5. TecnoRischio &Ambiente
Energia eolica e opinione pubblica *

Premessa: i "numeri" dell'eolico

È sempre più evidente, ai nostri giorni, come l'utilizzazione sistematica di fonti energetiche rinnovabili sia una necessità imprescindibile per le società contemporanee, alle prese sia con l'aggravamento dei problemi ambientali (dai livelli locali al globale) sia con i rischi di impoverimento/esaurimento delle fonti "tradizionali". La diffusa consapevolezza di tale esigenza si traduce in un effettivo impegno di un numero crescente di Paesi nel promuoverle. In particolare, la fonte eolica ha registrato negli ultimi anni un notevole sviluppo, al quale l'Italia non è stata affatto estranea.
Il seguente grafico (vedi fig. 1) offre una chiara rappresentazione della rapida crescita della potenza eolica installata, registrata a livello mondiale negli ultimi quattordici anni: dal 1996 al 2009 si passa dai 6.100 MW agli oltre 157.000 MW, con un fattore di moltiplicazione complessivo pari a circa venticinque e con un incremento annuo in costante crescita.

tabella 1
Fig. 1 - Potenza eolica installata nel mondo (1996-2009)
[Fonti dei dati: GWEC, 2008; ANEV, 2010.]

Se fino alla fine del 2008 era l'Europa a fornire il contributo più rilevante al panorama mondiale dell'utilizzazione della fonte eolica per la produzione di energia elettrica (con una potenza installata complessiva di oltre 66.000 MW, contro i poco più di 55.000 del "resto del mondo"), nel corso del 2009, pur registrando una sensibile crescita, il "vecchio continente" è stato superato dai paesi extraeuropei, per merito, oltre che degli Stati Uniti, che hanno incrementato i loro impianti eolici di circa 10.000 MW, anche di giganti asiatici come la Cina, che nel 2009 ha realizzato nuovi impianti eolici per circa 13.000 MW, e che, insieme all'India, è in rapidissima ascesa nell'uso di fonti energetiche rinnovabili (si veda la dotazione di potenza eolica dei paesi europei e di quelli extraeuropei rispettivamente nelle tabelle 1 e 2). In generale, si può notare una certa concentrazione degli impianti di aerogenerazione in alcuni paesi: solo cinque nazioni nel mondo superano la soglia della decina di migliaia di Megawatt, delle quali due appartengono al Vecchio Continente, e tre al "resto del mondo", vale a dire, in ordine decrescente di potenza installata, Stati Uniti d'America, Germania, Cina, Spagna e India.

tabella 2

tabella 3

Tale classifica, in termini di potenza "assoluta", ha una sua significatività, anche in termini di potenzialità di riduzione globale delle emissioni inquinanti, alla quale è importante che si impegnino a collaborare in modo sempre più deciso le grandi economie e, segnatamente, quelle economie in più rapida crescita (come quella cinese e quella indiana). Ma è anche interessante sottolineare come possa essere significativa, ai fini di un ri-orientamento generale del modello di sviluppo socio-economico, la considerazione dell'importanza relativa della fonte eolica nel quadro della produzione nazionale di energia elettrica di ciascun paese, sulla quale ci limitiamo in questa sede a segnalare i risultati acquisiti da Paesi come Danimarca, Spagna, Portogallo, con quote di produzione eolica, rispetto al totale della domanda di elettricità, che vanno dal 20,3% all'11,4% nell'anno 2008 (cfr. EWEA, 2009, p.26).
Un altro indicatore, di analoga valenza, è la quota pro capite di potenza eolica installata: a livello europeo, a fine 2008, la già citata Danimarca appare la più virtuosa, con circa 0,6 kW per abitante di potenza eolica installata, seguita dalla Spagna con oltre 0,4 kW e da Germania, Portogallo e Irlanda con valori tra 0, 29 e 0,25 kW; sempre in Europa, si attestano a cavallo di 0,1 kW Olanda, Austria e Svezia (EWEA, 2009, p. 27).
L'Italia, in termini di potenza installata (al dicembre 2009), si colloca nella sesta posizione a livello mondiale, con oltre 4800 MW di impianti eolici. Nel corso del 2009 sono stati messi in esercizio "parchi eolici" per oltre 1000 MW, con un incremento, rispetto all'anno precedente, del 30%. Nel nostro Paese sono presenti esclusivamente impianti "a terra" (onshore), anche se per il futuro più o meno prossimo si prevede un certo sviluppo del cosiddetto off-shore, che è già molto significativo soprattutto nel Nord Europa; la grande maggioranza degli aerogeneratori è collocata soprattutto nelle regioni meridionali e nelle isole maggiori, come chiaramente mostrato nella tabella 3, che riporta il contributo delle singole regioni italiane in ordine decrescente.

