dà adito la interpretazione quantistica; vedi, ad esempio, il paradosso detto del Gatto di Schrödinger. Pertanto, la forma delle equazioni quantistiche non è più indicativa delle relazioni matematiche tra le forme degli elementi costituenti la materia e la struttura vibrazionale dell'energia, le cui interazioni permettevano di descrivere un rapporto di causa ed effetto nelle trasformazioni, così come è stato ai tempi di Galileo e di Newton, e in seguito nella Meccanica Classica. (1)
Certamente l'immaginazione non riesce facilmente a fare a meno di dare forma agli eventi, infatti il cervello non è incline a perseguire forme matematiche del tutto astratte come struttura fondante la propria capacità intuitiva. Pertanto, seguendo il consiglio di Albert Einstein per il quale l'immagine e più importante della conoscenza, al fine di chiarire quanto sopra detto, immaginiamo di poter seguire un fotone proveniente dal Sole verso la Terra.
Man mano che la temperatura scende dalle altissime temperature solari a quelle estremamente basse del vuoto interplanetario, la particella quantica degrada verso valori imprecisabili della funzione d'onda, Ciò perché man mano che l'energia diminuisce divengono sempre più ampie le lunghezze d'onda assumendo valori meno localizzabili, fino ad un limite nel quale il prodotto delle variabili coniugate diviene definitivamente incommensurabile, proprio a causa del valore imprecisato della onda associata alla particella. Di conseguenza, anche nell'esperimento immaginario che tentavamo di eseguire ogni probabile localizzazione della onda/particella, diviene talmente "sfuocata" da non essere più significativa. Comunque, dato che la scienza ammette il principio di conservazione della energia totale, l'energia del fotone, pur a di là della sia misurabilità locale, deve permanere come "energia delocalizzata", ormai deprivata da ogni possibile riferimento ad una qualsiasi forma.
Ragionando similmente Erwin Schrödinger (1944) ritenne che entro un certo intervallo di temperatura i fotoni potessero unirsi tra di loro creando una specie di intrigo (entanglement quantistico), capace di generare un nuovo ordine neg-entropico (entropia negativa), che al contrario del disordine, diveniva adatto a generare evolutivamente la vita sulla terra, generando in ultima analisi quella informazione della forme viventi che siamo in grado di riconoscere visivamente.(2)

Tracce di epistemologia della forma nell'arte del '900

In sincronia con la scienza, anche l'arte contemporanea ha vissuto un periodo di ricerca nel quale il punto di svolta è stato quello di tentare di dissolvere le forme classiche basate sul principio della prospettiva, che precedentemente era stato utilizzato fin dalla sua origine nel Rinascimento. Il motivo dominante del cambiamento della epistemologia della forma pittorica è pertanto sostanzialmente motivato dall'individuare quali fossero le modalità per comunicare direttamente sensazioni estetiche in termini empatici, un rinnovato messaggio artistico, realizzando nuove forme più direttamente correlate introspettivamente alla sensibilità dall'artista. Le modalità del nuovo modo di esprimere la pittura sono state comunque intese in modo tale da convalidare la fine del realismo oggettivo e materialistico, a favore di una concezione, di modelli e di scenari pittorici che concepiscano la realtà in termini di pura informazione, capace di dare una muova percettibilità al mondo delle forme.

Vedi: Icarus    e    La Tristesse du roi
di Henri Matisse

Ad esempio, Henri Matisse (1869-1954) propose una pittura nella quale viene superata la oggettività della forma esteriore, pertanto egli disse testualmente: "Al di sotto di quella successione di istanti che costituisce l'esistenza superficiale delle cose e degli esseri, e che di continuo li modifica e li trasforma, si può cercare un carattere più vero ed essenziale, un carattere cui anche l'artista fa ricorso per dare una interpretazione più duratura della realtà".(3)
I paradossi visivi emergenti dalla critica della percezione come realtà oggettiva hanno dato origine al Surrealismo, al Dadaismo e ad altri movimenti pittorici, interpretati, ad esempio da René François Magritte (1898-1967) e da Marcel Duchamp (1887-1968), che si proposero una pittura che non fosse retinica, e cioè rappresentativa della oggettività della materia, ma che avesse a che fare con i paradossi della mente, proprio per evidenziare il piacere estetico della riflessione sulle idee della realtà. Anche le ambiguità pittoriche di Maurits Cornelis Escher (1898-1972) ripropongono nuove versioni del surreale finalizzate, più che a stupire, a riflettere sulla facile ingannevolezza della percezione. (4), (5), (6), (7).
In sintesi, la maggior parte della pittura contemporanea ha teso a rileggere e rappresentare, con ottica nuova, le possibili correlazioni tra forme, colori, emozioni ed immaginario, volendo superare, in correlazione con la fisica quantistica, la tradizionale assunzione del realismo classico, in quanto esso era stato acquisito proprio per assumere un punto di vista esterno ed oggettivo, con l'obiettivo di non implicare fattori introspettivi, quali elementi decisivi della interpretazione della realtà storica. L'arte e la scienza contemporanea hanno pertanto assunto come presupposto una ricomposizione tra oggetto e soggetto, cosicché la conoscenza contemporanea è venuta ad assumere il carattere di una partecipazione attiva e creativa dell'individuo, che non è più soltanto funzione di un adattamento all'ambiente. Ciò che viene conosciuto non è più un mondo che esiste indipendentemente dall'osservatore, in quanto la esistenza in sé, pur esistendo in modo indipendente dall'uomo, può non essere conoscibile se chi la osserva non ricostruisce e integra nel sapere la sua stessa rappresentazione mentale.
In seguito a tale sostanziale considerazione vari pittori, tra essi Pablo Picasso (1881-1973 ), facendo particolare riferimento alle loro esperienze estetiche del periodo pittorico del Cubismo, cominciarono a svincolarsi dalle leggi basate sulla concezione spazio-temporale cartesiana, imponendo una nuova concettualità dello spazio-tempo, che conduce allo sdoppiamento della freccia temporale.

