Sono ancora una volta seduto in un aereo di linea. Si accende il simbolo che ordina di allacciare le cinture, accompagnato da un brevissimo suono. L'aria della bocchetta sopra alla mia testa fa un rumore troppo forte, interrompo il flusso girandola in senso antiorario. Fra poco ci muoveremo. Un'hostess chiede a un turista di interrompere la conversazione in corso e di spegnere il telefono cellulare.
Un viaggio in aereo può risvegliarvi diversi sentimenti: eccitazione, se viaggiate per la prima volta, felicità se andate in vacanza, paura se proprio non vi attira l'idea di volare, tristezza se lasciate a terra qualcuno che vi ama.
Certamente non mi aspetto che accada nulla di drastico, in grado di modificare per sempre la mia concezione del mondo.
Mentre l'aereo si dirige lento verso l'inizio della pista, l'attenzione dei passeggeri si concentra sulle procedure di sicurezza svogliatamente mimate dalle assistenti di cabina. Disdegnando il noioso spettacolo, che oramai conosco quasi a memoria, preferisco distrarmi guardando fuori del finestrino.
Non osservo nulla in particolare, mi sento solo triste e annoiato.
Per fortuna le pratiche per l'imbarco sono state rapide. Non ho avuto nemmeno il tempo di comprare qualche cosa da mangiare al piccolo, ma ben fornito, chiosco dell'aeroporto.
L'uomo davanti a me abbassa lo schienale del sedile, nonostante sia vietato farlo prima che sia ultimato il decollo. Lo riconosco, è sempre lui, sembra che voglia rovinarmi questo viaggio. Quando l'altoparlante chiamò il nostro volo, fui costretto ad abbandonare la coda alla cassa, e vidi che si dirigeva verso l'imbarco scartando una gustosa barretta di cioccolata. Riconobbi subito il tipo. Sono tutti uguali, vestono con giacca e una brutta cravatta, e fanno parte di quella categoria di viaggiatori per lavoro, che guardano con odio i turisti. Arrivati ai piedi della scaletta, l'uomo si fermò di scatto e gettò a terra l'involucro della cioccolata. Cercando di evitare di sbattere contro la sua schiena, schiacciai la carta che mi rimase appiccicata alla suola.
Dovetti fermarmi per toglierla prima di salire, creando scompiglio nella coda che seguiva e guadagnando un'occhiata di disprezzo da parte dell'assistente di volo.
Meglio dimenticare questo sgradevole episodio, e pensare alla città dove atterreremo tra poche ore. L'alloggio è prenotato, in tasca ho l'indirizzo dell'ufficio dove andare domani mattina. Tutto è a posto, ho solo il timore che sia troppo freddo nella lontana città del nord Europa dove sto andando. Improvvisamente il finestrino, o meglio, l'immagine che stavo osservando dal finestrino, scivola giù. Per un attimo appare una scena incredibile.
Non ci troviamo più sulla pista di decollo, ma in un grande capannone. C'è molta gente che si affanna attorno all'aereo. Chi lo fa sobbalzare per mezzo di lunghe leve, chi, appollaiato in cima ad alte scale, sostiene una specie di televisore attaccato ai finestrini dei viaggiatori. Certuni in lontananza, si stanno cambiando, togliendosi i leggeri abiti solitamente usati dalla gente del mio paese, per indossare dei vestiti pesanti e cappotti. Altri ancora stanno smontando completamente una parete del Terminal. Riesco a guardare solo per pochi istanti, poi bruscamente com'era scomparsa, l'immagine normale torna su. Ora si può vedere la consueta scena che ci si aspetta dal finestrino di un aereo. In questo momento ci troviamo all'inizio della pista, i motori producono un rumore sempre più forte, sono pronti a partire.