tabella 4

La percezione sociale delle tecnologie eoliche

Sul piano del consenso sociale, in termini generali, le tecnologie energetiche eoliche, come le altre fonti rinnovabili, sembrano godere di un elevato livello di accettazione da parte dei cittadini. Al tempo stesso, si registrano situazioni di dissenso e persino di conflitto – prevalentemente locale – per l'insediamento degli impianti nel territorio *[Cfr., ad esempio, Valette (2005), Lyrette e Trépanier (2004). Per una introduzione generale al tema dell'accettazione sociale delle fonti energetiche rinnovabili, cfr. Wüstenhagen, Wolsink e Bürer (2007)].
Il "consenso teorico" è verificabile soprattutto nelle indagini sull'opinione pubblica "nazionale", generalmente favorevole. A tal proposito, sono state analizzate indagini svolte dagli anni '90 in poi in diversi Paesi, tra i quali il Regno Unito di Gran Bretagna, Paesi Bassi, Svezia, Francia, Spagna, Italia, Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Alcuni tra gli studi esaminati sono specificamente dedicati all'eolico, altri alla comparazione tra le diverse fonti rinnovabili, altri ancora fanno riferimento al più ampio insieme delle fonti e delle tecnologie energetiche, comprese le fonti "tradizionali".
Di seguito, vengono illustrate le principali risultanze della nostra ricognizione critica.
Laddove è esplicitato il confronto, vale a dire negli studi che considerano le diverse tipologie energetiche, le fonti rinnovabili registrano un sostegno nettamente superiore a quelle non rinnovabili; l'eolico, in genere superato in consenso solo dal solare fotovoltaico, oscilla tra il 70% e oltre il 90%. L'atteggiamento è studiato attraverso vari indicatori, costruiti sulla base di domande riferite direttamente al livello di gradimento, e/o alla priorità da attribuire alle politiche nazionali di finanziamento, e/o alla disponibilità a pagare somme aggiuntive "in bolletta" per l'adozione di determinate tecnologie energetiche.
Una ricerca svolta da McGowan e Sauter (SPRU - Science and Technology Policy Research – Università del Sussex di Brighton) nel 2005, sulla base di un'ampia raccolta di dati di inchieste svolte dal 2000 al 2005 nel Regno Unito, conferma il forte consenso, pur in presenza di un lieve declino negli ultimi due anni e di un corrispondente aumento dell'opposizione; nelle indagini più lontane nel tempo (2000 e 2001) si riscontrano dati caratterizzati da un differenziale tra minimo e massimo assai ampio (ad es. nel 2001, il consenso varia tra il 47% e il 96%); negli anni successivi, tali fluttuazioni si attenuano notevolmente, mostrando una tendenziale stabilizzazione delle opinioni (McGowan e Sauter, 2005, pp. 22-23).
Nei casi in cui la popolazione di riferimento delle indagini sia quella che vive in aree territoriali più o meno prossime agli impianti, l'atteggiamento risulta anche influenzato, in generale, dalla collocazione residenziale degli intervistati rispetto ai siti eolici. Ad esempio, una inchiesta del 2003 su atteggiamenti e conoscenze delle fonti energetiche rinnovabili (Scottish Executive, et alii, 2003), con rilevazione dei dati su due campioni, il primo, rappresentativo della popolazione britannica adulta (general public sample), il secondo, che comprende residenti entro cinque chilometri da "siti rinnovabili", rivela che, per quanto riguarda l'eolico onshore, gli appartenenti al secondo campione sono nettamente più favorevoli alla presenza e all'ulteriore sviluppo delle installazioni: alla richiesta di una posizione sull'eventualità della realizzazione di un parco eolico "nella propria area", mentre tra il general public il 67% "approva" e il 19% si dichiara "resistente", tra gli appartenenti al secondo campione "consapevoli di vivere nelle vicinanze di un impianto onshore", la quota di chi approva arriva al 94% e solo il 2% si oppone (cfr. ivi, pp. 68-69). Anche la successiva analisi delle "motivazioni