Vedi: Orologi Molli di Salvador Dalì

Gli Orologi Molli di Salvador Dalì, non più rigidi nel segnare il tempo, rappresentano infatti la ritenzione della memoria che è decisiva nella percezione, permettendo di correlare passato e presente nella definizione della visibilità.
Il Cubismo, in particolare, è stato un movimento artistico che ha segnato i cardini fondamentali del percorso dell'arte contemporanea nel primo cinquantennio del ‘900. Esso iniziò dalla considerazione che il reale condiviso deve essere rappresentato includendo i molteplici punti di vista, i quali corrispondono a diverse posizioni spaziali e temporali degli osservatori. Di fatto, anche un singolo spettatore riceve l'informazione che rappresenta nella visione da varie distanze angolature e condizioni temporali; ciò crea una complessità di punti di vista, propri di una rappresentazione multiforme. Pertanto, il Cubismo, proprio per diversificarsi dalla fotografia che rappresenta un univoco punto di vista relativo a un preciso istante determinato dal "click" del singolo operatore, si propose altresì di descrivere la simultanea espressione derivante non più dallo scenario tangibile rappresentato da un meccanismo fotografico, ma di fornire l'espressione di un nuovo scenario intangibile ad una qualsiasi macchina da ripresa. In ciò consiste essenzialmente l'impegno del Movimento Cubista che, nelle sue varie interpretazioni, si è dimostrato artisticamente capace di includere la simultaneità di vari punti di vista, al fine di delineare una visione comune, ricca di cromatismi compositi che, in conseguenza di ciò, determinano ambiguità e distorsione della percezione del reale. Tutto questo proprio a differenza delle concezioni classiche, basate su una immutabile prospettiva. In tal modo il Cubismo, nella sua particolare attività di scomposizione delle forme condivise, anticipa una critica profonda alla concezione del tempo rivolto perennemente verso il futuro. Infatti, senza una duplicità del tempo, il passato della memoria non avrebbe possibilità di intervento nel modificare il presente e, quindi, l'arte non avrebbe alcuna alternativa per scomporre l'orizzonte degli eventi in elementi spazio-temporali separati dal libero arbitrio dell'artista. Infine, il Cubismo introduce una modalità di descrizione di effetti non-locali, che rendono apparente la percezione sensoriale precedentemente considerata come oggettiva e di valore universale; ciò al fine di poter analizzare ed esprimere quelle intuizioni soggettive che presuppongono una molteplice relazione con le forme implicite e archetipiche pre-esistenti nella mente.

Vedi sito Web: L'esplosione futurista

In Italia il l'anti-realismo-classico assunse una particolare dimensione che si propose di adeguare l'arte alla velocità e al dinamismo dell'età della macchina, collocando lo spettatore "all'interno dell'opera stessa" per dipingere una realtà in parte creata dall'osservatore. Tale movimento fu concepito come movimento di lotta condotto da una avanguardia intellettuale non più limitata al rinnovamento della epistemologia della forma, ma con connotato da una maggiore aggressività e intemperanza, così come venne dichiarato nel primo Manifesto del Futurismo (1909).(9)

Aperte riflessioni sulle fondazioni biologiche-evolutive dell'estetica della forma

In estrema sintesi, abbiamo notato come l'arte del ‘900 abbia sostanzialmente condiviso, e a volte anticipato sotto il profilo estetico, ciò che la scienza proponeva sul piano razionale. Infatti, le precedenti tracce sui concetti e sui criteri basilari che hanno pervaso la Scienza Quantistica e l'Arte Contemporanea, sono indicativi di come entrambe le attività cognitive abbiano considerato la realtà come il risultato interattivo creato dall'attiva percezione dell'osservatore.
In conclusione, durante il secolo scorso la comune impostazione di scienza e arte, ha posto in evidenza l'influenza dell'osservatore nella comprensione della realtà, determinando un graduale superamento del realismo locale, che era basato sull'arbitrario dualismo cartesiano tra soggetto ed oggetto, Ciò ha dato adito, da un lato, al superamento del determinismo nella scienza e, dall'altro, ha dato origine a un astrattismo universale nell'arte, fondato sull'ambiguità delle forme, in modo che il risultato congiunto è stato quello di ridefinire un nuovo rapporto tra soggettività ed oggettività nella intelligibilità della percezione.
Tra le fine del secolo XX e gli inizi del XXI secolo le scienze neurologiche hanno reso osservabile il funzionamento del cervello, mediante tecnologie non invasive. Questo ci ha permesso di sapere che sia le espressioni razionali sia quelle estetiche sono, in ultima analisi, attività dipendenti dal funzionamento cerebrale. Di conseguenza, per comprendere e sviluppare oggi nuovi contenuti strategici della conoscenza, su nuove basi neurologiche della scienza e della esperienza estetica, diviene necessaria la costruzione di un solido fondamento bio-fisico sulla natura evolutiva del cervello umano.

Sui diversi temi affrontati in questo articolo si può fare riferimento alle seguenti indicazioni sitografiche    libri
  1. I Paradossi della Meccanica Quantistica
  2. What Means Life
  3. Henry Matisse
  4. René F. Magritte
  5. Marcel Duchamp
  6. M.C. Escher; Ancora su Escher
  7. Sui movimenti artistici del Novecento, vedi vari siti:
    - Wikipedia
    - Artefilia
    - Geocities
  8. Cubismo
  9. Il Tempo Bidimensionale
  10. Manifesto di Fondazione del Futurismo

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