Cerco di vedere la reazione degli altri passeggeri, nessuno sembra essersi accorto di nulla. Qualcuno è un poco nervoso, ma è un comportamento normale quando ci si accinge a staccarsi dal suolo. Avevo visto dei monitor, appoggiati agli altri finestrini dell'aereo, anche se i miei compagni di viaggio avessero guardato fuori, probabilmente per loro non sarebbe successo nulla di strano. Durante la rincorsa del decollo cerco di scoprire cosa sta accadendo. Osservo con insistenza gli angoli del finestrino, per cercare di sbirciare qualche cosa d'insolito, al di là della solita immagine. Non accade nulla di inusuale, tutto sembra procedere regolarmente. Ho paura di parlarne con qualcuno, mi crederebbero pazzo. Sospetto che l'hostess sia a conoscenza di quello che succede; comunque non mi direbbe mai la verità, rischierebbe di spargere il panico tra i passeggeri.
Dopo alcune ore di viaggio assolutamente normale, atterriamo quando è già buio. All'apertura dello sportello sento entrare un'aria gelata. Mi affaccio all'esterno mentre il personale di bordo sorride, come se fossero veramente felici di avermi avuto a bordo. Indugio sulla porta, mi guardo in giro. Ovviamente mi trovo in un aeroporto diverso da quello di partenza. Era un'allucinazione, il curioso episodio avvenuto poco prima del decollo era senz'altro un'allucinazione dovuta alla stanchezza. In questo periodo viaggio troppo spesso per lavoro.
Scendo la scaletta. Appena ho messo i piedi a terra, noto la carta di cioccolato rossa. È la stessa che ha gettato via l'uomo che mi precedeva. La riconosco con sicurezza perché lasciai un'impronta, col fango che mi sporcava le scarpe. Era caduta sulla pista del Terminal della mia città, ma ora si trova vicino all'aereo in questa terra straniera. Ricordo di aver visto degli uomini smontare il grosso muro, probabilmente la carta è scivolata proprio in quel momento.
Che cosa sto pensando? Non può essere tutto finto. Non posso trovarmi nello stesso luogo da cui sono partito. Una marea di pensieri mi passa per la mente, formulo numerose ipotesi, purtroppo nessuna è credibile; certo, in passato mi sono chiesto spesso come riescono a volare i pesanti aerei. Sembrava improbabile anche a me, che dei grossissimi colossi senza nemmeno le eliche, potessero staccarsi dal suolo portando in cielo non solo la loro massa, ma anche quella di quasi duecento passeggeri. In biblioteca trovai qualche libro che pretendeva di spiegare le leggi dell'aerodinamica. Quei testi erano convincenti, ma in realtà non capii le teorie di un certo Bernulli, che gli autori citavano per spiegare il funzionamento delle ali. Probabilmente non riuscirei a far volare in modo decente nemmeno un aquilone. Devo decidermi tra le sole due soluzioni possibili: o quei pesantissimi aerei sono veramente in grado di volare, oppure qualcuno ha ordito un inganno per dei motivi che dovrò accertare. Indubbiamente la seconda ipotesi è più credibile. Dovrò cercare delle prove, per capire perché stanno facendo una cosa del genere. Se siamo veramente rimasti sempre al punto di partenza, non possono aver smontato tutta la città che conosco in poche ore. Per paura di destare sospetti sbrigo le formalità doganali, come se fossi atterrato veramente in un posto diverso. Sembra che tutti mi stiano osservando, sono certo che è solo un'impressione, mi sento troppo agitato.
All'uscita dell'aeroporto, invece di comportarmi come il solito e salire su di un taxi per farmi portare verso un albergo, m'incammino velocemente. Imbocco la diritta strada che inizia proprio davanti al parcheggio dove mi trovo. Anche alla partenza c'era una strada simile, però le costruzioni e le piante ai bordi erano decisamente diverse. Cercando di calcolare le distanze, mi fermo dove, al mio paese, dovrebbe esserci un incrocio che qui manca.
Proseguo sicuro come se volessi andare diritto, all'improvviso con uno scatto, svolto verso la strada laterale che in questa città non c'è. Di botto sono a casa. Sì, proprio a casa mia, me la trovo di fronte. Un attimo fa ero lontanissimo e ora sono di nuovo qui.