dell'approvazione" mostra la presenza di un giudizio – anche "estetico" – sensibilmente più positivo da parte dei residenti in aree territoriali prossime alle turbine (ivi, pp. 70-71). Tale tendenza sembra rivelare come anche nel caso delle tecnologie eoliche si debba considerare di sicuro rilievo il fattore "esperienza diretta" e come esso giochi un ruolo particolare nella determinazione di atteggiamenti e percezioni. Ciò risulta confermato, tra l'altro, da uno studio presso le popolazioni residenti in aree circostanti alcuni parchi eolici scozzesi, condotto, sempre nel 2003, da altri soggetti e con l'uso di indicatori diversi (si veda Braunhaltz, 2003). Ad esempio, se prima della realizzazione e dell'esercizio degli impianti solo il 54% si era dichiarato convinto dell'assenza di futuri effetti avversi, a valle dell'esperienza di localizzazione, invece, ben l'82% rispondeva che, di fatto, nessuno dei temuti problemi si era verificato (cfr. ivi, pp. 9-10). Inoltre, analizzando il grado di sostegno a eventuali iniziative di espansione del 50% dei parchi eolici locali, il livello più elevato è stato riscontrato presso i residenti nella prima fascia di territorio circostante i siti, vale a dire tra 0 e 5 chilometri di distanza dalle turbine (ivi, p. 14).
Come negli esempi britannici sin qui rapidamente considerati, le indagini svolte negli altri Paesi sopra citati confermano la popolarità generale e le principali tendenze riscontrate (cfr., ad esempio, Macintosh e Downie, 2006, BBC Research & Consulting, 2005, Grady, 2002, Phipps et alii, 2008, Ansolabehere, 2007, Söderholm et alii, 2007).
Per quanto concerne le indagini di opinione svolte in Italia, sono stati considerati due sondaggi di livello nazionale, entrambi svolti nel corso del 2007: l'inchiesta promossa congiuntamente da Greenpeace Italia e dall'ANEV (Associazione Nazionale Energia dal Vento) e la ricerca condotta dall'IRES per conto del GSE *[Si tratta delle sole indagini "nazionali" che è stato possibile sinora acquisire. Sono state analizzate anche una serie di inchieste locali e settoriali, di cui si darà conto in altra sede. In questi giorni (8 giugno 2010) sono stati diffusi alcuni dati relativi ad un sondaggio nazionale condotto dall'ISPO (diretto da Renato Mannheimer) per conto dell'APER (Associazione Produttori di Energia da fonti Rinnovabili), sostanzialmente in accordo con gli esiti delle indagini del 2007]. Da entrambi emergono risultati coerenti con quanto verificato all'estero. Infatti, nella prima indagine (ANEV, Greenpeace, 2007) - oltre 800 interviste realizzate tra il 10 e il 25 maggio 2007 con metodo CATI, con due sub-campioni, di 330 e di 500 unità, il primo relativo ai residenti in Sardegna, il secondo agli abitanti del resto delle regioni - il "gradimento" dell'eolico, in una scala da 1 a 5, è pari a 4,1 (secondo solo al solare, che si attesta su un punteggio medio di 4,5); inoltre, emerge nettamente la condivisione dell'auspicio di una sua maggiore utilizzazione, dal momento che per l'86,2% dei rispondenti "l'eolico è poco sviluppato e potrebbe esserlo molto di più", a cui va aggiunto anche un 9% che, pur giudicando l'eolico "sviluppato", ritiene che si possa "fare molto di più" con la stessa fonte. Nell'altra ricerca, centrata sui temi dell'energia, delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico (GSE, IRES, 2007; Rugiero, 2008), - realizzata attraverso 1.000 interviste telefoniche ad un campione casuale rappresentativo delle principali caratteristiche socio-demografiche della popolazione italiana - gran parte del campione si dichiara favorevole alle energie rinnovabili come il solare (95%), l'eolico (85%, con solo il 7% di contrari), e l'idroelettrico (91%). Tale percentuale scende invece al 30% circa per tutte le fonti tradizionali, quali il petrolio (32%), il nucleare (30%) e il carbone (27%).
