A casa mi metto sul letto e cerco di prendere sonno con tutti i vestiti, ma non ci riesco.
Penso che il tempo matura e cade mentre implora il passaggio e i nostri atteggiamenti che guardano dall’altra parte.
Eppure non è più la prima volta come la intendevi e ricordavi, eppure le cose accadono e si fa fatica a mettere insieme una sola vita restando tutti così uniti.
Le cose accadono e a quanto sembra sempre è così presto per cambiare gergo e atteggiamento.
A qualcuno nasce un figlio e tu sei sempre quello che fa parlare i panini e i frutti, quello le cui calze non stanno mai ferme. Cerchi di dormire per non doverti spiegare com’è che poi la notte il letto ti sta tanto stretto, come una bara, mentre muori di solitudine e niente di bello mai ti accade.
Il cuore è il fiore di un giorno così ti senti solo, sempre più solo quando pensi alle trenta lacrime mi manca Connie, mentre il tempo tutto intero matura e cade e tu resti aggrappato ai tuoi jeans e ai tuoi orecchini, alle magliette da prima serata cui hai tagliato il collo come fossero pigiami.
Nulla e tutto si bagnava ci avvicendavamo con destrezza indossando maschere sempre diverse, e tutta la nostra vita insieme si tra-sformava in uno strano carino vaudeville, io facevo sempre parlare il cane e le cose, mentre ridevi eri l’oltraggio e la soluzione, eppure le cose accadono e si fa proprio fatica, mentre il tempo matura e cade, a mettere insieme una sola vita restando tutti così uniti.
Dormire era inutile, mi accesi una sigaretta e uscii a piedi, per provare a stancarmi.

"Invecchiare è quello che fai se sei fortunato".
Ero così depresso che me ne andavo in giro indossando tre maglioni alla volta, come un’armatura pesantissima e di lana.
Avevo freddo all’anima e comunque ero troppo magro per tenermi dentro tutto.

"Gli artisti mi piacevano molto, credevo fossero persone deliziose e impossibili..."
Sotto il braccio il libro del desiderio e comunque non faceva nemmeno freddo, non così tanto.

"Mi piacerebbe poter dire che sono una persona diversa adesso, e che molte cose sono cambiate da allora..."
Camminavo per aiutarmi a pensare e tenermi lontana la gelosia che mi seguiva in ogni caso al polso come pal-loncini. Lo champagne sfioriva come un drink per si-gnorine.
Mi raccontavo bugie per fregarmi e restare tutto intero.


E quando affonderò le dita
nella prossima bocca
ti farà strano venirlo a sapere
e scoprire che manca un uccello
nella tua gabbia.

La gente davanti alle vetrine sorrideva ai saldi, poche cose sono veniali come la depressione.
Jana aveva perso un bambino ancor prima che Dio se ne accorgesse e adesso era ferma a pensare a come sarebbe stato.
Avrei bisogno di rifarmi il trucco per questa sera e a mascherare come mi sento.
Non mi riusciva di capire se la vita fosse troppo breve o troppo lunga.

"Ora non avrebbe più scritto le cose che aveva rimandato a quando avesse avuto l’esperienza sufficiente per scriverle bene..."
Solo un po’ di nuovo trucco per rialzarmi per scrollarmi di dosso questa noia indecente e tutte le chiacchiere tagliate male che mi spacciavi, oltre quel ballo di fiammiferi che la gente si ostina a chiamare l’amore della mia vita.
Sarei stato vecchio e da solo, con un po’ di fortuna a quanto pare, bevendo qualcosa di molto nocivo, come nei giorni in cui lasciavo che lo champagne sfiorisse rivelandosi per quello che è, con tre maglioni alla volta.
Nell’appartamento valutai la posizione della finestra, il palazzo dove affacciava e il brutto tavolo che si prostrava genuflesso alla luce.

"Ormai li ho capiti e agli artisti preferisco i crois-sant..."

Affonderò le mie mani
tra i capelli di un’altra
e scoprirai che non sei immune
scoprirai come ci si sente di legno certe volte
e come è più sottile la pelle
quando improvvisamente
scopri che c’è un uccello in meno nella tua gabbia.

Eravamo amorini da spiaggia, ancora forse amici, che giurano di risentirsi quando il vento metterà le pecche a nudo e le scapole colorate non saranno più da mostrarsi al sole.

Avremmo dovuto sapere per certo quel che sarebbe suc-cesso, ma ci volemmo illudere del nostro buon senso.
Ci imponemmo di stare sulla contrada della bontà, dove Apollinaire ci insegna che tutto tace.

"Ti prego, smettila di usare quel linguaggio da melo-dramma" disse Connie, rivelandosi per una di quelle donne, come spesso sono tutte le donne, che con fare leonino danno un colpo mortale alla fine, senza imporsi stillicidi, come se dal dolore dell’altro acquistassero forza, ma che dimostrano poi di perdere risolutezza allorquando, a storia appena finita, smaniano e boccheggiano perché proprio non sanno vivere senza illu-dersi d’amare.
Dovresti ormai conoscere come si gioca, non si raggiunge la profondità di una creazione se non sai tenere a balia la tua solitudine.

"...se non sprecassi tutte le tue energie a passare da una storia all’altra, come un orango sulle liane."
Ormai parlavo e pensavo così bene come i miei personaggi perentori e catastrofici che non si riusciva più a capire chi cercava chi.
E ancora ebbi modo di notare che i saccenti non scom-paiono come certi frutti con le stagioni.

"Posso essere sincero con te?
È solo che ho la netta sensazione che tu sia uno di quelli che parla molto e scrive poco.
Nel senso che se uscissero dalle tue dita tutte le pa-role che ti escono dalla bocca noi avremmo un altro Guerra e pace, ma, Tolstoj è morto e io non vedo eredi."
Mi piacerebbe piuttosto che si tacesse e sempre più comprendo che si ha voglia di parlare.

"La cecità non è la tenebra, è una forma di solitudine"
così mi allontanai dal resto delle persone senza che loro potessero rendersene conto nell’immediato, in si-lenzio sordo e muto con un simulato distacco paundiano.


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