Questione di tempo, sarebbe successo. Lyra era malnata.

La provocavo: - Hai visto che pancia! - Lyra ci si incazzava le prime volte. Dopo due anni non mi cagava per niente.
Forse sarò un cinico, non quanto Lyra. Tarciso da sempre lo conoscevo. Un rompicoglioni nato. Rilevò l'ex latteria della Maria Rocca per compiacerla dopo sposata, sottraendola all'infamia della pompa.
Me lo vedevo a spremersi il cervello; così, dopo che il bestione ci ebbe pensato giorno e notte, per un mese intero, diventò bar Calcetto. Quando Lyra me lo raccontò mi scappò da ridere. Incastrato a piano terra di un palazzo da poco ritinteggiato, popular house, stava addosso allo storico bar da gòti.
Alle Golo's non un umano o bestia che amasse il polentone di Tarciso.

Scherza scherza pensai, prega Dio che non entri. Dissi fra me e me usando una colorita espressione del tamarro: "sceemo di meerda!".
Gli sfranti del Caribe, l'altro bar dell'Angelita, ereditati dalla vecchia Norma, ravvisavano con termini impropri nel bestione un fashionista della griffe; un'affezione risibile quei cento/20 kili di "sciccheria". Ma guai a sfotterlo, se non avevi voglia di attaccar briga, quando l'incazzosa bestia giurata non trovava da parcheggiare il Suv davanti il plateatico. Un plateatico due bar. Lo salutavo con enfasi. Uno dei pochi che faceva il doppio gioco spartendomi le bevute tra il Caribe e il bar Calcetto.
Da mesi Tony, macchinato alla grande, passava con un insolito giro di amichette che mettevano Lyra in brodo di giuggiole. E non c'era giorno che la parentela non gli piazzasse giù il figlioletto Jason; un biondino coi capelli lunghi che se la stava giocando barcollante tra l'in-piedi e il gato miao con Yarilis, la mulattina di prima elementare, figlia dell'Angelita che comparve nell'appiccicosa oscurità, spettro vestita di bianco.
La parentela era indaffarata intorno a tè e pasticcini. Entrarono puntuali i banchieri per l'aperitivo. I quattro soliti pensionati d'alta categoria presero posto e Icio, il vecchio panettiere, mi chiese se poteva prendere il giornale. Un bel quadretto di allegri faccendieri in un traslato plein aire nella penombra delle grosse candele che Lyra accendeva all'imbrunire.

Rinfrancata dall' ombreggiante lambire dei ceri il profilo di Lyra m'apparve diavolesco.

Lyra, sul mezzo culo secco, era occupata a pigiare sul cellulare. Un ghigno mi aleggiava in volto; certo non sono una bazzecola cinque anni di psichiatria per stati di.. La parentela richiamò il loro tesoro a mettersi pronto il capottino. Basta pensai.
E che cazzo mi passò, fulmine a ciel sereno: el gariva mia. La brutta troia di sua madre la sta là, la guarda. Spalavo la mia merda, l'invidia per essere riuscito a distruggere la famiglia, chissa? Solo come un cane, mi stava bene continuavo a ripetermi. I figl' so' piezz' 'e core,- fanculo! - dissi.
Mi piaceva Lyra. Corse di là nel salottino. Tony le andò dietro seguito da una bionda slavata. Vidi l'ombra sulla porta. - Eccolo!- Sussurrai. Alessia e la nonna emisero un urlo.
Jason immobile a terra, rivestito di vetri. Non un lamento. Tarciso sulla porta spalancata si teneva piegato, le mani sul ventre sanguinante.
Ne parlammo giorni poi.


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