Ma c'è una sensibile differenza, come già adombrato, tra energia eolica come "idea generale" e i "veri e propri" impianti eolici, come strutture accettabili del paesaggio. Se l'idea generale delle rinnovabili e dell'eolico è, come abbiamo visto, ampiamente condivisa e sostenuta, quando si ha a che fare con progetti concreti per un determinato territorio, l'accettazione sembra diminuire drasticamente, crescono movimenti di opposizione, controversie e conflitti. I fenomeni appaiono comunque complessi perché spesso la manifestazione di un dissenso locale ex ante è seguita da posizioni più articolate ex post, per effetto, probabilmente, del fattore "esperienza diretta" già citato. Un vecchio studio effettuato nel Galles (Bishop et Proctor, 1994, cit. in Damborg, 2002) prima della realizzazione di tre parchi eolici, mostrava un sostegno "regionale" del 70% e solo il 40% di sostegno locale ai tre progetti. Detto per inciso, in quel caso le principali motivazioni dei "contrari" risiedevano nella preoccupazione per il rumore che avrebbero prodotto gli impianti in esercizio (per il 75% degli oppositori), oppure, in misura minore, per l'intrusione visiva e per le interferenze elettromagnetiche (radio e tv). Dopo la realizzazione del progetto, è stato di nuovo sondato l'atteggiamento nei confronti dell'impianto. L'indagine ha registrato un incremento dei consensi e solo il 25% si è mantenuto contrario. Analoghi spostamenti sono stati riscontrati in ricerche svolte successivamente in altre regioni del Regno Unito e nei Paesi Bassi (Gipe, 1995; Simon, 1996; Wolsink, 1996; Hoepman, 1998, cit. da Damborg, 2002).
Per le situazioni che si verificano a livello locale nella fase di scelta del sito, sono molto in voga spiegazioni in termini di "fenomeni NIMBY (Not In My Back Yard)" (definiti pure con il più neutro LULU - Locally Unwanted Land Use), vale a dire di situazioni in cui è rilevante la protesta delle comunità destinatarie di localizzazioni di insediamenti "utili ma sgradevoli", come li definisce Luigi Bobbio (Bobbio 1999, p. 186), sul proprio territorio. Ma si può attribuire il conflitto locale esclusivamente alla "sindrome" NIMBY?
Molti studiosi hanno sollevato obiezioni e sviluppato forti critiche a questo tipo di spiegazioni, ritenute "troppo semplicistiche", inficiate anche da una sorta di condanna morale dei cosiddetti "nimbyisti", accusati di essere "egoisti", oscurantisti, suscitatori di – o soggetti a – timori irrazionali, e così via, con una sostanziale rinuncia a capire le motivazioni della domanda "perché proprio qui?" (Bobbio, Zeppetella, 1999, p. 10) che viene posta dalle comunità destinatarie di localizzazioni "scomode", alle quali, per lo più, non vengono offerte risposte pertinenti. Anche la letteratura specificamente dedicata ai temi del conflitto sull'energia eolica, in modo pressoché unanime, indica che la nozione di NIMBY "non solo spiega inadeguatamente l'opposizione ai progetti di energia dal vento (…) ma anche ne rende confusa la nostra comprensione" (Zografos e Martinez-Alier, 2009, p. 1727; si vedano anche gli studi di Wolsink, 2000, Kempton et alii, 2005, Pendall, 1999, Devine –Wright, 2005): il dissenso e le proteste dei cittadini sembrerebbero basarsi su una molteplicità di motivazioni soggiacenti piuttosto che sul "calcolo razionale" proprio del NIMBY.
Già in uno studio del 1996 sull'esperienza olandese, Wolsink aveva riscontrato alcuni paradossi nelle risposte locali alla proposta e all'effettivo insediamenti di impianti eolici. Ad esempio, se il 61% dichiarava di consentire all'installazione di nuove turbine nella sua regione solo se "non nel suo giardino" (nell'area locale di ciascun intervistato) e il 15% "in nessun luogo della regione", alla domanda se avrebbe accettato nuove turbine nella propria zona, il 66% si esprimeva favorevolmente: in definitiva, paradossalmente, vi erano più persone (+ 5%) che dichiaravano di accettare nuove turbine nel "proprio cortile" di quante ne avrebbero