Evidentemente ho sconvolto i loro piani, quando mi sono incamminato da questa parte hanno avuto poco tempo per costruire la zona intorno. Sto tremando dall'emozione, torno con fare incerto sui miei passi. Che cosa succederà ora? Dove mi ritroverò?
Nonostante la paura, continuo a camminare e sono un'altra volta all'estero. Devo appoggiarmi un attimo al muro, il cuore sta battendo velocissimo. Non ci posso credere, quello che ho scoperto oggi sconvolgerà la mia vita e quella di tutto il mondo.
In lontananza vedo un passante, incrociandolo affermo: «Ho scoperto tutto.»
Fingendo di non capire risponde in una lingua straniera. Non importa, lo ho riconosciuto. Fa parte anche lui del gruppo di organizzatori, perché al mio paese lo avevo visto recitare il ruolo del doganiere. Ora qui, mi vuole far credere di essere un comune passante.
Non so che cosa fare, a chi dirlo? Per il momento ho bisogno di prendere tempo, devo pensarci sopra con calma. Mi allontano di pochi passi e stando al loro gioco, fermo un taxi che vorrebbe farmi credere di passare da quelle parti casualmente. Sono troppo sconvolto, per ora fingo di arrendermi e chiedo all'autista di portarmi all'albergo, dove era previsto che mi recassi all'arrivo perché avevo prenotato per telefono una camera.

Non sono più riuscito a sorprenderli in flagrante, evidentemente ora mi tengono d'occhio in modo particolare, stanno attenti e non commettono ulteriori errori. Queste precauzioni sono inutili, ho scoperto il loro gioco e oramai mi è tutto chiaro. Il mondo, così come lo conosciamo noi, in realtà non esiste. C'è solo un piccolo paese, il mio, che è modificato tutte le volte che mi sposto. Se non mi credete, e se non fate parte anche voi del complotto, vi invito a provare. Quando viaggiate lontano, soprattutto all'estero, cercate di fare cose imprevedibili. Lasciate credere di voler andare in una direzione e poi invece prendetene un'altra, opposta magari. Attraversate la strada con il semaforo rosso, forse cercano solo di rallentarvi perché non hanno ancora finito di montare il luogo che troverete dietro all'angolo. Svoltate gli angoli all'ultimo istante, spostatevi in modo poco prevedibile e forse anche voi riuscirete a sorprenderli e scoprirete che è tutto finto e vi troverete, di colpo, davanti a casa mia.
Ho cercato a lungo di capire chi potrebbe avere interesse a escogitare questo diabolico piano, e ora che tutto è comprensibile mi meraviglio di non averlo scoperto prima. Provate a immaginare il mondo com'è in realtà, fatto solo di casa mia e tre o quattro quartieri attorno. Ovviamente nessuno viaggerebbe più perché non ci sarebbe nessun luogo dove andare; nessuno dormirebbe negli alberghi perché sarebbe più facile tornare a casa la sera; non si studierebbero le lingue né si guarderebbero film e documentari su terre lontane, perché sarebbe evidente che si tratta solo di filmati inventati, montati con moderni trucchi cinematografici. Le agenzie di viaggio sarebbero in rovina, i ristoranti cinesi completamente vuoti (Signor Rossi, la smetta di cucinare gli involtini di primavera facendo finta di essere un cinese. Torni a casa, che sua moglie l'aspetta), case produttrici di cartine stradali e mappamondi completamente sul lastrico. Sarebbe un immenso tracollo dell'intera economia mondiale, che è poi l'economia del mio paese. Devo evitare questo disastro, avrei sulla coscienza gran parte dei pochi posti di lavoro che sono rimasti oggi.
Anche se fossi l'unico, tra quelli che non fanno parte del gruppo di persone che ha organizzato tutto questo, a conoscere la verità non parlerò. Continuerò a giocare seguendo le regole, viaggiando lunghe ore per spostarmi di pochi metri, da un punto all'altro del mio paese e sforzandomi di farmi comprendere da finti stranieri, imparando alcune parole di lingue che non esistono.
Tutto questo, solo per salvare l'economia del mio paese.


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