accettate di nuove nel resto della regione. Ciò conduce Wolsink ad affermare che la gente che localmente si oppone a progetti eolici non è contro le turbine, ma è in primo luogo contro chi le vuole costruire. I soggetti "promotori" di tali installazioni spesso coincidono con categorie a cui si attribuiscono connotazioni per certi aspetti negative: l'industria, gli "sviluppatori", la burocrazia amministrativa e i politici, sono diffusamente – anche se in modo diversificato – destinatari di sentimenti di ostilità da parte delle popolazioni, e ciò concorre indubitabilmente alla costruzione delle rappresentazioni e quindi delle valutazioni della tecnologia eolica presso le popolazioni stesse. Sarà quindi molto importante esaminare caso per caso, nel processo decisionale relativo agli impianti, quali soggetti svolgono il ruolo di "iniziatore" e "propulsore", nonché su chi riveste il ruolo di gate keeper. *[ "Iniziatore", "propulsore" e "gate keeper" ("portiere", ovvero chi controlla le varie fasi del progetto), insieme all'"oppositore" e al "mediatore", sono figure caratteristiche dei processi di policy (cfr. Bulsei 2005, p.24)].
Sebbene gli atteggiamenti risentano necessariamente anche dell'interazione con attori "centrali", il livello di coinvolgimento di interessi (e di "bersagli") locali è un fattore primario di spiegazione, per cui si può concordare con l'attribuzione di un carattere "sito-specifico" alle posizioni che si determinano nei riguardi di progetti concreti sul territorio (Wolsink, 1996).
Altri studi, per esempio quello condotto da Erp, in Germania (Erp, 1997, cit. in Damborg, 2002) hanno sottolineato, inoltre, che le dimensioni dell'impianto non appaiono correlate significativamente con l'atteggiamento; in altri termini, sembrerebbe che l'intrusione reale, l'impatto oggettivo sul paesaggio, abbia effetti limitati sulla formazione dell'atteggiamento, mentre appaiono di ben maggiore rilevanza le disposizioni nei confronti di chi costruisce, dei decisori locali e verso lo stesso processo decisionale.
C'è anche chi ha messo in discussione la stessa natura "locale" del dissenso. Secondo queste letture, che non riguardano solo i parchi eolici ma scaturiscono da un'ampia gamma di esperienze relative a diverse tecnologie, le proteste sono locali perché quando un progetto (sia esso una turbina eolica o una centrale nucleare o un'autostrada) viene proposto per un sito, "i fattori contestuali lo rendono il luogo naturale per protestare. L'interesse è alto, i residenti acquisiscono conoscenze riguardo alla proposta e sia i residenti locali che gli esterni focalizzano l'attenzione sul sito" (Burnigham, 2000, cit. da Smith e Klick, 2008-a). Le proteste locali sembrano così manifestazioni locali di una risposta collettiva più generale. E quindi, per tornare all'eolico, descrivere le contestazioni alle proposte di realizzazione di aerogeneratori sul territorio come pure e semplici resistenze localizzate (o nimbyismo) sarebbe estremamente riduttivo se non totalmente errato. Se tali osservazioni sono corrette, sembra necessario, come rilevano Smith e Klick (2008-a, p. 6), riprendere attentamente in esame la discrepanza tra sondaggi nazionali e opinione pubblica locale, fenomeno da cui, del resto, ha preso le mosse la nostra trattazione del tema dell'accettazione sociale. Secondo i due studiosi americani, la contraddizione è solo apparente. In realtà, i sondaggi nazionali mostrerebbero solo una adesione estesa ma superficiale. Da una indagine appositamente progettata a tale scopo, infatti, emergerebbero seri indizi di una sorta di "traslazione degli atteggiamenti" nel corso della stessa rilevazione dei dati, nel passaggio da una sezione all'altra del questionario: la posizione cambia non appena i termini reali delle questioni divengono concreti e di impatto diretto (cfr. Smith e Klick, 2008-a; cfr. anche Smith e Klick, 2008-b e Klick e Smith, 2009).

Il profilo dei "favorevoli" e dei "contrari"

A prescindere dalla distinzione tra opinioni locali e nazionali, le risultanze delle indagini esaminate consentono anche di evidenziare le principali motivazioni espresse dai cittadini a conforto delle posizioni sia di adesione e consenso sia di resistenza e rifiuto nei confronti delle tecnologie eoliche. Senza pretese di esaustività, una doppia lista di "giudizi-tipo" tratti dalle risposte a questionari e interviste, in parte già elaborata in altri studi (cfr., ad esempio, Wolsink, 2000), consente di costruire un profilo generale dei "pro" e dei "contro".
Giudizi di chi è per il "no":
- l'eolico e, più in generale, le energie rinnovabili, non sono in grado di risolvere i grandi problemi energetici che affliggono il mondo attuale (sostanziale marginalità della fonte);
- gli aerogeneratori non assicurano una costante produzione di elettricità (dipendono dall'intensità del vento);
- gli aerogeneratori sono costosi;
- gli aerogeneratori deturpano il paesaggio;
- gli aerogeneratori sono rumorosi;
- gli aerogeneratori causano la morte degli uccelli.
Giudizi di chi è per il "sì":
- le fonti rinnovabili costituiscono una concreta alternativa alle fonti "tradizionali";
- la teoria del mutamento climatico legata alle attività umane è solidamente fondata: occorre ridurre le emissioni clima-alteranti;
- la disponibilità di energia eolica è illimitata, a differenza dei combustibili fossili e dei materiali fissili;
- l'energia eolica non inquina;
- l'energia eolica è affidabile e sicura;
- gli aerogeneratori possono essere ben inseriti nel paesaggio (sono comunque esteticamente accettabili).
In questa duplice serie di asserzioni, che si riportano senza alcuna pretesa di esaustività, è possibile individuare due principali categorie tematiche che le attraversano e che costituiscono anche i nuclei problematici attorno ai quali ruotano il dibattito specifico locale o nazionale, le controversie e i conflitti:
a) l'area degli aspetti tecnico-economici (potenziale energetico reale, efficienza ed efficacia sul piano economico, utilità energetica);
b) l'area degli aspetti ambientali e paesaggistici.
A ciascuna di tali categorie sono associabili determinati attori sociali, che le assumono come insieme prevalente dei criteri di giudizio per la propria collocazione rispetto alla tecnologia eolica. Per esempio, se alla prima area fanno riferimento per posizionarsi più o meno a favore (o più o meno "contro") gli energetisti e gli attori economici in generale, il secondo gruppo di aspetti è considerato più rilevante dai residenti nei comuni interessati da un progetto, dalle associazioni ambientaliste, dai naturalisti, dai cacciatori, ecc. L'accentuazione di uno o più di tali aspetti sembra anche differenziare le caratteristiche del dibattito sull'eolico nei vari paesi. *[Il dibattito sull'energia eolica sembra variare in modo significativo da una realtà nazionale all'altra, sia per intensità che per contenuti, in dipendenza degli aspetti prevalentemente considerati. Secondo una sintetica ricostruzione effettuata da Hélène Gassin, "le preoccupazioni paesaggistiche sono dominanti in Gran Bretagna; l'ambiente e l'avifauna in Germania; l'inutilità energetica e l'impatto paesaggistico in Francia" (Gassin, 2007), orientando così l'andamento delle relative "controversie eoliche"].
Rileggendo i profili di cui sopra, si capisce perché il dibattito non si esaurisca mai: si tratta di affermazioni pro e contro, che riescono a definire un atteggiamento, senza consistenti e univoci ancoraggi fattuali. Gli atteggiamenti appaiono per lo più basati su valori individuali e su convinzioni (credenze, pre-giudizi) socialmente e storicamente condizionati. Ad esempio, se le turbine eoliche deturpino o arricchiscano il paesaggio è fondamentalmente questione di gusti e preferenze individuali, che a loro volta risentono di sensibilità che si costruiscono e si strutturano nel tempo tra i gruppi sociali. Se il costo dell'energia eolica è "basso" o "alto", dipende dal valore che si attribuisce al clima o all'inquinamento atmosferico, e così via., oppure se si è convinti della bontà della teoria dell'aumento dell'effetto serra e del contributo antropico a tale fenomeno, e anche per tutto ciò occorre far riferimento alle forme della "coscienza sociale", alle "ideologie", ai valori che di volta in volta si affermano e si diffondono nei diversi ambiti.
In proposito, appaiono fondate e condivisibili le osservazioni di un autorevole studioso inglese che, in una recente rassegna critica (Devine-Wright, 2007), ha sottolineato la scarsa presenza del sapere disciplinare e dell'attrezzatura teorica e metodologica delle scienze umano-sociali (come sociologia e psicologia) negli studi empirici sugli atteggiamenti verso le tecnologie energetiche da fonti rinnovabili: si tratta in prevalenza, secondo Devine-Wright, di "ricerche di mercato", "descrittive" piuttosto che "esplicative". In tali studi, sarebbe predominante, infatti, una esigenza di "comunicazione politica", di "agenda setting" da parte di determinati attori nei contesti decisionali. Nella rilevazione e, soprattutto, nella spiegazione degli atteggiamenti andrebbero invece pienamente considerate tre categorie di fattori: "personali", psico-sociali e "contestuali" (Devine-Wright, 2007, pp. 5-10).
La prima categoria include fondamentalmente le caratteristiche socio-demografiche, come età, sesso e classe sociale di appartenenza.
Nella seconda sono sicuramente comprese le seguenti dimensioni:
1. Consapevolezza, comprensione, conoscenza;
2. Convinzioni politiche (orientamento ideologico-politico);
3. Convinzioni e preoccupazioni relative all'ambiente;
4. Attaccamento ai luoghi;
5. Imparzialità (equità, giustizia) percepita e livello di fiducia nelle istituzioni.
Per quanto concerne il livello "contestuale", esso comprende i fattori tecnologici (tipo e scala dimensionale), i fattori istituzionali (strutture o modelli di proprietà, distribuzione dei benefici e presenza o meno di processi deliberativi, di inclusione decisionale dei cittadini) e quelli spaziali (contesto regionale e locale, prossimità spaziale e "NIMBYismo").
A proposito di quest'ultimo livello, si ritiene opportuno segnalare la rilevanza strutturante dei fattori istituzionali, in particolare delle caratteristiche dei processi decisionali previsti e del loro carattere inclusivo o meno: la presenza di precoci processi partecipativi nelle scelte tecnologiche e localizzative può essere causa di modificazione degli altri fattori, non solo del livello istituzionale ma anche nelle dimensioni psico-sociali sopra richiamate (ad esempio, è evidente il nesso tra trasparente coinvolgimento/inclusione dei cittadini e imparzialità percepita/fiducia).

L'inserimento di impianti eolici nei contesti socio-territoriali: consenso e conflitto nello studio di alcuni casi italiani

È attualmente in corso, presso l'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), una ricerca specificamente dedicata all'analisi delle implicazioni sociali dell'eolico in Italia. Tale ricerca mira, tenendo appunto presenti le dimensioni appena richiamate, a individuare e decodificare/interpretare le principali modalità di risposta – nel nostro Paese – ai problemi di inserimento territoriale degli impianti eolici e della loro "armonizzazione" con le comunità locali.
A tal fine, da oltre un anno, si è proceduto alla raccolta e all'analisi di documenti di vario tipo, quali articoli, deliberazioni, norme, linee guida, documenti prodotti da associazioni, opuscoli divulgativi, documenti tecnico- scientifici, all'individuazione di alcuni casi di interesse ("esemplari") in diverse aree geografiche e sono stati avviati contatti con soggetti coinvolti nei processi relativi ai casi considerati.
In termini molto generali, tra i casi esaminati è possibile riscontrare un vasto spettro di situazioni differenziate, dal conflitto più aspro al pressoché pieno consenso locale, dalle controversie permanenti (alimentate talvolta non solo dallo scarso coinvolgimento dei cittadini interessati ma anche da un'informazione scarsa o reticente o fuorviante) alla composizione delle contrapposizioni attraverso processi decisionali "partecipati".
È attualmente in corso di svolgimento un'analisi del contenuto di un corpus di documenti e in particolare di pezzi giornalistici locali e nazionali, svolta parallelamente alla consultazione di soggetti istituzionali, economici, tecnici e provenienti dall'associazionismo ambientale, al fine di ricostruire gli aspetti di sfondo e la storia (scelta dei siti, processi realizzativi, reazioni degli attori sociali nelle varie fasi) delle vicende esemplari prescelte.
È in fase di avvio anche il lavoro di "approfondimento sul campo" relativo al primo nucleo di casi da esaminare, che riguarda aree ad alta densità di presenza di impianti eolici situate nella provincia di Foggia (ci si riferisce, ad esempio, alle installazioni localizzate presso i comuni di Troia, Faeto, Orsara di Puglia, Deliceto, S. Agata di Puglia, Ascoli Satriano e Candela). *[La provincia di Foggia e il comune di Troia, nella stessa provincia, detengono il "primato nazionale" della potenza eolica installata per le rispettive categorie istituzionali. A fine 2008, nella provincia di Foggia risultano installati aerogeneratori per una potenza complessiva di 772 MW (nella classifica italiana, il secondo posto va alla provincia di Sassari, ben distanziata, con 305 MW), dei quali 168 nel solo territorio del comune di Troia (cfr. Legambiente, 2009; si veda anche Pirazzi, 2008, pp. 54-61, per una descrizione di dettaglio delle centrali eoliche installate nei comuni italiani, aggiornata al 31 dicembre 2007)].
Tale approfondimento si articola in una prima fase, definibile come "esplorativa", in cui si completa la ricognizione e l'analisi documentale e ci si avvale di interviste a testimoni qualificati, e in una successiva fase di inchiesta da svolgere anche attraverso il coinvolgimento di campioni rappresentativi delle popolazioni locali. L'indagine riguarderà le dinamiche sociali relative sia agli impianti già realizzati e operativi sia alle attività di pianificazione e attuazione di progetti di nuovi parchi eolici, e, sul piano "spaziale", quindi, metterà a fuoco luoghi già caratterizzati dalla presenza di aerogeneratori così come ambiti in cui siano previste e/o discusse nuove installazioni.

Riferimenti bibliografici    libri

* Questo articolo riprende, con qualche taglio, modifica e aggiornamento dei dati, il contenuto di una relazione presentata al Settimo Convegno Nazionale dei Sociologi dell'Ambiente (Trento, settembre 2009), i cui atti sono in corso di pubblicazione.

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